sabato 21 dicembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 15° E ULTIMA PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Enrico aveva conosciuto una meravigliosa ragazza in palestra, dal fisico statuario e dotata di una grande personalità, per la quale aveva perduto letteralmente la testa.
Il suo unico desiderio?
Conquistarla a ogni costo e sposarla, un indomani!
Come andò a finire?
Beh, dopo aver conosciuto Rebecca, la vita di Enrico cambiò radicalmente, così come mutarono i ferrei punti di vista che avevano condizionato e segnato tutta la sua esistenza. Ritirò immediatamente la querela contro il dottor Bartolini e i suoi amati coinquilini, non smettendo più di scusarsi con loro e tentò di mettere la testa a posto. Iniziò ad allenarsi con sprint e forza di volontà e a combattere con grinta la sua dipendenza da cibo. Seguì la psicoterapia e comprese fino in fondo quanto fosse stato fortunato non solo a essere vivo, ma anche ad aver avuto degli amici in gamba come Marco, Cristina e Leonida, che, a modo molto loro, gli avevano salvato la vita. A dire il vero, aveva dovuto ammettere che lui non aveva lasciato loro molta scelta, dal momento che era così ottuso e ossessionato dal cibo, che non si sarebbe mai piegato all’altrui volontà di seguire una dieta. Chiunque altro avrebbe gettato la spugna con lui, ma non loro. Non loro. Perché erano davvero dei grandi amici. Enrico, che aveva continuamente pensato di essere l’unica vittima della sua vecchia situazione, si era reso conto che così non era. Lui aveva sofferto, vero, perché non voleva capire quanto fosse grave la sua condizione, ma neanche per Marco, Cristina e Leonida non doveva essere stato facile vivere come sue balie tutti quei mesi! In pratica, per aiutare lui, a stento avevano avuto una vita loro! Enrico sarebbe stato sempre riconoscente nei loro confronti. Nessuno poteva incontrare amici migliori nella vita. Ora lo sapeva. E tutta la pazienza che aveva avuto con lui il dottor Bartolini? Non avrebbe mai smesso di ringraziarlo.
Perché, dopo diversi anni, la sua vita era cambiata radicalmente.
Non viveva più per mangiare, ma mangiava per vivere in maniera sì nutriente, ma sana.
Aveva lasciato l’università di scienze politiche e si era iscritto a scienze motorie con i suoi amici e Rebecca, dal momento che anche lei studiava lì, e avevano iniziato a frequentarsi. Mentre studiava e si vedeva con Rebecca, Enrico non aveva mai mollato gli allenamenti. Dapprima, si allenava e mangiava sano, riappacificandosi con i suoi amici, soltanto per far colpo su Rebecca, ma poi aveva finalmente capito che grande cosa stesse facendo per sé e il valore delle persone che gli erano sempre state accanto. Dopo l’università, Enrico si era iscritto a una scuola di cucina, non avendo perduto del tutto l’amore per il cibo, nel tentativo di scoprire il segreto del mangiar gustoso, ma in maniera sana.
E ci riuscì.
Dopo alcuni anni, aprì un ristorante: “GUSTO&SALUTE, DA ENRICO (ex-ciccione).
Ovviamente, l’ultimo appellativo in minuscolo sull’insegna era un regalo dei gemelli Guaiotti, che mai avevano smesso di dilettarsi in dispetti, canagliate e prese in giro, nonostante gli anni che passavano.
Enrico divenne un grande chef stellato, di fama mondiale, rinomato in ogni dove, per la grande innovazione che aveva portato nel mondo della cucina, ovvero un modo di mangiar nutriente e gusto, ma leggero e gustoso. Persino molti sportivi di alto livello si servivano da lui.
Inoltre aveva sposato Rebecca, la bellissima e carismatica ragazza, per la quale aveva tanto perso la testa e che aveva dato una svolta decisiva alla sua vita.
Se non avesse voluto far colpo su di lei, col cavolo che avrebbe capito la misera condizione in cui aveva vissuto per tanti anni, schiavo di una dipendenza che prima o poi lo avrebbe ucciso.
Perché le dipendenze, prima o poi, uccidono.
Tutte.
Pertanto, era grato al destino per avergliela fatta incontrare e per avergli messo accanto delle persone speciali come Marco, Cristina, Leonida e il dottor Bartolini, col quale era poi nata una sincera amicizia che durava tutt’ora.
Per quanto riguarda i tre valorosi moschettieri, le loro strade mai si separarono da quella di Enrico.
Marco sposò Cristina, mentre Leonida sposò Gilda, la sorella minore di Rebecca, imparentandosi così con Enrico.
E tutti e quattro, Marco, Cristina, Leonida e Gilda avevano aperto un enorme e rinomatissimo centro sportivo non lontano dal ristorante di Enrico, così che potessero sempre rimanere tutti quanti insieme.
Perché Marco, Cristina e Leonida avevano perdonato Enrico.
Anzi, a dire il vero non avevano nulla da perdonargli, perché sapevano che era schiavo di una dipendenza. Sapevano che tutte quelle meschine cattiverie che diceva e pensava non provenivano da lui, bensì dalla sua dipendenza da cibo.
Nessuno fu più felice di loro nel vederlo finalmente libero e felice ed erano stati più che felici di continuare ad aiutarlo nel suo percorso di dimagrimento, rimanendogli accanto durante ogni intervento di rimozione della pelle in eccesso da parte del dottor Bartolini, e aiutandolo a conquistare la bella Rebecca, della cui sorella minore, si era innamorato.
E ancora oggi, sono tutti seduti a uno dei tavoli del ristorante di Enrico a ridere tutti insieme dopo una giornata di lavoro, allenamenti e vita sana, ricordando le buffe, ridicole e rocambolesche disavventure di Enrico, quando era enormemente obeso. Anche lui, ormai, aveva imparato a riderci su, rendendosi conto di quanto fosse stato meschino e misero.
Per fortuna, ora la sua vita era radicalmente cambiata.
O quasi.
Di tanto in tanto, gli veniva voglia di sgarrare un po’ e comprare qualcosa di più... Spazzatura. Ma, quando ciò avveniva, c’era sempre Marco pronto a intervenire con il suo adorato fucile ad aria compressa, il suo più vecchio e inseparabile amico.
Certe cose non sarebbero mai cambiate ed era giusto così.
Perché davano un po’ di pepe a una vita perfetta, che forse sarebbe stata fin troppo noiosa.

giovedì 19 dicembre 2019



Buona giornata a tutti.. come avete notato da qualche settimana la soap è stata sospesa a causa di impegni lavorativi dell'autore.
La soap tornerà dopo le vacanze di Natale con nuovi episodi weekdays 7.30 p.m.

A presto...


martedì 17 dicembre 2019

Come foglie al vento - Episodio 696 (R) di Nunzio Palermo


Come foglie al vento

Episode
696
Season
4
Original Date
7/02/2014
Production Code
S4 E120/237
Creator - Writer
Nunzio Palermo

Tina’s House – Runswick Bay
Jason rassicurò Peter che appena avesse smesso di nevicare sarebbe partito da Runswick Bay. Tina disse a Jennifer che non ricordava una simile nevicata. Jennifer disse la stessa cosa. Tina stava guardando fuori. Stava nevicando, con come una bufera delle ore precedenti. Le strade erano parzialmente sgombre. Jason non si sentiva sicuro a guidare.

Cedars Hospital – Emergency Room
La situazione al pronto soccorsosi stava normalizzando. Le ambulanze sono, finalmente, riuscite a uscire e a raggiungere i luoghi dove era scattata l’emergenza e a prestare soccorso. Adrian si sentiva rassicurato. Vide scendere, da un’ambulanza Nick e Rebecca senza alcun ferito. Ma la vera emergenza scattò adesso. Carole arrivò dicendo che a Docks Street, la zona portuale, una gru era caduta su uno stabile abitato creando un crollo della struttura. Nick e Rebecca decidono di recarsi a Docks Street.

Docks Street – Disaster zone
La polizia e i pompieri avevano transennato la zona. Una gru era precipitata su uno stabile di due piani facendo collassare una porzione. Alcuni pompieri, avevano fatto evacuare le abitazioni adiacenti e iniziando a cercare gli eventuali superstiti, le ambulanze cominciarono a farsi sentire in lontananza. Liza, accorsa assieme ai suoi uomini, cercava di capire l’esatta dinamica dell’incidente.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Ignari di quanto stia accadendo a Docks Street, Peter e Luke erano al piano di sopra. A causa dell’emergenza, la scuola era stata chiusa, Tom non vedendo rientrare Nick, capì che da qualche parte c’era un’emergenza. Guardò fuori. Aveva smesso di nevicare. Per il momento. Guardò l’ora sul suo cellulare. Erano le 12.15. salì al piano di sopra a chiedere a ragazzi cosa volessero mangiare per il pranzo.

