sabato 30 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 12° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Il grande giorno era arrivato.
Enrico era stato condotto in ospedale per l’intervento di chirurgia bariatrica, ovviamente contro la sua volontà. Inutile dire che per riuscire a caricarlo in macchina c’erano voluti tanti calci nel sederino e un bel fuoco pesante da parte del fucile ad aria compressa di Marco, che ormai era diventato per lui come un orsacchiotto della buona notte. La pessima e indisciplinata condotto di Enrico lo obbligava a tenerlo sempre con sé. Aveva accumulato più lividi Enrico in poco tempo, che un reduce dalla guerra del Vietnam!
Una volta condotto a calci in ospedale, Enrico era stato preparato per l’intervento e ora attendeva nervosamente gli infermieri che lo scortassero in sala operatoria. Avrebbe tanto voluto tagliare la corda, ma eludere la rigida sorveglianza di Marco e dei gemelli Guaiotti era un’impresa impossibile. Poco prima dell’intervento, a sorpresa arrivò il dottore a complimentarsi per gli ulteriori progressi svolti.
“Buongiorno, ragazzi! Allora, Enrico, come ti senti?” domandò il dottor Bartolini.
“Di merda! Non lo voglio fare l’intervento! Questo è sequestro di persona! Io sono qui contro la mia volontà e per quanto riguarda voi, pezzi di merda!” sbottò, indicando sia il dottore che i coinquilini. “Vi denuncio tutti, tutti quanti! Avrete notizie dai miei avvocati!”
Il dottor Bartolini scosse il capo con fare rassegnato. Ormai, aveva capito che era inutile prendersela per gli atteggiamenti molto discutibili di Enrico. Al contrario, le assurdità che diceva iniziavano pure a fargli ridere, perché rasentavano il ridicolo, anzi ERANO ridicole. Provava una gran pena e un’immensa stima per quei tre poveri disgraziati che avevano smosso mari e monti per aiutarlo. E per l’infinita pazienza che avevano mostrato, tenendolo sotto torchio per tutto quel tempo.
Quei ragazzi erano dei santi.
“Allora, vedo che in questa settimana abbiamo perso altri nove chili, Enrico!” si complimentò il dottore.
“Io li ho persi. Non lei”, puntualizzò Enrico con il broncio.
“E non ti senti meglio ora che hai perso più di cinquanta chili? Non hai trovato giovamento nella tua mobilità?”
“No, affatto”, mentì Enrico.
Ma l’occhiata torva del dottor Bartolini lo indusse a tornare sui suoi passi.
“E va bene. Sì. Sì, mi muovo meglio, ma non me ne frega niente! Perché io, caro il mio dottore, io voglio soltanto mangiare! Non mi sento meglio per niente! Sono depresso e ho una fame da lupi! Mi fa male lo stomaco per quanto ho fame! IO RIVOGLIO IL MIO CIBO! VOGLIO IL MIO CIBO!” si stizzì, battendo i pugni come un bambino nel bel mezzo di un capriccio. “Io non lo voglio fare l’intervento! Voglio poter mangiare quanto mi pare! Io sono qui contro la mia volontà e lei non può operarmi, se io non voglio! Questo è sequestro di persona!”
“Smettila di frignare, lurido grassone!” tuonò Marco. “E fai silenzio. Taci! Non ne posso più di sentire i tuoi piagnistei! Ancora una parola e non appena ti rimetterai in piedi dopo l’intervento, ti farò pentire di essere nato.”
I gemelli Guaiotti ridacchiarono sotto i baffi.
“Ma io non lo voglio fare, l’intervento! Io ho paura! Non voglio finire sotto i ferri! E se muoio durante l’operazione?” si terrorizzò Enrico, realizzando all’improvviso che nel giro di breve l’avrebbero addormentato.
E se non si fosse più svegliato?
Cosa avrebbe dato per una bella pizza gigante e qualche cornetto, prima di rischiare la morte!
“Smettila!” tuonò di nuovo Marco. “Il dottor Bartolini fa questo mestiere da oltre trent’anni. Sei in ottime mani. E ora, per piacere, piantala di frignare e comportati in maniera dignitosa. Mezza cartuccia...”
“Bene, tra poco cominceremo. Ma prima, ragazzi, vorrei complimentarmi con voi per l’ottimo lavoro che state svolgendo con il vostro amico”, disse il dottore, andando a stringer loro la mano. “Una volta ripresosi dall’intervento, vi darò il nome di una brava psicologa e manderemo Enrico in psicoterapia per capire e affrontare tutte le problematiche, che lo spingono verso il cibo. Posso contare su di voi?”
“Ovvio!” esclamò Cristina, ammiccando al gemello. “Anche se, francamente, dottore, credo che il suo unico problema psicologico si chiami golosità.”
Il dottore non fece in tempo a replicare.
Perché fu proprio in quel momento che accadde l’imprevedibile.
Mentre sia il dottore che i suoi detentori erano distratti a parlare di scempiaggini e assurdità come la psicoterapia, Enrico venne colto da un impeto di terrore che gli diede la spinta ad alzarsi e a tentare la fuga. Scese dal letto e uscì di “corsa” dalla sua stanza, tagliando la corda.
“Torna qui, lurido grassone!” gridò Marco, essendosi accorto della sua fuga.
“Sta scappando!” gridò Cristina. “Prendiamolo!”
I tre scattarono all’inseguimento, Marco col suo fucile ad aria compressa perennemente tra le braccia, mentre Enrico arrancava lungo il corridoio.
Il dottor Bartolini si affacciò alla porta e si godette la scenetta, ghignando sotto i baffi. Come si poteva non ridere quando c’erano Enrico e i suoi adorati coinquilini nei paraggi? Veder Enrico correre disperato come non aveva mai fatto in tutta la sua vita era sinonimo di grandi speranze per il recupero completo della sua mobilità, ma anche di divertimento! Aveva la faccia rossa come un peperone, ma era talmente terrorizzato, che il panico superò persino la sua pigrizia e lo sforzo fisico da sopportare per correre quasi come una persona normale.
“NO! IO NON LO VOGLIO FARE, L’INTERVENTO! IO NON VOGLIO MORIRE SOTTO I FERRI!” gridava disperato, mentre fuggiva.
“Invece, lo farai! Eccome se lo farai! Vigliacco di un lurido grassone che non sei altro!” esclamò Marco, che ormai l’aveva quasi raggiunto e senza troppe difficoltà.
Ma Enrico colse al volo un’occasione e s’infilò nel primo ascensore libero che trovò e premette il pulsante del piano terra per fuggire dall’ospedale.
Marco grugnì, cercando di usare il cervello, mentre i gemelli Guaiotti si stavano già catapultando lungo le scale, nel folle tentativo di anticipare l’ascensore. Enrico scese dall’ascensore e si diresse di gran passo verso l’uscita, ringraziando per la prima e unica volta tutte le passeggiate, le sedute di idroterapia e gli allenamenti in palestra a cui i suoi detentori lo avevano sottoposto a forza.
“Eccolo lì!” lo indicò Cristina, scendendo gli ultimi gradini.
“Prendiamolo!” si gasò Leonida, balzando giù.
I due gemelli lo inseguirono, si avvicinavano sempre di più, Enrico spalancò la porta dell’ospedale, la porta verso la libertà... E si ritrovò un fucile ad aria compressa puntato al petto.
Marco sorrise, un ghigno vittorioso di sadica soddisfazione. “Stai andando da qualche parte, lurido grassone?”
Enrico si voltò per tornare indietro, ma i gemelli Guaiotti gli bloccarono il passo. Ormai era circondato.
“C-come hai f-fatto ad arrivare o-prima?” iniziò a sudare freddo Enrico.
“Mai sentito parlare di scala anti-incendio?” ghignò Marco.
“Bella mossa, Marco!” si complimentò Cristina.
“Già! Davvero un colpo da maestro! Prendere la scala anti-incendio, precederci tutti e aspettare qui il Cicciobomba!” incalzò Leonida.
“Grazie, ragazzi. Complimenti anche a voi. Bell’inseguimento. Quanto a te, lurido grassone, bel tentativo, ma con quella pancia lardosa e quel culo enorme che ti ritrovi, non puoi pensare di competere con tre sportivi di alto livello come noi. E adesso, torna di sopra. Fila!”
Enrico alzò le mani in segno di resa e, tremolante, iniziò a camminare verso l’ascensore.
Ma Marco gli sparò due colpi alle natiche. “No! Su per le scale! Avanti! Fila!”
Enrico piagnucolò e iniziò a salire le scale.
“Più in fretta, più in fretta!” incalzò Marco, sparandogli di nuovo.
Sempre alle natiche.
I gemelli Guaiotti che lo avevano preso a braccetto da ambo i lati, per evitare che tentasse la fuga un’altra volta.
“Siamo qui, dottore!” esclamarono i due in coro, mentre il dottor Bartolini faticava a trattenere il ghigno divertito.
“Bel lavoro, ragazzi! Io vado. Ci vediamo tra poco in sala operatoria, Enrico!”
Il dottore si congedò per andare a prepararsi per l’intervento e Marco spinse Enrico per la schiena col fucile ad aria compressa per obbligarlo a stendersi. E, per evitare che fuggisse ancora, i gemelli Guaiotti lo legarono al letto.
Poco dopo, arrivarono gli infermieri che lo misero in barella per scortarlo in sala operatoria, Marco e i gemelli dietro di loro per tenerlo sotto stretta sorveglianza. Prima che gli infermieri lo portassero dentro, Marco ne afferrò uno per un braccio.
“Siamo qui fuori, qualora dovesse fare storie. Ci chiami, se avete bisogno di rinforzi”, gli disse, mostrandogli il fucile ad aria compressa.
“Non dubitate. Sarà fatto”, ridacchiò l’infermiere divertito.
La soglia si spalancò, per poi richiudersi sonoramente.
Ed Enrico sparì in sala operatoria, tutto piagnucolante e tremolante come una foglia.
Per lui era la fine.
Il pensiero di non sentire più lo stimolo della fame e non riuscire più ad abbuffarsi lo terrorizzava più dei possibili imprevisti, che sarebbero potuti capitargli sotto i ferri.
Sì.
Comunque sarebbe andata, per lui era DECISAMENTE la fine.

