sabato 30 settembre 2017

Le ragioni del cuore 2 - 3° puntata - di Silvia Bucchi









Martin Serrano osservava Vale con i suoi occhi intelligenti ma allo stesso tempo irriverenti, come aveva sempre fatto del resto, sin da quando era piccolo e abitava nella casa difronte a quella della ragazza. Un giovane  con l’accento calabrese e il nome spagnolo, visto che sua madre era una appassionata di serie tv e aveva deciso di omaggiare il suo personaggio preferito, dando il suo nome al figlio primogenito. Valentina non avrebbe mai voluto confessarlo ma da bambina aveva avuto una terribile cotta per lui, che però si era rivelato un idiota anzi per essere precisi, un idiota con una sorella ancora più sciocca di lui.
“Il mondo è davvero piccolo.  un piacere per me ritrovarti qui.” le rispose lui.
“Un piacere anche per me” Valentina completò mentalmente  la frase con un “una gioia ritrovarti qui uguale a quella che si prova a farsi cauterizzare un dente senza anestesia”
“La mia vita ha avuto dei cambiamenti ultimamente. Finalmente sto raccogliendo i frutti del mio lavoro durato anni.”  le spiegò lui, sedendosi accanto a lei sulla panchina.
Valentina detestò il sorriso smagliante con cui parlava dei suoi successi, degli anni di fatica che avevano dato i loro frutti. Aveva solo quattro anni più di lei e si comportava come se avesse avuto il successo di un milionario, di un ricercatore scientifico o di uno scienziato che aveva scoperto l’invenzione del millennio.
Lei invece era una fallita che aveva buttato all’aria un anno della sua vita e avrebbe preferito davvero farsi trapanare un dente senza anestesia, piuttosto che ammetterlo davanti a quell’arrogante.
“So che sei un’ottima studentessa di ingegneria informatica.” disse lui, per rompere il ghiaccio, davanti allo sguardo furioso di Vale.
“Come lo hai saputo?” chiese lei,stupita. Un’ottima studentessa non erano certo le parole che meglio la definivano e Vale lo sapeva benissimo.
“Ho incontrato Chiara  a Reggio Calabria questa estate. Mi ha stupito non vederti accanto a lei ma mi ha riferito che sei diventata una studentessa lavoratrice e che la libreria di una vostra amica aveva bisogno di te anche in estate.” Il tono pieno di ammirazione di Martin stupì Valentina, che credeva che la funzione del ragazzo fosse sempre stata quella di disprezzarla.
Chiara era stata una amica e l’aveva salvata da l’ennesima presa in giro dei due fratelli Serrano, Martin e Sabrina.
Sabrina aveva un anno in meno di Valentina e Chiara e aveva reso la vita delle due un inferno durante gli anni del liceo. Esisteva un termine per descrivere la sorella di Martin ed era bulla. Valentina era una ragazza bionda, esile e piuttosto disinvolta  e il gruppo che “contava” sarebbe stato felicissimo di accoglierla, ma lo stesso non poteva dirsi per Chiara e Guglielmo. Loro erano stati emarginati sin da subito e senza troppi complimenti. Valentina però si era rifiutata di entrare nel gruppo giusto senza di loro e mai avrebbe permesso a qualcuno di far loro del male.
Così quando Sabrina  si era avvicinata a Chiara con l’intento di picchiarla, Valentina si era messa tra le due e l’aveva sfidata con “Tocca la mia amica e ti faccio a pezzi.” La Serrano mai aveva perdonato un simile affronto e da quel momento Vale era entrata nella lista nera insieme a Chiara e a Guglielmo, e a tutti gli altri che non erano mai considerati “abbastanza” o che solamente avevano il coraggio di essere diversi.
Visto che Valentina si era persa nei suoi pensieri,  Martin ruppe il silenzio.
“Mi sono trasferito anche io a Bologna, insieme a mia sorella. Sono a Venezia per assistere alla Biennale di Architettura.  Un mio amico riceverà un premio.”
“Ti sei trasferito a Bologna insieme a Sabrina?” domandò con orrore Valentina. Nel bel mezzo della sua crisi esistenziale, si sarebbe ritrovata accanto la sua peggiore nemica.
“Ho trovato un lavoro perfetto per me ma fino a quando non avrò  iniziato e sarà andato tutto bene, non ti dirò di cosa si tratta. Sono parecchio scaramantico. Mia sorella frequenterà Giurisprudenza.”  spiegò lui.
“Sono felice per voi.” sospirò Valentina.
“Ti lascio il mio numero. Magari potremmo incontrarci e bere un caffè insieme, qualche volta.” sorrise lui.  Valentina lo guardò come se fosse un marziano: possibile che l’uomo in carriera fosse tanto tonto da non aver compreso che lei non avrebbe mai voluto rivederlo, nemmeno sotto tortura.
“Grazie” rispose con un sorriso finto..
“Devo correre via altrimenti perderò il treno. A presto, Valentina.”
Lei lo salutò con un finto tonto affabile, del resto sua madre le aveva insegnato un po’ di educazione e tornò alla sua lettura.

