La cena con la zia Luigina si avvicinava e la famiglia Reeves si
accingeva ad accogliere lei e il marito. Hilary aveva dato il meglio di sé ai
fornelli, supportata da sua figlia Elizabeth, mentre Albert aveva il compito di
occuparsi della sala da pranzo. A lui l’incombenza di apparecchiare e far sì
che tutto fosse in ordine. In cucina si rideva e si scherzava, ma uno strano
alone di preoccupazione non faceva altro che volteggiare sopra i fornelli. La
zia Luigina non avrebbe affatto gradito sapere che i suoi soprammobili erano
stati distrutti in maniera tanto violenta, senza alcun rispetto e senza alcun ritegno.
E poi... Come avrebbe accolto Alex? Beh, si dissero mamma e figlia, quello era
il più piccolo dei loro problemi. Conoscendo l’apertura mentali dei vecchi e
cari zii, Alex sarebbe stato adorato e apprezzato. Il problema più incombente
erano i soprammobili. Ma quella era colpa di Albert. Se ne sarebbe assunto lui
ogni responsabilità. Albert, che se ne stava zitto-zitto, mogio-mogio ad
apparecchiare la tavola, lento e svogliato. Aveva tutti contro. E quell’Alex
dei suoi stivali in casa sua! Proprio no. Era preoccupato per Elizabeth.
Disperato, persino. Una tale disgrazia capitata proprio a sua figlia! Non ci chiudeva
occhio la notte, rimuginando su come salvarla dalle grinfie “manigoldesche” di
Alex. Ma soluzione non c’era.
“Forza, Albert! Muoviti e finisci di apparecchiare! La zia Luigina e
lo zio Esmeraldo saranno qui a momenti!” lo spronò Hilary dal momento che suo
marito si era trasformato in una svogliata e lenta tartaruga.
“Sì, Hilary”, rispondeva lui ogni volta, controvoglia.
Elizabeth si era vestita piuttosto semplice, ma con una nota rock, in
omaggio al suo Alex. Aveva dei jeans attillati strappati sul ginocchio e sulle
cosce e una maglietta bianca. Si era truccata pochissimo e aveva lasciato i
soffici e setosi capelli d’oro selvaggi, mossi naturali a ricaderle sciolti
lungo il corpo. Da quando conosceva Alex, si sentiva più libera anche nel look.
Non avvertiva più il bisogno di essere sempre perfetta e sofisticata. D’altro
canto, Alex le ripeteva sempre che lei era perfetta così. Naturale. E aveva
ragione.
“DLIN DLON!” si fece sentire insistentemente il campanello.
“Zia Luigina, zio Esmeraldo! Bentornati! Entrate! La cena è quasi in
tavola!” esclamò Elizabeth entusiasta e bella come il Sole, quando corse ad
aprire la porta per accogliere e abbracciare i suoi vecchi zii.
“Elizabeth cara! Mio Dio, come sei bella! Un fiore! Ma che ti è
successo? Non ti ho mai vista così radiosa da quando sei nata!”
Elizabeth si limitò a sorridere al complimento sincero e affettuoso
della zia Luigina, mentre si faceva strada per il soggiorno e farli accomodare.
“DLIN-DLON!” suonò di nuovo il campanello diverse volte e con un suo singolare
ritmo.
“Aspettiamo qualcuno, cara? Che strano modo di suonare! Ma chi è?”
“Ora lo vedrai, zia. Lo so io chi è!”
Elizabeth accorse alla porta e fu sommersa dagli abbracci e dai
passionali baci di Alex.
La zia Luigina e lo zio Esmeraldo rimasero a bocca aperta. Elizabeth?
Fidanzata? E da quando? Che cosa si erano persi?
“Ciao amore! Vieni, entra, ché ti presento i miei zii!” lo accolse
Elizabeth più radiosa che mai, prendendolo per mano per portarlo con sé al
divano. “Zia Luigina, zio Esmeraldo, vi presento Alex, il mio fidanzato. Stiamo
per sposarci.”