sabato 23 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO! - 11° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



Enrico sedeva nello studio del dottor Bartolini, in attesa proprio di quest’ultimo, dopo essere stato pesato. Marco che sedeva ghignando soddisfatto accanto a lui col suo fedele fucile ad aria compressa in mano e i gemelli Guaiotti che si sfregavano le mani vittoriosi e compiaciuti con il tipico sguardo di chi ti prende in giro e ne sa una più del diavolo. Ce n’era voluto per caricarlo in macchina, eh! Le minacce col fucile non erano bastate, a tal punto che Marco aveva dovuto aprire il fuoco a manetta, riempendogli di lividi tutto il sedere. E non solo! Il povero Enrico aveva un look tutto nuovo! Con le perpetue risate da canaglie dei gemelli Guaiotti in sottofondo. Una volta caricato a suon di fucilate e calci in culo, i gemelli Guaiotti si erano messi al volante. Cristina guidava, Leonida faceva da secondo pilota aiutandola a guardare la strada, dal momento che la gemella aveva uno stile di guida un po’ spericolato, mentre Marco sedeva accanto a Enrico, sorvegliandolo costantemente col fucile ad aria compressa perennemente puntato addosso. Per tutto il tragitto, aveva creduto di morire, povero Enrico! Tra le continue minacce di Marco e la guida sfrenata a tutto gas di Cristina, beh, non era poi così certo di arrivare vivo e vegeto allo studio del dottor Bartolini! Ma ce l’avevano fatta e al suo arrivo era stato pesato. Aveva perso ben quarantotto chili in due mesi con grande soddisfazione dei suoi “amati” coinquilini, che si erano scambiati sguardi complici e compiaciuti per tutto il tempo. Per quanto riguardava Enrico... Quella perdita di peso eccessiva era per lui una tragedia! Una tragedia greca! Quarantotto chili in due mesi! E per forza! Lo stavano letteralmente facendo morire di fame! E di tutta quella stupida attività fisica a cui lo sottoponevano a forza ogni giorno? Era peggio di una macchina di tortura medievale! Ancora qualche chilo e sarebbe morto di anoressia! Si voltò, una volta sceso dalla bilancia, ma quando intuì di non avere scampo, decise di non mettere in atto nemmeno un tentativo di fuga. Non dopo tutte le fucilate che si era beccato! Era pieno di lividi doloranti! Quel Marco era pazzo! Pazzo! Pazzo! Ed erano pazzi pure quei dannati gemelli che ridevano a crepapelle, ogni qualvolta Marco lo minacciasse o gli sparasse! Quanto li odiava, tutti e tre! E così, ora, eccolo lì. Nello studio, in attesa del dottor Bartolini con l’allegra compagnia dei suoi amati coinquilini. Finalmente, la porta si aprì ed entrò il dottore, un uomo sulla sessantina abbondante, dalla parvenza del dolce nonnetto, del tenero vecchino, ma che in realtà aveva la tempra di un leone.
“Ciao Enrico”, lo salutò, entrando. “Non credevo che ti avrei più rivisto, a dire il vero! Mi fa molto piacere che tu sia tornato e che stia seguendo il programma! E questi ragazzi? Chi sono?”
“I miei coinquilini”, bofonchiò Enrico contrariato a mezza bocca.
“Come?”
“I miei coinquilini!” urlò più forte.
Marco e i gemelli si alzarono e strinsero la mano al dottore.
“Io sono Marco e questi sono i gemelli Guaiotti, Cristina e Leonida.”
“Siamo amici di lunga data di Enrico, oltre che i suoi coinquilini!” spiegò Cristina entusiasta.
“Sì... Amici del cazzo!” si irritò Enrico.
“Enrico, ma che modi! Modera il linguaggio, finché sei in questo studio!” lo riprese il dottore.
“Signor dottore, noi lo abbiamo aiutato a dimagrire! Vede quanti chili ha perso!” intervenne Leonida gasato.
“Lo vedo, lo vedo!” esclamò il dottore soddisfatto. “Ben quarantotto chili in due mesi, molto più dell’obiettivo che avevo prefissato! Ottimo lavoro, ragazzi!”
“Lei non sa che peripezie abbiamo fatto, dottore!” proseguì Leonida.
Tra lui e Cristina, raccontarono con grande trasporto ed enfasi tutti gli stratagemmi, le cattiverie e le soluzioni estreme che avevano messo in atto con quel paziente tanto difficile e per niente collaborativo che era Enrico. Gli raccontarono del frigorifero, del fucile ad aria compressa, delle continue minacce, del lavoro in pasticceria, di come lo avessero beccato e lo avessero fatto licenziare... Insomma, tutto! Tutto quanto! E quanto entusiasmo, con quanto orgoglio!
Il dottor Bartolini lo apprezzò moltissimo. “Bene! Ottimo! E tu, Enrico! Come ti permetti di rivolgerti ai tuoi amici con tanta maleducazione! Loro ti hanno salvato la vita, che diamine! E tu li ringrazi così?” s’infuriò il dottore, rimproverando severamente Enrico. “Sei fortunato ad avere degli amici come loro o, al punto in cui era arrivato, a quest’ora saresti già morto stecchito! O poco ci sarebbe mancato!”
“Fortunato? Ma quale fortunato!” sbottò Enrico. “Questi qui, dottore, sono dei pazzi omicidi! Stanno cercando di uccidermi! Mi fanno morire di fame, non mi danno da mangiare più niente! In più, mi costringono a fare ore e ore di pesantissima attività fisica ad altissima intensità, sottoponendo a degli sforzi immani il mio povero cuore! Tra un po’, questi mi spediranno al campo santo, glielo dico io! Ho perso così tanti chili, che rasento l’anoressia, in più rischio l’infarto! Voi tre!” si avviò alla conclusione indicando i suoi “amati” coinquilini. “Voi tre sarete accusati di omicidio volontario! Non colposo! VOLONTARIO! Verrete condannati all’ergastolo e uscirà pure un bell’articolo sul giornale: Giovane studente di scienze politiche muore per un improvviso infarto causato dall’anoressia e da eccessivi sforzi fisici durante l’attività fisica. Dopo saranno cavoli vostri!”
“Taci, lurido grassone!” lo segò Marco, gelidamente. “Mi scusi, dottore, ma quando ci vuole, ci vuole!”
Nel frattempo, inutile dire che i gemelli Guaiotti si stavano spaccando in due dalle risate. Era una scenetta troppo comica, troppo divertente per rimanere composti e compunti!
“Non ti preoccupare, Marco! Voi avete già fatto anche troppo! Quanto a te, Enrico!” lo fulminò il dottore. “Smettila di dire tutte queste scempiaggini! Ciò che dici è un oltraggio alla mia figura e alla scienza! E una gravissima mancanza di rispetto verso i tuoi amici, che ti hanno salvato la vita. Ti vogliono molto bene e tu non lo apprezzi! Se non avessero tenuto a te, ti avrebbero abbandonato al tuo destino!”
“Ma...”
“Niente ma, Enrico! Non tollererò altre stupidaggini!”
“Già! Come quella che lei ci avrebbe assoldato per fare quello che abbiamo fatto, pagandoci un mucchio di soldi!” scoppiò a ridere Leonida, indicando Enrico col dito.
Il povero dottor Bartolini scosse il capo con fare rassegnato. In tanti anni di esperienza, Enrico era il caso più disperato e bizzarro che avesse mai seguito. “Non ho parole, Enrico. Davvero non ho parole.”
“Però, dottor Bartolini, bisogna riconoscergli che ha una gran fantasia!” scherzò Cristina con grande spirito.
“Sì, di certo quella non gli manca”, annuì lui. “Voi tre avete la mia gratitudine, Cristina. Gli avete salvato la vita. Siete stati bravissimi!”
“E chi meglio di noi poteva aiutarlo! Studiamo tutti e tre scienze motorie!” esclamò Cristina, contenta.
“Bene! Ottimo! Sono fiero di voi. Di te, un po’ meno, Enrico. Hai perso molti chili, è vero, ma non per merito tuo. Non avresti combinato niente, se non fosse stato per i tuoi amici, anzi! Saresti ingrassato ancora! Non so se posso approvare l’intervento! Vorrei che mi dimostrassi di avere voglia di lavorar sodo!”
“La prego, dottore!” insistette Cristina. “Se fosse per lui, l’intervento, non lo farà mai! Lo operi! Ci penseremo noi a far sì che continui a seguire rigorosamente il programma, vero ragazzi?”
“E come no?!” si gasò Leonida.
“Ovvio che lo faremo. Finché non avrà raggiunto una forma fisica impeccabile”, convenne Marco.
“Santi ragazzi! Voi tre siete destinati alla beatificazione!” esclamò il dottore commosso dal loro buon cuore e dalla loro infinita pazienza con quella testaccia dura di Enrico. Che bella squadra, che erano!
Enrico non disse nulla. Si limitò a tenere il broncio, lo sguardo truce e le braccia conserte. Maledetto Marco. Dannati gemelli. Stronzo di un dottoraccio.
“E sia”, acconsentì il dottore. “Ci vediamo la prossima settimana. Voi tre! Mi raccomando, confido su di voi! Che continui a seguire rigorosamente il programma!”
“Agli ordini, capitano!” esclamarono i gemelli Guaiotti in coro, facendo il saluto miliare.
“Sarà fatto”, disse gelidamente Marco, senza scomporsi di una virgola come al solito.
Il dottore uscì e il quartetto rimase solo.
“Hai sentito, Enrico?” Leonida si sfregò le mani con fare soddisfatto. “Sarai operato! Non è meraviglioso?”
“Certo che hai fatto proprio la figura del pezzo di merda con quel dottore. Una volta ripresoti dall’operazione, lavoreremo anche sui tuoi modi ingrati di fare e sulla tua maleducazione. E adesso, a casa!” tuonò Marco, facendolo balzare in piedi dallo spavento. “Avanti, andiamo! Muoversi, muoversi!”
I gemelli Guaiotti li seguirono, ridendo a crepapelle, come sempre.
Mentre il povero Enrico, da ridere, aveva ben poco. Anzi!
Il suo triste e infame destino era segnato per sempre.

