Alex era sul palco già da un po’ per una delle sue ultime serate al
locale con la band. Con l’inizio del tour della città, si sarebbe aperto un
nuovo capitolo nella carriera musicale dei ragazzi. Stavano suonando uno dei
loro pezzi rock più scatenati, quando Albert fece il suo inaspettato ingresso
in borghese nel locale. Aveva l’aria afflitta e distrutta e il cuore pieno
rabbia ancora repressa. Ma cambiò decisamente d’umore, quando vide la
confusione di cui si stava rendendo protagonista Alex sul palco scenico. Era
una furia scatenata, urlava a squarciagola le parole, saltava e correva in qua
e là, scuoteva la lunga chioma setosa a destra e a manca e sbatteva di continuo
il poggia microfono a terra, facendolo anche girare in tondo con sé. Albert si
schifò di fronte a tanta irruenza, a tanta sregolatezza, a tanta follia.
“E’ pazzo! E’ pazzo! Mia figlia è la fidanzata di un pazzo!” si
ripeteva a macchinetta nella sua mente, mentre Alex continuava indisturbato a
far casino sul palco.
Non si era neanche accorto della presenza di Albert, nonostante egli
si fosse messo in una posizione ben in vista per farsi notare. La band suonò
altre tre o quattro canzoni prima di concludere la serata.
“Grazie! Un grazie mille a tutti a nome mio e dei ragazzi! Non solo
per il calore che ci avete trasmesso questa sera, ma soprattutto per ciò che ci
avete dato durante tutto il periodo in cui abbiamo suonato qui! Non ci
dimenticheremo mai di voi e torneremo sempre a suonare qui, se vi fa piacere!
Per noi siete e resterete sempre il pubblico più bello e più caloroso del mondo
nei nostri cuori. Grazie per il supporto e per aver capito e apprezzato per
primi noi e la nostra musica. Perciò... Un grazie davvero di cuore da parte di
tutti noi! Vi vogliamo bene ragazzi! Siete fantastici!”
Un’ovazione di proporzioni mastodontiche si levò tra il pubblico per
applaudire e salutare Alex e i ragazzi.
Albert fu costretto a tapparsi le orecchie, tanto erano potenti il
frastuono e il fracasso che si levarono intorno a lui. Rimase a dir poco
sconvolto. Incredibile come un pubblico così ristretto riuscisse a fare tanto
baccano.
Alex scese da palco con disinvoltura e fu accolto come un eroe. Si
diresse dritto-dritto al bancone del bar e si prese la solita birra. Era così
zuppo di sudore, che, come sempre, aveva i capelli che fuoriuscivano dalla
fascia appiccicati al viso. Albert, dal momento che Alex non si era affatto
accorto di lui, non poté far altro che farsi coraggio e avvicinarsi. Quando gli
fu di fianco, si fece sfuggire un voluto colpo di tosse per attirare la sua
attenzione. Alex, che si era già scolato mezza bottiglietta di birra, si girò
sorpreso a guardare Albert in un misto di sorpresa e indifferenza.
“Salve Capo! Che ci fa lei qui?” lo salutò con fare strafottente.
Albert si appoggiò al bancone e ordinò un analcolico. “Devo parlare
con te, Alex.”
“Ah. E che cosa vuole da me?”
Albert gli lanciò un supplichevole sguardo colmo di disperazione.
“Voglio che lasci mia figlia.”
Alex sbuffò con strafottenza e rabbia. “No. E perché dovrei farlo?”
“Perché è un mio ordine, Alex.”
Il ragazzo gli rise con disprezzo in faccia. “Un suo ordine? Capo, io
me infischio dei suoi ordini.”
“Lascia stare mia figlia”, gli intimò questa volta Albert.
“No. Non ci penso nemmeno. Io la amo”, gli rispose risoluto Alex.
“No. Tu non la ami. L’hai circuita e l’hai fatta innamorare di te solo
per fare un grosso dispetto a me. E ci sei riuscito. Ma adesso, basta.”