Anna stava finendo di preparare le valige mentre Giorgia scuoteva la  testa energicamente, osservandola.
“Non capisco per quale motivo tu debba complicarti la vita.” disse.
“Ti riferisci al maglione blu che ho deciso di mettere in valigia?” domandò la ragazza, fingendosi innocente.
“Credo che tu abbia ben chiaro di chi io stia parlando. Non sei stupida. Non me ne importa nulla del tuo maglione. Mi chiedo solo perché quello sciocco del tuo capo scout abbia chiesto a Marco di partire con voi per il campo estivo.  Il tuo bel prete non ha deciso di lasciare il seminario per un po’?” domandò Giorgia, scuotendo di nuovo la testa.
“ Non c’entra nulla. Proprio nel momento del bisogno c’è bisogno la necessità  di avere degli amici accanto. Inoltre, vorrei ricordarti che, se non fosse stato per Marco, io e altre trenta persone saremmo morte bruciate. Mi pare che tu dovresti essergli grata per aver salvato la vita della tua migliore amica.” Anna osservò per l’ennesima volta Giorgia scuotere la testa.
“Ne parli come se fosse stato un eroe, quando ti ricordo che è per colpa sua se tu sei finita a Bologna. Inoltre hai un fidanzato che ti adora anche se momentaneamente è lontano.
“Grazie Giorgia per avermelo ricordato.” il tono di Anna divenne sarcastico. Era chiaro che non aveva dimenticato Andreas, ma la lontananza poteva essere la mannaia per il loro rapporto.
In realtà Marco si era rivelato molto utile durante l’incendio che aveva devastato il campeggio dove si trovavano lei e gli altri scout. Mentre accendevano il fuoco per iniziare a cucinare infatti, qualcosa era andato storto e un incendio era divampato, favorito dalle sterpaglie. Marco si era messo a capo di tutto il gruppo, che aveva spento il fuoco prima dell’arrivo dei pompieri. Quella volta e per la prima volta nella sua vita, Anna aveva avuto paura di morire.
“Andrò a Bologna e non rivedrò Marco fino a Natale. Per allora lui sarà diventato un sacerdote e  Andreas ed io saremo usciti dalla piccola crisi che stiamo vivendo.” spiegò a Giorgia.
“Sto pensando di trasferirmi anche io a Bologna.  Mi piacerebbe vivere con te e le tue coinquiline. Siete degli esempi di pazze scatenate che mi piacerebbe studiare da vicino. Inoltre  mi manchi; mi sento tanto sola senza di te.” sospirò l’amica.
Anna l’abbracciò. “Ma se sei diventata una delle ragazze più popolari della facoltà. Hai tanti amici e sei sempre in giro a divertiti. Non credo che resisteresti molto a Bologna.” le spiegò.
“Non sottovalutarmi. Porterei altro caos nelle vostre vite disordinate. Con voi non mi annoierei mai.” Anna le sorrise. Poteva anche essere piena di dubbi sulla sua vita sentimentale, oppure trovarsi lontana chilometri da casa e dalla sua migliore amica, ma con Giorgia vicino si sentiva sempre al sicuro e compresa.

