Enrico sedeva di fronte al dottor Bartolini, lo sguardo stralunato e
annoiato, non potendone più di sentirlo blaterare e blaterare. Da quando i
genitori l’avevano portato lì, in quel piccolo studio nel centro di chirurgia
bariatrica, non aveva fatto altro che ascoltare ramanzine su ramanzine.
Dapprima, quelle dei suoi genitori, dopo essere stato pesato in attesa
dell’arrivo del dottore; poi, quelle del dottore stesso. Purtroppo per lui, il
suo peso aveva ormai raggiunto i 198kg spaccati. Non che a lui importasse,
chiaro, ma ascoltare le lamentele e il continuo, perpetuo frignare dei suoi
genitori sul fatto che fosse ingrassato ancora, beh, non è che gli distendesse
molto i nervi. In verità, non ne poteva proprio più di loro. Da quando era
piccolo, il suo primo, vero e unico grande amore non era stato altro che il
cibo. Viveva per mangiare e dal primo momento in cui apriva gli occhi la
mattina, a quando li chiudeva prima di andare a dormire, il suo pensiero era
unicamente rivolto al cibo. Mentre gustava la leccornia che aveva in bocca, già
pensava a quella successiva e a quella dopo ancora. Non c’era limite, né freno
alcuno per lui. E come poteva essere diversamente? Il cibo era così buono!
Adorava tutto, tutto quanto, non c’era nulla che non gli piacesse! Ma, in
particolar modo, stravedeva oltremisura per dolci di ogni genere, fritti e
pasta con sughi soffritti, pane, pizza, hamburger all’americana, cibo da
fast-food, cannelloni, lasagne, tagliatelle al ragù, ravioli, tortellini e chi
più ne ha, più ne metta. E tra questi, la corona andava senza ombra di dubbio
alla pizza. Quando aveva voglia di mangiarla, riusciva a ordinarne persino tre
al piatto e a farsele fuori tutte per conto suo in un battibaleno! Nessuno era
mai riuscito a calcolare il tempo che gli occorreva per finirle, dal momento
che letteralmente le divorava in uno schiocco di dita! La pizza era sempre la
pizza. Già il solo pronunciare nella mente quella parola gli smuoveva
l’appetito, pure se aveva finito di mangiare da poco! Era davvero un pozzo
senza fondo! Aveva già deciso: una volta uscito dallo studio del dottore, ne
avrebbe ordinate tre per cena! Sì! Questo era poco ma sicuro! Lui, lì, non
c’entrava niente! Niente di niente! Erano stati i suoi genitori a trascinarcelo
a forza, quei ficcanasi rompiscatole che non erano altro! Come fosse arrivato
fin lì, era una lunga storia.
Fin da bambino era stato un po’... Cicciottello. Rotondetto, per così
dire. Lo sport non gli era mai piaciuto ed era allergico a qualsivoglia forma
di attività fisica. Persino ora che aveva diciannove anni e si apprestava a
iniziare l’università non faceva altro che spostarsi in macchina, un grosso SUV
che poteva reggere il suo peso, persino per recarsi alla pasticceria all’angolo
di casa sua, onde non dover camminare! Ebbene, da bambino cicciottello che era,
aveva continuato a lievitare esponenzialmente, senza freni! E la cosa non lo
turbava minimamente, perché ciò che lui voleva era soltanto mangiare, mangiare
e ancora mangiare! Se poi era grasso, beh, non era un grosso problema, per lui!
I suoi genitori gli avevano sempre messo i bastoni tra le ruote, perché
ritenevano che non fosse salutare per lui mangiare e ingrassare così tanto, ma
questo non gli aveva impedito di mangiare! Mangiava di nascosto, di notte di
alzava e rubava dalle dispense tutto ciò che c’era e se lo portava a scuola e
durante il tragitto di andata e ritorno si fermava sempre in qualche
pasticceria, pizzeria e fast-food per accaparrarsi merende e scorte per le ore
a venire. E poi, c’erano stati i suoi nonni! I santi nonni! Quando i suoi
poveri genitori erano al lavoro, era lì che lo scaricavano. Lui chiedeva da
mangiare e i nonni gli concedevano qualsiasi cosa lui chiedesse, pendevano
dalle sue labbra e ogni parola che proferiva per loro era oro colato. Inutili i
litigi con i suoi genitori. I nonni erano sempre dalla sua parte, sia quelli
materni, che paterni. In più, quando aveva quattordici anni, aveva iniziato a
lavorare d’estate. Indovinate dove? In gelaterie, pasticcerie, rosticcerie o
pizzerie. Così non solo mangiava in continuazione, ma metteva anche da parte i
soldi per fare provvista per l’inverno, dal momento che i genitori avevano già
deciso che non gli avrebbe sganciato più un centesimo, pur di evitare che si
comprasse il cibo da solo! Ecco come era arrivato a pesare 198kg. Ed ecco
perché i genitori avevano deciso di trascinarlo lì. Da quel dottoruncolo da
strapazzo che non faceva altro che blaterare e blaterare.
Una volta terminato il liceo scientifico a Livorno, dove era nato e
cresciuto a suon di cibo a volontà, aveva deciso di studiare scienze politiche a
Firenze, pertanto si era iscritto all'università, superando a pieni voti il
test d’ingresso. Non vedeva l’ora che giungesse quel momento, di trasferirsi
senza tornare mai a casa! Con i genitori fuori dai piedi, avrebbe potuto
mangiare indisturbato e a volontà! I suoi vecchi amici di liceo non sarebbero
stati un problema, né d’intralcio per lui. Ormai, lo conoscevano troppo bene!
