“HILARY!” gridò Albert furibondo, avendo nuovamente smarrito la
lucidità, quando rientrò a casa un’ora dopo.
“Albert! Mio Dio, Albert! Ma che cosa ti è successo? Sei tutto bagnato
e sporco.” La moglie si precipitò da lui premurosa e preoccupata.
“Quell’Alex! Sono finito in uno stagno per inseguire quel manigoldo!”
“Albert, ma perché non lo lasci perdere, una volta tanto!”
“Tu non capisci! Elizabeth!”
“Elizabeth? Ma che cosa stai dicendo?” gli chiese Hilary, avendo
intuito il pericolo. Cercò di mantenere la calma, ma già le tremava la voce.
“Elizabeth!” si disperò Albert.
“Elizabeth, cosa? Parla!”
“Elizabeth si è fidanzata con qual manigoldo!”
Hilary sbiancò. Albert li aveva scoperti. Cercò di ostentare una calma
che non aveva più, ma come sarebbe riuscita a negare l’evidenza? Come li
avrebbe protetti? “Ma che dici?!” sbuffò, fingendosi divertita, tentando di
farlo passare di nuovo per esaurito.
“E’ così! Li ho visti che si baciavano in mezzo al marciapiede!”
“Ma ti sarai sbagliato con un’altra ragazza!”
“Ti dico che era lei! Lo so perché sono sceso, li ho affrontati e loro
mi hanno alzato il dito! Mia figlia è fidanzata con quel manigoldo!” tuonò
Albert, tra rabbia e disperazione.
Hilary, purtroppo, era così agitata e fragile, da non riuscir più
nemmeno a fingere di essere calma. E poi... Non sapeva mentire. Inoltre, giunti
a quel punto, ritenne che sarebbe stato del tutto inutile. L’unico modo per
proteggerli era affrontare la verità e tentare di far ragionare Albert.
Un’utopia. “Lo so”, ammise infine.
“Come? Lo sai?” si sbigottì Albert col cuore trafitto da mille lame.
Sua figlia gli aveva mentito. Sua moglie gli aveva mentito. Lo avevano tradito
entrambe.
“Sì, lo so, Albert. Stanno insieme da due mesi”, gli spiegò.
“Che cosa? Tu lo sapevi... E NON MI HAI DETTO NIENTE!” tuonò di nuovo,
piombando su di lei, questa volta solo in preda alla rabbia.
“Senti, Albert, un pomeriggio sono tornata a casa in anticipo e...
Siediti”, iniziò a confessare Hilary. Suo marito doveva sapere come stavano
realmente le cose.
“Come, scusa?”
“E’ meglio se ti siedi, Albert. Sono rientrata e... Tieniti! Li ho
trovati in camera di Elizabeth, a letto insieme, che facevano l’amore. E non
sembrava nemmeno che fosse la prima volta che lo facessero”, gli spiegò Hilary,
senza nascondere la sua espressione terrorizzata, pronta a essere folgorata
dalle frecce di fulmini che suo marito stava per scagliarle addosso.
Albert scattò in piedi dal divano, paonazzo, rosso di rabbia, furioso.
Sembrava che le vene e le arterie nel cervello potessero esplodergli da un
momento all’altro. “COSA?! MIA FIGLIA A LETTO CON QUEL MANIGOLDO?! CON QUEL
DELINQUENTE?!” tuonò Albert, sentendosi mancare.
Hilary temette per un istante che potesse venirgli un infarto. “Sì,
Albert. Ha minacciato di andarsene di casa con lui, se te l’avessi detto. Ed
era seria. Hanno anche detto che avrebbero avuto di che mantenersi ed è vero.
Però... Albert, ascoltami bene per una santa volta! Io l’ho conosciuto bene,
quel ragazzo. E’ un po’ trasgressivo, ma non è così terribile come sostieni tu!
E’ un ragazzo in gamba!”
