sabato 17 febbraio 2018

UN MANIGOLDO PER GENERO - 2° STAGIONE - 6° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



“HILARY!” gridò Albert furibondo, avendo nuovamente smarrito la lucidità, quando rientrò a casa un’ora dopo.
“Albert! Mio Dio, Albert! Ma che cosa ti è successo? Sei tutto bagnato e sporco.” La moglie si precipitò da lui premurosa e preoccupata.
“Quell’Alex! Sono finito in uno stagno per inseguire quel manigoldo!”
“Albert, ma perché non lo lasci perdere, una volta tanto!”
“Tu non capisci! Elizabeth!”
“Elizabeth? Ma che cosa stai dicendo?” gli chiese Hilary, avendo intuito il pericolo. Cercò di mantenere la calma, ma già le tremava la voce.
“Elizabeth!” si disperò Albert.
“Elizabeth, cosa? Parla!”
“Elizabeth si è fidanzata con qual manigoldo!”
Hilary sbiancò. Albert li aveva scoperti. Cercò di ostentare una calma che non aveva più, ma come sarebbe riuscita a negare l’evidenza? Come li avrebbe protetti? “Ma che dici?!” sbuffò, fingendosi divertita, tentando di farlo passare di nuovo per esaurito.
“E’ così! Li ho visti che si baciavano in mezzo al marciapiede!”
“Ma ti sarai sbagliato con un’altra ragazza!”
“Ti dico che era lei! Lo so perché sono sceso, li ho affrontati e loro mi hanno alzato il dito! Mia figlia è fidanzata con quel manigoldo!” tuonò Albert, tra rabbia e disperazione.
Hilary, purtroppo, era così agitata e fragile, da non riuscir più nemmeno a fingere di essere calma. E poi... Non sapeva mentire. Inoltre, giunti a quel punto, ritenne che sarebbe stato del tutto inutile. L’unico modo per proteggerli era affrontare la verità e tentare di far ragionare Albert. Un’utopia. “Lo so”, ammise infine.
“Come? Lo sai?” si sbigottì Albert col cuore trafitto da mille lame. Sua figlia gli aveva mentito. Sua moglie gli aveva mentito. Lo avevano tradito entrambe.
“Sì, lo so, Albert. Stanno insieme da due mesi”, gli spiegò.
“Che cosa? Tu lo sapevi... E NON MI HAI DETTO NIENTE!” tuonò di nuovo, piombando su di lei, questa volta solo in preda alla rabbia.
“Senti, Albert, un pomeriggio sono tornata a casa in anticipo e... Siediti”, iniziò a confessare Hilary. Suo marito doveva sapere come stavano realmente le cose.
“Come, scusa?”
“E’ meglio se ti siedi, Albert. Sono rientrata e... Tieniti! Li ho trovati in camera di Elizabeth, a letto insieme, che facevano l’amore. E non sembrava nemmeno che fosse la prima volta che lo facessero”, gli spiegò Hilary, senza nascondere la sua espressione terrorizzata, pronta a essere folgorata dalle frecce di fulmini che suo marito stava per scagliarle addosso.
Albert scattò in piedi dal divano, paonazzo, rosso di rabbia, furioso. Sembrava che le vene e le arterie nel cervello potessero esplodergli da un momento all’altro. “COSA?! MIA FIGLIA A LETTO CON QUEL MANIGOLDO?! CON QUEL DELINQUENTE?!” tuonò Albert, sentendosi mancare.
Hilary temette per un istante che potesse venirgli un infarto. “Sì, Albert. Ha minacciato di andarsene di casa con lui, se te l’avessi detto. Ed era seria. Hanno anche detto che avrebbero avuto di che mantenersi ed è vero. Però... Albert, ascoltami bene per una santa volta! Io l’ho conosciuto bene, quel ragazzo. E’ un po’ trasgressivo, ma non è così terribile come sostieni tu! E’ un ragazzo in gamba!”
Peggio che andar di notte. Inutile descrivere l’aumento esponenziale della rabbia di Albert, la cui pressione aveva ormai raggiunto livelli orbitali. “TI SEI FATTA INCANTARE DALLE SUE BALLE, DEFICIENTE! QUELLO CI SA FARE! VIVO IN UNA FAMIGLIA DI IDIOTI!”
“Modera le parole, Albert! Non ti permetto di parlare così! Ho fatto solo il bene di nostra figlia. Lei lo ama e lui la ama. Sono felici insieme. Elizabeth è rifiorita da quando sta con lui. Dovresti esserne felice!” si difese Hilary autoritaria. Era della loro unica figlia che stavano parlando. E se lei era felice, dovevano esserlo anche loro. Albert doveva imparare a guardare oltre le apparenze e capire come fosse realmente quel ragazzo.