sabato 16 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO! - 10° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Enrico aveva perso il lavoro.
Il perché e il come fosse successo era poco chiaro anche a lui.
Da quando il capo gli aveva consegnato la lettera di licenziamento, i suoi ricordi erano un caos totale.
Tutto ciò che sapeva era che c’entravano quei dannati gemelli Guaiotti e il loro complice squilibrato Marco, ovvero il diabolico trio composto dai suoi “amati” coinquilini.
Era successo tutto un paio di pomeriggi prima.
Tutto era partito da un pessimo tiro mancino da parte del diabolico trio, quando la mattina si era svegliato e non era riuscito ad aprire la porta della sua stanza. Aveva cominciato a sbraitare, a urlare, a forzare la maniglia, ma nulla. Non c’era stato niente da fare. I suoi “amati” coinquilini avevano deciso, chissà perché, di rinchiuderlo come un monaco di clausura nella propria stanza. Non era nemmeno certo che fossero in casa, a dire il vero, dal momento che non s’udiva un suono provenire dalle altre stanza. Avrebbero potuto essere usciti e andati a lezione, o magari uno di loro era rimasto a sorvegliarlo, o forse erano in casa tutti e tre e non rispondevano per fargli dispetto... Era, però, certo che la sua incarcerazione forzata era opera loro e questo lo sapeva perché al suo risveglio aveva trovato sulla scrivania i suoi miseri colazione e pranzo prescritti dalla dieta, acqua a volontà e un vasetto da notte per i bisognini.
E il suo telefono... Scomparso!
E il suo portafoglio... Pure?
Quei maledetti disgraziati si erano intrufolati in camera sua mentre dormito, avevano lasciato i loro bei ricordini e sequestrato il suo telefono. Che ci facevano, poi, con il suo telefono, bah! Era un mistero! Tanto non avrebbero trovato nulla per incriminarlo del “reato” di aver mangiato a loro insaputa. Il cellulare, però, gli serviva per... Oh, Santo Cielo! Doveva avviare il suo datore di lavoro? E come avrebbe fatto senza il suo smartphone e senza il suo... Computer?! Oddio! Quei disgraziati maledetti si erano presi anche il suo computer! Era un incubo! Cosa ne sarebbe stato di lui, se non fosse riuscito a presentarsi al lavoro in orario, senza avvisare? Purtroppo, a causa dell’università aveva spesso accumulato diversi minuti di ritardo e questa non era una buona referenza per lui... Non poteva perdere il lavoro, era tutto ciò che aveva, l’unico modo che aveva per mangiare e nutrirsi decentemente! Accidenti a quei tre! Ma come diavolo facevano a sapere che aveva trovato lavoro in una pasticceria? Non lo sapevano, chiaro! Lui era stato troppo furbo, troppo intelligente per essersi fatto scoprire da quei tre bifolchi! No, non lo sapevano! Era impossibile! Allora, che ci faceva lì? Perché l’avevano rinchiuso a tradimento nella sua stessa stanza? Avrebbe dovuto immaginarlo che prima o poi le continue balle sullo studiare in biblioteca con i compagni di corso li avrebbe in qualche modo insospettiti. Che lo avessero scoperto, era impossibile, ma forse qualcosa sospettavano ed ecco perché avevano deciso di rinchiuderlo. A scopo precauzionale. Sì, ma per quanto? Morale della favola, ci era rimasto per quasi tutto il giorno, fino alle sei della sera, quando, magicamente la porta si era aperta e lui era uscito, trovando l’abitazione vuota e deserta. Chissà in quale angolo della casa si erano cacciati quei tre pur di non farsi trovare! E certo! Avevano paura di lui! Del suo linciaggio! Ma ci sarebbe stato tempo per quello! Non era quello il momento per andare a cercarli, no! Doveva schizzare al lavoro! Ma, senza soldi non poteva prendere né un taxi, né un autobus, così era dovuto “correre” in pasticceria a piedi. E ci aveva impiegato tre quarti d’ora, arrivando, così, quasi alle sette. E aveva trovato il suo capo furibondo! Per il ritardo, per la poca serietà dimostrata e per... Aver rubato dolci e leccornie dal banco di lavoro, invece di servirle ai clienti! Ecco perché il collega nelle cucine si lamentava sempre che il bancone era vuoto! Enrico aveva provato a mentirgli, a spiegargli il perché lo aveva fatto, ma nulla. Il suo capo aveva delle prove, ovvero foto e video a volontà arrivate quella mattina per posta in un dischetto anonimo, chiuso in un pacco senza mittente. Quell’inspiegabile fatto lo aveva distrutto. Non solo era stato licenziato in tronco, ma il capo aveva persino scritto a tutti i bar, le pasticcerie e ristoranti della zona pessime referenze su di lui e lo aveva minacciato di togliersi immediatamente di torno, senza pretendere un soldo per i giorni di lavoro già effettuati, altrimenti avrebbe chiamato la polizia e lo avrebbe denunciato. Così, sconsolato, Enrico era rientrato a casa. Un’ora dopo, il passo lento, stanco e pesante. E una volta a casa che cosa aveva trovato? I gemelli Guaiotti seduti al tavolo che reggevano la torta gelato che quella buffa coppia di fidanzati dell’altra sera aveva ordinato. Erano loro! Erano loro travestiti! Quei maledetti, quei vili traditori, vigliacchi! Ma come lo avevano scoperto? Bah, mistero! Quei dannati gemelli Guaiotti ne sapevano una più del diavolo! Così, gli avevano spiaccicato la torta in faccia e lo avevano spedito in camera, dove aveva trovato Marco ad aspettarlo, il fedele fucile ad aria compressa stretto tra le braccia.
“Tu, da qui, non ti muovi più. Se non sotto stretta sorveglianza e solo per fare attività fisica”, gli aveva detto in tono perentorio e minaccioso, sparandogli due colpi alle natiche.
E così, eccolo lì. Rinchiuso a chiave in camera di notte e a studiare di giorno con Marco che presiedeva le sue spalle, studiando col libro sulle gambe (sempre col fucile ad aria compressa in mano, chiaro) e i gemelli Guaiotti che sorvegliavano la porta d’ingresso, qualora Enrico fosse riuscito a scappare dalle grinfie di Marco, cosa comunque alquanto improbabile. Lo accompagnavano a lezione, lo andavano a riprendere, presentandosi all’ingresso anche venti minuti prima, lo portavano fuori al guinzaglio per delle lunghe passeggiate come un cagnolino, lo trascinavano in piscina per l’idroterapia e in palestra per perdere ulteriore peso. Il tutto, seguendo la dieta. Insomma la sua vita era diventata un Inferno.
Si voltò a guardare Marco e il suo sguardo truce, piangendo in silenzio.
Purtroppo, non aveva più scampo.




venerdì 15 novembre 2019

FOCUS RUBRICA “SATIRA SERIA”

NUOVA RUBRICA E NUOVO GENERE!!! FOCUS SU “SATIRA SERIA”
Da circa due settimane ho aperto una collaborazione con un fumettista, Andrea Vannozzi, che ringrazio per la grande disponibilità nel creare dei fumetti satirici, basandosi sulle mie sceneggiature.
“SATIRA SERIA” è una rubrica di fumetti basata sul tema politico, prevalentemente italiano.
Sono ancora in fase di elaborazione di una grafica migliore nei filmati, con un’immagine di rubrica e in coda i nomi dei protagonisti ma li migliorerò nelle prossime uscite.
Verrà pubblicata (non regolarmente perchè attendo le vignette dal fumettista) il VENERDÌ ore 21, iniziando da VENERDÌ 22!!!
Mi auguro vi possano piacere, nonostante il tema non proprio “amato”!!!
A VENERDÌ 22!!!