Peggio che andar di notte. Inutile descrivere l’aumento esponenziale
della rabbia di Albert, la cui pressione aveva ormai raggiunto livelli
orbitali. “TI SEI FATTA INCANTARE DALLE SUE BALLE, DEFICIENTE! QUELLO CI SA
FARE! VIVO IN UNA FAMIGLIA DI IDIOTI!”
“Modera le parole, Albert! Non ti permetto di parlare così! Ho fatto
solo il bene di nostra figlia. Lei lo ama e lui la ama. Sono felici insieme.
Elizabeth è rifiorita da quando sta con lui. Dovresti esserne felice!” si
difese Hilary autoritaria. Era della loro unica figlia che stavano parlando. E
se lei era felice, dovevano esserlo anche loro. Albert doveva imparare a
guardare oltre le apparenze e capire come fosse realmente quel ragazzo.
“Basta. Abbiamo toccato il fondo. Vado in camera a preparare una
valigia. Vado a stare qualche giorno da mia madre”, annunciò Albert
completamente annientato. Aveva tutti contro. Sua figlia era fidanzata con un
malvivente di strada di ultima categoria e sua moglie li appoggiava anche.
Hilary non sapeva più che parole usare per calmarlo e per fermarlo.
Forse sarebbe stato meglio, se l’avesse lasciato andare. Avrebbe sbollito un
po’ la rabbia da sua madre e avrebbe avuto tempo e modo per rifletterci su,
senza tanto ronzare intorno che lo influenzasse in alcun modo. Hilary lo guardò
disperata, mentre saliva le scale. Quando fu al piano di sopra, Albert afferrò
un delicato e singolare soprammobile di coccio e lo scaraventò contro il muro,
disintegrandolo.
“Oh no!” –esclamò Hilary, ancor più disperata e sconvolta- “Il
soprammobile della zia Luigina!”
Ma Albert proseguì per il corridoio. In silenzio.
Era in lutto.
Alex ed Elizabeth avevano vagabondato per ore per non incrociare
nuovamente Albert. Sapevano di essere nei guai, in grossi guai, ma non erano
decisi a mollare. Avrebbero continuato per la loro strada, che Albert lo avesse
voluto o meno. Si erano rifugiati a casa di Edward per un po’, il cui domicilio
era sconosciuto ad Albert. Gli raccontarono ogni cosa e per un po’ ci risero
su. Edward riuscì a sdrammatizzare la situazione e con Alex si cimentarono in
un sacco di imitazioni buffe e caricature molto più che realistiche,
rasserenando persino Elizabeth, che, se in un primo momento aveva buttato sul
ridere la questione, in un secondo era mortificata e dispiaciuta per suo padre,
per avergli mentito. Per averlo deluso. Per non essere stata abbastanza
coraggiosa da dirgli la verità. Ma l’allegria di Alex e la simpatia genuina di
Edward le ridonarono il sorriso perduto. Almeno un po’. Persino Edward le aveva
detto che nemmeno lui stesso avrebbe avuto il coraggio di affrontare il capo: si
sapeva che, quando si arrabbiava, dava i numeri. La fama del suo nervosismo e
della pericolosità con cui si adirava non erano oggetto consueto di sfida. Solo
Alex era in grado di mettersi contro di lui. Ma confessare di essere il
fidanzato della figlia prediletta e adorata era un altro paio di maniche.