“SALVE ZIA! SALVE ZIO!” li salutò Alex col suo solito modo di fare da
canaglia. Modo di fare che conquistò subito la zia Luigina e lo zio Esmeraldo.
“Ma che bel ragazzo! E’ anche simpatico, questo giovanotto. Brava la
mia nipotina! Certo che se avessi avuto qualche annetto in meno, beh, scusami
Esmeraldo caro, ma ci avrei fatto un bel pensierino anch’io!” ci scherzò su la
zia Luigina.
Esmeraldo era un uomo molto aperto di mente nonostante l’età e rise con
gusto alla battuta della moglie, anche lei davvero molto moderna.
“Mi dispiace zia, ma con tutto il rispetto, il mio cuore e i miei
occhi sono solo per la mia bellissima Elizabeth. Per la mia dolce fatina!”
Luigina si portò una mano al petto, colpita dal trasporto con cui Alex
aveva pronunciato quelle nobili e cavalleresche parole, mentre stringeva a sé
la sua Elizabeth.
“Ciao zia! Ciao zio! Che bello avervi qui!” li raggiunse Hilary,
allegra e contenta di vederli, seguita dal marito, che li salutò a mezza bocca,
alquanto contrariato.
“Buonasera”, si limitò a dire Albert. Si erano innamorati di Alex
anche loro.
“Non essere troppo entusiasta di vederci, Albert!” commentò Luigina,
sarcastica, a cui seguì una pungente osservazione di Esmeraldo.
“Cara, ormai dovresti saperlo! Noi non siamo di alto rango come lui!”
“Su, via! Non vi abbattete! Non sopporta neanche me!” intervenne Alex,
inondando tutti tranne Albert con la sua simpatia e allegria.
“Perché non mi sorprende?” commentò cinico lo zio Esmeraldo
Luigina si alzò in piedi,
stizzita e picchiò Albert col suo bastone. “Sei sempre il solito villano!
Trattare male questo povero ragazzo innamorato seriamente di tua figlia! Non
preoccuparti, caro! Vieni, vieni dalla zia Luigina!” esclamò, andando ad
abbracciare Alex. Andando già ad alterare il delicatissimo equilibrio emotivo
di Albert.
“Lasciamo perdere e andiamo a cena, ché è meglio!” concluse Albert,
dirigendosi verso la sala da pranzo.
Mentre attraversavano la stanza, la zia Luigina lanciò un’attenta
occhiata osservatrice intorno a sé. “Ma dove sono i soprammobili che vi abbiamo
portato dai nostri viaggi?”
Hilary sbiancò, non sapendo come rispondere. Per fortuna e con sua
grande sorpresa fu Elizabeth a prendere inviperita la parola.
“E’ stato papà. In un momento, anzi in diversi momenti di rabbia, li
ha scaraventati contro il muro, uno per uno. Ce l’ha con me e Alex perché ci
siamo fidanzati!”
Luigina fulminò Albert con lo sguardo, il quale la ignorò
completamente continuando a camminare tranquillo come una Pasqua qualche passò
avanti a lei. La zia Luigina, scaltra come una volpe, gli infilò il bastone tra
le gambe, facendolo così inciampare maldestramente e scatenando le risa di
tutti, soprattutto quelle canagliesche di Alex.
“Sei un mito, zia!” si complimentò.
“Grazie, giovanotto. Sai, io e mio marito saremo anche vecchi, ma non
siamo affatto rincitrulliti.”
“Lo vedo, zia! Ma quanti anni avete?”
“Maleducato! Non si chiede mai l’età, soprattutto alle signore!” lo
rimproverò burbero Albert, mentre si rialzava e dava una ripulita con le mani
agli abiti.