Alex continuò a sorseggiare la sua birra con fare assai sprezzante e
strafottente, ignorando la crudele richiesta senza cuore di Albert. “Quello che
lei dice è molto grave, Capo. Perché sarò quello sono, non sarò di certo uno
stinco di santo, ma non mi permetterei mai di giocare con i sentimenti delle
persone, tanto meno con quelli di una ragazza pura e innocente come sua figlia.
Io amo Elizabeth. E la sposerò.”
La sicurezza e la determinazione di Alex, accompagnata da tanta
pacatezza, spiazzò Albert, lasciandolo quasi indifeso.
"La sposerai, tz! E con quali soldi?” sbuffò Albert, prendendolo
in giro.
“Abbiamo di che mantenerci, Capo. Perché sa, sua figlia è la ballerina
più talentuosa e più espressiva che abbia mai visto e io mi sto facendo strada
con la musica. Io e i ragazzi, qui, stiamo per incidere un album.”
Questa volta fu Albert a sghignazzare. “Ah sì? E che te lo comprerà?
Qualche morto di fame come voi.”
Alex si alzò in piedi con fare minaccioso, ormai spazientito. “Stia
attento a come parla. Noi non siamo morti di fame. Abbiamo sempre lavorato sodo
e continueremo a farlo. Ora se non le dispiace...” gli fece cenno con la mano
di andarsene.
Anche Albert si alzò. “Lascia stare mia figlia. Poni fine alla vostra
relazione o ti sbatto dentro. Hai accumulato talmente tanti precedenti in così
poco tempo, che mi basta un niente per arrestarti una volta per tutte.”
“No. Io non lascerò mai sua figlia. Io la amo. Darei la vita per
Elizabeth. Non ho paura di lei, né tanto meno delle sue minacce di abuso di potere.
Non ho mai avuto paura di lei e di niente. Io amo Elizabeth. E la sposerò. Che
a lei piaccia o no. Le conviene accettare l’idea. E adesso, aria! Sciò!” lo
cacciò Alex, facendogli di nuovo gesto con la mano.
Albert non aveva più armi per difendersi e fu costretto ad accettare
quella per lui così pesante sconfitta. Si diresse a testa bassa verso l’uscita
e se ne andò, sotto l’espressione vincitrice di Alex, più strafottente e
sprezzante che mai.
Albert aveva fallito due volte.
“Eccolo, eccolo! Sh, silenzio! Sta arrivando!” bisbigliarono in un
lieve vociare i poliziotti e i detective al distretto, quando videro Albert
fare il suo ingresso qualche giorno dopo, accompagnato dal nero del suo umore e
da una faccia da zombie degna di un horror.
Albert notò la serie di sorrisetti e sbuffi trattenuti, quando passò
per il solito sentiero tracciato dalle sue scarpe per raggiungere l’ufficio.
“Barney! Barney!” gridò a squarciagola, gelido come il ghiaccio,
facendo sussultare tutti gli agenti, gettando nel distretto un’inquietante
ondata di terrore e paura.
“Eccomi! Eccomi, Commissario! Ben tornato, Commissario!” si precipitò
il poveretto, richiudendo la porta dell’ufficio alle sue spalle.
“Vedo con piacere che hai già spifferato a tutto il dipartimento ciò
che io avevo ordinato restasse segreto.”
“Ecco, vede, Commissario...” balbettò il poveretto.
“Silenzio!”
“Sì, signore”, si mortificò Barney, che era stato costretto a vuotare
il sacco dai suoi colleghi, con la forza.
Albert decise che Alex e sua figlia fossero una priorità. Lasciò
perdere. “Dunque, Barney... Tu hai Facebook?”
“Signore? No, mio figlio ce l’ha.”
“Bene, chiamalo e fatti dare subito username e password, ché abbiamo
del lavoro da fare.”
I due si misero a scartabellare tra il profilo di Alex ed Elizabeth.
