Albert stava guidando verso casa. Accanto a lui, Sarah Carlwright, la
madre di Alex. Se ne stava lì, seduta in silenzio a rimuginare pensierosa sul
figlio. Era preoccupata. Altamente preoccupata. Il fatto che suo figlio avesse
accettato di vederla non significava certo che l’avrebbe accolta a braccia
aperte e che l’avrebbe rivoluta nella sua vita. Non era stata una buona madre
per Alex, sempre troppo paurosa, sempre troppo remissiva nei confronti del
marito. Non aveva mai trovato il coraggio di proteggere Alex dalle violente
sfuriate di suo padre, né di lasciare quell’uomo infimo e crudele. E questo la
faceva sentire un verme. Che razza di madre era una che per terrore rinunciava
a difendere e proteggere la propria creatura? Era stata viscida e ora lo
sapeva. E ne stava pagando le conseguenze.
“Non si preoccupi, signora. Alex è una gran testa calda, ma ha un
cuore d’oro”, le disse Albert, avendo colto i suoi taciti timori, andando così
a spezzare il silenzio che li circondava.
“Lo so. Ma è troppo arrabbiato con me. E ha ragione. Sono stata una
pessima madre per lui. Ho sbagliato tutto nella mia vita e ora me ne pento. Ho
permesso che la paura mi privasse di mio figlio. Del mio tesoro più prezioso.
Alex ha ragione, se non mi vuole più nella sua vita”, si disperò Sarah.
“Non dica così, signora. A tutto c’è un rimedio. La sua è sempre stata
una situazione complicata con un marito del genere in casa. Difficile dire come
sia meglio affrontare la situazione. Nessuno può giudicarla per come ha agito.
E non si preoccupi tanto per la faccenda di Alex. C’è Elizabeth.”
“Grazie, Commissario”, gli disse Sarah con gli occhi languidi.
“Di nulla, signora. Dovere.”
L’auto ripiombò nel silenzio. Nonostante le oneste e gentili parole di
Albert, nonostante il suo conforto da padre-poliziotto, i dubbi e i timori di
Sarah permasero, continuando a tormentarla come spettri.
Albert accese la radio per smussare un po’ la tensione e non appena
selezionò la sua stazione preferita, si ritrovò ad ascoltare la canzone dei
Troublemakers.
“Oh mio Dio! E’ la canzone della band di Alex!” esclamò Sarah,
portandosi commossa la mano al petto. Ascoltare quella canzone costituiva per
lei un dono ogni volta. Il video, poi, l’aveva conquistata. Estasiata.
“L’ha scritta Alex per conto suo. Per mia figlia, Elizabeth”, le disse
Albert.
Sarah si asciugò una lacrima per la commozione e rimase in silenzio ad
ascoltare la canzone, così come fece Albert. Si godettero il capolavoro di Alex
e la sua band senza profanarlo con parole inutili.
Poco dopo, Albert parcheggiò nel giardinetto di casa sua e la canzone
era terminata da poco. Aiutò con garbo Sarah a scendere dall’auto, porgendole
la mano come un vero gentiluomo. Sarah l’afferrò e si lasciò confortare dalla
sua stretta salda e rassicurante. I due s’incamminarono verso la porta
d’ingresso, l’ansia che cresceva sempre più.
“Prego signora, si accomodi” disse educatamente Albert alla madre di
Alex, spalancando l’uscio.
Non appena entrarono in casa, i due vennero raggiunti da schiamazzi e
risa provenienti dal soggiorno. Un gran casino, insomma!
“Sente, signora? Questi sono Alex ed Elizabeth che giocano col
bambino”, puntualizzò Albert.
La madre di Alex non riuscì a commentare tutto quel casino, un po’
perché conosceva bene suo figlio e sapeva quanto fosse rumoroso e contagioso e
un po’ per la grande emozione. Sentiva il cuore martellarle insistentemente
contro il petto, forte, con violenza. Le stava togliendo il respiro.
“SALVE CAPO!” li raggiunse la potente voce di Alex, immemore del fatto
che sua madre fosse già all’ingresso con Albert.
“CIAO PAPA’!” si unì gioiosa Elizabeth, accompagnata dall’onnipresente
risata del piccolo Cody.
“GUARDI, CAPO!” gridò Alex, sollevando in aria il bambino dal divano,
che dava le spalle all’ingresso, per mostrarlo ad Albert.
