«
Cosa ti è successo?» gli chiese preoccupata mamma Serena, sedendosi
a suo fianco.
Lui
le raccontò la dinamica dell’infortunio subito in allenamento.
«
Cavolo… che sfortuna tesoro mio… proprio ora che stavi reagendo.
Dai, vedrai che non è nulla di grave».
Sua
madre non sbagliò.
Il
dottore, poco dopo aver effettuato i raggi alla caviglia, infiammata
e gonfia, diede il verdetto.
«
Per tua fortuna, ragazzo, non è rotta, è solamente una fortissima
distorsione. Non potrai mettere il piede in campo per almeno un mese,
poi lentamente potrai riprendere a camminare, senza
appesantire troppo il piede» aggiunse,
serio.
Daniele guardò sua madre come per
domandarsi se per lui fosse finita la stagione. La risposta glie la
diede il medico.
« Se non erro la stagione finisce
tra due mesi e mezzo, giusto? Se avrai pazienza potrai tornare a
giocare in squadra per l’ultimo mese. Buona fortuna ragazzo».
Non ebbe altra soluzione che, con
pazienza, osservare le partite in tribuna con i suoi amici.
La sua squadra gli diede grandi
soddisfazioni: vinsero le successive partite, una in casa e una in
trasferta, e pareggiarono la terza, nuovamente in trasferta.
In
classifica settimana dopo settimana, distaccarono il Frantinate di
cinque punti e videro il sogno della promozione sempre più vicino.
Settimana dopo settimana stette ben
attento a non affaticare la caviglia. Salì sulle tribune per tifare
la sua squadra e commentò ogni azione con Andrea, fino al fischio
dell’arbitro che decretò il pari nella sfida più noiosa di
quella stagione.
Pian piano, il giorno seguente, per
colpa delle stampelle che il dottore gli aveva ordinato
categoricamente di usare, ripercorse il solito tragitto che separava
la fermata del bus dal liceo; appena arrivò davanti ai cancelli
venne accolto con le solite grida.
In
mezzo, i suoi amici più stretti, avevano preparato un altro
striscione che recitava “solo una distorsione poteva bloccare
il tuo piede, ma torna presto e riconquista l’attacco. È LA CURVA
CHE TE LO CHIEDE!”
Rilesse compiaciuto lo striscione,
poi si fermò a parlare con loro. Mentre commentava nuovamente
l’ultima partita con Andrea una mano lo toccò sulla spalla.
Era Celeste, una sua compagna di
classe, che gli fece cenno di seguirla verso l’angolo dell’edificio
scolastico.
Salutò il suo amico e, lentamente,
girò l’angolo.
«
Cos’hai Celeste? Perchè mi hai fatto venir qui?»
Celeste era una delle ragazze più
belle della classe; alta e snella, capelli riccioli e ben curati,
indossava sempre vestiti molto sensuali. Quel giorno portava una
gonna particolarmente corta e, solo ora ci fece caso, pure un filo di
lucidalabbra.
«
Ma...»
« Non parlare Dany… quella
stupida non ti merita. Sono mesi che fa la preziosa e ora sei libero,
finalmente».
Non riuscì a far mente locale e
capire quello che da li a poco sarebbe accaduto, che lei lo tirò a
se e gli diede un bacio in bocca.
Fu così improvviso che solo pochi
istanti dopo riuscì a staccarsi e a reagire.
« Ma sei pazza, Celeste? Ma da
quando ti piaccio?» le chiese, stupito e sconvolto allo stesso
tempo.
« Non ti è piaciuto il bacio? Non
mi dire che non ti piaccio almeno un pochino...» disse, con voce
melliflua e incantatrice, ma lui era tutto tranne che ammaliato.
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