sabato 9 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 9° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli




“Allora? Dov’è quel lurido grassone?”
Marco entrò furibondo in cucina, dove i gemelli Guaiotti erano intenti a farsi uno spuntino post-allenamento. A base di panino gigante con prosciutto crudo!
“Non ne abbiamo idea”, bofonchiò Leonida con le fauci piene.
“Leonida è andato a prenderlo in facoltà come al solito, ma lui non si è presentato all’uscita”, spiegò Cristina.
“Ho aspettato tanto, ma lui non si è visto”, concluse Leonida, ancora con le fauci piene.
“Deve essersela svignata alcuni minuti prima che arrivassi tu. Mi domando che cosa stia tramando, quel dannato grassone”, s’insospettì Marco.
“Qualcosa trama di sicuro”, concordò Cristina. “Sono già alcuni giorni che esce di casa a orari strani e che troviamo carte di dolcetti nascoste tra le sue cose.”
“Le soluzioni sono due: o usciamo a cercarlo, oppure domani qualcuno di noi s’incarica di pedinarlo senza sosta”, propose Marco.
“Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio”, disse Cristina. “Forse, faremo meglio a seguirlo. Ce ne occupiamo io e Leonida.”
Marco annuì. “Siamo d’accordo.”
I tre coinquilini si scambiarono uno sguardo complice e malvagio.
Inutile che Enrico facesse tanto il furbo.
Con loro non avrebbe mai avuto scampo.

