sabato 27 gennaio 2018

UN MANIGOLDO PER GENERO - 2° STAGIONE - 3° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Passi, su passi, su passi. Le prove per un importantissimo balletto si rivelarono piuttosto estenuanti per tutti, ma non per Elizabeth. La carica, che le donavano Alex e il suo amore per lei, la rendeva invincibile, pronta ad affrontare ogni sfida col sorriso. Tutti notarono la grinta e la gioia con cui ballava, tutti fecero caso al suo cambiamento, netto e opposto come la notte e il giorno. Fu l’unica a resistere alle sfiancanti prove della giornata. Profondi sospiri di sollievo si levarono nella sala da ballo, quando finalmente, le prove giunsero al termine. Nonostante i piedi distrutti e doloranti, Emile si diresse verso Elizabeth che recuperava il borsone in fondo alla stanza, per invitarla a uscire. Per l’ennesima volta. Ma ciò che il destino gli portò fu molto peggio dell’ennesimo “no” che avrebbe potuto ricevere.
“Amore mio!” esclamò Elizabeth gioiosa, quando quel brutto ceffo con la bandana dell’altro giorno fece il suo ingresso in sala da ballo.
Elizabeth corse incontro al suo Alex e lo baciò non curandosi di essere ancora in sala prove. Emile trasalì, avvertendo un tuffo al cuore. Non credeva ai suoi occhi, né alle sue orecchie. Forse stava delirando, forse era solo un incubo. O forse era solo una tetra, terribile allucinazione dovuta alla stanchezza madornale causata da ore e ore di danza. Si diede tre o quattro schiaffetti per assicurarsi di essere sveglio. Ma era tutto vero. Quella scena per lui invalidante era la nuda e cruda realtà.
“Elizabeth!” esclamò Emile sconvolto, dirigendosi come un razzo verso di lei e Alex.
“Sì, Emile?”
“Ma ti sei fidanzata? Con... Lui?” le domandò, rimanendo a bocca aperta come un pesce lesso.
“Sì, Emile. Lui è Alex, il mio fidanzato”, gli rispose lei secca e risoluta.
“E io che speravo che io e te...”
“Oh, Emile! Come sei ottuso! Io credevo che avessi capito! Non ho mai accettato di uscire con te, né ti ho illuso in altra maniera, proprio per farti capire che non sei il mio tipo. Mi dispiace. Ma io amo Alex. E anche se non avessi incontrato lui, non sarebbe cambiato niente per te. Perché io non provo nulla nei tuoi confronti, al di fuori di una grande stima per un bravo collega.”
“Solo stima?” si deluse Emile.
Elizabeth annuì col capo.
Emile venne pugnalato al cuore. Poi, fu vittima di un crollo nervoso. “Ma che ci fai tu di questa feccia dei bassifondi? Io sono molto meglio di lui!”
“Ne dubito fortemente”, intervenne Alex, spiazzandolo con estrema sicurezza e grande carisma.
Alex aveva uno sguardo piuttosto divertito. Elizabeth, avendo intuito il pericolo di una pesante lite tra i due, si mise di mezzo, per proteggere Alex da se stesso e per tenerlo fuori dai guai. Ormai sapeva in che modo aggressivo Alex perdesse il controllo quando veniva attaccato, anche solo verbalmente.
“Ok, va bene, adesso basta! Lo spettacolo è finito. Andiamo Alex!”
Emile li guardò andare via mano nella mano, con aria assai disgustata. “Elizabeth! Ma tua madre lo sa?”
“Non sono affari tuoi! Comunque sì, lo sa!”
Il suo tono inviperito spiazzò Emile su due piedi, che forse aveva un’ultima carta da giocarsi. “E tuo padre?” le chiese con fare di gran superiorità.
“No, mio padre non lo sa.” Elizabeth si avvicinò con passo deciso e sguardo sicuro. “Ti sia ben chiara una cosa, Emile. Mia madre adora questo ragazzo e sta aspettando con me il momento più opportuno per dirlo a mio padre. Tu prova solo a pensare di andare da lui a spifferargli questa storia, e io ti faccio cacciare dal corpo di ballo.”
Emile non aveva più armi per difendersi contro il suo tono sprezzante. “Non puoi farlo! Io sono il primo ballerino, il migliore!” tentò di difendersi quel poveraccio.