Temendo che Albert potesse in qualche modo rintracciare l’indirizzo di Edward,
Alex ed Elizabeth ripresero a vagabondare per la città con gli occhi e le
orecchie ben aperti, scrutando ogni macchina della polizia temendo che fosse
quella di Albert. Non era quella la serata adatta per tentare di farlo
ragionare. L’unica cosa sensata che potevano fare era parlare con Hilary,
chiederle quale fosse la situazione, se Albert fosse passato a casa o meno e
soprattutto ricevere un po’ di conforto e qualche consiglio. Chissà se sapeva
già del putiferio che era scoppiato qualche ora prima? Sapendo quanto il capo
fosse implacabile, Alex propose a Elizabeth di chiamare la madre da una cabina
telefonica, in modo che Albert non potesse scoprire la loro posizione in caso
di tracciamento della chiamata. Elizabeth si stupiva ogni volta di quanto il
suo Alex fosse scaltro e acuto. Sembrava solo un casinaro, in realtà ne pensava
una più del diavolo. Era molto fino. Elizabeth convenne con lui e insieme si
diressero alla ricerca di una cabina telefonica, che trovarono solo mezz’ora
dopo. Elizabeth compose il numero di casa sua e attese che sua madre
rispondesse. Nella speranza che il padre non ci fosse.
“Pronto, mamma? Sono io. Ehm...
Papà ci ha scoperti!” le raccontò così, a bruciapelo.
“Lo so. E’ venuto a casa e ha dato i numeri. Ma non potevate stare più
attenti, maledizione?” si sfogò Hilary, in preda a un piccolo crollo nervoso
per via della tensione accumulata durante la sfuriata di suo marito. Che
sarebbe potuta finire molto peggio.
“E che ti devo dire, mamma? Più attenti di così! Eravamo da tutt’altra
parte rispetto a dove avrebbe dovuto essere lui!”
“Che ti devo dire, tesoro? Forse sarebbe stato meglio, se avessi preso
coraggio e gliel’avessi detto io con molta diplomazia. L’ha scoperto nel
peggiore dei modi.”
“Questo lo so, mamma. Ma non credo che la tua diplomazia sarebbe
servita a molto. Com’è ora la situazione lì a casa?”
“Tuo padre è andato via. Ha deciso di trascorrere qualche giorno da
tua nonna.”
“Bene! Almeno possiamo venire a casa! Sono tre ore che giriamo a vuoto
come due vagabondi!” si rilassò Elizabeth. Casa sua era pur sempre casa sua.
“Sì, sì! Venite pure!” li accolse Hilary.
“Ah, mamma! Alex resta a cena, quindi!”
“Ma certo che resta a cena!”
Alex, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che giocherellare
con una ciocca di capelli, per tutta risposta prese possesso del telefono,
scansando Elizabeth col suo modo di fare da canaglia quale era. “Mi raccomando,
Hilary! Abbondante, eh! Ché io mangio!”
Hilary, dall’altra parte della cornetta, non poté fare a meno di
sorridere. La singolare capacità che aveva Alex di strappare a chiunque un
sorriso in ogni situazione era a dir poco sconvolgente. La vivacità e la
spontaneità di quel giovane sorprendevano ogni giorno di più. Alex era
senz’altro dotato di una simpatia da vendere. E anche la sera a cena, in quella
situazione pietosa e disastrata, Alex non fu da meno. Riuscì a tirar fuori le
meglio battute del suo repertorio, inventandosene anche di nuove, utilizzandole
soprattutto per farsi beffe di Albert e dei suoi nervi saltati. Elizabeth e
Hilary, tra una risata e un’altra, non poterono fare a meno di pensare
all’utopistica esistenza di far ragionare Albert, ma Alex con una sola battuta
stroncò le ali alle loro grandi speranze in men che non si dica. Non esisteva
maniera al mondo per riuscir a ricucire saldamente i nervi di Albert, affinché
egli riuscisse ad accettare il loro amore. E di fatto, Albert se ne stava
rinchiuso in camera a casa di sua madre, a piangere dopo aver sfogato tutta la
sua rabbia, sbattendo contro la parete tutto ciò che aveva a portata di mano.
Continuò a chiedersi il motivo per cui stesse accadendo una cosa tanto grave
proprio nella sua famiglia. Sua figlia, fidanzata con un delinquentello da
quattro soldi. E lui era un commissario di polizia. Uno schiaffo morale più
pesante, un disonore peggiore non esisteva per lui. Eppure, era sempre stato un
buon padre, un ottimo educatore per Elizabeth. Dove aveva sbagliato con lei?