L’indomani i gemelli Guaiotti saltarono la giornata di lezione. Si camuffarono a puntino, indossando abiti diversi e parrucche, gironzolando a distanza attorno a Enrico, fingendo di essere una giovane coppietta di fidanzati in giro per la città di Firenze. Enrico si recò a lezione a piedi, scortato da Marco, che non mancava mai di mollargli qualche calcio in culo, ogni qualvolta ne avesse occasione, ovvero in continuazione. Ogni scusa era buono per sganciargliene uno. O perché camminava troppo lentamente, o perché non teneva il passo, o perché si guardava troppo intorno, o perché imprecava sottovoce e in silenzio... Oppure, semplicemente perché era Enrico. E basta. A distanza, i gemelli Guaiotti si spaccavano dalle risate nel vedere come il generale Marco sbatacchiava il povero cadetto Enrico il Cicciobomba. Una volta mollato il grassone a lezione, Marco si avviò alla facoltà di scienze motorie, lanciando prima uno sguardo complice ai gemelli appostati di fronte all’edificio in cui si svolgevano le lezioni di scienze politiche. I gemelli ammiccarono divertiti e Marco sparì dalla loro vista. Attesero diverse ore lì sotto, senza far niente, mostrando una grande pazienza che nessuno credeva avessero, finché non videro Enrico uscire dalla facoltà diversi minuti prima della fine delle lezioni.
“Eccolo!” esclamò Cristina sotto voce. Estrasse il walkie-talkie che le aveva prestato Marco e lo contattò. “Il grassone si muove. È appena uscito dalla facoltà e sta andando alla fermata dell’autobus, passo.”
“Ricevuto, Cristina. Non perdetelo di vista un momento, mi raccomando.”
“Agli ordini, Capitano! Passo e chiudo!”
Cristina lanciò uno sguardo complice al gemello, che annuì. Senza dire neanche una parola, Leonida la prese per mano e si diresse con lei alla fermata dell’autobus, restando a distanza da Enrico. Quando l’autobus arrivò, i due gemelli lasciarono che tutti salissero, prima di salire a loro volta. Enrico era seduto in prima fila, dopo aver dovuto chiedere aiuto all’autista per salire, smuovendo ovviamente le risa dei gemelli, che invece presero posto parecchie file addietro. Cristina estrasse lo specchietto, fingendo di controllarsi il look, ma in realtà teneva d’occhio ogni mossa di Enrico. Leonida indossava una parrucca castana di media lunghezza, mentre Cristina una color miele, di una lunghezza spropositata. Enormi occhiali da sole che nascondevano gran parte dei loro volti. Gli abiti meno sportivi e più ricercati. Dopo un paio di fermate, Enrico scese e non senza fatica, rischiando pure di cadere a bocca avanti. Se ci fosse stato Marco, pensò Cristina! Che ruzzolone gli avrebbe fatto fare con uno dei suoi soliti calci in culo ben piazzati! Lanciò uno sguardo ammiccante al gemello, che lo lesse al volo e ridacchiò sotto voce con lei, poi scesero entrambi e proseguirono la loro missione di pedinamento in incognito. Videro Enrico entrare in una piccola pasticceria in una delle vie secondarie, non molto famosa e non molto frequentata. E lo videro indossare il grembiule dello staff.
Cristina ritirò fuori il walkie-talkie. “Marco, preparati perché questa è grossa: il grassone ha trovato lavoro in una pasticceria!”
“Che cosa?” tuonò Marco sotto voce. “Questo è troppo! Noi ci facciamo il culo dalla mattina alla sera per aiutarlo a non morire e lui che cosa fa? Trova lavoro in una pasticceria, dove può sgraffignare tutti i dolci che vuole, quando vuole! Per di più, adesso ha di nuovo i soldi per ingolfarsi in giro a nostra insaputa! Questa volta l’ha fatta grossa! Datemi l’indirizzo! Adesso vengo lì e lo concio per le feste, il signorino! Lo sistemo io, lo sistemo!”
“Calmati, Marco. Io e Leonida pensavamo ad altro.”
“Ora entriamo in incognito e scopriremo le sue intenzioni. Ci riaggiorniamo tra poco!” intervenne Leonida in tono canagliesco.
Marco sospirò. “Perché qualcosa mi dice che avete in mente qualcosa di subdolo, ma ben più crudele di ciò che vorrei fargli io?”
“Perché ormai ci conosci molto più che bene, amico Marco!” scherzò Leonida. “Sarà qualcosa di veramente... Cru-de-le!”
“E molto divertente! Riprenderemo tutto, sta’ tranquillo! A dopo! Passiamo e chiudiamo!” Cristina si infilò il walkie-talkie nella borsetta e lasciò che Leonida la prendesse a braccetto.
“Vieni, sorellina. Andiamo a divertirci!”
I due gemelli entrarono e si sedettero a uno dei pochi tavolini che si trovavano all’interno della piccola pasticceria e si misero a dare un’occhiata ai menù. Dopo un pedinamento tanto estenuante a livello mentale, si meritavano uno spuntino, un piccolo premio, no? Avrebbero fatto un bel pieno per gli allenamenti dell’indomani.
“Ragazzo!” chiamò Leonida.
Enrico “accorse” col suo pesante passo da elefante al loro tavolino. “Desiderate?”
“Cappuccino con tanta schiuma e cornetti assortiti per me e la mia ragazza, per favore. Purché non siano alla marmellata”, disse Leonida.
“Arrivano subito.”
Enrico tornò dietro il bancone e si mise a preparare i cappuccini. E, durante la preparazione, si fece fuori di nascosto un cornetto e una pasta alla crema pasticciera. Leonida e Cristina si ammiccarono a vicenda, non sapendo se ridere o piangere. Enrico era proprio senza speranze. Cristina, grazie alla sua meravigliosa penna-spia elegantemente appuntata alla borsetta, stava riprendendo tutto quanto. Enrico consegnò loro gli ordini e tornò di nuovo dentro il bancone. Cristina e Leonida mangiarono con calma, senza strafogarsi come il loro solito, per non essere scoperti, scambiandosi qualche piccola effusione innocente di tanto in tanto per tener fede alla recita che li voleva nel ruolo della giovane coppietta di turisti. Tra un cliente e l’altro, videro Enrico farsi fuori una notevole quantità di dolcetti vari, sorseggiando di nascosto persino le cioccolate calde che doveva servire ai clienti. Un comportamento indecente, insomma! Quando fu il momento, i gemelli si alzarono e si recarono alla cassa. Leonida gli chiese il conto e pagò.
“Davvero complimenti! In questa pasticceria avete davvero delle cose molto buone!” esordì, sorridendo e appoggiandosi al bancone.