Alex gli aveva messo una tutina fatta appositamente per lui col logo
della band stampato sul pancino, accompagnato da bandana e braccialetti stile
rock, ma in formato bambino.
“Povero piccolo”, sospirò Albert alla signora, della cui presenza
ancora nessuno si era accorto.
Quando Alex era con suo figlio ed Elizabeth, non c’era mai per
nessun’altro.
Non appena aveva sentito la voce di suo figlio, Sarah si era portata
una mano al petto, incredula che Alex fosse davvero in quella casa. Quella voce
così familiare che tanto le era mancata!
“Alex, smettila di fare il deficiente col bambino e vieni qui!” lo
chiamò Albert a vecchio stile.
“Arrivo, Capo, arrivo!”
La svogliatezza nella voce di Alex nel rispondere ricordò a Sarah
quando suo figlio era solo un bambino dispettoso che rispondeva a tono ogni
qualvolta gli venisse chiesto di fare i compiti. Alex si trascinò controvoglia
verso l’ingresso, da dove sua madre non era riuscita a muovere un solo passo.
Alex rabbrividì, quando la vide con Albert. Si era completamente dimenticato
che l’avrebbero avuta a cena. Tremava spaventato, proprio come quando era
piccolo e suo padre stava per picchiarli entrambi. I suoi demoni tornarono
all’improvviso a galla, vivi come se fossero nati allora. E sua madre aveva il
suo stesso sguardo, terrorizzata dal fatto che Alex la mandasse via in malo
modo. Fu Alex a trovare nel suo terrore la forza e il coraggio per rompere il
ghiaccio e parlare per primo.
“Ciao mamma”, le disse in un mix di freddezza e timore.
A Sarah si sciolse il cuore, anche se sapeva bene che si trattava solo
di un formale saluto. “Ciao tesoro”, gli rispose col cuore martellante in gola,
la voce sottile come quella di una gattina impaurita e abbandonata.
Avrebbe voluto dirgli un’innumerevole lista di cose, ma ogni singola
parola che tentò di pronunciare le morì in gola.
“Che cosa vuoi?” le chiese freddamente Alex, dal momento che sua madre
non si decideva a parlare.
“Alex... Mi dispiace tanto”, fu l’unica cosa che riuscì a dire tra le
lacrime.
“Mi dici per favore che vuoi?” Alex si stava alterando. Rimaneva
freddo e impassibile e la sua voce gelante e priva di sentimento valeva più di
cento parole gridate con cattiveria a squarciagola.
“Chiederti di perdonarmi.”
“Ah, sì? E’ un po’ tardi. Non credi, mamma?”
“Mi rendo conto che è tardi, che avrei dovuto lasciare tuo padre
quando eri solo un bambino e non adesso che sei grande e...”
“Aspetta! Come? Hai lasciato mio padre?” La gelida voce di Alex iniziò
a riacquistare un pizzico della sua espressività naturale.
“Sì. Abbiamo avuto un litigio molto violento dopo che ti abbiamo visto
alla televisione. Rinnegava che fossi tu, diceva che eri la sua vergogna e la
sua disgrazia. Io, invece, non sono riuscita a trattenere le lacrime dalla
commozione, sapendo che sei arrivato dove volevi arrivare sin da piccolissimo.
Ho continuato a ripetere quanto fossi fiera di te e lui si è infuriato. Mi ha
quasi uccisa, questa volta. L’ho colpito in testa per difendermi e sono fuggita
a cercarti. Avrei dovuto farlo molto tempo fa e mi dispiace di non aver mai
trovato il coraggio di farlo. L’ho denunciato. Per tutto quello che ci ha
fatto. E’ in carcere adesso, per quanto ne so.”
Alex fissò sua madre con le lacrime agli occhi, felice che finalmente
suo padre avesse avuto la punizione che da tempo meritava. Senza dire nulla,
Alex si avventò su sua madre e la abbracciò forte come mai prima di allora.
Piansero. Piansero tanto e insieme.
“Perdonami, Alex”, gli sussurrò tra le lacrime, mentre lui la abbracciava.
“Ti perdono, mamma. Mi sei mancata tanto!” si sciolse Alex, tornando
il ragazzo dal cuore d’oro di sempre.
“Anche tu mi sei mancato. Lo sapevo che ci saresti riuscito!”
Quando si staccarono dall’abbraccio, Alex la fece accomodare in
soggiorno.
