Passi, su passi, su passi. Le prove per un importantissimo balletto si
rivelarono piuttosto estenuanti per tutti, ma non per Elizabeth. La carica, che
le donavano Alex e il suo amore per lei, la rendeva invincibile, pronta ad affrontare
ogni sfida col sorriso. Tutti notarono la grinta e la gioia con cui ballava,
tutti fecero caso al suo cambiamento, netto e opposto come la notte e il
giorno. Fu l’unica a resistere alle sfiancanti prove della giornata. Profondi
sospiri di sollievo si levarono nella sala da ballo, quando finalmente, le
prove giunsero al termine. Nonostante i piedi distrutti e doloranti, Emile si
diresse verso Elizabeth che recuperava il borsone in fondo alla stanza, per
invitarla a uscire. Per l’ennesima volta. Ma ciò che il destino gli portò fu
molto peggio dell’ennesimo “no” che avrebbe potuto ricevere.
“Amore mio!” esclamò Elizabeth gioiosa, quando quel brutto ceffo con
la bandana dell’altro giorno fece il suo ingresso in sala da ballo.
Elizabeth corse incontro al suo Alex e lo baciò non curandosi di
essere ancora in sala prove. Emile trasalì, avvertendo un tuffo al cuore. Non
credeva ai suoi occhi, né alle sue orecchie. Forse stava delirando, forse era
solo un incubo. O forse era solo una tetra, terribile allucinazione dovuta alla
stanchezza madornale causata da ore e ore di danza. Si diede tre o quattro
schiaffetti per assicurarsi di essere sveglio. Ma era tutto vero. Quella scena
per lui invalidante era la nuda e cruda realtà.
“Elizabeth!” esclamò Emile sconvolto, dirigendosi come un razzo verso
di lei e Alex.
“Sì, Emile?”
“Ma ti sei fidanzata? Con... Lui?” le domandò, rimanendo a bocca
aperta come un pesce lesso.
“Sì, Emile. Lui è Alex, il mio fidanzato”, gli rispose lei secca e
risoluta.
“E io che speravo che io e te...”
“Oh, Emile! Come sei ottuso! Io credevo che avessi capito! Non ho mai
accettato di uscire con te, né ti ho illuso in altra maniera, proprio per farti
capire che non sei il mio tipo. Mi dispiace. Ma io amo Alex. E anche se non
avessi incontrato lui, non sarebbe cambiato niente per te. Perché io non provo
nulla nei tuoi confronti, al di fuori di una grande stima per un bravo
collega.”
“Solo stima?” si deluse Emile.
Elizabeth annuì col capo.
Emile venne pugnalato al cuore. Poi, fu vittima di un crollo nervoso.
“Ma che ci fai tu di questa feccia dei bassifondi? Io sono molto meglio di
lui!”
“Ne dubito fortemente”, intervenne Alex, spiazzandolo con estrema
sicurezza e grande carisma.
Alex aveva uno sguardo piuttosto divertito. Elizabeth, avendo intuito
il pericolo di una pesante lite tra i due, si mise di mezzo, per proteggere
Alex da se stesso e per tenerlo fuori dai guai. Ormai sapeva in che modo
aggressivo Alex perdesse il controllo quando veniva attaccato, anche solo
verbalmente.
“Ok, va bene, adesso basta! Lo spettacolo è finito. Andiamo Alex!”
Emile li guardò andare via mano nella mano, con aria assai disgustata.
“Elizabeth! Ma tua madre lo sa?”
“Non sono affari tuoi! Comunque sì, lo sa!”
Il suo tono inviperito spiazzò Emile su due piedi, che forse aveva
un’ultima carta da giocarsi. “E tuo padre?” le chiese con fare di gran
superiorità.
“No, mio padre non lo sa.” Elizabeth si avvicinò con passo deciso e
sguardo sicuro. “Ti sia ben chiara una cosa, Emile. Mia madre adora questo
ragazzo e sta aspettando con me il momento più opportuno per dirlo a mio padre.
Tu prova solo a pensare di andare da lui a spifferargli questa storia, e io ti
faccio cacciare dal corpo di ballo.”
Emile non aveva più armi per difendersi contro il suo tono sprezzante.
“Non puoi farlo! Io sono il primo ballerino, il migliore!” tentò di difendersi
quel poveraccio.