A Reggio Calabria la nausea non dava tregua a Chiara, che non sapeva spiegarsi il motivo di un simile malessere. Si sdraiò sul letto e sperò di sentirsi presto meglio, visto che l’indomani lei e il fidanzato sarebbero dovuti tornare a Bologna.
Nella stanza entrò Guglielmo, carico di opuscoli, che lasciò cadere sulla scrivania.
“Non saranno per caso dei volantini legati a viaggi che non potremo mai permetterci di fare?” domandò lei, osservandolo dubbiosa.
“Sto pianificando il nostro futuro. In realtà ho preso spunto da Andreas. Potremmo cercare di dare una svolta alla nostra vita. Pensavo che potremmo andare a studiare negli Stati Uniti. Siamo i migliori del corso di ingegneria. Sto faticando tanto e desidero realizzarmi nella vita.” le spiegò.
Chiara cercò di alzarsi ma sentiva che la testa le stava girando come un vortice. Stava male ma Guglielmo, preso dai suoi progetti, sembrava non essersene nemmeno accorto.
“Credo che ci stiamo costruendo un futuro pieno di prospettive a Bologna. Sono certa che avremo molte opportunità di trovare un buon lavoro dopo la laurea.” disse lei.
Ma dallo sguardo che le rivolse Guglielmo, si rese conto che in realtà per lui quello che stavano costruendo a Bologna non era più abbastanza.

Il giorno dopo la sua gita a Venezia, Valentina fu svegliata da una euforica Angelica, che in cucina stava aprendo la confezione di un ciambellone che aveva comprato al supermercato, per poi posizionare il dolce su un enorme piatto elegante.
“Cosa stai facendo?” le domandò.
“Stiamo per portare un ciambellone fatto in casa ai nostri nuovi vicini. Sono due fratelli, un maschio e una femmina e sono proprio nell’appartamento difronte al nostro. Noi faremo un comitato di benvenuto. I dolci fatti in casa sono sempre un modo per socializzare con i vicini.” le spiegò Angelica, che in quel momento sembrava uscita da uno dei telefilm amati da Anna.
“Ma quel dolce non è stato fatto in casa. Lo hai preso al supermercato.” le fece notare Vale.
“Non guardare troppo per il sottile. Il gesto è ciò che conta. Inoltre io non ho mai cucinato nulla in vita mia, e Chiara tornerà solo questa sera. Lei sa fare i dolci, io so solo mangiarli.” Il sorriso furbo di Angelica spinse Vale a ricordarle che aveva un fidanzato di nome Michele.
“Infatti non è per me che questo comitato di accoglienza è stato ideato. Ma per te. Fatti bella, che andremo dai nostri nuovi vicini.” le urlò Angelica, mentre Valentina tornava sconsolata nella propria stanza.

Dieci minuti dopo Angelica trascinò Vale fuori dall’appartamento. Le due amiche attraversarono il pianerottolo e suonarono alla porta dei loro nuovi vicini. Per la seconda volta nel giro di soli due giorni, Valentina chiese : “ Martin Serrano, che cosa ci fai qui?.
Aveva gettato il biglietto con il suo numero di telefono nel primo cassonetto per i rifiuti che aveva trovato, ma era stato tutto inutile. Martin Serrano era il suo nuovo vicino di casa.