Docks Street – Disaster Zone
Martin Suarez stava raccogliendo le testimonianze. Tutti concordavano che il cantiere era chiuso e che la forte nevicata aveva creato squilibrio alla gru facendola collassare.

Cast
Adrian MacCandless - Carole Young – Peter Manning – Eileen Mac Callum –  Myrna Clegg – Roger Vanderbilt – Stuart Vanderbilt – Marlena Clegg –                Tom Donovan – Luke Donovan Stradella – Peter Stradella – Tina Mc Allister – Jennifer Donovan – Jason Donovan – Liza O’Mannion – Martin Suarez.

Come foglie al vento # 695
Created by Nunzio Palermo
© 2014 - WSO



sabato 14 dicembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 14° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



Enrico aveva querelato tutti, tutti quanti.
Si era procurato un buon avvocato tramite la facoltà e lì si erano svolti i loro appuntamenti. Avevano steso insieme una bella querela per violenza, percosse e sequestro di persona contro i suoi coinquilini, i genitori e il dottor Bartolini, che lo aveva operato contro la sua volontà. Eppure, le cose non sarebbero potute andare peggio. Perché, invece di vedere il terrore nei loro occhi, i genitori lo avevano ignorato, il dottore se ne era altamente fregato e i suoi amati coinquilini gli avevano riso in faccia.
E la sua vita non era cambiata di una virgola, perché nessuno sembrava preoccuparsi della querela in corso. A quanto pareva, tutti sembravano convinti che l’avrebbero spuntata, ma, mentre si allenava in palestra sotto l’inflessibile sorveglianza di Marco, Enrico era certo che così non sarebbe stato e che presto avrebbe avuto giustizia. Ciò che aveva subito da parte loro, tutte quelle violenze fisiche, psicologiche e verbali, tutte quelle angherie erano troppo, troppo gravi. Nessun giudice sarebbe passato sopra dei simili scempi, NESSUNO!
Allora, perché erano tutti così tranquilli? Certo, andava bene essere convinti delle proprie idee e azioni, ma un conto era essere convinti e l’altro rendersi conto di come stavano realmente le cose. Possibile che quei cretini non si fossero resi conto di niente? Era inutile che facessero tanto i gradassi, che fischiettassero sereni e beati dalla mattina alla sera, ridendogli in faccia! Loro sarebbero andati in galera e lui sarebbe finalmente tornato a essere libero come un fringuello. Già pregustava il momento in cui avrebbe ricominciato a mangiare la pizza, un po’ per volta, piano-piano, spicchio dopo spicchio, fino a tornare nel giro di qualche mese a mangiarne tre a fila. Se stava sopportando tutta la fatica dell’allenamento sotto il ghigno beffardo di Marco, era soltanto perché sapeva che presto, molto presto, la sua vita sarebbe tornata alla normalità. E i suoi malfattori sarebbero stati tutti puniti.
Giustizia sarebbe stata finalmente fatta.
Concluse l’esercizio alla pressa, letteralmente sfiancato, i capelli madidi di sudore e la faccia rossa come un peperone per l’eccessivo sforzo fisico, e lanciò uno sguardo disperato all’orologio, sbuffando. Quando si accorse che una ragazza lo stava fissando. Il che lo fece arrossare ancora di più. Di solito le ragazze non lo guardavano, non con quell’espressione tanto compassionevole. Di solito, la gente rideva di lui o lo sprezzava. Ma a lui non importava un fico secco. Come poteva, però, ignorare uno sguardo tanto dolce? E una ragazza tanto bella per giunta! Altezza media, fisico statuario e muscoli scolpiti, aveva il viso delicato da bambolina, incorniciato da dei corti ricciolini d’oro, e gli occhi verdi come smeraldi. Aveva appena finito di eseguire l’ultima serie di squat con un pesantissimo bilanciere sulle spalle e Enrico la vide posarlo a terra con movimenti coordinati ed esperti, come se stesse rimettendo a terra un cuscino.
E, all’improvviso, sentì le farfalle nello stomaco.
“Dura la vita, eh!” esordì Enrico per attaccar discorso, sfiancato come non mai.
Lei sorrise e ammiccò divertita. “Non per me!” scherzò. “Con quanto la fai, la pressa?”
“Ehm, con una trentina di chili! È dura, sai? Tu con quanto la fai?”
“Con 120 chili”, rispose la ragazza con nonchalance, come se gli avesse detto in che modo beveva il latte la mattina.
“COOOOSA?” sbottò Enrico, sentendosi nettamente inferiore a lei.
E anche svantaggiato nel corteggiamento.
“Beh, ci puoi arrivare anche tu! Basta allenarsi! Non sei molto in forma, dico bene?”
Enrico scosse il capo. “Devo ammetterlo. Sono un po’ in sovrappeso.”
Era la prima volta che ne prendeva coscienza, a dire il vero. Era sempre stato convinto di star bene come stava.
“Beh, finalmente dalla tua boccaccia esce qualcosa di sensato!” Marco si avvicinò a braccia conserte e li raggiunse, compiaciuto. “Non ha mai voluto ammetterlo.”
“Chi ha una dipendenza da cibo, difficilmente si rende conto della reale situazione in cui si trova”, disse la ragazza.
Era davvero carina. Gentile e rispettosa.
“E tu come fai a sapere che ce l’ho?” si sbigottì Enrico.
“Non ci vuole una laurea! A vederti, peserai circa... 130 chili?” suppose lei.
“128, per l’esattezza”, precisò Marco.
“Ne pesavo duecento circa tre mesi fa! Ho fatto l’intervento per dimagrire! Il bypass gastrico! È stato il grande dottor Bartolini a operarmi! E soprattutto, devo ringraziare questo mio carissimo amico!” proseguì Enrico, abbracciando Marco. “E gli altri due miei coinquilini e amici d’infanzia, i gemelli Cristina e Leonida Guaiotti!”
“Ah, sì! Li conosco! Chi è in città che in questi mesi non ha conosciuto i gemelli Guaiotti!” esclamò la ragazza.
“Sono dei miei carissimi amici! Insieme a Marco, ovviamente! Loro, insieme, mi hanno fatto sconfiggere la dipendenza da cibo e mi stanno aiutando a rimettermi in forma! È stata dura, lo ammetto! Ed è dura! Ma cerco di combattere la voglia di pizza e dolci, lavorando sodo qui, in palestra!” si pavoneggiò Enrico, nella speranza che lei rimanesse colpita dalla sua forza di volontà e dal pensiero che presto anche lui sarebbe stato in forma come lei.
Si vedeva che era una ragazza a cui piaceva condurre una vita sana e che teneva molto alla cura del corpo. E anche lui doveva dimostrare di tenerci, se voleva sperare di far colpo.
“Ottimo! Bravo! Non è da tutti impegnarsi tanto! A proposito, sono Rebecca!” si presentò lei.
“Enrico!” disse lui, stringendole la mano. Nella speranza che non fosse rimasta colpita dal fisico statuario di Marco.
“Piacere di conoscerti, Enrico! Bene, io riprendo l’allenamento, non vorrei freddarmi troppo. Allora, ci rivediamo qui in palestra, d’accordo?”
“Volentieri! Ciao!”
Rebecca si allontanò e si diresse verso un altro attrezzo.
Marco tossicchiò, le braccia conserte, attirando l’attenzione di Enrico.
Enrico si voltò di scatto, cercando di nascondere la faccia da pesce lesso che gli era venuta fuori, e divenne rossi di vergogna per la faccia tosta che aveva avuto.
Marco, ovviamente, non aveva detto nulla. Aveva capito benissimo che a Enrico piaceva quella ragazza e che voleva far colpo, pertanto aveva fatto come se nulla fosse mai accaduto per non fargli fare brutta figura. Magari, era la volta buona che quel lurido grassone avrebbe messo la testa a posto! Il fatto che gli piacesse una bella ragazza sportiva e palestrata come quella non poteva essere altro che un motivo di sprono a dimagrire e a tenere di più alla sua salute.
“Marco... Che ne pensi?” gli domandò Enrico, nella speranza di capire se anche a Marco piaceva quella Rebecca.
“Che ne penso? Penso che sia una gran bella ragazza.” Poi, si avvicinò al suo orecchio, ammiccando. “Ma a me, piace Cristina.”
Enrico sgranò gli occhi, esterrefatto. A uno tutto d’un pezzo come Marco, piaceva una casinara come Cristina?
“Stammi a sentire, lurido grassone. Facciamo un patto. Io non racconto niente a quella ragazza dei tuoi sciocchi e meschini comportamenti degli ultimi mesi e tu non vai da Cristina a dirle che mi piace. Sono stato chiaro?” gli sibilò Marco.
Sapeva già cosa fare in caso di rifiuto del grassone.
Ma Enrico, ancora terrorizzato dal suo fucile ad aria compressa e intuendo che cosa lo aspettava, pensò che fosse meglio accettare una tregua. “Affare fatto!” esclamò, stringendogli la mano.
“Ottimo, lurido grassone! E, adesso, al lavoro!”
“Signorsì, Signore!” obbedì Enrico, riprendendo la serie alla pressa come un posseduto.
E fu così che si allenò durante tutta la seduta in palestra.
Come un posseduto.
Sudò come un maiale e diede il massimo, fin quasi a sentirsi male, fino allo stremo delle forze.
Perché voleva impressionare quella ragazza.
E perché, adesso, finalmente, voleva davvero dimagrire.
In un solo istante, Rebecca aveva cancellato tutto, tutto quanto.
Le pizze, i dolci, la pasta, le fritture... Ora gli sembravano solo concetti vuoti.
Sì.
Enrico voleva dimagrire.
E ci sarebbe riuscito.
E avrebbe conquistato quella ragazza, costasse quel che costasse!