“Basta. Abbiamo toccato il fondo. Vado in camera a preparare una valigia. Vado a stare qualche giorno da mia madre”, annunciò Albert completamente annientato. Aveva tutti contro. Sua figlia era fidanzata con un malvivente di strada di ultima categoria e sua moglie li appoggiava anche.
Hilary non sapeva più che parole usare per calmarlo e per fermarlo. Forse sarebbe stato meglio, se l’avesse lasciato andare. Avrebbe sbollito un po’ la rabbia da sua madre e avrebbe avuto tempo e modo per rifletterci su, senza tanto ronzare intorno che lo influenzasse in alcun modo. Hilary lo guardò disperata, mentre saliva le scale. Quando fu al piano di sopra, Albert afferrò un delicato e singolare soprammobile di coccio e lo scaraventò contro il muro, disintegrandolo.
“Oh no!” –esclamò Hilary, ancor più disperata e sconvolta- “Il soprammobile della zia Luigina!”
Ma Albert proseguì per il corridoio. In silenzio.
Era in lutto.

Alex ed Elizabeth avevano vagabondato per ore per non incrociare nuovamente Albert. Sapevano di essere nei guai, in grossi guai, ma non erano decisi a mollare. Avrebbero continuato per la loro strada, che Albert lo avesse voluto o meno. Si erano rifugiati a casa di Edward per un po’, il cui domicilio era sconosciuto ad Albert. Gli raccontarono ogni cosa e per un po’ ci risero su. Edward riuscì a sdrammatizzare la situazione e con Alex si cimentarono in un sacco di imitazioni buffe e caricature molto più che realistiche, rasserenando persino Elizabeth, che, se in un primo momento aveva buttato sul ridere la questione, in un secondo era mortificata e dispiaciuta per suo padre, per avergli mentito. Per averlo deluso. Per non essere stata abbastanza coraggiosa da dirgli la verità. Ma l’allegria di Alex e la simpatia genuina di Edward le ridonarono il sorriso perduto. Almeno un po’. Persino Edward le aveva detto che nemmeno lui stesso avrebbe avuto il coraggio di affrontare il capo: si sapeva che, quando si arrabbiava, dava i numeri. La fama del suo nervosismo e della pericolosità con cui si adirava non erano oggetto consueto di sfida. Solo Alex era in grado di mettersi contro di lui. Ma confessare di essere il fidanzato della figlia prediletta e adorata era un altro paio di maniche. Temendo che Albert potesse in qualche modo rintracciare l’indirizzo di Edward, Alex ed Elizabeth ripresero a vagabondare per la città con gli occhi e le orecchie ben aperti, scrutando ogni macchina della polizia temendo che fosse quella di Albert. Non era quella la serata adatta per tentare di farlo ragionare. L’unica cosa sensata che potevano fare era parlare con Hilary, chiederle quale fosse la situazione, se Albert fosse passato a casa o meno e soprattutto ricevere un po’ di conforto e qualche consiglio. Chissà se sapeva già del putiferio che era scoppiato qualche ora prima? Sapendo quanto il capo fosse implacabile, Alex propose a Elizabeth di chiamare la madre da una cabina telefonica, in modo che Albert non potesse scoprire la loro posizione in caso di tracciamento della chiamata. Elizabeth si stupiva ogni volta di quanto il suo Alex fosse scaltro e acuto. Sembrava solo un casinaro, in realtà ne pensava una più del diavolo. Era molto fino. Elizabeth convenne con lui e insieme si diressero alla ricerca di una cabina telefonica, che trovarono solo mezz’ora dopo. Elizabeth compose il numero di casa sua e attese che sua madre rispondesse. Nella speranza che il padre non ci fosse.
“Pronto, mamma? Sono io.  Ehm... Papà ci ha scoperti!” le raccontò così, a bruciapelo.
“Lo so. E’ venuto a casa e ha dato i numeri. Ma non potevate stare più attenti, maledizione?” si sfogò Hilary, in preda a un piccolo crollo nervoso per via della tensione accumulata durante la sfuriata di suo marito. Che sarebbe potuta finire molto peggio.
“E che ti devo dire, mamma? Più attenti di così! Eravamo da tutt’altra parte rispetto a dove avrebbe dovuto essere lui!”
“Che ti devo dire, tesoro? Forse sarebbe stato meglio, se avessi preso coraggio e gliel’avessi detto io con molta diplomazia. L’ha scoperto nel peggiore dei modi.”
“Questo lo so, mamma. Ma non credo che la tua diplomazia sarebbe servita a molto. Com’è ora la situazione lì a casa?”
“Tuo padre è andato via. Ha deciso di trascorrere qualche giorno da tua nonna.”