“No. Tu non sei il migliore. Sei un bravo ballerino, talentuoso,
preciso... Per carità sei un ottimo collega. Ma sei troppo freddo. Ti manca la
passionalità, il sentimento. Ce ne sono tanti di ballerini con meno talento, ma
molto più espressivi di te. Quindi, pensaci bene e valuta attentamente quali
sono le tue priorità. Ti saluto, Emile.”
Elizabeth girò i tacchi con un sadico sorrisetto di soddisfazione
stampato in faccia e raggiunse Alex sulla soglia della sala da ballo, anche lui
con un bel sorriso soddisfatto che rivolse a Emile, in segno di vittoria.
Alex ed Elizabeth uscirono all’aria aperta e, mano nella mano, si
recarono in un bar a far merenda col consueto gelato. Invece di mangiarlo in
giro come al solito, decisero di gustarselo comodamente seduti al tavolo. E per
la prima volta scoprirono una nuova categoria di tenere e buffe smancerie da
innamorati. Si divertirono un mondo a imboccarsi a vicenda, a scambiarsi i gelati
e qualche dolce bacino con le labbra completamente pasticciate, a pulirsi la
bocca da clown... Entrambi stavano scoprendo un mondo fatto di dolcezza e
tenerezza, di tanti piccoli gesti a loro un tempo sconosciuti. Alex aveva avuto
un’infanzia infernale ed Elizabeth troppo rigida. Alex era diventato uno
scavezzacollo in cerca di avventure, Elizabeth una ragazza paurosa, timida e
pudica. Nessuno dei due conosceva quei semplici, piccoli grandi gesti di
affetto, che tutti gli innamorati si scambiavano. Li scoprirono con la
genuinità tipica dei bambini, che sempre guardano il mondo e le sue novità con
occhi diversi rispetto agli adulti. Impararono l’importanza di quei gesti ai
fini della loro relazione, necessari per rafforzarla e per tener viva la fiamma
che li aveva fusi insieme. La fiamma che li aveva uniti. Si erano divertiti.
E si erano amati.
Rimasero ancora un po’ in quel bar a scambiarsi tenere coccoline,
prima di andarsene a far danno, come diceva sempre Alex, in giro per la città.
“Mi sei piaciuta! Che grinta hai avuto prima con quel bambolotto!” si
complimentò Alex, mentre camminavano, tenendosi per mano.
“E’ tutto merito tuo, Alex! Grazie a te, sto imparando a non farmi più
sopraffare dalla mia timidezza e a farmi valere di più. Pff!” Elizabeth iniziò
stranamente a ridacchiare.
Alex la guardò curioso. “Che c’è? Perché ridi? Che diavolo stai
rimuginando in quel tuo cervello da ballerina?”
“Niente Alex! E’ solo che...” E ridacchiava, ridacchiava. “E’ solo che
stavo ripensando a ieri notte, a quando te ne sei andato e mio padre si è
svegliato!”
“Come? Tuo padre si è svegliato? E si è accorto che eri in giardino?”
si preoccupò Alex.
“No, sono riuscita a rientrare appena in tempo in camera. Il rombare
della tua moto l’ha svegliato! Ha acceso la luce della sua stanza, gridando a
squarciagola “E’ LA MOTO DI QUEL MANIGOLDO!” La mamma ha cercato di calmarlo,
il che mi ha fatto guadagnare il tempo necessario per fiondarmi in camera mia.
Poi papà si gettato lungo il corridoio, sostenendo che tu fossi in casa
nostra.”
“E poi?”
“Ho finto di essermi svegliata. Non ho resistito!”
“E poi? Che ha fatto il capo?” le domandò Alex già mezzo piegato in
due dal ridere.
“Ma niente, io e mia madre l’abbiamo preso un po’ per il culo e l’abbiamo
fatto passare per esaurito!”
Alex aveva le lacrime agli occhi. Nulla gli metteva in moto le risate
quanto le sfuriate del capo contro di lui.
“Mio Dio Elizabeth! Ma sono diventato proprio un’ossessione per lui!
Come avrei voluto esserci!”
“Avresti dovuto vederlo, Alex! Gridava, gesticolava animatamente,
faceva su e giù per il corridoio come un’anima in pena! Non ne potevo più dal
ridere! E anche mamma! Non l’ho mai vista ridere così!”
“Beh, sai io faccio questo effetto agli altri!”
“Già, perché tu sei Alex. E di Alex ce n’è uno solo!”
Alex si fermò e la baciò su due piedi. “Dai vieni, amore! I ragazzi
della band mi aspettano non molto lontano da qui. Abbiamo le prove generali. Da
stasera per tre giorni, dobbiamo spaccare! Moto?”