“No. Tu non sei il migliore. Sei un bravo ballerino, talentuoso, preciso... Per carità sei un ottimo collega. Ma sei troppo freddo. Ti manca la passionalità, il sentimento. Ce ne sono tanti di ballerini con meno talento, ma molto più espressivi di te. Quindi, pensaci bene e valuta attentamente quali sono le tue priorità. Ti saluto, Emile.”
Elizabeth girò i tacchi con un sadico sorrisetto di soddisfazione stampato in faccia e raggiunse Alex sulla soglia della sala da ballo, anche lui con un bel sorriso soddisfatto che rivolse a Emile, in segno di vittoria.
Alex ed Elizabeth uscirono all’aria aperta e, mano nella mano, si recarono in un bar a far merenda col consueto gelato. Invece di mangiarlo in giro come al solito, decisero di gustarselo comodamente seduti al tavolo. E per la prima volta scoprirono una nuova categoria di tenere e buffe smancerie da innamorati. Si divertirono un mondo a imboccarsi a vicenda, a scambiarsi i gelati e qualche dolce bacino con le labbra completamente pasticciate, a pulirsi la bocca da clown... Entrambi stavano scoprendo un mondo fatto di dolcezza e tenerezza, di tanti piccoli gesti a loro un tempo sconosciuti. Alex aveva avuto un’infanzia infernale ed Elizabeth troppo rigida. Alex era diventato uno scavezzacollo in cerca di avventure, Elizabeth una ragazza paurosa, timida e pudica. Nessuno dei due conosceva quei semplici, piccoli grandi gesti di affetto, che tutti gli innamorati si scambiavano. Li scoprirono con la genuinità tipica dei bambini, che sempre guardano il mondo e le sue novità con occhi diversi rispetto agli adulti. Impararono l’importanza di quei gesti ai fini della loro relazione, necessari per rafforzarla e per tener viva la fiamma che li aveva fusi insieme. La fiamma che li aveva uniti. Si erano divertiti.
E si erano amati.
Rimasero ancora un po’ in quel bar a scambiarsi tenere coccoline, prima di andarsene a far danno, come diceva sempre Alex, in giro per la città.
“Mi sei piaciuta! Che grinta hai avuto prima con quel bambolotto!” si complimentò Alex, mentre camminavano, tenendosi per mano.
“E’ tutto merito tuo, Alex! Grazie a te, sto imparando a non farmi più sopraffare dalla mia timidezza e a farmi valere di più. Pff!” Elizabeth iniziò stranamente a ridacchiare.
Alex la guardò curioso. “Che c’è? Perché ridi? Che diavolo stai rimuginando in quel tuo cervello da ballerina?”
“Niente Alex! E’ solo che...” E ridacchiava, ridacchiava. “E’ solo che stavo ripensando a ieri notte, a quando te ne sei andato e mio padre si è svegliato!”
“Come? Tuo padre si è svegliato? E si è accorto che eri in giardino?” si preoccupò Alex.
“No, sono riuscita a rientrare appena in tempo in camera. Il rombare della tua moto l’ha svegliato! Ha acceso la luce della sua stanza, gridando a squarciagola “E’ LA MOTO DI QUEL MANIGOLDO!” La mamma ha cercato di calmarlo, il che mi ha fatto guadagnare il tempo necessario per fiondarmi in camera mia. Poi papà si gettato lungo il corridoio, sostenendo che tu fossi in casa nostra.”
“E poi?”
“Ho finto di essermi svegliata. Non ho resistito!”
“E poi? Che ha fatto il capo?” le domandò Alex già mezzo piegato in due dal ridere.
“Ma niente, io e mia madre l’abbiamo preso un po’ per il culo e l’abbiamo fatto passare per esaurito!”
Alex aveva le lacrime agli occhi. Nulla gli metteva in moto le risate quanto le sfuriate del capo contro di lui.
“Mio Dio Elizabeth! Ma sono diventato proprio un’ossessione per lui! Come avrei voluto esserci!”
“Avresti dovuto vederlo, Alex! Gridava, gesticolava animatamente, faceva su e giù per il corridoio come un’anima in pena! Non ne potevo più dal ridere! E anche mamma! Non l’ho mai vista ridere così!”
“Beh, sai io faccio questo effetto agli altri!”
“Già, perché tu sei Alex. E di Alex ce n’è uno solo!”
Alex si fermò e la baciò su due piedi. “Dai vieni, amore! I ragazzi della band mi aspettano non molto lontano da qui. Abbiamo le prove generali. Da stasera per tre giorni, dobbiamo spaccare! Moto?”