Ciò che Albert trovò lo gettò ancora di più verso l’orlo del baratro della
disperazione. Le foto che entrambi avevano pubblicato erano per lui un chiaro
messaggio di sfida. Sapevano che le avrebbe cercate. Gli scatti li ritraevano
insieme, abbracciati, mentre si baciavano... In altri c’era Elizabeth allo
studio con Alex che provava a cantare e Alex che le teneva le mani sul
diaframma per insegnarle a usarlo, altri ancora insieme al locale. In una foto
in particolare, venivano ritratti insieme dopo una serata della band, con Alex
a torso nudo con la sua inseparabile fascia, completamente pasticciato di
sudore, con la solita bottiglia di birra nella mano, che abbracciava Elizabeth
vestita di bianco, ma in maniera alquanto audace: minigonna e tacchi a spillo con
una canottiera a spalla fina, talmente corta che le scopriva e metteva in
risalto i meravigliosi e armoniosi addominali scolpiti. I capelli selvaggi, non
più piastrati.
Albert si prese la testa con le mani e iniziò nuovamente a
piagnucolare. “Mia figlia è diventata una puttana!” si disperò.
Lo stesso Barney si stupì del linguaggio del suo superiore. Gli mise
una mano sulla spalla per tentare la titanica impresa di consolarlo. “Su, su,
Commissario! Non esageri come al suo solito! E’ normale che sia così. A una
ragazza piace un ragazzo e si veste in maniera provocante per attrarlo di più.
Questo non fa di lei una puttana, no?”
Albert alzò su la testa e rovesciò la tazzina del caffè per sfogarsi.
“Non per attrarre QUEL ragazzo!” gridò badando bene a sottolineare con cura il
“quel.”
“Mi sa che quei sono un pezzo avanti, Commissario! Inutile
arrabbiarsi, ormai!” gli fece ingenuamente, scioccamente notare Barney.
Albert lo spintonò in preda a uno dei suoi soliti crolli nervosi.
“Insomma Barney! Continui sempre a parlare! PARLI, PARLI, PARLI E PORTI MALE!”
“Ma io non porto male! Sono solo lungimirante! Con tutto il rispetto,
Commissario... Chissà quante volte sono stati insieme, quei due!” si lasciò
maldestramente sfuggire il povero, malcapitato Barney.
Albert balzò in piedi, afferrò Barney per il colletto e lo tirò su di
peso, appoggiandolo con forza alla parete. “BASTA, BARNEY! E’ UN ORDINE!”
Il poveraccio annuì con la testa e Albert lo rimise a terra. “Non
rigirare il coltello nella piaga, Barney. Lo so che l’hanno fatto. Li ha
sorpresi a letto mia moglie, in camera di Elizabeth e non mi ha detto niente
perché quella sciagurata ha minacciato di andarsene e non farsi più vedere!”
“Accidenti, Commissario! Senta, io capisco perfettamente come si
sente. Lei sente di aver fallito come poliziotto, ma soprattutto come padre, ma
non è così. Sua figlia è una gran brava ragazza, di sani principi e con quel
ragazzo fa sul serio. Purtroppo, per quanto noi genitori vogliamo il meglio per
i nostri figli, alla fine sono loro a decidere cosa sia meglio per loro stessi
e a fare le proprie scelte. Non siamo noi a poter comandare il loro cuore e
dirgli per chi deve battere.”
Albert lo fulminò con lo sguardo e si avvicinò di nuovo
minacciosamente a lui. Sempre con quel discorso del cuore e dei sentimenti!
Barney si riparò con le mani, temendo di aver di nuovo pronunciato
qualche parola di troppo, ma non accadde nulla.
Albert si sedette di nuovo alla sua scrivania, come se stesse
riflettendo su quanto detto dal suo collega. “Forse hai ragione, Barney. Lei
farà anche sul serio, ma è di lui che non mi fido.”
“Le conviene accettare la cosa, Commissario. O Alex gliela porterà
via.”
“Me l’ha già portata via!” pianse disperato Albert.
“Non è così. Elizabeth le vuole bene e lei lo sa. Commissario,
ascolti, in fondo quell’Alex non è un vero e proprio delinquente, quindi sotto
una guida come la sua e di sua figlia, beh, potrebbe anche mettere la testa a
posto!”