“Sì, lo so. Non sarà tra le più rinomate, ma è la migliore della città. Ve lo garantisco. Ve lo dice uno che se ne intende!” si gonfiò Enrico.
“Ah, immagino! Non ne dubito minimamente!” lo prese in giro Cristina, squadrandolo dall’alto al basso. “Sa, siamo capitati qui per sbaglio. Io e il mio fidanzato volevamo fare merenda, sa, è tutto il giorno che visitiamo la città, girando a piedi, ma le pasticcerie del centro sono sempre tutte così... Affollate!”
“Avete fatto bene a capitare da queste parti. Nessuna pasticceria ha prodotti buoni come queste! Dovreste sentire che torte!”
“Torte?” si gasò Leonida.
“Sì, torte! Le ho assaggiate personalmente e vi garantisco che sono la fine del mondo!”
“Bene. Allora, ne ordineremo una per questa sera”, disse Leonida.
“Ottimo! Che tipo di torta?”
“Tu che dici, amore?” domandò Leonida, rivolgendosi a Cristina.
“Una torta gelato. Crema e cioccolato”, ammiccò lei.
“Sarà fatto. Ottima scelta! Le ricette tradizionali sono sempre le migliori!” esclamò Enrico. “Il nome che devo mettere sull’ordinazione?”
“Sandrini”, disse Cristina.
“Perfetto. Allora, una torta gelato crema e cioccolato per Sandrini. Per che ora la volete?”
Cristina lanciò uno sguardo all’orologio da polso. “Sono le quattro e mezzo... Tra un paio d’ore va bene?”
“Nessun problema”, disse Enrico.
“Sa, lei mi sembra che se intenda molto di ricette tradizionali e di cucina”, buttò lì Cristina, per stuzzicarlo e farlo parlare.
“Certo che sì! Se volete, posso consigliarvi i migliori ristoranti della città!”
“Magari!” esclamò Leonida.
“Ve li scrivo tutti qui!” si gasò Enrico, appuntando i nomi dei suddetti ristoranti su un post-it.
“Sa anche cucinare?” proseguì Cristina.
“No! Troppa fatica! Io mangio e basta! Preferisco ordinare da asporto! Anche se l’ultimo periodo è stato un po’ di magra...” si sbilanciò Enrico.
Cristina lanciò uno sguardo ammiccante al gemello. Touché, pensò. “E come mai?”
“Quei maledetti disgraziati dei miei coinquilini. Sono in combutta con i miei genitori e il dottor Bartolini, un chirurgo bariatrico di qui, per farmi dimagrire. Vogliono farmi fare un cazzo di by-pass gastrico per non mangiare più!” esplose Enrico, che da giorni aveva voglia di sfogarsi con qualcuno e raccontare tutto.
“Oh poverino!” esclamò Cristina. “Che orrore! Povero ragazzo! Capiamo perfettamente come ti senti! Noi viviamo per mangiare! Siamo dei bongustai come te!”
Enrico li squadrò dal basso verso l’alto e viceversa. “E come mai non vi si vede? Dove lo mettete?”
“Soffriamo entrambi di un disturbo metabolico. Non riusciamo a mettere su peso, neanche volendo. E dobbiamo mangiare di continuo per non finire sottopeso! Ci siamo conosciuti nella clinica che entrambi frequentavamo all’epoca!” mentì prontamente Cristina.
Magnifica, pensò il fratello. Una vera attrice. Recita perfetta.
“Che culo che avete! Soffrissi anch’io dello stesso disturbo metabolico e i miei dannati coinquilini eviterebbero di rompermi continuamente i coglioni e di farmi patire le pene dell’Inferno!” sbottò Enrico.
“Accidenti! Ma che ti hanno fatto per meritarsi tanto odio?” domandò Leonida, fingendosi basito.
“Non tocchiamo questo tasto! È meglio che lasciamo perdere!”
“Ormai ci hai incuriosito, poverino!” lo compatì Cristina.
“Me ne fanno di tutti i colori! Io non ne posso più! Sono in tre, ma sono peggio di un’intera legione! Non so chi sia peggio dei tre. Ci sono loro, i gemelli Guaiotti, quei dannati gemelli del cazzo che mangiano, mangiano e non mettono su neanche un grammo, perché si ammazzano di sport! Fanno casino dalla mattina alla sera, mi mangiano sotto gli occhi, mi fanno ogni tipo di dispetto pur di non farmi mangiare! Poi, c’è quell’altro. C’è lui. Marco. Quello è pazzo, sapete? È proprio matto da legare! Sembra la reincarnazione di un qualche ufficiale delle SS tedesche. Gira per casa con un fucile ad aria compressa e non fa altro che spararmi sulle natiche e riempirmi di calci in culo. E tutti e tre mi fanno sgobbare! Mi obbligano a fare le pulizie, a buttare di continuo la spazzatura, ad andare e a tornare da lezione a piedi! Hanno messo catene e lucchetto al frigorifero e ne hanno comprato uno piccolo solo per me, dove mi ci hanno messo pochi cibi e ipocalorici, per giunta! Mi sembra di stare all’ospedale! Mi fanno ingoiare soltanto tristi pappette inconsistenti per far sì che io segua la dieta da 1200kcal prescrittami dal quel dannato dottor Bartolini! E sono tutti e tre malati di sport! Ve lo dico io! Chi fa sport, sono tutti squilibrati! E si vede! Sono pazzi, maniaci della forma fisica, ossessivi! Non li sopporto più! Ma, adesso, li inculo io, i signori! Mi sono trovato questo bel lavoretto, dove posso mangiucchiare di nascosto quando voglio, con i soldi che guadagno e le mance posso andare a mangiare fuori e metterne un po’ da parte per pagarmi un affitto da solo nei prossimi mesi. Presto, me la svignerò. E loro se la prenderanno nel culo! Altro che dieta! Fanculo la dieta!”
“BEN DETTO, AMICO! FANCULO LA DIETA!” gli diede man forte Leonida.
“GIÀ’! FANCULO LA DIETA!” gli fece eco Cristina.
“FANCULO LA DIETA!” ripeterono tutti e tre in coro.
“Povero ragazzo, però!” lo compatì di nuovo Cristina. “Fai bene, continua così! Il cibo non si tocca!”
Leonida soffocò una risata e pregò che Enrico non se ne fosse accorto. Ma di che cosa si accorgeva quello? Era talmente impegnato a parlare di cibo, che non si sarebbe accorto nemmeno se in pasticceria fosse entrato l’attore più famoso del mondo! Quando si parlava di cibo, quello non capiva più niente.
“Ora dobbiamo andare! Ci sono ancora tanti altri posti che vogliamo vedere! Torneremo più tardi per la torta!” si congedò Leonida.
“A dopo! Buon giro turistico! È stato un piacere conoscervi!” li salutò Enrico.
“Grazie, anche per noi! A dopo!” esclamò Cristina, uscendo mano nella mano col fratello.
Quando furono a distanza di sicurezza, si fermarono e si presero del tempo per spaccarsi in due dalle risate, che stavano reprimendo da un bel pezzo, ormai! Ora che conoscevano il suo diabolico piano, erano pronti per tornare a casa da Marco.