“Deve essere senz’altro colpa di mia moglie”, concluse infine, non
sapendo più su chi scaricare le responsabilità. “E’ sempre stata troppo buona,
troppo permissiva con nostra figlia!” Continuò a rimuginare ore sull’argomento.
“No. La colpa è di quell’Alex. Ha fatto innamorare mia figlia solo per farmi
dispetto. Ci sa fare, quel manigoldo lì. Ma se questa storia va avanti da due
mesi... SANDY!” Afferrò il giubbino in fretta e furia e si catapultò in auto
assieme alla sua brillante illuminazione.
“Salve Albert! Prego, si accomodi!” lo invitò educatamente Sandy,
quando se lo ritrovò alla porta.
“Cos’è questa storia? Perché hai coperto mia figlia? Come ti sei
permessa?”
Sandy era già al corrente della pericolosa situazione in cui tutti e
quattro (lei, Elizabeth, Alex e Hilary) si erano cacciati, ma tentò comunque di
difendersi come poteva per non tradire la fiducia della sua amica.
“Coperto sua figlia? Ma... Di che cosa sta parlando?” chiese,
simulando innocenza, assumendo l’espressione facciale delle finta tonta.
“Lo sai benissimo, disgraziata! Tu lo sapevi che mia figlia si è
fidanzata con quell’Alex dei miei stivali e insieme mi avete raccontato solo
balle!”
“Alex? Quale Alex? Io non conosco nessun Alex!” mentì piuttosto
malamente Sandy.
“Smettila di prendermi in giro! Non sono stupido! Sono un
pluridecorato commissario di polizia e prima di diventarlo sono stato
poliziotto, detective etc…etc…! Se pensi di venire a imbrogliare me, ti sbagli
di grosso, signorinella! Li ho visti che si baciavano per strada e mia moglie
mi ha detto che sono due mesi che stanno insieme! Tu devi averli senz’altro
coperti, tutte quelle sere che Elizabeth ha cenato e dormito fuori! Era con
lui! Ammettilo!” s’infuriò Albert, non gradendo essere preso in giro. E
soprattutto non gradendo che un’altra persona in cui aveva sempre riposto la
sua fiducia l’avesse tradito. Proprio come sua figlia e sua moglie.
Sandy ormai non aveva più armi da usare contro di lui. Albert aveva
scoperto tutto. Negare l’evidenza sarebbe stato solo controproducente, sia per
lei che per Alex ed Elizabeth. “E anche se fosse? La vita è di Elizabeth, non
la sua! Se si è innamorata di quel ragazzo, perché lei si intromette? Non è un
suo diritto!”
“Perché lui è un delinquente e io sono un commissario di polizia! E
quella è mia figlia! Inoltre, lui non la ama. Sono sicuro che lo abbia fatto
solo per fare un dispetto a me.”
Sandy sussultò dalla rabbia. Passò dalla difesa all’attacco. “Ma come
si permette lei di giocare con i sentimenti delle persone? Non ci si fidanza
con una persona solo per far dispetto al padre! Se lei solo riuscisse a vedere
con che occhi Alex guarda sua figlia, allora se ne renderebbe conto. Alex ed
Elizabeth si amano sinceramente! E lei non ha nessun diritto di intromettersi
nella loro vita, né tanto meno nel loro amore!”
“Ci sa proprio fare, quell’Alex! Ha comprato anche te!” si disperò
Albert. Quell’Alex dei suoi stivali e le sue arti subdole!