Albert scosse la testa, rassegnato e con un certo disappunto. “Aspetta
e spera, Barney. Quelli come lui non cambiano mai.”
“Allora, accetti la loro relazione. Ci provi. Gli dia almeno una
possibilità, a quel ragazzo. In fondo... Non lo neghi! Come sono carini
insieme!”
Albert si rizzò di nuovo in piedi.
Barney si rese conto di aver di nuovo parlato troppo. Accidenti alla
sua boccaccia!
“BASTA, BARNEY! TI CI METTI ANCHE TU ADESSO? MANNAGGIA A TE, BARNEY!
ANCHE TU SEI DALLA LORO PARTE!”
“Sì, Commissario! A questo punto, sì! Non c’è niente che si possa
fare, ormai. Se non puoi batterli, unisciti a loro, no? Ehi, guardi lì!”
esclamò indicando il computer, dove gli era caduto l’occhio.
Alex aveva letteralmente schiaffato su Facebook la foto che aveva
scattato quel giorno in commissariato, in cui Albert lanciava il portapenne
pieno viso a Barney.
“QUEL MANIGOLDO! VEDI, BARNEY? SI PRENDE GIOCO DI NOI! DI ME
SOPRATTUTTO!”
Ma con grande sorpresa di Albert, Barney la prese piuttosto bene. La
buttò sul ridere, iniziando a sghignazzare di gusto.
“Beh, però! Commissario, siamo venuti bene!”
“BASTA, BARNEY! BASTA! VATTENE VIA! E’ UN ORDINE! ESCI DA QUEST’UFFICIO!
ORA!”
Fu, però, un toc-toc a salvare la situazione o forse... A peggiorarla.
Ebbene sì! Proprio così! La situazione avrebbe anche potuto peggiorare.
“CHE C’E’?” tuonò Albert.
Un agente fece timidamente il suo ingresso nell’ufficio. “Buongiorno,
Commissario, mi dispiace disturbarla. Ma è appena passato un ragazzo strano su
una moto, coi capelli rossicci e lunghi e pieno di tatuaggi. Mi ha lasciato
questa per lei”, spiegò il nuovo arrivato, consegnando una busta da lettere ad
Albert.
“Capelli rossicci? Moto? Quell’Alex! Grazie agente. Può andare.”
Albert aprì la busta sotto lo sguardo incuriosito di Barney, che non
se ne era ancora andato. “E questo?” Albert scorse con gli occhi dall’alto al
basso il volantino del concerto della band di Alex, in cui si intravedeva
sfocata e sfumata la figura di sua figlia.
“Commissario, ci sono anche questi!” indicò Barney.
“Dammi qua, ficcanaso!” Albert li guardò con cura, cercando di capire
che cosa fossero. “Ah. Sono due biglietti per il concerto di quel manigoldo. Che
faccia tosta!”
“Bene, Commissario! Ci andremo insieme!”
Albert lo guardò con la coda dell’occhio con un certo disappunto.
“Andremo... Chi? Dove?”
“Al concerto, Commissario!”
“Potrei anche andarci con mia moglie! Ma non ci andrò!”
“Ma Commissario, sua moglie, avendoli appoggiati fin dall’inizio, avrà
i posti d’onore. E poi… Come non ci va? Non è curioso di vederlo all’opera in
un intero concerto?”
Albert ci pensò su, con una certa titubanza. “E ve bene, Barney. Tieni
il tuo biglietto.”
“Oh, grazie Commissario! Sono curioso di vederli. Mio figlio, che è
appassionato di musica rock, dice vanno forte e che non hanno nulla da
invidiare alle grandi leggende rock della nostra generazione!”
Albert gli lanciò un’altra occhiataccia, quasi al limite della
decifrabilità. Sembrava un misto di disappunto e divertimento da presa in giro.
“Sì, certo. Come no, Barney!” li denigrò, infine.
Ma ormai aveva i biglietti. Quella di Alex era una sfida. E lui, le
sfide, le accettava. Sempre. Soprattutto se in ballo c’era l’onore di sua
figlia.
“Bene”, aggiunse, poi, risoluto. “Che concerto sia.”
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