“Io lo uccido”, sentenziò Marco, una volta ragguagliato sulla situazione.
“Nah, compare! Cerca di controllare la tua ira. Innanzitutto, guarda come lo abbiamo inculato, il signore!” esclamò Leonida, mostrandogli il video girato dalla penna-spia ben posizionata sulla borsetta di Cristina.
Marco guardò il video, non riuscendo a trattenere le risate per la meravigliosa recita dei gemelli Guiaiotti. Come agenti infiltrati, erano perfetti! Ecco perché andavano così d’accordo con lui. Perché anche se casinari e sempre scomposti, erano proprio come lui. INFALLIBILI. Ma se ripensava alle parole con cui li aveva definiti Enrico...
“Io lo uccido”, sentenziò di nuovo, riflettendoci su.
“A dire il vero”, esordì Cristina melliflua. “Noi avevamo in mente qualcosa di un po’ più piccante. E movimentato.”
“Già!” si gasò Leonida. “Qualcosa di veramente divertente e di veramente CRU-DE-LE.Altro che uccisione!" disse, ripetendo le stesse parole di poco prima al walkie-talkie. “Vero, Cri?”
Lei ammiccò. “Assolutamente.”
Leonida ricambiò lo sguardo ed entrambi si voltarono a guardare Marco, ammiccandogli sadicamente. E complici.
Marco ricambiò lo sguardo, il solito ghigno sadico che gli accendeva il volto di perversa malvagità.
Ora, avrebbero mostrato a quel lurido grassone che cosa volesse realmente dire essere diabolici.



venerdì 8 novembre 2019

Come foglie al vento - Episodio 692 di Nunzio Palermo


Come foglie al vento

Episode
692
Season
4
Original Date
3/02/2014
Production Code
S4E116/237
Creator - Writer
Nunzio Palermo

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Cedar Street era letteralmente sepolta dalla neve. La neve aveva reso impraticabile la strada e il marciapiede. Nessun mezzo era passato per spalare la neve. Nick telefonò a Jason che era ancora a Runswick Bay per avvisarlo. Tom s’avvicinò alla finestra. Aprì la finestra e s’affacciò. Il cortiletto era sepolto dalla neve. Luke era sceso dicendo che al piano di sopra non arrivava l’acqua calda.

Rebecca’s House – 2, Cedar Street
Rebecca chiamò l’ospedale per avvisarli che aveva problemi con la macchina e che li avrebbe raggiunti al più presto possibile. Poi chiamò Roger.

Vanderbilt Attic – Manchester
Myrna osservava la neve cadere abbondantemente. Sentì Roger rispondere alla chiamata di Rebecca e lo sentì dire di non uscire di casa se non per emergenza lavorativa. Stuart entrò dicendo che le strade erano invase dalla neve.

Cedars Hospital – Emergency Room
Carole avvertì Adrian che i medici al pronto soccorso erano quattro. Erano quelli del turno di notte che non erano riusciti a essere sostituiti. Sister Sullivan disse che ai piani superiori s’erano attivati i generatori di emergenza. James, un autista dell’ambulanza, disse che erano presenti tre paramedici e due ambulanze. In caso di emergenza, l’ambulanza non poteva uscire poiché la neve aveva bloccato l’uscita. Due suoi colleghi stavano spalando la neve per liberare la strada spargendo il sale, ma con scarsi risultati. Adrian poi ricevette una telefonata da Eastman per essere aggiornato.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Nick riuscì ad avvisare Jason il quale aveva riferito che anche a Runswick Bay stava nevicando. Peter e Luke stavano preparando la colazione. Nick andò all’entrata per vedere se stessero arrivando gli spalaneve. Niente. Poi un boato lo fece voltare in fondo alla strada. Vide un’impalcatura collassare sulla strada assieme a una palazzina di quattro piani in costruzione.

Cast
Nick Stradella - Tom Donovan - Luke Stradella - Peter Donovan - Sister Sandra Sullivan - Adrian MacCandless - Carole Young - Stuart Vanderbilt - Myrna Clegg Vanderbilt - Roger Vanderbilt - Rebecca Horton

Come foglie al vento # 692
Created by Nunzio Palermo
© 2014 - WSO


mercoledì 6 novembre 2019

Come foglie al vento - Episodio 691 di Nunzio Palermo


Come foglie al vento

Episode
691
Season
4
Original Date
31/01/2014
Production Code
S4E115/237
Creator - Writer
Nunzio Palermo

Nick and Tom’s House - 10, Cedar Street
Tom era sempre più sconcertato. Non avrebbe mai e poi mai pensato a suo cugino esponente del narcotraffico. Nick telefonò a Jason a Runswick Bay. Jason rispose prontamente aggiornando Nick della partenza di Claire per la Nuova Zelanda e disse che Claire era partita molto provata. Nick chiese di Jennifer. Jason rispose che stava bene e che a Runswick Bay li salutavano tutti. Di sottofondo si sentirono le voci di Tina e Fred che li stavano salutando. Nick e Tom risposero a loro volta. Jason disse che sarebbero partiti l’indomani. Nick disse che in casa avrebbero trovato i ragazzi. Jason ringraziò Nick per la telefonata e lo salutò. Tom guardò l’ora. Era quasi ora di cena. Iniziò a preparare la cena. Nick s’accorse che Tom era preoccupato. L’abbracciò dicendogli che tutto sarebbe andato per il meglio. Tom sorrise annuendo.