Elizabeth si alzò in piedi, col bambino in braccio e sorrise nel
vedere Alex sorridere.
Alex si mise al suo fianco e la strinse a sé per la spalla. “Mamma,
lei è Elizabeth, mia moglie, la mia dolce fatina.”
Sarah ed Elizabeth si sorrisero gioiosamente, senza bisogno di
parlarsi.
“E questo è Cody, nostro figlio”, riprese Alex.
Elizabeth si avvicinò a Sarah e le mostrò il bambino. “Mio Dio! E’
bellissimo. E’ identico ad Alex quand’è nato.”
Sarah si commosse infinitamente. Le sembrò di tornare indietro nel tempo,
quando Alex era ancora in fasce e lei si prendeva cura di lui. Un’emozione
impossibile da descrivere a parole. Un’emozione forte. Fortissima.
Elizabeth glielo porse, permettendole di tenerlo in braccio. La donna
si sentì nascere due volte. Una perché aveva riabbracciato il suo Alex e
l’altra perché ora tra le braccia aveva il figlio di Alex.
“Buonasera!” li raggiunse allegra Hilary, che era rimasta in cucina a
preparare le cena. “Sono Hilary, la moglie di Albert”, si presentò.
“Salve, sono Sarah, la madre di Alex”, ricambiò lei, porgendo il
bambino tra le braccia di Alex, che non vedeva l’ora di riprenderselo.
“Si vede! Benvenuta! La cena è in tavola. Andiamo?”
“Hai sentito, Cody! E’ l’ora della pappa!” si rallegrò Alex, facendo
il solletico al piccolo sul pancino.
“No, per lui è l’ora della nanna. Lo porto di sopra”, lo freddò
Elizabeth, ridendo.
Alex ignorò istintivamente il suo stomaco vuoto e borbottante. Non
riuscì a far a meno di seguire sua moglie per le scale e dar la buona notte al
figlio.
“E’ proprio dolce tua madre”, commentò Elizabeth una volta in camera,
mentre riponeva Cody nella culla e gli rimboccava le copertine col suo tocco di
colomba.
Alex le si avvicinò e iniziò a baciarle il collo. “Da qualcuno devo
aver pur preso, no?”
Elizabeth sorrise e si lasciò un po’ coccolare da lui. “Ti amo, Alex”,
gli sussurrò, girando la testa verso di lui per baciarlo.
“Anch’io ti amo, Elizabeth. Anch’io”, le rispose Alex, mentre la
riempiva di appassionati baci e calde carezze.
“Forse dovremmo scendere, prima che pensino male”, gli fece notare
Elizabeth.
“E tu lasciali pensare.”
Alex continuò indisturbato a baciarle sensualmente il collo. Non era
affatto cambiato dal giorno in cui si erano conosciuti.
“Sei sempre il solito, Alex! Dai scendiamo, ché aspettano solo noi per
mangiare. Ne riparliamo più tardi!” lo spinse delicatamente via Elizabeth,
lanciandogli un perspicace occhiolino tutto-dire.
“Non vedo l’ora, amore!”
La voce sensuale di Alex e i suoi espressivi ed eloquenti sguardi le
facevano girare la testa, proprio come la sera in cui si erano conosciuti. Si
ricordò di come le avesse battuto forte il cuore quando lo aveva visto... E ora
era sua moglie.
I due ragazzi si decisero molto a malincuore a scendere.
La cena passò serenamente. Alex raccontò a sua madre ciò che aveva
fatto in tutti quegli anni, di come si era fatto strada a forza di lavoro e
intelligenza nel mondo della musica, di come aveva conosciuto Elizabeth e di
come lei lo ispirasse quotidianamente, senza tralasciare il fatto che la loro
canzone di debutto, Alex l’aveva scritta per lei tutta da solo. E non tralasciò
i piani per il futuro. “Ci stanno costruendo casa, mamma e finché non sarà
pronta, vivremo qui, così anche i nonni si godono un po’ il nipotino. Questo è
il posto più sicuro dai fan, siamo riusciti a mantenere segreto il luogo della
nostra abitazione e del nostro nuovo studio di registrazione. Abbiamo dovuto
cambiarlo perché i fan non facevano altro che assediarci lì. Abbiamo
organizzato diverse sessions per autografi e meet-and-greet per sentirceli più
vicino al di fuori della nostra sfera privata. I nostri fan sono molto
speciali, perché ci amano proprio perché noi siamo così. Uscire per strada sta
diventando complicato, ma noi continuiamo a cavarcela sempre bene. Vero, Capo?”