sabato 7 dicembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO! - 13° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Enrico era tornato a casa da una settimana e le cose per lui non potevano andare peggio. Il dottore gli aveva prescritto per un mese una dieta liquida per il decorso post-operatorio, il che era a dir poco deprimente. Non ne poteva più di sorbettarsi quelle pappette da ospedale, che i suoi amati coinquilini non mancavano mai di rifilargli, come da istruzioni. Odiava gli sportivi! Li odiava tutti! Erano così maniaci delle regole e fissati con la disciplina... Così rigidi nel far le cose! Erano davvero insopportabili e lui mai e poi mai sarebbe voluto diventare come loro. Quel “cibo”, se così si poteva chiamare, era disgustoso e... Triste. Proprio come la sua vita. La cosa più terribile era il non sentire più lo stimolo della fame, il che era una cosa non grave, ma gravissima! Come avrebbe fatto a mangiare, a nutrirsi, a sopravvivere se non sentiva più lo stimolo della fame e se ogni volta che mangiava qualcosina si sentiva subito lo stomaco sazio e gonfio? Sarebbe morto di sicuro e l’unica cosa di cui gli sarebbe dispiaciuto era il fatto che non avrebbe assistito all’arresto e alla condanna per omicidio doloso dei suoi amati coinquilini. Per di più, le voglie di cibo non solo non erano scomparse, ma erano addirittura aumentate. Si sognava di notte le leccornie che si gustava fino a prima che iniziasse l’università, quando era ancora un libero cittadino, ma ormai il passato sembrava soltanto un ricordo lontano. Quanto avrebbe voluto farsi fuori quattro pizze, altrettante torte, lasagne a volontà, cannelloni, pesce e carne fritti con maionese, ma non aveva più fame. E la cosa più triste era il fatto che non ci sarebbe più riuscito. Forse, col tempo, sarebbe riuscito ad annullare gli effetti del bypass gastrico, riprendendo a mangiare piccole quantità di cibo in più ogni volta, in modo da riallargare lo stomaco, ma la strada era lunga e in salita, soprattutto per via di quei disgraziati dei suoi amati coinquilini. Aveva dei terribili incubi la notte riguardo la diabolicità dei gemelli Guaiotti e l’infamante fucile ad aria compressa di Marco, che gli riempiva di continuo di lividi tutto il corpo. Non ne poteva più di vivere in quella condizione! Era schiavo della sua stessa vita. Il fatto che non potesse decidere che cosa fare nella propria esistenza era altamente deprimente. Dopotutto, c’era soltanto una cosa che lui volesse fare nella vita, ovvero mangiare. Tutto il resto era costituito da attività collaterali. Sì, forse l’unica cosa importante tanto quanto il cibo era lo studio, che gli avrebbe permesso di trovarsi un buon lavoro per pagarsi le leccornie a volontà che tanto amava. Non poteva arrendersi così! Doveva trovare il modo di somministrarsi del cibo vero, non appena il decorso post-operatorio fosse terminato, e riallargare di nuovo lo stomaco. Determinato come non mai, Enrico era certo che prima o poi sarebbe tornato padrone della propria vita, ma quando girò lo sguardo verso il mastino che gli faceva da guardia con il fucile ad aria compressa, ricordandosi pure degli altri due cani da caccia nell’altra stanza, la sua determinazione svanì nel nulla. Senza contare, che non appena si fosse ripreso fisicamente dall’intervento, quei tre pazzi scatenati lo avrebbero ricondotto in palestra, in piscina, l’avrebbero costretto di nuovo a camminare e, man mano che avesse perso peso, persino a correre! Affaticando così il suo povero cuore già altamente compromesso dalla sua gravissima e marcata denutrizione! Se non era ancora morto era soltanto grazie alla sua tempra robusta e al suo fisico spartano! Ma senza cibo, come avrebbe fatto a mantenersi così forte e robusto? Era una situazione da codice rosso e aveva tutti contro! La sua non era più vita, però la voglia di cibo era più forte di tutto, così iniziò seriamente a pensare sul da farsi, cercando di ignorare i suoi carcerieri, che, per fortuna, ancora nel pensiero, non riuscivano a leggerglici! Sarebbe andato da un buon avvocato! Anzi, avrebbe chiesto a uno dei suoi professori, dal momento che non poteva muoversi da casa, al di fuori delle lezioni o degli allenamenti! Dopotutto, lui studiava scienze politiche e molti dei docenti di diritto erano avvocati lì dentro! Se nessuno di loro fosse stato disposto a seguire il suo caso, avrebbe chiesto loro di mandare un collega durante l’orario di lezione per parlare con lui, essendo lui praticamente in carcere! Sì! Avrebbe fatto proprio così! Avrebbe assunto un avvocato e li avrebbe querelati tutti, tutti quanti! Dai quegli idioti dei suoi genitori, a quei prepotenti dei suoi coinquilini, a quel vecchio rimbambito del dottor Bartolini! Gliel’avrebbe fatta vedere lui di che pasta era fatto! E, una volta risolta la questione in tribunale, dopo aver mandato tutti in galera, lui sarebbe tornato libero e, lentamente, avrebbe ripreso il controllo della sua vita.
Mangiando, mangiando e ancora mangiando.
Che ristoranti, pasticcerie, rosticcerie, gelaterie e supermercati si preparassero!
Enrico era pronto a tornare!