Un manigoldo per genero - 3° puntata - di Ambra Tonnarelli


Non era trascorso molto tempo da quando Lucy aveva chiamato Elizabeth, ma Alex era già pronto all’arrembaggio per riscuotere notizie. Lucy non ne poteva più di lui! Era dal mattino presto che Alex le ronzava intorno per sapere se fosse riuscita a contattare la sua amica. E ogni volta la risposta era sempre stata la stessa. Negativa.
“Allora? Allora l’hai chiamata?” le domandò Alex per l’ennesima volta nella speranza di udire una risposta differente da quella udita per tutto l’arco della giornata.
Alex era completamente nelle fameliche fauci dell’ansia, in preda all’agitazione e alla confusione più totale, come se non riuscisse più a contenere la gioia di rivedere ancora una volta Elizabeth. Era per lui scontato che la risposta fosse sì.
“Sì, Alex. Ci ho parlato poco fa.”
“E allora? Che ti ha detto? Quando ci vediamo?”
Nemmeno l’espressione mortificata e il tono dispiaciuto di Lucy gli aprirono gli occhi sulla realtà dei fatti: nel suo cuore, Alex avrebbe solo voluto sentirsi dire che Elizabeth aveva accettato di vederlo, come se fosse un fatto sicuro e scontato.
“Mai, Alex. Mai. Mi dispiace”, gli confessò mortificata.
“Ma come mai? Come sarebbe a dire? No, no! Tu ti sbagli!” si agitò il giovane Alex.
“E invece no, Alex, mi dispiace per te. Elizabeth è stata molto chiara: ha detto che accetta le tue scuse, ma che non vuole rivederti mai più.”
Il volto di Alex si incupì all’improvviso, la luce d’allegria che brillava in lui si spense, come se avesse appena visto la morte in faccia. “No, no! Non può essere! Fa’ un altro tentativo! Ti prego!”
“Alex, non posso! Mi è sembrata piuttosto agitata e, ti assicuro, non è da lei! Ma che cosa le hai fatto per farla arrabbiare così?”
“Chi? Io? N-nulla!”
“Non è che per caso l’hai violentata?” buttò lì Lucy, per fargli vuotare il sacco.
“Ma che cosa vai a pensare! Don Giovanni sì, ma stupratore proprio no! E che non si dica che Alex abbia mai toccato una ragazza contro la sua volontà!” le gridò, offeso.
“Mai toccato... Contro la sua volontà... Non vorrai mica dire...”
“Sì, esatto! Che io ci ho provato e lei c’è stata. Stop!”
“Ma come c’è stata? Elizabeth?” si sconvolse Lucy.
“Eh, Elizabeth!” annuì Alex.
“Elizabeth è davvero stata con te, senza opporre alcuna resistenza?”
“Sì, sì, esatto! Proprio così!”
“Ma che cosa stai dicendo, Alex? Ah, ho capito! Ho capito! Tu l’hai minacciata, vero? Sì. Sì, deve essere andata proprio così!” suppose Lucy, arrampicandosi sugli specchi, non riuscendo a trovare spiegazione al comportamento inusuale e inconsueto di Elizabeth. La conosceva abbastanza bene, da poter dire che avrebbe senz’altro atteso il matrimonio per fare un passo tanto importante per lei.
“Ma che minacciata, Lucy! Abbiamo ballato, si è fatta toccare un po’, poi siamo andati in macchina, io l’ho baciata, lei ha ricambiato il bacio e siamo stati insieme. Punto, fine della storia! Evidentemente le sono piaciuto, così come lei è piaciuta a me”, le spiegò Alex risentito e offeso.
“Oh mio Dio! Ecco perché era così sconvolta, poverina! Ma non l’hai vista? Non lo sai che è timidissima? Che non era mai nemmeno uscita con un ragazzo?” s’infuriò Lucy.
“L’hai rovinata! Sei un mascalzone, un farabutto!” gli urlò contro, spintonandolo arrabbiata.
“Ma che rovinata, Lucy! Siamo stati benissimo insieme! E poi che ne sapevo io, che si faceva tutti questi problemi per un rapporto con un ragazzo? Mica leggo nel pensiero, io! Che è timida, l’avevo capito! Ma troppe ne ho avute di ragazze timide! La timidezza non è mai stata un problema per me!”
“Non ho parole, Alex. Davvero non ho parole. Ha detto anche che con tutte le ragazze che hai, appunto, non devi seccare proprio lei!” gli riferì.
“E invece sì, secco proprio lei, perché mi piace! E mi è piaciuta molto più delle altre! Io la devo rivedere! Ti prego! Anche solo un’altra volta! Ti supplico, Lucy! Sono disperato! Aiutami!”
Stava piangendo. Alex stava davvero piangendo. Ma Alex non piangeva mai.
Lucy rimase a bocca aperta. Stava fingendo? O piangeva sul serio? No. No, non stava affatto fingendo. Alex era un gran birichino, ma di certo non era un bugiardo. Non aveva mai mentito a nessuno in tutta la sua vita; per lo meno da quando Lucy lo aveva conosciuto, non lo aveva mai visto fingere o sentito mentire.
“Alex, senti. Io vorrei tanto aiutarti, ma Elizabeth è mia amica...”
“Anche io sono tuo amico, che diamine!”
“Alex, io non ci voglio entrare in questa storia. Una domanda però te la voglio proprio fare. Non hai visto come balla?” gli spifferò, mettendogli, così, una pulce nell’orecchio. Voleva bene a entrambi. Era l’unico modo per non lasciarlo a bocca asciutta, senza tradire la fiducia di Elizabeth.
“Come balla?” Alex la fissò come se fosse impazzita. Poi ci rifletté su. “Come balla...”
Un lampo, un fulmine, un flash! La scena di loro due che danzavano lo colpì in pieno viso, come un pugno scagliato con una forza sovrumana.
“E’ una ballerina!” esclamò entusiasta. “E’ una ballerina, ma certo! Come ho fatto a non pensarci? Che scemo! Ma ci saranno migliaia di balli! Ballerina di cosa? Dimmi di più!”
Alex stava inseguendo la povera Lucy per tutto il locale e la stava persino aiutando coi vassoi pur di farle vuotare il sacco e starle appiccicato come un’inutile zecca.
“Mmmm! Alex, che pizze! Non posso dirtelo! Però, ti voglio fare un’altra domanda. Non le hai guardato i piedi, salame?”
“I piedi... O Santi Numi! Per tutte le chitarre!” Un’altra illuminazione. “Quando volteggiava si metteva sempre in equilibrio sulle punte. Aveva sempre le punte tese! E’ una ballerina di danza classica, vero?”
Alex non stava più nella pelle dall’entusiasmo. Ora poteva cercarla da solo. Non gli serviva nient’altro.
“Non lo so, Alex. Non posso dirtelo.”
“Ma sì! Sì. Inizierò a cercarla nelle compagnie migliori della città! Ah, grazie Lucy! Prometto che non ti manderò di mezzo! Grazie, grazie, grazie!”
Saltellò per tutto il locale come un grillo appena sveglio, corse ad abbracciarla, rovesciando così tre o quattro vassoi e rompendo non si sa quanti piatti e bicchieri. Il solito combinaguai!
“Oddio… Però...” si disse tra sé e sé dirigendosi verso l’uscita. “Spero che non mi scappi di nuovo.”
Il suo umore mutò repentinamente colore, dal bianco più splendente al nero più tetro. “Meglio non pensarci! Berrò un goccetto e me ne tornerò a casa!” si consolò per distrarsi.