“Bene! Almeno possiamo venire a casa! Sono tre ore che giriamo a vuoto come due vagabondi!” si rilassò Elizabeth. Casa sua era pur sempre casa sua.
“Sì, sì! Venite pure!” li accolse Hilary.
“Ah, mamma! Alex resta a cena, quindi!”
“Ma certo che resta a cena!”
Alex, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che giocherellare con una ciocca di capelli, per tutta risposta prese possesso del telefono, scansando Elizabeth col suo modo di fare da canaglia quale era. “Mi raccomando, Hilary! Abbondante, eh! Ché io mangio!”
Hilary, dall’altra parte della cornetta, non poté fare a meno di sorridere. La singolare capacità che aveva Alex di strappare a chiunque un sorriso in ogni situazione era a dir poco sconvolgente. La vivacità e la spontaneità di quel giovane sorprendevano ogni giorno di più. Alex era senz’altro dotato di una simpatia da vendere. E anche la sera a cena, in quella situazione pietosa e disastrata, Alex non fu da meno. Riuscì a tirar fuori le meglio battute del suo repertorio, inventandosene anche di nuove, utilizzandole soprattutto per farsi beffe di Albert e dei suoi nervi saltati. Elizabeth e Hilary, tra una risata e un’altra, non poterono fare a meno di pensare all’utopistica esistenza di far ragionare Albert, ma Alex con una sola battuta stroncò le ali alle loro grandi speranze in men che non si dica. Non esisteva maniera al mondo per riuscir a ricucire saldamente i nervi di Albert, affinché egli riuscisse ad accettare il loro amore. E di fatto, Albert se ne stava rinchiuso in camera a casa di sua madre, a piangere dopo aver sfogato tutta la sua rabbia, sbattendo contro la parete tutto ciò che aveva a portata di mano. Continuò a chiedersi il motivo per cui stesse accadendo una cosa tanto grave proprio nella sua famiglia. Sua figlia, fidanzata con un delinquentello da quattro soldi. E lui era un commissario di polizia. Uno schiaffo morale più pesante, un disonore peggiore non esisteva per lui. Eppure, era sempre stato un buon padre, un ottimo educatore per Elizabeth. Dove aveva sbagliato con lei?
“Deve essere senz’altro colpa di mia moglie”, concluse infine, non sapendo più su chi scaricare le responsabilità. “E’ sempre stata troppo buona, troppo permissiva con nostra figlia!” Continuò a rimuginare ore sull’argomento. “No. La colpa è di quell’Alex. Ha fatto innamorare mia figlia solo per farmi dispetto. Ci sa fare, quel manigoldo lì. Ma se questa storia va avanti da due mesi... SANDY!” Afferrò il giubbino in fretta e furia e si catapultò in auto assieme alla sua brillante illuminazione.

“Salve Albert! Prego, si accomodi!” lo invitò educatamente Sandy, quando se lo ritrovò alla porta.
“Cos’è questa storia? Perché hai coperto mia figlia? Come ti sei permessa?”
Sandy era già al corrente della pericolosa situazione in cui tutti e quattro (lei, Elizabeth, Alex e Hilary) si erano cacciati, ma tentò comunque di difendersi come poteva per non tradire la fiducia della sua amica.
“Coperto sua figlia? Ma... Di che cosa sta parlando?” chiese, simulando innocenza, assumendo l’espressione facciale delle finta tonta.
“Lo sai benissimo, disgraziata! Tu lo sapevi che mia figlia si è fidanzata con quell’Alex dei miei stivali e insieme mi avete raccontato solo balle!”
“Alex? Quale Alex? Io non conosco nessun Alex!” mentì piuttosto malamente Sandy.
“Smettila di prendermi in giro! Non sono stupido! Sono un pluridecorato commissario di polizia e prima di diventarlo sono stato poliziotto, detective etc…etc…! Se pensi di venire a imbrogliare me, ti sbagli di grosso, signorinella! Li ho visti che si baciavano per strada e mia moglie mi ha detto che sono due mesi che stanno insieme! Tu devi averli senz’altro coperti, tutte quelle sere che Elizabeth ha cenato e dormito fuori! Era con lui! Ammettilo!” s’infuriò Albert, non gradendo essere preso in giro. E soprattutto non gradendo che un’altra persona in cui aveva sempre riposto la sua fiducia l’avesse tradito. Proprio come sua figlia e sua moglie.
Sandy ormai non aveva più armi da usare contro di lui. Albert aveva scoperto tutto. Negare l’evidenza sarebbe stato solo controproducente, sia per lei che per Alex ed Elizabeth. “E anche se fosse? La vita è di Elizabeth, non la sua! Se si è innamorata di quel ragazzo, perché lei si intromette? Non è un suo diritto!”
“Perché lui è un delinquente e io sono un commissario di polizia! E quella è mia figlia! Inoltre, lui non la ama. Sono sicuro che lo abbia fatto solo per fare un dispetto a me.”