sabato 30 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 12° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Il grande giorno era arrivato.
Enrico era stato condotto in ospedale per l’intervento di chirurgia bariatrica, ovviamente contro la sua volontà. Inutile dire che per riuscire a caricarlo in macchina c’erano voluti tanti calci nel sederino e un bel fuoco pesante da parte del fucile ad aria compressa di Marco, che ormai era diventato per lui come un orsacchiotto della buona notte. La pessima e indisciplinata condotto di Enrico lo obbligava a tenerlo sempre con sé. Aveva accumulato più lividi Enrico in poco tempo, che un reduce dalla guerra del Vietnam!
Una volta condotto a calci in ospedale, Enrico era stato preparato per l’intervento e ora attendeva nervosamente gli infermieri che lo scortassero in sala operatoria. Avrebbe tanto voluto tagliare la corda, ma eludere la rigida sorveglianza di Marco e dei gemelli Guaiotti era un’impresa impossibile. Poco prima dell’intervento, a sorpresa arrivò il dottore a complimentarsi per gli ulteriori progressi svolti.
“Buongiorno, ragazzi! Allora, Enrico, come ti senti?” domandò il dottor Bartolini.
“Di merda! Non lo voglio fare l’intervento! Questo è sequestro di persona! Io sono qui contro la mia volontà e per quanto riguarda voi, pezzi di merda!” sbottò, indicando sia il dottore che i coinquilini. “Vi denuncio tutti, tutti quanti! Avrete notizie dai miei avvocati!”
Il dottor Bartolini scosse il capo con fare rassegnato. Ormai, aveva capito che era inutile prendersela per gli atteggiamenti molto discutibili di Enrico. Al contrario, le assurdità che diceva iniziavano pure a fargli ridere, perché rasentavano il ridicolo, anzi ERANO ridicole. Provava una gran pena e un’immensa stima per quei tre poveri disgraziati che avevano smosso mari e monti per aiutarlo. E per l’infinita pazienza che avevano mostrato, tenendolo sotto torchio per tutto quel tempo.
Quei ragazzi erano dei santi.
“Allora, vedo che in questa settimana abbiamo perso altri nove chili, Enrico!” si complimentò il dottore.
“Io li ho persi. Non lei”, puntualizzò Enrico con il broncio.
“E non ti senti meglio ora che hai perso più di cinquanta chili? Non hai trovato giovamento nella tua mobilità?”
“No, affatto”, mentì Enrico.
Ma l’occhiata torva del dottor Bartolini lo indusse a tornare sui suoi passi.
“E va bene. Sì. Sì, mi muovo meglio, ma non me ne frega niente! Perché io, caro il mio dottore, io voglio soltanto mangiare! Non mi sento meglio per niente! Sono depresso e ho una fame da lupi! Mi fa male lo stomaco per quanto ho fame! IO RIVOGLIO IL MIO CIBO! VOGLIO IL MIO CIBO!” si stizzì, battendo i pugni come un bambino nel bel mezzo di un capriccio. “Io non lo voglio fare l’intervento! Voglio poter mangiare quanto mi pare! Io sono qui contro la mia volontà e lei non può operarmi, se io non voglio! Questo è sequestro di persona!”
“Smettila di frignare, lurido grassone!” tuonò Marco. “E fai silenzio. Taci! Non ne posso più di sentire i tuoi piagnistei! Ancora una parola e non appena ti rimetterai in piedi dopo l’intervento, ti farò pentire di essere nato.”
I gemelli Guaiotti ridacchiarono sotto i baffi.
“Ma io non lo voglio fare, l’intervento! Io ho paura! Non voglio finire sotto i ferri! E se muoio durante l’operazione?” si terrorizzò Enrico, realizzando all’improvviso che nel giro di breve l’avrebbero addormentato.
E se non si fosse più svegliato?
Cosa avrebbe dato per una bella pizza gigante e qualche cornetto, prima di rischiare la morte!
“Smettila!” tuonò di nuovo Marco. “Il dottor Bartolini fa questo mestiere da oltre trent’anni. Sei in ottime mani. E ora, per piacere, piantala di frignare e comportati in maniera dignitosa. Mezza cartuccia...”
“Bene, tra poco cominceremo. Ma prima, ragazzi, vorrei complimentarmi con voi per l’ottimo lavoro che state svolgendo con il vostro amico”, disse il dottore, andando a stringer loro la mano. “Una volta ripresosi dall’intervento, vi darò il nome di una brava psicologa e manderemo Enrico in psicoterapia per capire e affrontare tutte le problematiche, che lo spingono verso il cibo. Posso contare su di voi?”
“Ovvio!” esclamò Cristina, ammiccando al gemello. “Anche se, francamente, dottore, credo che il suo unico problema psicologico si chiami golosità.”
Il dottore non fece in tempo a replicare.
Perché fu proprio in quel momento che accadde l’imprevedibile.
Mentre sia il dottore che i suoi detentori erano distratti a parlare di scempiaggini e assurdità come la psicoterapia, Enrico venne colto da un impeto di terrore che gli diede la spinta ad alzarsi e a tentare la fuga. Scese dal letto e uscì di “corsa” dalla sua stanza, tagliando la corda.
“Torna qui, lurido grassone!” gridò Marco, essendosi accorto della sua fuga.
“Sta scappando!” gridò Cristina. “Prendiamolo!”
I tre scattarono all’inseguimento, Marco col suo fucile ad aria compressa perennemente tra le braccia, mentre Enrico arrancava lungo il corridoio.
Il dottor Bartolini si affacciò alla porta e si godette la scenetta, ghignando sotto i baffi. Come si poteva non ridere quando c’erano Enrico e i suoi adorati coinquilini nei paraggi? Veder Enrico correre disperato come non aveva mai fatto in tutta la sua vita era sinonimo di grandi speranze per il recupero completo della sua mobilità, ma anche di divertimento! Aveva la faccia rossa come un peperone, ma era talmente terrorizzato, che il panico superò persino la sua pigrizia e lo sforzo fisico da sopportare per correre quasi come una persona normale.
“NO! IO NON LO VOGLIO FARE, L’INTERVENTO! IO NON VOGLIO MORIRE SOTTO I FERRI!” gridava disperato, mentre fuggiva.
“Invece, lo farai! Eccome se lo farai! Vigliacco di un lurido grassone che non sei altro!” esclamò Marco, che ormai l’aveva quasi raggiunto e senza troppe difficoltà.
Ma Enrico colse al volo un’occasione e s’infilò nel primo ascensore libero che trovò e premette il pulsante del piano terra per fuggire dall’ospedale.
Marco grugnì, cercando di usare il cervello, mentre i gemelli Guaiotti si stavano già catapultando lungo le scale, nel folle tentativo di anticipare l’ascensore. Enrico scese dall’ascensore e si diresse di gran passo verso l’uscita, ringraziando per la prima e unica volta tutte le passeggiate, le sedute di idroterapia e gli allenamenti in palestra a cui i suoi detentori lo avevano sottoposto a forza.
“Eccolo lì!” lo indicò Cristina, scendendo gli ultimi gradini.
“Prendiamolo!” si gasò Leonida, balzando giù.
I due gemelli lo inseguirono, si avvicinavano sempre di più, Enrico spalancò la porta dell’ospedale, la porta verso la libertà... E si ritrovò un fucile ad aria compressa puntato al petto.
Marco sorrise, un ghigno vittorioso di sadica soddisfazione. “Stai andando da qualche parte, lurido grassone?”
Enrico si voltò per tornare indietro, ma i gemelli Guaiotti gli bloccarono il passo. Ormai era circondato.
“C-come hai f-fatto ad arrivare o-prima?” iniziò a sudare freddo Enrico.
“Mai sentito parlare di scala anti-incendio?” ghignò Marco.
“Bella mossa, Marco!” si complimentò Cristina.
“Già! Davvero un colpo da maestro! Prendere la scala anti-incendio, precederci tutti e aspettare qui il Cicciobomba!” incalzò Leonida.
“Grazie, ragazzi. Complimenti anche a voi. Bell’inseguimento. Quanto a te, lurido grassone, bel tentativo, ma con quella pancia lardosa e quel culo enorme che ti ritrovi, non puoi pensare di competere con tre sportivi di alto livello come noi. E adesso, torna di sopra. Fila!”
Enrico alzò le mani in segno di resa e, tremolante, iniziò a camminare verso l’ascensore.
Ma Marco gli sparò due colpi alle natiche. “No! Su per le scale! Avanti! Fila!”
Enrico piagnucolò e iniziò a salire le scale.
“Più in fretta, più in fretta!” incalzò Marco, sparandogli di nuovo.
Sempre alle natiche.
I gemelli Guaiotti che lo avevano preso a braccetto da ambo i lati, per evitare che tentasse la fuga un’altra volta.
“Siamo qui, dottore!” esclamarono i due in coro, mentre il dottor Bartolini faticava a trattenere il ghigno divertito.
“Bel lavoro, ragazzi! Io vado. Ci vediamo tra poco in sala operatoria, Enrico!”
Il dottore si congedò per andare a prepararsi per l’intervento e Marco spinse Enrico per la schiena col fucile ad aria compressa per obbligarlo a stendersi. E, per evitare che fuggisse ancora, i gemelli Guaiotti lo legarono al letto.
Poco dopo, arrivarono gli infermieri che lo misero in barella per scortarlo in sala operatoria, Marco e i gemelli dietro di loro per tenerlo sotto stretta sorveglianza. Prima che gli infermieri lo portassero dentro, Marco ne afferrò uno per un braccio.
“Siamo qui fuori, qualora dovesse fare storie. Ci chiami, se avete bisogno di rinforzi”, gli disse, mostrandogli il fucile ad aria compressa.
“Non dubitate. Sarà fatto”, ridacchiò l’infermiere divertito.
La soglia si spalancò, per poi richiudersi sonoramente.
Ed Enrico sparì in sala operatoria, tutto piagnucolante e tremolante come una foglia.
Per lui era la fine.
Il pensiero di non sentire più lo stimolo della fame e non riuscire più ad abbuffarsi lo terrorizzava più dei possibili imprevisti, che sarebbero potuti capitargli sotto i ferri.
Sì.
Comunque sarebbe andata, per lui era DECISAMENTE la fine.

sabato 23 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO! - 11° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