“Già... Tu e quella dannata moto, Alex. Ieri un’altra multa per
eccesso di velocità!”
Elizabeth quasi si strozzò col boccone dal ridere.
“Su via, Capo, non la faccia tanto lunga! La notte c’è il bambino che
piange e non ci fa dormire! Io, la mattina, mi sveglio tardi e ho mille cose da
fare! Quindi corro!”
Sarah rise a crepapelle. “Mio Dio, Alex! Hai ancora sedici anni!”
“Sempre, mamma!”
Le risate rimbombarono per tutta la casa, serene e felici. Tranne
quella di Cody, che con tutto quel baccano si svegliò e iniziò grintosamente a
protestare e piangere.
“Vado io!” si alzò Elizabeth.
Alex la seguì di nuovo. Non riuscendo più a riaddormentarlo, lo
portarono giù con loro. Sarah rimase sorpresa e conquistata dal modo in cui
Alex si prendeva cura di suo figlio con Elizabeth. Non sembrava neanche lo
stesso ragazzo scapestrato quale era sempre stato. Con Cody ed Elizabeth, Alex
si trasformava radicalmente. O forse no. Forse riusciva a tirare fuori la parte
più nobile di sé dai più profondi meandri del suo cuore. La sua infanzia
deformata e sconvolta non gli avevano mai permesso di esplorare quella dolce e
tenera parte di sé. Nemmeno Sarah, che era sua madre, aveva mai conosciuto
faccia a faccia la sua empatia e la sua sensibilità.
Alex in realtà era un ragazzo dolcissimo, pieno di valori, sensibile...
E un artista. Non avrebbe potuto essere diversamente. Alex ed Elizabeth furono
concordi nell’invitare Sarah a restare da loro piuttosto che in albergo. Aveva
bisogno di stare un po’ con suo figlio, di godersi il nipote e conoscere a
fondo la ragazza che aveva conquistato il cuore di Alex. Doveva senz’altro
essere una ragazza speciale.
Alex ed Elizabeth salutarono presto e si ritirarono in camera. A forza
di cullare, ninnare e sussurrare dolci canzoni nell’orecchio del piccolo,
riuscirono a farlo riaddormentare.
“Finalmente dorme”, confermò sotto voce Elizabeth, mentre finiva di
rimboccargli la copertina.
“Già... Finalmente soli!” le si avvicinò Alex, iniziando da dietro a
baciarle sensualmente il collo, come se volesse riprendere da dove aveva
lasciato prima di cena.
Elizabeth si lasciò completamente andare alla sua passionalità. Come
la prima volta che si erano incontrati. Elizabeth si voltò per baciarlo sulle
soffici labbra calde, baci che Alex non rifiutò di certo, andando sempre più ad
accenderli con il fuoco ardente della passione che nascondeva dentro. Alex
iniziò a farle scorrere le mani lungo la schiena, facendole salire i brividi a
mille. Era davvero tanto che non trascorrevano alcuni momenti di passionale
intimità insieme ed entrambi ne sentivano il bisogno. Elizabeth si fece
delicatamente stendere sul letto da Alex e se lo trascinò sopra di lei.
“Shh... Facciamo piano o sveglieremo di nuovo Cody!” gli sussurrò a
stento Elizabeth, mentre Alex le baciava il collo e le accarezzava le gambe.
“Hai ragione, amore! Sennò chi lo sente!” esclamò Alex sotto voce.
Elizabeth tentò di soffocare una risata, mentre Alex iniziò a
spogliarla. E lei fece altrettanto. Elizabeth cominciò a sfilargli i pantaloni,
quando un sonoro pianto li interruppe bruscamente.
“Oh no! Il bambino! Mi sa che ha fatto qualche bisognino addosso, non
stavamo facendo rumore!” protestò Elizabeth, facendo quasi per alzarsi.
Ma Alex restò sopra di lei, per non farla muovere. “Lascialo piangere
per un po’! Smetterà! Vieni qui” la bloccò lui con un tono così sensuale da
persuaderla a dargli retta, quel tono così carismatico tipico della sua
personalità unica e originale, a cui lei non sapeva resistere.
“Hai ragione, Alex. Sono tutta tua!”