Elizabeth ci pensò su qualche secondo, lanciandogli un acuto sguardo da birbantella. “Moto!” annuì infine con un gran sorriso carico di vita. “Spero di incontrare di nuovo papà!”
Alex si girò a guardarla allibito mentre lei si stava già allacciando il casco. “Ma... Ti senti bene amore?”
“Sì, Alex. Amore mio, ieri è stato così eccitante! Mi sono divertita tanto!” si gasò Elizabeth.
Alex si rigirò verso il manubrio, scuotendo il capo con fare rassegnato, ma con un sorriso molto più che allegro e soddisfatto. Fece rombare la sua fedele amica di corsa e partì.
Nel giro di dieci minuti, giunsero alla sala, che Alex e i suoi compari di sventure avevano affittato per i concerti. La band li accolse con grande calore e allegria.
“Eccolo, il nostro Alex!” lo salutarono i ragazzi, che avevano già preparato gli strumenti, pronti per le prove generali.
“Ciao ragazzi! C’è anche Elizabeth con me, vi dispiace?”
I ragazzi corsero tutti ad abbracciarla. “Ma certo che no! Ormai lei è una di noi!”
Alex la prese per mano. “Sapete che siamo venuti in moto?”
La band rimase di stucco.
“Però! Hai capito la nostra Elizabeth che tipetto! Anche in moto col nostro Alex adesso va!” si compiacque Edward.
Alex sorrise. “Beh, io l’ho sempre pensato che dietro quello sguardo da dolce fatina in realtà si nascondesse una tigre molto sexy e passionale!”
Fino a poco tempo prima, Elizabeth sarebbe a dir poco arrossita a una tale constatazione. Ma non quel giorno. Era davvero diventata una tigre. Rise a crepapelle insieme a tutta la band.
“Sapete perché l’ho portata qui, oggi?” domandò Alex con la sua solita aria da canaglia.
I ragazzi scossero la testa, non credendo che ci fosse un motivo in particolare.
“Perché oggi è il suo compleanno! BUON COMPLEANNO, MIA DOLCE FATINA!” gridò Alex galvanizzato e pronto per darle il suo speciale dono di compleanno.
La band applaudì, mentre Alex la strinse a sé e la baciò.
“Ma tu come facevi a saperlo? Non te l’ho mai detto!”
“Beh, amore mio, sei la mia fidanzata! Ho dato una bella occhiata alla tua pagina Facebook! E ti ho portato qui oggi, perché ho un regalo speciale per te. Ragazzi!” li richiamò tutti sul palco con quel suo onnipresente carisma da front-man che possedeva.
Una piccola orchestra con tanto di reparto fiati prese posto sul palco insieme alla band. Ognuno prese il proprio strumento e Alex si mise al piano.
“Amore mio, questa canzone l’ho scritta per te e per te solamente. Ti amo, Elizabeth”, le disse Alex una volta sul palco col microfono in mano.
Con un cenno del capo, si assicurò che tutti fossero pronti ad iniziare. Alex eseguì un coinvolgente e delicato assolo al piano, prima di dare il via alla canzone.
Elizabeth rimaneva incantata sempre più al passare di ogni nota. Quasi dieci minuti di poetiche parole d’amore e filosofia su una melodia dolce, variata, ricca di particolari strumenti musicali, con diversi assoli di chitarra, piena di emozioni e variazioni di tema furono per lei il regalo più bello che avesse mai ricevuto in tutta la sua vita. Più prezioso di qualsiasi gioiello o diamante. Una canzone degna della storia della musica. Scritta per lei e per lei solamente dal suo Alex.
Alex era riuscito a convogliare tutti i suoi sentimenti per Elizabeth nel brano. Aveva composto un capolavoro. Al termine della canzone, Alex si ritrovò un’Elizabeth in lacrime per la commozione addosso. La ragazza si arrampicò atleticamente sul palco e si fiondò su Alex, facendolo cadere giù dallo sgabello su cui stava seduto per suonare.
“Mio Dio, Alex! Tu non mi hai scritto una canzone, tu mi hai scritto un magia! E’ un capolavoro, mi hai commossa dall’inizio alla fine! E complimenti a tutti voi per l’esecuzione e l’interpretazione. E’ bellissima. Grazie, grazie a tutti! Soprattutto a te, Alex. E’ il più bel regalo che io abbia mai ricevuto in tutta la mia vita!”