Enrico sedeva nello studio del dottor Bartolini, in attesa proprio di quest’ultimo, dopo essere stato pesato. Marco che sedeva ghignando soddisfatto accanto a lui col suo fedele fucile ad aria compressa in mano e i gemelli Guaiotti che si sfregavano le mani vittoriosi e compiaciuti con il tipico sguardo di chi ti prende in giro e ne sa una più del diavolo. Ce n’era voluto per caricarlo in macchina, eh! Le minacce col fucile non erano bastate, a tal punto che Marco aveva dovuto aprire il fuoco a manetta, riempendogli di lividi tutto il sedere. E non solo! Il povero Enrico aveva un look tutto nuovo! Con le perpetue risate da canaglie dei gemelli Guaiotti in sottofondo. Una volta caricato a suon di fucilate e calci in culo, i gemelli Guaiotti si erano messi al volante. Cristina guidava, Leonida faceva da secondo pilota aiutandola a guardare la strada, dal momento che la gemella aveva uno stile di guida un po’ spericolato, mentre Marco sedeva accanto a Enrico, sorvegliandolo costantemente col fucile ad aria compressa perennemente puntato addosso. Per tutto il tragitto, aveva creduto di morire, povero Enrico! Tra le continue minacce di Marco e la guida sfrenata a tutto gas di Cristina, beh, non era poi così certo di arrivare vivo e vegeto allo studio del dottor Bartolini! Ma ce l’avevano fatta e al suo arrivo era stato pesato. Aveva perso ben quarantotto chili in due mesi con grande soddisfazione dei suoi “amati” coinquilini, che si erano scambiati sguardi complici e compiaciuti per tutto il tempo. Per quanto riguardava Enrico... Quella perdita di peso eccessiva era per lui una tragedia! Una tragedia greca! Quarantotto chili in due mesi! E per forza! Lo stavano letteralmente facendo morire di fame! E di tutta quella stupida attività fisica a cui lo sottoponevano a forza ogni giorno? Era peggio di una macchina di tortura medievale! Ancora qualche chilo e sarebbe morto di anoressia! Si voltò, una volta sceso dalla bilancia, ma quando intuì di non avere scampo, decise di non mettere in atto nemmeno un tentativo di fuga. Non dopo tutte le fucilate che si era beccato! Era pieno di lividi doloranti! Quel Marco era pazzo! Pazzo! Pazzo! Ed erano pazzi pure quei dannati gemelli che ridevano a crepapelle, ogni qualvolta Marco lo minacciasse o gli sparasse! Quanto li odiava, tutti e tre! E così, ora, eccolo lì. Nello studio, in attesa del dottor Bartolini con l’allegra compagnia dei suoi amati coinquilini. Finalmente, la porta si aprì ed entrò il dottore, un uomo sulla sessantina abbondante, dalla parvenza del dolce nonnetto, del tenero vecchino, ma che in realtà aveva la tempra di un leone.
“Ciao Enrico”, lo salutò, entrando. “Non credevo che ti avrei più rivisto, a dire il vero! Mi fa molto piacere che tu sia tornato e che stia seguendo il programma! E questi ragazzi? Chi sono?”
“I miei coinquilini”, bofonchiò Enrico contrariato a mezza bocca.
“Come?”
“I miei coinquilini!” urlò più forte.
Marco e i gemelli si alzarono e strinsero la mano al dottore.
“Io sono Marco e questi sono i gemelli Guaiotti, Cristina e Leonida.”
“Siamo amici di lunga data di Enrico, oltre che i suoi coinquilini!” spiegò Cristina entusiasta.
“Sì... Amici del cazzo!” si irritò Enrico.
“Enrico, ma che modi! Modera il linguaggio, finché sei in questo studio!” lo riprese il dottore.
“Signor dottore, noi lo abbiamo aiutato a dimagrire! Vede quanti chili ha perso!” intervenne Leonida gasato.
“Lo vedo, lo vedo!” esclamò il dottore soddisfatto. “Ben quarantotto chili in due mesi, molto più dell’obiettivo che avevo prefissato! Ottimo lavoro, ragazzi!”
“Lei non sa che peripezie abbiamo fatto, dottore!” proseguì Leonida.
Tra lui e Cristina, raccontarono con grande trasporto ed enfasi tutti gli stratagemmi, le cattiverie e le soluzioni estreme che avevano messo in atto con quel paziente tanto difficile e per niente collaborativo che era Enrico. Gli raccontarono del frigorifero, del fucile ad aria compressa, delle continue minacce, del lavoro in pasticceria, di come lo avessero beccato e lo avessero fatto licenziare... Insomma, tutto! Tutto quanto! E quanto entusiasmo, con quanto orgoglio!
Il dottor Bartolini lo apprezzò moltissimo. “Bene! Ottimo! E tu, Enrico! Come ti permetti di rivolgerti ai tuoi amici con tanta maleducazione! Loro ti hanno salvato la vita, che diamine! E tu li ringrazi così?” s’infuriò il dottore, rimproverando severamente Enrico. “Sei fortunato ad avere degli amici come loro o, al punto in cui era arrivato, a quest’ora saresti già morto stecchito! O poco ci sarebbe mancato!”
“Fortunato? Ma quale fortunato!” sbottò Enrico. “Questi qui, dottore, sono dei pazzi omicidi! Stanno cercando di uccidermi! Mi fanno morire di fame, non mi danno da mangiare più niente! In più, mi costringono a fare ore e ore di pesantissima attività fisica ad altissima intensità, sottoponendo a degli sforzi immani il mio povero cuore! Tra un po’, questi mi spediranno al campo santo, glielo dico io! Ho perso così tanti chili, che rasento l’anoressia, in più rischio l’infarto! Voi tre!” si avviò alla conclusione indicando i suoi “amati” coinquilini. “Voi tre sarete accusati di omicidio volontario! Non colposo! VOLONTARIO! Verrete condannati all’ergastolo e uscirà pure un bell’articolo sul giornale: Giovane studente di scienze politiche muore per un improvviso infarto causato dall’anoressia e da eccessivi sforzi fisici durante l’attività fisica. Dopo saranno cavoli vostri!”
“Taci, lurido grassone!” lo segò Marco, gelidamente. “Mi scusi, dottore, ma quando ci vuole, ci vuole!”
Nel frattempo, inutile dire che i gemelli Guaiotti si stavano spaccando in due dalle risate. Era una scenetta troppo comica, troppo divertente per rimanere composti e compunti!
“Non ti preoccupare, Marco! Voi avete già fatto anche troppo! Quanto a te, Enrico!” lo fulminò il dottore. “Smettila di dire tutte queste scempiaggini! Ciò che dici è un oltraggio alla mia figura e alla scienza! E una gravissima mancanza di rispetto verso i tuoi amici, che ti hanno salvato la vita. Ti vogliono molto bene e tu non lo apprezzi! Se non avessero tenuto a te, ti avrebbero abbandonato al tuo destino!”
“Ma...”
“Niente ma, Enrico! Non tollererò altre stupidaggini!”
“Già! Come quella che lei ci avrebbe assoldato per fare quello che abbiamo fatto, pagandoci un mucchio di soldi!” scoppiò a ridere Leonida, indicando Enrico col dito.
Il povero dottor Bartolini scosse il capo con fare rassegnato. In tanti anni di esperienza, Enrico era il caso più disperato e bizzarro che avesse mai seguito. “Non ho parole, Enrico. Davvero non ho parole.”
“Però, dottor Bartolini, bisogna riconoscergli che ha una gran fantasia!” scherzò Cristina con grande spirito.
“Sì, di certo quella non gli manca”, annuì lui. “Voi tre avete la mia gratitudine, Cristina. Gli avete salvato la vita. Siete stati bravissimi!”
“E chi meglio di noi poteva aiutarlo! Studiamo tutti e tre scienze motorie!” esclamò Cristina, contenta.
“Bene! Ottimo! Sono fiero di voi. Di te, un po’ meno, Enrico. Hai perso molti chili, è vero, ma non per merito tuo. Non avresti combinato niente, se non fosse stato per i tuoi amici, anzi! Saresti ingrassato ancora! Non so se posso approvare l’intervento! Vorrei che mi dimostrassi di avere voglia di lavorar sodo!”
“La prego, dottore!” insistette Cristina. “Se fosse per lui, l’intervento, non lo farà mai! Lo operi! Ci penseremo noi a far sì che continui a seguire rigorosamente il programma, vero ragazzi?”
“E come no?!” si gasò Leonida.
“Ovvio che lo faremo. Finché non avrà raggiunto una forma fisica impeccabile”, convenne Marco.
“Santi ragazzi! Voi tre siete destinati alla beatificazione!” esclamò il dottore commosso dal loro buon cuore e dalla loro infinita pazienza con quella testaccia dura di Enrico. Che bella squadra, che erano!
Enrico non disse nulla. Si limitò a tenere il broncio, lo sguardo truce e le braccia conserte. Maledetto Marco. Dannati gemelli. Stronzo di un dottoraccio.
“E sia”, acconsentì il dottore. “Ci vediamo la prossima settimana. Voi tre! Mi raccomando, confido su di voi! Che continui a seguire rigorosamente il programma!”
“Agli ordini, capitano!” esclamarono i gemelli Guaiotti in coro, facendo il saluto miliare.
“Sarà fatto”, disse gelidamente Marco, senza scomporsi di una virgola come al solito.
Il dottore uscì e il quartetto rimase solo.
“Hai sentito, Enrico?” Leonida si sfregò le mani con fare soddisfatto. “Sarai operato! Non è meraviglioso?”
“Certo che hai fatto proprio la figura del pezzo di merda con quel dottore. Una volta ripresoti dall’operazione, lavoreremo anche sui tuoi modi ingrati di fare e sulla tua maleducazione. E adesso, a casa!” tuonò Marco, facendolo balzare in piedi dallo spavento. “Avanti, andiamo! Muoversi, muoversi!”
I gemelli Guaiotti li seguirono, ridendo a crepapelle, come sempre.
Mentre il povero Enrico, da ridere, aveva ben poco. Anzi!
Il suo triste e infame destino era segnato per sempre.