“Su via Capo, non la faccia, tanto lunga! In fondo, è lei che ha detto
che non le frega nulla di questi vecchi bacucchi!”
“Vecchi bacucchi? A noi?” La zia Luigina, infuriata, lo colpì di nuovo
col bastone e lo zio Esmeraldo fece altrettanto per dar man forte alla moglie.
“Comunque, mio caro ragazzo, lo zio Esmeraldo ha novantaquattro anni e io ne ho
novantadue!”
“E guidate ancora la macchina? Beh, complimenti davvero! Ma quali
vecchi bacucchi, Capo! Questi son più arzilli di lei!”
“Vedi giovanotto, ti svelo un segreto: non importa quanti anni tu
abbia, l’importante è non sentirli. E noi non li sentiamo per niente!”
“E si vede zia!”
“A tavola!” li spronò Hilary.
Alex, come al suo solito, iniziò a far piazza pulita di tutto ciò che
trovava sul tavolo, rubando anche questa volta i piatti di Albert, che continuava
a ostinarsi a non mangiare.
“Non lo mangia questo, Capo? Bene, mangio io!”
“Accidenti, mio caro! Quanto mangi!” si sbalordì la zia Luigina.
“Ne ho bisogno, zia! Io sono sempre in movimento!”
“No, tu sei sempre in giro a far danno!” intervenne Albert, stizzito.
La zia Luigina e lo zio Esmeraldo dovevano sapere.
“Ma quali danni, Capo! La smetta con queste stupidaggini!” replicò
Alex con tono da facilone.
“Non sono stupidaggini! Guida pericolosa in stato di ebbrezza, eccesso
di velocità, oltraggio e aggressione a pubblico ufficiale, violazione e
danneggiamento di proprietà privata, rissa e incitamento alla rissa... Devo
continuare?”
La zia Luigina gli tirò un pistatone da sotto il tavolo.
“Ma Luigina! Questo qui è un manigoldo! Lo capisci o no?”
“Ma quale manigoldo, Albert! Per due ragazzate! Ha un’aria da
adorabile furfantello, da far girare la testa!”
Albert grugnì stringendo i pugni, emanando ondate di fumo dal naso. Non
Riuscendo più a trattenersi, scaraventò il piatto vuoto contro il muro. “Di
quale zio era questo?” chiese, poi, furibondo.
“Di nessuno, papà. Era nostro. Faceva parte della vostra lista di
nozze”, gli spiegò con calma Elizabeth.
Per Albert fu un altro colpo al cuore. Per non riuscire a controllare
la propria ira ogni qualvolta ci fosse quell’Alex dei suoi stivali, aveva
finito per distruggere vecchi cimeli di famiglia, che costituivano per lui bellissimi
ricordi, come quel piatto, che gli rievocava il suo matrimonio. Il giorno più
bello della sua vita, insieme alla nascita di Elizabeth.
“Io vado a letto”, concluse afflitto e amareggiato lasciando che la
festa e il divertimento in famiglia continuassero senza di lui.
“Bravo, Capo! Porti il suo culo inacidito lontano di qui!” lo prese in
giro Alex, suscitando le risa di tutta la famiglia.
Un’esplosione di divertimento invase la sala da pranzo e inondò Albert
di furore e umiliazione. Non reggendo tale indignazione, strinse i pugni e se
ne andò sconfitto in camera da letto, dove la rabbia che aveva dentro ribollì
nello stomaco ogni secondo di più. Il baccano che stava facendo Alex al piano
di sotto, le sue risa di scherno, le sue battutacce e le caricature ad alta
voce, le sedie che si spostavano, la famiglia intera che rideva allegramente e
si divertiva senza di lui... Era stato sconfitto. Nella maniera più umiliante
che potesse esistere al mondo.
Ma non si sarebbe mai arreso.
Mai.
Avrebbe salvato la sua bambina dalle grinfie di quell'Alex. In un modo
o nell'altro!
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