Elizabeth riprese indisturbata a sfilargli i pantaloni, mentre Cody
continuava a protestare, gridando sonoramente.
“MA INSOMMA CHE SUCCEDE QUI? LO FATE SMETTERE QUESTO BAMBINO O NO?”
gridò all’improvviso Albert, spalancando senza preavviso la porta. Facendo così
un’imbarazzante, indesiderata, ma gradita irruzione.
“Ma papà!” protestò Elizabeth, indignata.
“Salve Capo! Non si bussa?” lo prese in giro Alex, con tono assai
seccato.
“Che cosa diavolo state facendo?”
“Secondo lei, Capo?”
“Ma quel bambino piange! Ha svegliato tutti quanti! Insomma lo
guardate o no? Siete proprio senza pudore!”
“Senta, Capo, eh! Non rompa tanto le palle! Avremo pur diritto a stare
insieme qualche volta, no? Anzi...” -ribatté Alex scocciato, alzandosi dal
letto in mutande, facendo così traballare i deboli nervi di Albert- “Visto che
è qui, lo prenda lei per un po’ e se lo spupazzi!” esclamò mettendogli con
decisione Cody tra le braccia e accompagnandolo fuori della stanza. “Non
preoccuparti, amore di papà! Io e la mamma ti veniamo a prendere presto! Tu intanto
stai un po’ col nonno, che ti cambia il pannolino, così torni bello pulito e
profumato!” esclamò Alex a suo figlio, facendogli il solletichino sul naso.
Il piccolo smise di piangere e iniziò a ridere divertito.
“Ci vediamo tra poco, Capo!” Alex gli sbatté letteralmente la porta in
faccia e tornò dalla sua Elizabeth.
Albert rimase qualche secondo col bimbo in braccio cercando di capire
che cosa fosse appena successo. Poi portò il piccolo in bagno, dove scoprì con
suo orrore che nel pannolone c’era una gran quantità di puzzolente pupù, che
lui stesso avrebbe dovuto ripulire.
“Maledetto Alex! Questa me la paghi!” protestò, mentre preparava
l’occorrente per custodire Cody, che intanto se la rideva di gusto come una
vera canaglia. “E tu che hai da ridere, eh? Lo trovi tanto divertente?”
Il piccolo rise ancora di più. Non appena Albert gli alzò il sederino
per iniziare a pulirlo, come ciliegina sulla torta, la piccola peste bubbonica
gli schizzò addosso anche una bella doccia di pipì. L’espressione di Albert
parlò per lui. Rassegnato e disperato. Non aveva più nemmeno la forza per
innervosirsi. Cody rise ancora più forte.
“Eh, Cody, Cody... Piccola canaglia... Ti arresterò per questo!” gli
disse scherzando tranquillamente, mentre iniziava a pulirlo e il piccolo non la
smetteva di ridere.
Ma le risa di Cody non furono l’unico suono che si udì in casa. Il
casino di Alex ed Elizabeth raggiunse presto le povere orecchie di Albert, la
stanza dove dormiva con sua moglie e quella della madre di Alex. I due
piccioncini, ormai liberi dal terrore di svegliare il piccolo, stavano dando
libero sfogo a tutta la repressa passionalità, che a causa della gravidanza era
stata tenuta ben a bada dai due.
“Ma tu senti quei due manigoldi di mamma e papà, come se la spassano
alle mie spalle! Sono due svergognati! Appena avranno finito, li arresterò per
oltraggio al pudore!” bofonchiò Albert, mente Cody sgambettava animatamente sul
fasciatoio tra le risate.
Hilary, che stava ancora aspettando che il marito tornasse a dormire,
scosse la testa con fare rassegnato. Aveva ben intuito il buffo svolgimento di
quella vicenda. “Io gliel’avevo detto, di non disturbarli! Peggio per lui! Ora
si spupazza il marmocchio! Io mi metto i tappi alle orecchio e mi rimetto a
dormire”, rise tra sé e sé.
Al contrario di Sarah che rimase sconvolta da tutto quel baccano. “Mio
Dio, Alex! Ma così la ammazza, quella povera ragazza!” pensò spaventata.
Non avrebbe mai pensato che Alex e sua moglie avrebbero avuto la
faccia tosta di fare l’amore nel bel mezzo della notte con tutta quella gente
in casa e un marmocchietto che piangeva. Forse si stupì più di lei che di lui.