sabato 16 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO! - 10° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Enrico aveva perso il lavoro.
Il perché e il come fosse successo era poco chiaro anche a lui.
Da quando il capo gli aveva consegnato la lettera di licenziamento, i suoi ricordi erano un caos totale.
Tutto ciò che sapeva era che c’entravano quei dannati gemelli Guaiotti e il loro complice squilibrato Marco, ovvero il diabolico trio composto dai suoi “amati” coinquilini.
Era successo tutto un paio di pomeriggi prima.
Tutto era partito da un pessimo tiro mancino da parte del diabolico trio, quando la mattina si era svegliato e non era riuscito ad aprire la porta della sua stanza. Aveva cominciato a sbraitare, a urlare, a forzare la maniglia, ma nulla. Non c’era stato niente da fare. I suoi “amati” coinquilini avevano deciso, chissà perché, di rinchiuderlo come un monaco di clausura nella propria stanza. Non era nemmeno certo che fossero in casa, a dire il vero, dal momento che non s’udiva un suono provenire dalle altre stanza. Avrebbero potuto essere usciti e andati a lezione, o magari uno di loro era rimasto a sorvegliarlo, o forse erano in casa tutti e tre e non rispondevano per fargli dispetto... Era, però, certo che la sua incarcerazione forzata era opera loro e questo lo sapeva perché al suo risveglio aveva trovato sulla scrivania i suoi miseri colazione e pranzo prescritti dalla dieta, acqua a volontà e un vasetto da notte per i bisognini.
E il suo telefono... Scomparso!
E il suo portafoglio... Pure?
Quei maledetti disgraziati si erano intrufolati in camera sua mentre dormito, avevano lasciato i loro bei ricordini e sequestrato il suo telefono. Che ci facevano, poi, con il suo telefono, bah! Era un mistero! Tanto non avrebbero trovato nulla per incriminarlo del “reato” di aver mangiato a loro insaputa. Il cellulare, però, gli serviva per... Oh, Santo Cielo! Doveva avviare il suo datore di lavoro? E come avrebbe fatto senza il suo smartphone e senza il suo... Computer?! Oddio! Quei disgraziati maledetti si erano presi anche il suo computer! Era un incubo! Cosa ne sarebbe stato di lui, se non fosse riuscito a presentarsi al lavoro in orario, senza avvisare? Purtroppo, a causa dell’università aveva spesso accumulato diversi minuti di ritardo e questa non era una buona referenza per lui... Non poteva perdere il lavoro, era tutto ciò che aveva, l’unico modo che aveva per mangiare e nutrirsi decentemente! Accidenti a quei tre! Ma come diavolo facevano a sapere che aveva trovato lavoro in una pasticceria? Non lo sapevano, chiaro! Lui era stato troppo furbo, troppo intelligente per essersi fatto scoprire da quei tre bifolchi! No, non lo sapevano! Era impossibile! Allora, che ci faceva lì? Perché l’avevano rinchiuso a tradimento nella sua stessa stanza? Avrebbe dovuto immaginarlo che prima o poi le continue balle sullo studiare in biblioteca con i compagni di corso li avrebbe in qualche modo insospettiti. Che lo avessero scoperto, era impossibile, ma forse qualcosa sospettavano ed ecco perché avevano deciso di rinchiuderlo. A scopo precauzionale. Sì, ma per quanto? Morale della favola, ci era rimasto per quasi tutto il giorno, fino alle sei della sera, quando, magicamente la porta si era aperta e lui era uscito, trovando l’abitazione vuota e deserta. Chissà in quale angolo della casa si erano cacciati quei tre pur di non farsi trovare! E certo! Avevano paura di lui! Del suo linciaggio! Ma ci sarebbe stato tempo per quello! Non era quello il momento per andare a cercarli, no! Doveva schizzare al lavoro! Ma, senza soldi non poteva prendere né un taxi, né un autobus, così era dovuto “correre” in pasticceria a piedi. E ci aveva impiegato tre quarti d’ora, arrivando, così, quasi alle sette. E aveva trovato il suo capo furibondo! Per il ritardo, per la poca serietà dimostrata e per... Aver rubato dolci e leccornie dal banco di lavoro, invece di servirle ai clienti! Ecco perché il collega nelle cucine si lamentava sempre che il bancone era vuoto! Enrico aveva provato a mentirgli, a spiegargli il perché lo aveva fatto, ma nulla. Il suo capo aveva delle prove, ovvero foto e video a volontà arrivate quella mattina per posta in un dischetto anonimo, chiuso in un pacco senza mittente. Quell’inspiegabile fatto lo aveva distrutto. Non solo era stato licenziato in tronco, ma il capo aveva persino scritto a tutti i bar, le pasticcerie e ristoranti della zona pessime referenze su di lui e lo aveva minacciato di togliersi immediatamente di torno, senza pretendere un soldo per i giorni di lavoro già effettuati, altrimenti avrebbe chiamato la polizia e lo avrebbe denunciato. Così, sconsolato, Enrico era rientrato a casa. Un’ora dopo, il passo lento, stanco e pesante. E una volta a casa che cosa aveva trovato? I gemelli Guaiotti seduti al tavolo che reggevano la torta gelato che quella buffa coppia di fidanzati dell’altra sera aveva ordinato. Erano loro! Erano loro travestiti! Quei maledetti, quei vili traditori, vigliacchi! Ma come lo avevano scoperto? Bah, mistero! Quei dannati gemelli Guaiotti ne sapevano una più del diavolo! Così, gli avevano spiaccicato la torta in faccia e lo avevano spedito in camera, dove aveva trovato Marco ad aspettarlo, il fedele fucile ad aria compressa stretto tra le braccia.
“Tu, da qui, non ti muovi più. Se non sotto stretta sorveglianza e solo per fare attività fisica”, gli aveva detto in tono perentorio e minaccioso, sparandogli due colpi alle natiche.
E così, eccolo lì. Rinchiuso a chiave in camera di notte e a studiare di giorno con Marco che presiedeva le sue spalle, studiando col libro sulle gambe (sempre col fucile ad aria compressa in mano, chiaro) e i gemelli Guaiotti che sorvegliavano la porta d’ingresso, qualora Enrico fosse riuscito a scappare dalle grinfie di Marco, cosa comunque alquanto improbabile. Lo accompagnavano a lezione, lo andavano a riprendere, presentandosi all’ingresso anche venti minuti prima, lo portavano fuori al guinzaglio per delle lunghe passeggiate come un cagnolino, lo trascinavano in piscina per l’idroterapia e in palestra per perdere ulteriore peso. Il tutto, seguendo la dieta. Insomma la sua vita era diventata un Inferno.
Si voltò a guardare Marco e il suo sguardo truce, piangendo in silenzio.
Purtroppo, non aveva più scampo.




venerdì 15 novembre 2019

FOCUS RUBRICA “SATIRA SERIA”

NUOVA RUBRICA E NUOVO GENERE!!! FOCUS SU “SATIRA SERIA”
Da circa due settimane ho aperto una collaborazione con un fumettista, Andrea Vannozzi, che ringrazio per la grande disponibilità nel creare dei fumetti satirici, basandosi sulle mie sceneggiature.
“SATIRA SERIA” è una rubrica di fumetti basata sul tema politico, prevalentemente italiano.
Sono ancora in fase di elaborazione di una grafica migliore nei filmati, con un’immagine di rubrica e in coda i nomi dei protagonisti ma li migliorerò nelle prossime uscite.
Verrà pubblicata (non regolarmente perchè attendo le vignette dal fumettista) il VENERDÌ ore 21, iniziando da VENERDÌ 22!!!
Mi auguro vi possano piacere, nonostante il tema non proprio “amato”!!!
A VENERDÌ 22!!!