Dopo cinque lunghi anni trascorsi in classe insieme al liceo, avevano capito
com’era fatto! Nessuno avrebbe ostacolato la sua passione più grande! Nessuno
si sarebbe mai più messo tra lui e il cibo! Fine delle scorribande notturne
alla ricerca di cibo nelle dispense! Fine di tutto quanto! Per di più, in
quanto studente fuori sede, i suoi genitori non potevano mica negargli i soldi!
Les jeux sont faits!, si ripeteva sempre!
Il gioco era praticamente fatto.
Peccato quel piccolo inconveniente.
Lui e i suoi genitori erano partiti per Firenze la mattina stessa,
avevano pranzato in giro e avevano raggiunto l’appartamento che Enrico avrebbe
condiviso con i suoi vecchi amici. Poi, i suoi genitori lo avevano aiutato a
sistemarsi in camera e, infine, l’avevano trascinato dal dottor Bartolini,
chirurgo bariatrico specializzato in pazienti della sua taglia.
Da quando era arrivato, suddetto dottor Bartolini non aveva fatto
altro che rifilargli un mucchio di stronzate! Starlo a sentire era una noia
mortale. Gli stava dicendo che doveva sottoporsi a una dieta di 1200 calorie al
giorno, ricca di proteine e povera di grassi e carboidrati. Il tutto
concentrato in soli tre miseri pasti al giorno senza spuntini.
Cioè, ma era pazzo o cosa?
Quell'uomo non sapeva di che cosa stesse parlando!
E poi...
Che barba con tutti quei rimproveri!
Quando Enrico aveva provato a difendersi, affermando di non mangiare
molto, che non faceva spuntini, che aveva il metabolismo lento per natura o che
forse soffriva pure di qualche disfunzione metabolica e di ritenzione idrica,
il dottore gli aveva segato subito le gambe, dicendogli che erano tutte scuse e
che avrebbe dovuto impegnarsi. Accidenti! Quel dottoraccio! Pure furbo era!
L’aveva smascherato subito! E di quei disgraziati dei genitori che prontamente
avevano sbandierato ai quattro venti la verità sulle sue abitudini alimentari,
dando conferma al dottore dei suoi sospetti, ne voleva parlare?
Dio, che strazio!
Non ne poteva più di tutte quelle ramanzine e dei rimproveri perpetui!
Per fortuna, la visita giunse al termine, concludendo che al prossimo
appuntamento, dopo due mesi, Enrico avrebbe dovuto perdere almeno trentacinque
chili. Se avesse seguito la dieta in maniera rigida e ferrea, non avrebbe avuto
problemi. I suoi genitori lo accompagnarono a casa, gli consegnarono le chiavi
del suo amato SUV e tolsero il disturbo. Per mandarli via più contenti, Enrico
aveva persino promesso loro che avrebbe seguito la dieta e raggiunto il suo
obiettivo. Ma, non appena la loro auto sparì dalla circolazione, Enrico andò
subito al supermercato e in pasticceria, e, una volta rientrato a casa, chiamò
immediatamente il servizio consegne a domicilio e per cena si fece portare tre
pizze. Quando arrivarono, le poggiò sul tavolo della cucina e andò in bagno a
lavarsi le mani. Mentre guardava il suo riflesso allo specchio, insaponandosi e
sciacquandosi bene le mani, Enrico non prestò attenzione alcuna al ragazzo dai
capelli biondicci, gli occhi nocciola e il viso molto più che paffuto, ma già
pregustava mentalmente le tre pizze e cercava di decidersi su quale divorare
per prima. La quattro stagioni? O forse era meglio cominciare dalla
capricciosa? Oppure, con quella condita con salame piccante e salsiccia?
Accidenti, che decisione ardua! Erano tutte e tre meravigliosamente squisite e
dannatamente gustose! Avrebbe tirato a sorte, mescolando i cartoni come un
mazzo di carte, e ne avrebbe selezionato uno a caso. Tornò in cucina e si
sedette a tavola. Si sfregò le mani e aprì il primo cartone. Perfetto! Avrebbe
cominciato con la quattro stagione e poi, pensò, si vedrà! La tagliò a spicchi
e inghiottì famelicamente il primo. Mmmm! Che bontà! Che goduria! Quella sì che
era vita! Mangiare la pizza era come avere un orgasmo dietro l’altro! Non che
sapesse che cosa si provava, dal momento che non aveva mai avuto una ragazza,
ma era certo che al mondo non esistesse sapore più sublime della pizza e la sua
mozzarella che si scioglie in bocca! Chissà a che cosa serviva il sesso, quando
c’era la pizza? Bah! Mistero! Certe cose non le avrebbe mai capite!
Si gustò una pizza dietro l’altra, avvolto nel silenzio della casa. Si
era presentato a Firenze con una settimana d’anticipo, per fare provviste e
mangiare indisturbato, prima che arrivassero i gemelli Cristina e Leonida, con
il loro amico Marco. Che tipi strani che erano! Tutti e tre! Erano lì per
studiare scienze motorie. Ma si poteva essere più scemi di così? Poco
importava. Non era un suo problema e non doveva pensarci! Ora, doveva
concentrarsi solo sulle pizze! Le divorò in un batter d’occhio e non dimenticò
poi di farsi fuori come dessert mezza vaschetta di gelato, la prima cosa che
aveva comprato non appena era andato al supermercato, prima di cena. E si
mangiò pure una bella fetta di ciambellone al cioccolato!
Quella sì che era vita!
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