Peter and Eileen’s House – 1, Cedar Street
Fuori era grigio. Peter guardò la radiosveglia. Era spenta. Prese il suo cellulare e vide che erano le 8. S’alzò e andò alla finestra. Stava nevicando copiosamente. La sua macchina era quasi sepolta da circa un metro di neve.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Tom sentiva freddo e s’avvicinò a Nick. Nick dormiva quasi sempre a torso nudo e per Tom era piacevole svegliarsi sul suo petto- però anche a Nick faceva freddo. guardò la radiosveglia. Era spenta. Provò ad accendere l’abat-jour. Niente. Mancava la corrente. Lo fece notare a Tom. Si guardò attorno e vide che dalla finestra filtrava poca luce. Nick disse che erano le 8, guardando il suo cellulare. S’alzò e s’avviò verso la finestra e vide che era in corso una bufera di neve.

Cedars Hospital – Emergency
D’avanti l’entrata s’era accumulata mezzo metro di neve. Alcune ambulanze non riuscivano a entrare in servizio chiamate per alcune emergenze. Sister Sullivan provò a chiamare la Protezione Civile. Adrian, in quel momento di turno, era sceso dal suo reparto per rendersi contro della situazione. Carole l’avvertì che un’ambulanza era bloccata verso la stazione ferroviaria. Adrian chiese a Carole se il personale presente fosse sufficiente per l’emergenza. Carole disse che avrebbe controllato.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Cedar Street era letteralmente sepolta dalla neve. La neve aveva reso impraticabile la strada e il marciapiede. Nessun mezzo era passato per spalare la neve. Nick telefonò a Jason che era ancora a Runswick Bay per avvisarlo.

Cast
Jason Donovan
Nick Stradella
Tom Donovan
Peter Manning
Eileen Mac Callum
Sister Sandra Sullivan
Adrian MacCandless
Carole Young

Come foglie al vento # 691
Created by Nunzio Palermo
© 2014 - WSO

martedì 5 novembre 2019

Come foglie al vento - Episodio 690 di Nunzio Palermo


Come foglie al vento

Episode
690
Season
4
Original Date
30/01/2014
Production Code
S4E114/237
Creator - Writer
Nunzio Palermo

Tina and Fred’s House – Runswick Bay
Claire era incredula. Suo figlio David era un delinquente. La notizia l’aveva turbata e Jennifer non sapeva come confortarla. Jason chiese cosa avesse intenzione di fare. Claire rispose che voleva tornare ad Auckland nel tentativo di dimenticare di avere un figlio delinquente. Claire voleva tornare in albergo, preparare le valigie e prenotare il primo volo utile per la Nuova Zelanda. Jason e Jennifer si offrirono di accompagnarla.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Nick chiese a Victoria se poteva fare qualcosa. Victoria rispose di avvisarla qualora David dovesse farsi vivo con loro. Tom disse che l’avrebbe fatto, anche se a malincuore. Victoria li ringraziò e disse di essere dispiaciuta per quanto accaduto. Nick la ringraziò per essere venuta di persona a riferire quanto scoperto su David.

Phyllis’ House – Wakefield
Phyllis si sedette sul sofà pronta a vedere “Ordinary People”. Dopo la sigla, il primo personaggio ad apparire fu quello interpretato da Marlena.

Erica’s House – 9, Thornhill Street – Wakefield
Anche Erica stava vedendo “Ordinary People”. Marlena era veramente la figlia di David e Myrna. Molti suoi atteggiamenti le ricordavano Myrna da giovane come pure suo fratello David.

Nick and Tom’s House - 10, Cedar Street
Tom era sempre più sconcertato. Non avrebbe mai e poi mai pensato a suo cugino esponente del narcotraffico. Nick telefonò a Jason a Runswick Bay. Jason rispose prontamente aggiornando Nick della partenza di Claire per la Nuova Zelanda e disse che Claire era partita molto provata. Nick chiese di Jennifer. Jason rispose che stava bene e che a Runswick Bay li salutavano tutti. Di sottofondo si sentirono le voci di Tina e Fred che li stavano salutando. Nick e Tom risposero a loro volta. Jason disse che sarebbero partiti l’indomani. Nick disse che in casa avrebbero trovato i ragazzi. Jason ringraziò Nick per la telefonata e lo salutò. Tom guardò l’ora. Era quasi ora di cena.

Cast
Claire Donovan
David Donovan
Jennifer Bentley Donovan
Jason Donovan
Nick Stradella
Tom Donovan
Phyllis Sinclair Porter
Erica Porter

Come foglie al vento # 690
Created by Nunzio Palermo
© 2014 - WSO











lunedì 4 novembre 2019

Come foglie al vento - Episodio 689 di Nunzio Palermo


Come foglie al vento

Episode
689
Season
4
Original Date
29/01/2014
Production Code
S4E113/237
Creator - Writer
Nunzio Palermo

Erica’s House – 9, Thornhill St – Wakefield
Quel giorno Erica aveva deciso di lavorare a casa. Doveva inserire alcuni dati al computer e poi inviarli ai vari capi reparto. Non aveva intenzione di vedere nessuno. Soprattutto Adam. Sebbene fosse il legale, Adam non aveva alcun potere decisionale sugli affari della azienda. Jonathan era stato irremovibile su questo punto nell’accordo con Ferguson. Adam ogni tanto cercava di intromettersi ma veniva bloccato da lei o da David. Adam brontolava. Lynn, la moglie di David, raramente metteva piede in ditta. Anche lei, nonostante fosse sposata con David, non aveva alcun potere decisionale. Erica riprese a lavorare. Sebbene fosse stanca, continuò a lavorare. Cercò di non pensare ai fratelli Ferguson.

“Ordinary Peple” – External Set
Tutto era pronto per girare la prossima scena. Marlena e Magda, una sua collega, stavano seguendo le istruzioni del regista dell’episodio. Magda guardò fin dove il suo personaggio avrebbe camminato sul marciapiede per incontrare il personaggio interpretato da Marlena. Eleonor era presente sul set e osservare il backstage. Non era la prima volta sul set della soap opera. Inoltre le piaceva vedere Marlena recitare.

Phyllis’ House – Wakefield
La visita a suo marito nella clinica l’aveva stancata. Per lei, vedere Jonathan seduto sulla poltrona a vedere la televisione e non riconoscerla, era un supplizio. Mancava mezzora alla messa in onda di “Ordinary People”. Voleva vedere Marlena recitare. Nella puntata di ieri, Marlena non era presente. Phyllis era molto curiosa.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Tom chiese a Victoria, quanto fosse pericolo suo cugino. Victoria rispose che era ricercato dalla Dea oltre che dall’Interpol e dall’Agenzia. Nick chiese cosa fosse accaduto per farlo diventare un pericolo ricercato. Victoria non seppe rispondere.

Tina and Fred’s House – Runswick Bay
Claire era incredula. Suo figlio David era un delinquente. La notizia l’aveva turbata e Jennifer non sapeva come confortarla. Jason chiese cosa avesse intenzione di fare. Claire rispose che voleva tornare ad Auckland nel tentativo di dimenticare di avere un figlio delinquente.

Come foglie al vento # 689
Created by Nunzio Palermo
© 2014 - WSO










Come foglie al vento - Episodio 732 di Nunzio Palermo

   è presentato da   Come foglie al vento # 732 Episode 732 Season 4 Original Date ...