sabato 9 novembre 2019

NON TI AZZARDARE AD APRIRE QUEL FRIGO - 9° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli




“Allora? Dov’è quel lurido grassone?”
Marco entrò furibondo in cucina, dove i gemelli Guaiotti erano intenti a farsi uno spuntino post-allenamento. A base di panino gigante con prosciutto crudo!
“Non ne abbiamo idea”, bofonchiò Leonida con le fauci piene.
“Leonida è andato a prenderlo in facoltà come al solito, ma lui non si è presentato all’uscita”, spiegò Cristina.
“Ho aspettato tanto, ma lui non si è visto”, concluse Leonida, ancora con le fauci piene.
“Deve essersela svignata alcuni minuti prima che arrivassi tu. Mi domando che cosa stia tramando, quel dannato grassone”, s’insospettì Marco.
“Qualcosa trama di sicuro”, concordò Cristina. “Sono già alcuni giorni che esce di casa a orari strani e che troviamo carte di dolcetti nascoste tra le sue cose.”
“Le soluzioni sono due: o usciamo a cercarlo, oppure domani qualcuno di noi s’incarica di pedinarlo senza sosta”, propose Marco.
“Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio”, disse Cristina. “Forse, faremo meglio a seguirlo. Ce ne occupiamo io e Leonida.”
Marco annuì. “Siamo d’accordo.”
I tre coinquilini si scambiarono uno sguardo complice e malvagio.
Inutile che Enrico facesse tanto il furbo.
Con loro non avrebbe mai avuto scampo.