Elizabeth ci pensò su qualche secondo, lanciandogli un acuto sguardo
da birbantella. “Moto!” annuì infine con un gran sorriso carico di vita. “Spero
di incontrare di nuovo papà!”
Alex si girò a guardarla allibito mentre lei si stava già allacciando
il casco. “Ma... Ti senti bene amore?”
“Sì, Alex. Amore mio, ieri è stato così eccitante! Mi sono divertita
tanto!” si gasò Elizabeth.
Alex si rigirò verso il manubrio, scuotendo il capo con fare
rassegnato, ma con un sorriso molto più che allegro e soddisfatto. Fece rombare
la sua fedele amica di corsa e partì.
Nel giro di dieci minuti, giunsero alla sala, che Alex e i suoi
compari di sventure avevano affittato per i concerti. La band li accolse con
grande calore e allegria.
“Eccolo, il nostro Alex!” lo salutarono i ragazzi, che avevano già
preparato gli strumenti, pronti per le prove generali.
“Ciao ragazzi! C’è anche Elizabeth con me, vi dispiace?”
I ragazzi corsero tutti ad abbracciarla. “Ma certo che no! Ormai lei è
una di noi!”
Alex la prese per mano. “Sapete che siamo venuti in moto?”
La band rimase di stucco.
“Però! Hai capito la nostra Elizabeth che tipetto! Anche in moto col
nostro Alex adesso va!” si compiacque Edward.
Alex sorrise. “Beh, io l’ho sempre pensato che dietro quello sguardo
da dolce fatina in realtà si nascondesse una tigre molto sexy e passionale!”
Fino a poco tempo prima, Elizabeth sarebbe a dir poco arrossita a una
tale constatazione. Ma non quel giorno. Era davvero diventata una tigre. Rise a
crepapelle insieme a tutta la band.
“Sapete perché l’ho portata qui, oggi?” domandò Alex con la sua solita
aria da canaglia.
I ragazzi scossero la testa, non credendo che ci fosse un motivo in
particolare.
“Perché oggi è il suo compleanno! BUON COMPLEANNO, MIA DOLCE FATINA!”
gridò Alex galvanizzato e pronto per darle il suo speciale dono di compleanno.
La band applaudì, mentre Alex la strinse a sé e la baciò.
“Ma tu come facevi a saperlo? Non te l’ho mai detto!”
“Beh, amore mio, sei la mia fidanzata! Ho dato una bella occhiata alla
tua pagina Facebook! E ti ho portato qui oggi, perché ho un regalo speciale per
te. Ragazzi!” li richiamò tutti sul palco con quel suo onnipresente carisma da
front-man che possedeva.
Una piccola orchestra con tanto di reparto fiati prese posto sul palco
insieme alla band. Ognuno prese il proprio strumento e Alex si mise al piano.
“Amore mio, questa canzone l’ho scritta per te e per te solamente. Ti
amo, Elizabeth”, le disse Alex una volta sul palco col microfono in mano.
Con un cenno del capo, si assicurò che tutti fossero pronti ad
iniziare. Alex eseguì un coinvolgente e delicato assolo al piano, prima di dare
il via alla canzone.
Elizabeth rimaneva incantata sempre più al passare di ogni nota. Quasi
dieci minuti di poetiche parole d’amore e filosofia su una melodia dolce,
variata, ricca di particolari strumenti musicali, con diversi assoli di
chitarra, piena di emozioni e variazioni di tema furono per lei il regalo più
bello che avesse mai ricevuto in tutta la sua vita. Più prezioso di qualsiasi
gioiello o diamante. Una canzone degna della storia della musica. Scritta per
lei e per lei solamente dal suo Alex.
Alex era riuscito a convogliare tutti i suoi sentimenti per Elizabeth
nel brano. Aveva composto un capolavoro. Al termine della canzone, Alex si
ritrovò un’Elizabeth in lacrime per la commozione addosso. La ragazza si
arrampicò atleticamente sul palco e si fiondò su Alex, facendolo cadere giù
dallo sgabello su cui stava seduto per suonare.
“Mio Dio, Alex! Tu non mi hai scritto una canzone, tu mi hai scritto
un magia! E’ un capolavoro, mi hai commossa dall’inizio alla fine! E
complimenti a tutti voi per l’esecuzione e l’interpretazione. E’ bellissima.
Grazie, grazie a tutti! Soprattutto a te, Alex. E’ il più bel regalo che io
abbia mai ricevuto in tutta la mia vita!”