“E basta con questa storia! E’ lei che ha una visione distorta della
realtà su quel ragazzo! L’ha tramutato da ragazzo un po’ difficile e ribelle in
un mostro! C’è di peggio! Non ha mai rubato, non si è mai drogato... E’ un ragazzo
pulito. E poi... Se le devo proprio dire la verità è anche un gran pezzo di
figo da paura! E se non se lo fosse preso sua figlia, me lo sarei preso io! Per
fortuna che anche il suo amico ricciolino non è niente male! Eh, sì! E’ un gran
pezzo di figo anche lui. Ci farò un pensierino!” lo attaccò Sandy, sfidandolo
con la sua finta leggerezza e spudoratezza.
“Tu e mia figlia siete diventate due puttane!” crollò Albert, senza
più controllare ciò che diceva.
Sandy indietreggiò dallo scalpore. Albert era sempre stato una persona
molto fine, non aveva mai utilizzato un linguaggio tanto scurrile e così forte.
Fu in quel momento che Sandy comprese fino in fondo le paure, le indecisioni e
le insicurezze di Elizabeth all’inizio della sua relazione con Alex. Albert era
veramente fuori di sé dalla rabbia. E pericoloso.
“Stia attento alle parole che utilizza, Albert. Non si deve neanche
permettere.” Sandy si mostrò ferma e risoluta, ma non per convenienza. Lo era
davvero.
Albert sbuffò in una sonora risata. “Io ho solo detto la verità. Non è
un insulto.”
“Invece lo è. Perché una ragazza che si fidanza e va a letto col suo
fidanzato non fa il mestiere di puttana. Così come non lo fa neanche una
ragazza che vuole conquistare un bel ragazzo intelligente e simpatico. Quindi
stia attento a quello che dice. E se ne vada. Fuori da casa mia e non si azzardi
più a ripresentarsi, a meno che non abbia un mandato. Cosa, che dubito riesca a
ottenere, viste le condizioni. Arrivederci!”
Sandy lo sbatté letteralmente fuori, sbattendogli la porta in faccia.
Albert si passò una mano tra i corti capelli castano scuro, ormai
tendenti al brizzolato. “Me lo sono meritato. Non ho detto una cosa molto
carina”, si rese conto. “Mia figlia a letto con quel delinquente!” si disperò
poi.
Entrò in auto e pianse per circa mezz’ora, prima di rimettere in moto
e tornarsene da sua madre. Dove restò per un paio di giorni sbarrato e isolato
dal mondo, prima di tornare almeno al lavoro. Non era stato in grado di
proteggere sua figlia, la sua famiglia. Il suo tesoro più prezioso. Non
riusciva proprio a capire dove avesse sbagliato, ma di certo era inutile
piangere sul latte versato. Se c’era qualcosa che poteva fare per far ragionare
sua figlia o sabotare la sua relazione con Alex, beh, doveva farlo e alla
svelta. Forse, un modo c’era. Doveva affrontare Alex, parlare con lui da uomo a
uomo, e convincerlo a lasciare Elizabeth. Sapeva, era sicuro che Alex l’avesse
circuita e fatta innamorare solo per far dispetto a lui. Era ora di smetterla
con simili giochetti. Alex avrebbe lasciato Elizabeth, o lui, Albert Reeves,
stimatissimo e decoratissimo commissario di polizia, l’avrebbe incriminato per
tutti i reati minori che per troppa indulgenza aveva sorvolato. Se Alex non
voleva finire dentro una volta per tutte, avrebbe dovuto lasciare Elizabeth.
Albert si sfregò le mani e sghignazzò soddisfatto. Sì. Quella era la soluzione
migliore. Allora, perché si sentiva ancora disperato, come se stesse
precipitando in una voragine nera senza fine? Non aveva nulla da temere. Alex
avrebbe senza ombra di dubbio accettato la sua così “generosa” offerta, avrebbe
lasciato Elizabeth e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Si cambiò, indossando vestiti puliti e dall’aria più autoritaria,
scese in auto, mise in moto e partì. Direzione il locale in cui suonavano Alex
e la sua band di casinari combinaguai.
La resa dei conti era ormai vicina...
Nessun commento:
Posta un commento