Alex si si prese con grande gioia tutte le coccole che Elizabeth gli stava donando da quando lo aveva gettato a terra.
“E non ho finito qui, amore!” Alex tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una scatolina con un anello di fidanzamento. Una piccola fedina d’oro bianco con un piccolo brillante.
Elizabeth si portò una mano alla bocca per lo stupore. La gioia dentro di sé inondò il suo cuore, fino a traboccarne. Era il suo sogno fin da quand’era bambina. Un sogno divenuto realtà. Non si sarebbe mai aspettata che il suo principe azzurro sarebbe stato uno scatenato e stravagante cantante rock coi capelli lunghi e con le braccia ricoperte di tatuaggi. Ma così era stato. E non l’avrebbe cambiato con nessun altro. Era Alex il suo tesoro più prezioso.
“Oh mio Dio!” sussurrò tra le lacrime per la commozione.
Alex si mise in ginocchio, davanti agli occhi sgranati e alle bocche spalancate dei ragazzi. “Elizabeth Reeves, vuoi sposarmi?”
Elizabeth si lasciò infilare l’anello al dito, interdetta dalle forti emozioni del momento. “Sì”, sussurrò tra i singhiozzi.
Alex si alzò in piedi e la baciò, tra gli applausi della band, che si fiondò sulla coppia per abbracciarla.
“Prima ovviamente, fammi fare un po’ di soldi con la musica! Fammi sfondare, così ce ne fottiamo al cento per cento di tuo padre e delle sue sfuriate da maniaco esaurito, poi ci sposiamo!”
Edward, in un misto indefinito di sorpresa, commozione verso il suo compare e divertimento, gli mise una mano intorno alla spalla, come per prenderlo in giro. “E meno male che non ne eri innamorato! Secondo me ti stai rincitrullendo un po’, amico mio!”
“Vedrai, amico mio, ché tanto prima o poi succederà anche a te!” ricambiò la presa in giro Alex. “In men che non si dica, caro il mio Edward, ti ritroverai innamorato perso di una dolce fanciulla, che ti farà girare la testa. E ti posso assicurare che quel giorno io sarò lì, a prenderti per culo a vita! Amen!”
“Amen!” ripeterono in coro gli altri ragazzi della band insieme a Elizabeth.
La scatenata sestina risalì sul palco e iniziò il soundcheck con le prove generali. Poche ore dopo, avrebbero dovuto far scintille.

Il pubblico iniziava a riempire l’immensa sala che Alex e i ragazzi avevano affittato col sangue. Alex dava un’occhiata facendo capolino dal backstage per vedere come stava andando la situazione.
“Alex, Alex!” gridò Elizabeth galvanizzata, raggiungendolo nel backstage, dopo aver inventato l’ennesima balla per suo padre.
“Si sta riempendo, amore! I nostri primi fan al locale dove suoniamo devono aver sparso la voce e fatto parecchia propaganda per noi! Per non dire come mi sono presentato io in giro per promuovere i concerti!” esclamò Alex, baciandola sulle labbra.
“Lo so, Alex, lo so! La signora della biglietteria mi ha appena detto che avete fatto il tutto esaurito per tutte e tre le serate!” annunciò Elizabeth più gasata di loro.
L’entusiasmo e una scarica di allegra energia si scagliarono come saette su tutta la band. Elizabeth, Alex e i ragazzi si radunarono in cerchio e iniziarono a saltellare insieme e poi in ogni dove dei camerini. Ciò li spinse a dare il massimo. Suonarono divinamente, dai pezzi rock più scatenati ai lenti più dolci, portando la canzone dedicata a Elizabeth come cavallo di battaglia. Il pezzo riscosse un successo inaspettato tra il pubblico, in quanto le parole di introduzione al brano pronunciate da Alex avevano toccato il cuore di tutti. Fiumi di spumante spruzzarono allegria in ogni dove per tre giorni. Le serate andarono meglio di quanto lo stesso Alex si sarebbe mai aspettato. Tre grandi serate. La band non ci aveva guadagnato un granché dal momento che quasi tutto l’incasso servì per pagare l’affitto del locale e l’orchestra, ma ciò che realmente contava per loro era il successo riscosso e la tangibile speranza che qualche pezzo grosso di una casa discografica importante fosse andato lì a vederli e ad apprezzarli. Forse avevano qualche possibilità.
Si erano finalmente fatti notare.

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