L’indomani i gemelli Guaiotti saltarono la giornata di lezione. Si camuffarono a puntino, indossando abiti diversi e parrucche, gironzolando a distanza attorno a Enrico, fingendo di essere una giovane coppietta di fidanzati in giro per la città di Firenze. Enrico si recò a lezione a piedi, scortato da Marco, che non mancava mai di mollargli qualche calcio in culo, ogni qualvolta ne avesse occasione, ovvero in continuazione. Ogni scusa era buono per sganciargliene uno. O perché camminava troppo lentamente, o perché non teneva il passo, o perché si guardava troppo intorno, o perché imprecava sottovoce e in silenzio... Oppure, semplicemente perché era Enrico. E basta. A distanza, i gemelli Guaiotti si spaccavano dalle risate nel vedere come il generale Marco sbatacchiava il povero cadetto Enrico il Cicciobomba. Una volta mollato il grassone a lezione, Marco si avviò alla facoltà di scienze motorie, lanciando prima uno sguardo complice ai gemelli appostati di fronte all’edificio in cui si svolgevano le lezioni di scienze politiche. I gemelli ammiccarono divertiti e Marco sparì dalla loro vista. Attesero diverse ore lì sotto, senza far niente, mostrando una grande pazienza che nessuno credeva avessero, finché non videro Enrico uscire dalla facoltà diversi minuti prima della fine delle lezioni.
“Eccolo!” esclamò Cristina sotto voce. Estrasse il walkie-talkie che le aveva prestato Marco e lo contattò. “Il grassone si muove. È appena uscito dalla facoltà e sta andando alla fermata dell’autobus, passo.”
“Ricevuto, Cristina. Non perdetelo di vista un momento, mi raccomando.”
“Agli ordini, Capitano! Passo e chiudo!”
Cristina lanciò uno sguardo complice al gemello, che annuì. Senza dire neanche una parola, Leonida la prese per mano e si diresse con lei alla fermata dell’autobus, restando a distanza da Enrico. Quando l’autobus arrivò, i due gemelli lasciarono che tutti salissero, prima di salire a loro volta. Enrico era seduto in prima fila, dopo aver dovuto chiedere aiuto all’autista per salire, smuovendo ovviamente le risa dei gemelli, che invece presero posto parecchie file addietro. Cristina estrasse lo specchietto, fingendo di controllarsi il look, ma in realtà teneva d’occhio ogni mossa di Enrico. Leonida indossava una parrucca castana di media lunghezza, mentre Cristina una color miele, di una lunghezza spropositata. Enormi occhiali da sole che nascondevano gran parte dei loro volti. Gli abiti meno sportivi e più ricercati. Dopo un paio di fermate, Enrico scese e non senza fatica, rischiando pure di cadere a bocca avanti. Se ci fosse stato Marco, pensò Cristina! Che ruzzolone gli avrebbe fatto fare con uno dei suoi soliti calci in culo ben piazzati! Lanciò uno sguardo ammiccante al gemello, che lo lesse al volo e ridacchiò sotto voce con lei, poi scesero entrambi e proseguirono la loro missione di pedinamento in incognito. Videro Enrico entrare in una piccola pasticceria in una delle vie secondarie, non molto famosa e non molto frequentata. E lo videro indossare il grembiule dello staff.
Cristina ritirò fuori il walkie-talkie. “Marco, preparati perché questa è grossa: il grassone ha trovato lavoro in una pasticceria!”
“Che cosa?” tuonò Marco sotto voce. “Questo è troppo! Noi ci facciamo il culo dalla mattina alla sera per aiutarlo a non morire e lui che cosa fa? Trova lavoro in una pasticceria, dove può sgraffignare tutti i dolci che vuole, quando vuole! Per di più, adesso ha di nuovo i soldi per ingolfarsi in giro a nostra insaputa! Questa volta l’ha fatta grossa! Datemi l’indirizzo! Adesso vengo lì e lo concio per le feste, il signorino! Lo sistemo io, lo sistemo!”
“Calmati, Marco. Io e Leonida pensavamo ad altro.”
“Ora entriamo in incognito e scopriremo le sue intenzioni. Ci riaggiorniamo tra poco!” intervenne Leonida in tono canagliesco.
Marco sospirò. “Perché qualcosa mi dice che avete in mente qualcosa di subdolo, ma ben più crudele di ciò che vorrei fargli io?”
“Perché ormai ci conosci molto più che bene, amico Marco!” scherzò Leonida. “Sarà qualcosa di veramente... Cru-de-le!”
“E molto divertente! Riprenderemo tutto, sta’ tranquillo! A dopo! Passiamo e chiudiamo!” Cristina si infilò il walkie-talkie nella borsetta e lasciò che Leonida la prendesse a braccetto.
“Vieni, sorellina. Andiamo a divertirci!”
I due gemelli entrarono e si sedettero a uno dei pochi tavolini che si trovavano all’interno della piccola pasticceria e si misero a dare un’occhiata ai menù. Dopo un pedinamento tanto estenuante a livello mentale, si meritavano uno spuntino, un piccolo premio, no? Avrebbero fatto un bel pieno per gli allenamenti dell’indomani.
“Ragazzo!” chiamò Leonida.
Enrico “accorse” col suo pesante passo da elefante al loro tavolino. “Desiderate?”
“Cappuccino con tanta schiuma e cornetti assortiti per me e la mia ragazza, per favore. Purché non siano alla marmellata”, disse Leonida.
“Arrivano subito.”
Enrico tornò dietro il bancone e si mise a preparare i cappuccini. E, durante la preparazione, si fece fuori di nascosto un cornetto e una pasta alla crema pasticciera. Leonida e Cristina si ammiccarono a vicenda, non sapendo se ridere o piangere. Enrico era proprio senza speranze. Cristina, grazie alla sua meravigliosa penna-spia elegantemente appuntata alla borsetta, stava riprendendo tutto quanto. Enrico consegnò loro gli ordini e tornò di nuovo dentro il bancone. Cristina e Leonida mangiarono con calma, senza strafogarsi come il loro solito, per non essere scoperti, scambiandosi qualche piccola effusione innocente di tanto in tanto per tener fede alla recita che li voleva nel ruolo della giovane coppietta di turisti. Tra un cliente e l’altro, videro Enrico farsi fuori una notevole quantità di dolcetti vari, sorseggiando di nascosto persino le cioccolate calde che doveva servire ai clienti. Un comportamento indecente, insomma! Quando fu il momento, i gemelli si alzarono e si recarono alla cassa. Leonida gli chiese il conto e pagò.
“Davvero complimenti! In questa pasticceria avete davvero delle cose molto buone!” esordì, sorridendo e appoggiandosi al bancone.
“Sì, lo so. Non sarà tra le più rinomate, ma è la migliore della città. Ve lo garantisco. Ve lo dice uno che se ne intende!” si gonfiò Enrico.
“Ah, immagino! Non ne dubito minimamente!” lo prese in giro Cristina, squadrandolo dall’alto al basso. “Sa, siamo capitati qui per sbaglio. Io e il mio fidanzato volevamo fare merenda, sa, è tutto il giorno che visitiamo la città, girando a piedi, ma le pasticcerie del centro sono sempre tutte così... Affollate!”
“Avete fatto bene a capitare da queste parti. Nessuna pasticceria ha prodotti buoni come queste! Dovreste sentire che torte!”
“Torte?” si gasò Leonida.
“Sì, torte! Le ho assaggiate personalmente e vi garantisco che sono la fine del mondo!”
“Bene. Allora, ne ordineremo una per questa sera”, disse Leonida.
“Ottimo! Che tipo di torta?”
“Tu che dici, amore?” domandò Leonida, rivolgendosi a Cristina.
“Una torta gelato. Crema e cioccolato”, ammiccò lei.
“Sarà fatto. Ottima scelta! Le ricette tradizionali sono sempre le migliori!” esclamò Enrico. “Il nome che devo mettere sull’ordinazione?”
“Sandrini”, disse Cristina.
“Perfetto. Allora, una torta gelato crema e cioccolato per Sandrini. Per che ora la volete?”
Cristina lanciò uno sguardo all’orologio da polso. “Sono le quattro e mezzo... Tra un paio d’ore va bene?”
“Nessun problema”, disse Enrico.
“Sa, lei mi sembra che se intenda molto di ricette tradizionali e di cucina”, buttò lì Cristina, per stuzzicarlo e farlo parlare.
“Certo che sì! Se volete, posso consigliarvi i migliori ristoranti della città!”
“Magari!” esclamò Leonida.
“Ve li scrivo tutti qui!” si gasò Enrico, appuntando i nomi dei suddetti ristoranti su un post-it.
“Sa anche cucinare?” proseguì Cristina.
“No! Troppa fatica! Io mangio e basta! Preferisco ordinare da asporto! Anche se l’ultimo periodo è stato un po’ di magra...” si sbilanciò Enrico.
Cristina lanciò uno sguardo ammiccante al gemello. Touché, pensò. “E come mai?”
“Quei maledetti disgraziati dei miei coinquilini. Sono in combutta con i miei genitori e il dottor Bartolini, un chirurgo bariatrico di qui, per farmi dimagrire. Vogliono farmi fare un cazzo di by-pass gastrico per non mangiare più!” esplose Enrico, che da giorni aveva voglia di sfogarsi con qualcuno e raccontare tutto.
“Oh poverino!” esclamò Cristina. “Che orrore! Povero ragazzo! Capiamo perfettamente come ti senti! Noi viviamo per mangiare! Siamo dei bongustai come te!”
Enrico li squadrò dal basso verso l’alto e viceversa. “E come mai non vi si vede? Dove lo mettete?”
“Soffriamo entrambi di un disturbo metabolico. Non riusciamo a mettere su peso, neanche volendo. E dobbiamo mangiare di continuo per non finire sottopeso! Ci siamo conosciuti nella clinica che entrambi frequentavamo all’epoca!” mentì prontamente Cristina.
Magnifica, pensò il fratello. Una vera attrice. Recita perfetta.
“Che culo che avete! Soffrissi anch’io dello stesso disturbo metabolico e i miei dannati coinquilini eviterebbero di rompermi continuamente i coglioni e di farmi patire le pene dell’Inferno!” sbottò Enrico.
“Accidenti! Ma che ti hanno fatto per meritarsi tanto odio?” domandò Leonida, fingendosi basito.
“Non tocchiamo questo tasto! È meglio che lasciamo perdere!”
“Ormai ci hai incuriosito, poverino!” lo compatì Cristina.
“Me ne fanno di tutti i colori! Io non ne posso più! Sono in tre, ma sono peggio di un’intera legione! Non so chi sia peggio dei tre. Ci sono loro, i gemelli Guaiotti, quei dannati gemelli del cazzo che mangiano, mangiano e non mettono su neanche un grammo, perché si ammazzano di sport! Fanno casino dalla mattina alla sera, mi mangiano sotto gli occhi, mi fanno ogni tipo di dispetto pur di non farmi mangiare! Poi, c’è quell’altro. C’è lui. Marco. Quello è pazzo, sapete? È proprio matto da legare! Sembra la reincarnazione di un qualche ufficiale delle SS tedesche. Gira per casa con un fucile ad aria compressa e non fa altro che spararmi sulle natiche e riempirmi di calci in culo. E tutti e tre mi fanno sgobbare! Mi obbligano a fare le pulizie, a buttare di continuo la spazzatura, ad andare e a tornare da lezione a piedi! Hanno messo catene e lucchetto al frigorifero e ne hanno comprato uno piccolo solo per me, dove mi ci hanno messo pochi cibi e ipocalorici, per giunta! Mi sembra di stare all’ospedale! Mi fanno ingoiare soltanto tristi pappette inconsistenti per far sì che io segua la dieta da 1200kcal prescrittami dal quel dannato dottor Bartolini! E sono tutti e tre malati di sport! Ve lo dico io! Chi fa sport, sono tutti squilibrati! E si vede! Sono pazzi, maniaci della forma fisica, ossessivi! Non li sopporto più! Ma, adesso, li inculo io, i signori! Mi sono trovato questo bel lavoretto, dove posso mangiucchiare di nascosto quando voglio, con i soldi che guadagno e le mance posso andare a mangiare fuori e metterne un po’ da parte per pagarmi un affitto da solo nei prossimi mesi. Presto, me la svignerò. E loro se la prenderanno nel culo! Altro che dieta! Fanculo la dieta!”
“BEN DETTO, AMICO! FANCULO LA DIETA!” gli diede man forte Leonida.
“GIÀ’! FANCULO LA DIETA!” gli fece eco Cristina.
“FANCULO LA DIETA!” ripeterono tutti e tre in coro.
“Povero ragazzo, però!” lo compatì di nuovo Cristina. “Fai bene, continua così! Il cibo non si tocca!”
Leonida soffocò una risata e pregò che Enrico non se ne fosse accorto. Ma di che cosa si accorgeva quello? Era talmente impegnato a parlare di cibo, che non si sarebbe accorto nemmeno se in pasticceria fosse entrato l’attore più famoso del mondo! Quando si parlava di cibo, quello non capiva più niente.
“Ora dobbiamo andare! Ci sono ancora tanti altri posti che vogliamo vedere! Torneremo più tardi per la torta!” si congedò Leonida.
“A dopo! Buon giro turistico! È stato un piacere conoscervi!” li salutò Enrico.
“Grazie, anche per noi! A dopo!” esclamò Cristina, uscendo mano nella mano col fratello.
Quando furono a distanza di sicurezza, si fermarono e si presero del tempo per spaccarsi in due dalle risate, che stavano reprimendo da un bel pezzo, ormai! Ora che conoscevano il suo diabolico piano, erano pronti per tornare a casa da Marco.

“Io lo uccido”, sentenziò Marco, una volta ragguagliato sulla situazione.
“Nah, compare! Cerca di controllare la tua ira. Innanzitutto, guarda come lo abbiamo inculato, il signore!” esclamò Leonida, mostrandogli il video girato dalla penna-spia ben posizionata sulla borsetta di Cristina.
Marco guardò il video, non riuscendo a trattenere le risate per la meravigliosa recita dei gemelli Guiaiotti. Come agenti infiltrati, erano perfetti! Ecco perché andavano così d’accordo con lui. Perché anche se casinari e sempre scomposti, erano proprio come lui. INFALLIBILI. Ma se ripensava alle parole con cui li aveva definiti Enrico...
“Io lo uccido”, sentenziò di nuovo, riflettendoci su.
“A dire il vero”, esordì Cristina melliflua. “Noi avevamo in mente qualcosa di un po’ più piccante. E movimentato.”
“Già!” si gasò Leonida. “Qualcosa di veramente divertente e di veramente CRU-DE-LE.Altro che uccisione!" disse, ripetendo le stesse parole di poco prima al walkie-talkie. “Vero, Cri?”
Lei ammiccò. “Assolutamente.”
Leonida ricambiò lo sguardo ed entrambi si voltarono a guardare Marco, ammiccandogli sadicamente. E complici.
Marco ricambiò lo sguardo, il solito ghigno sadico che gli accendeva il volto di perversa malvagità.
Ora, avrebbero mostrato a quel lurido grassone che cosa volesse realmente dire essere diabolici.



Come foglie al vento - Episodio 732 di Nunzio Palermo

   è presentato da   Come foglie al vento # 732 Episode 732 Season 4 Original Date ...