Sarah conosceva bene l’impudenza di suo figlio, ma da quella ragazza
dall’aspetto così fragile e delicato non se lo sarebbe mai aspettato. D’altro canto,
però, avrebbe dovuto immaginarselo. Alex era sempre in grado di contagiare
negativamente o positivamente, secondo i punti di vista, chi gli stava accanto.
Nel frattempo, Albert aveva rimesso a nuovo il piccolo Cody e lo portò
con sé in soggiorno, tentando disperatamente di farlo riaddormentare, ma
invano. Cody non aveva nessunissima intenzione di mettersi a nanna. Continuava
a ridere allegro e gioioso tra le braccia del nonno stanco ed esasperato e si
divertiva persino a tentare di fare le bolle con la saliva e a tirargli le
orecchie. Alex ed Elizabeth scesero dopo più di un’ora.
“Ah, finalmente! Potevate stare un altro po’, visto che qui c’è il
baby-sitter che vi guarda il marmocchio!” protestò Albert, quando li vide
arrivare.
Alex sfoggiò il suo solito sorriso di scherno da canaglia quale era e
colse immediatamente la palla a sbalzo per trasformare la protesta di Albert in
una situazione completamente a vantaggio suo e di sua moglie, ignorando la
fragilità dei nervi di Albert. “Davvero, Capo? Allora ci vediamo tra poco!”
esclamò entusiasta, prendendo a tradimento in braccio Elizabeth e riportandola
con sé in camera, a far l’amore di nuovo, lasciando Albert lì come un cretino.
Ancora.
“Ma perché non ho dato retta a mia moglie, quando mi ha detto di non
immischiarmi? Mannaggia a me!” protestò animatamente per la seconda volta,
mentre Cody ancora rideva. “Ma tu non la smetti mai di ridere, eh, piccola
canaglia?” gli chiese Albert, in maniera retorica, ottenendo come unico
risultato quello di farlo ridere di più.
Alex ed Elizabeth, intanto, si godevano la loro serata di libero amore
completamente improvvisata. Se ne stavano sul letto, abbracciati, dopo aver
fatto di nuovo l’amore, dopo aver dato sfogo a tutta la passionalità che si
erano tenuti dentro per mesi e mesi.
“Povero papà! Come l’hai incastrato!” gli sorrise Elizabeth, con la
testa appoggiata sul suo petto, mentre lui le accarezzava la schiena col suo
peculiare tocco di sensualità.
“Non temere! Se la sarà cavata benissimo! Non preoccuparti. Neanche per
Cody. Lui si diverte col nonno!” la rassicurò lui, mentre la riempiva di baci e
coccole.
“Certo che si diverte col nonno! Ha in sé il tuo gene della canaglia!”
“Eh già. Elizabeth, Elizabeth... Tu e quel bambino siete quanto ciò di
più bello mi sia mai capitato. Ti amo.”
“Anch’io ti amo, Alex. Tu hai riempito quella che per me era una vita
vuota e insulsa, che si animava di fugaci ed effimere emozioni solo mentre
danzavo. Grazie.”
Alex la baciò con tanta delicatezza da sembrare quasi un cigno.
“Sarà meglio che andiamo a riprenderci Cody”, concluse poi Elizabeth.
“Sì, mi sa che hai ragione, o potremmo non arrivare vivi a domani
mattina. Che ore sono?”
“Le due e un quarto.”
Alex ed Elizabeth si infilarono qualcosa addosso e scesero di
soppiatto in soggiorno, come se prima non avessero fatto neanche un rumore per
non svegliare gli abitanti della casa. Trovarono Albert che dormiva seduto sul
divano col bambino addormentato in braccio. Elizabeth gli sfilò con suo tocco
di colomba Cody dalle braccia e iniziò a risalire le scale. Alex rimase lì per
qualche instante, a fissare il capo che dormiva col suo marchio di fabbrica
stampato in volto. Tirò a tradimento un bel calcione sugli stinchi ad Albert,
che si svegliò allarmato di soprassalto.
“Sveglia, Capo! E’ ora di andare a dormire!"
Albert si guardò intorno ancora spaesato con gli occhi semichiusi e
gli ci volle un po’ per capire esattamente ciò che stava succedendo. Prima
ancora che potesse prenderne coscienza, Alex si sbrigò ad aggiungere: “La
saluto, Capo! Buona notte!” e si fiondò
su per le scale, lasciando Albert lì come un cretino. Per la terza volta in una
sola sera.
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