Sandy sussultò dalla rabbia. Passò dalla difesa all’attacco. “Ma come si permette lei di giocare con i sentimenti delle persone? Non ci si fidanza con una persona solo per far dispetto al padre! Se lei solo riuscisse a vedere con che occhi Alex guarda sua figlia, allora se ne renderebbe conto. Alex ed Elizabeth si amano sinceramente! E lei non ha nessun diritto di intromettersi nella loro vita, né tanto meno nel loro amore!”
“Ci sa proprio fare, quell’Alex! Ha comprato anche te!” si disperò Albert. Quell’Alex dei suoi stivali e le sue arti subdole!
“E basta con questa storia! E’ lei che ha una visione distorta della realtà su quel ragazzo! L’ha tramutato da ragazzo un po’ difficile e ribelle in un mostro! C’è di peggio! Non ha mai rubato, non si è mai drogato... E’ un ragazzo pulito. E poi... Se le devo proprio dire la verità è anche un gran pezzo di figo da paura! E se non se lo fosse preso sua figlia, me lo sarei preso io! Per fortuna che anche il suo amico ricciolino non è niente male! Eh, sì! E’ un gran pezzo di figo anche lui. Ci farò un pensierino!” lo attaccò Sandy, sfidandolo con la sua finta leggerezza e spudoratezza.
“Tu e mia figlia siete diventate due puttane!” crollò Albert, senza più controllare ciò che diceva.
Sandy indietreggiò dallo scalpore. Albert era sempre stato una persona molto fine, non aveva mai utilizzato un linguaggio tanto scurrile e così forte. Fu in quel momento che Sandy comprese fino in fondo le paure, le indecisioni e le insicurezze di Elizabeth all’inizio della sua relazione con Alex. Albert era veramente fuori di sé dalla rabbia. E pericoloso.
“Stia attento alle parole che utilizza, Albert. Non si deve neanche permettere.” Sandy si mostrò ferma e risoluta, ma non per convenienza. Lo era davvero.
Albert sbuffò in una sonora risata. “Io ho solo detto la verità. Non è un insulto.”
“Invece lo è. Perché una ragazza che si fidanza e va a letto col suo fidanzato non fa il mestiere di puttana. Così come non lo fa neanche una ragazza che vuole conquistare un bel ragazzo intelligente e simpatico. Quindi stia attento a quello che dice. E se ne vada. Fuori da casa mia e non si azzardi più a ripresentarsi, a meno che non abbia un mandato. Cosa, che dubito riesca a ottenere, viste le condizioni. Arrivederci!”
Sandy lo sbatté letteralmente fuori, sbattendogli la porta in faccia.
Albert si passò una mano tra i corti capelli castano scuro, ormai tendenti al brizzolato. “Me lo sono meritato. Non ho detto una cosa molto carina”, si rese conto. “Mia figlia a letto con quel delinquente!” si disperò poi.
Entrò in auto e pianse per circa mezz’ora, prima di rimettere in moto e tornarsene da sua madre. Dove restò per un paio di giorni sbarrato e isolato dal mondo, prima di tornare almeno al lavoro. Non era stato in grado di proteggere sua figlia, la sua famiglia. Il suo tesoro più prezioso. Non riusciva proprio a capire dove avesse sbagliato, ma di certo era inutile piangere sul latte versato. Se c’era qualcosa che poteva fare per far ragionare sua figlia o sabotare la sua relazione con Alex, beh, doveva farlo e alla svelta. Forse, un modo c’era. Doveva affrontare Alex, parlare con lui da uomo a uomo, e convincerlo a lasciare Elizabeth. Sapeva, era sicuro che Alex l’avesse circuita e fatta innamorare solo per far dispetto a lui. Era ora di smetterla con simili giochetti. Alex avrebbe lasciato Elizabeth, o lui, Albert Reeves, stimatissimo e decoratissimo commissario di polizia, l’avrebbe incriminato per tutti i reati minori che per troppa indulgenza aveva sorvolato. Se Alex non voleva finire dentro una volta per tutte, avrebbe dovuto lasciare Elizabeth. Albert si sfregò le mani e sghignazzò soddisfatto. Sì. Quella era la soluzione migliore. Allora, perché si sentiva ancora disperato, come se stesse precipitando in una voragine nera senza fine? Non aveva nulla da temere. Alex avrebbe senza ombra di dubbio accettato la sua così “generosa” offerta, avrebbe lasciato Elizabeth e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Si cambiò, indossando vestiti puliti e dall’aria più autoritaria, scese in auto, mise in moto e partì. Direzione il locale in cui suonavano Alex e la sua band di casinari combinaguai.
La resa dei conti era ormai vicina...




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