Alex si si prese con grande gioia tutte le coccole che Elizabeth gli
stava donando da quando lo aveva gettato a terra.
“E non ho finito qui, amore!” Alex tirò fuori dalla tasca dei
pantaloni una scatolina con un anello di fidanzamento. Una piccola fedina d’oro
bianco con un piccolo brillante.
Elizabeth si portò una mano alla bocca per lo stupore. La gioia dentro
di sé inondò il suo cuore, fino a traboccarne. Era il suo sogno fin da
quand’era bambina. Un sogno divenuto realtà. Non si sarebbe mai aspettata che
il suo principe azzurro sarebbe stato uno scatenato e stravagante cantante rock
coi capelli lunghi e con le braccia ricoperte di tatuaggi. Ma così era stato. E
non l’avrebbe cambiato con nessun altro. Era Alex il suo tesoro più prezioso.
“Oh mio Dio!” sussurrò tra le lacrime per la commozione.
Alex si mise in ginocchio, davanti agli occhi sgranati e alle bocche
spalancate dei ragazzi. “Elizabeth Reeves, vuoi sposarmi?”
Elizabeth si lasciò infilare l’anello al dito, interdetta dalle forti
emozioni del momento. “Sì”, sussurrò tra i singhiozzi.
Alex si alzò in piedi e la baciò, tra gli applausi della band, che si
fiondò sulla coppia per abbracciarla.
“Prima ovviamente, fammi fare un po’ di soldi con la musica! Fammi
sfondare, così ce ne fottiamo al cento per cento di tuo padre e delle sue
sfuriate da maniaco esaurito, poi ci sposiamo!”
Edward, in un misto indefinito di sorpresa, commozione verso il suo
compare e divertimento, gli mise una mano intorno alla spalla, come per
prenderlo in giro. “E meno male che non ne eri innamorato! Secondo me ti stai
rincitrullendo un po’, amico mio!”
“Vedrai, amico mio, ché tanto prima o poi succederà anche a te!”
ricambiò la presa in giro Alex. “In men che non si dica, caro il mio Edward, ti
ritroverai innamorato perso di una dolce fanciulla, che ti farà girare la
testa. E ti posso assicurare che quel giorno io sarò lì, a prenderti per culo a
vita! Amen!”
“Amen!” ripeterono in coro gli altri ragazzi della band insieme a
Elizabeth.
La scatenata sestina risalì sul palco e iniziò il soundcheck con le
prove generali. Poche ore dopo, avrebbero dovuto far scintille.
Il pubblico iniziava a riempire l’immensa sala che Alex e i ragazzi
avevano affittato col sangue. Alex dava un’occhiata facendo capolino dal
backstage per vedere come stava andando la situazione.
“Alex, Alex!” gridò Elizabeth galvanizzata, raggiungendolo nel backstage,
dopo aver inventato l’ennesima balla per suo padre.
“Si sta riempendo, amore! I nostri primi fan al locale dove suoniamo
devono aver sparso la voce e fatto parecchia propaganda per noi! Per non dire
come mi sono presentato io in giro per promuovere i concerti!” esclamò Alex,
baciandola sulle labbra.
“Lo so, Alex, lo so! La signora della biglietteria mi ha appena detto che
avete fatto il tutto esaurito per tutte e tre le serate!” annunciò Elizabeth
più gasata di loro.
L’entusiasmo e una scarica di allegra energia si scagliarono come
saette su tutta la band. Elizabeth, Alex e i ragazzi si radunarono in cerchio e
iniziarono a saltellare insieme e poi in ogni dove dei camerini. Ciò li spinse
a dare il massimo. Suonarono divinamente, dai pezzi rock più scatenati ai lenti
più dolci, portando la canzone dedicata a Elizabeth come cavallo di battaglia.
Il pezzo riscosse un successo inaspettato tra il pubblico, in quanto le parole
di introduzione al brano pronunciate da Alex avevano toccato il cuore di tutti.
Fiumi di spumante spruzzarono allegria in ogni dove per tre giorni. Le serate
andarono meglio di quanto lo stesso Alex si sarebbe mai aspettato. Tre grandi
serate. La band non ci aveva guadagnato un granché dal momento che quasi tutto
l’incasso servì per pagare l’affitto del locale e l’orchestra, ma ciò che
realmente contava per loro era il successo riscosso e la tangibile speranza che
qualche pezzo grosso di una casa discografica importante fosse andato lì a
vederli e ad apprezzarli. Forse avevano qualche possibilità.
Si erano finalmente fatti notare.
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