Buio. Fuori era buio. Così come l’animo di Elizabeth. Era rimasta lì, accovacciata nell’angolo, a piangere con le ginocchia strette al petto e il volto sprofondato nella piccola nicchia. Tormentata dai suoi spettri. L’aver sentito nominare quel cantante aveva risvegliato in lei dei freschi e orrendi ricordi di trauma, che avrebbe soltanto dovuto cancellare. Ma la mente umana, la sfera emozionale umana... Non sono dei computer, in cui è sufficiente premere un pulsante per eliminare ciò che si vuole eliminare. Al contrario. Ciò che si vuole eliminare, torna sempre a galla a tormentarci. Proprio come stava accadendo alla povera Elizabeth, che proprio si rifiutava, testarda, di accettare ciò che aveva fatto. Ciò che aveva provato.
“Liz! Ma Liz, sei ancora qui? Mi sono cadute le chiavi di casa nell’armadietto e sono tornato a prenderle!”
La voce di Emile risuonò per tutto il corridoio, ma lei non si mosse di una virgola, né rispose. Sentiva i passi di Emile che seguivano la luce accesa nella sua sala da ballo.
“Oh mio Dio!” esclamò Emile preoccupato e scosso vedendola lì, rannicchiata in quell’angolino nella penombra, che piangeva disperata e inconsolabile. Con un fulmineo e cavalleresco scatto, si gettò in ginocchio di fronte a lei.
“Liz! Liz, ma che ti succede? Stai male?” le domandò preoccupatissimo.
Elizabeth non fu in grado di rispondere. Non fu in grado di parlare. Le convulsioni le stroncarono le parole in gola. Scosse vistosamente la testa, in segno di no.
“Beh, non mi sembra che tu stia bene. Ma che ti è successo, Liz? Ti prego, dimmelo. Io voglio solo aiutarti e starti vicino.”
La sua voce le trasmise amore e dolcezza, la sicurezza di un conforto di cui aveva un disperato bisogno. Questo le diede la forza di parlare. Tra le lacrime.
“Non posso dirtelo, Emile. Non posso dirtelo. Non posso dirlo a nessuno!”
“A me puoi dirlo! Mio Dio, Liz. Qualcuno ti ha fatto del male? Qualcuno ti ha forse messo le mani addosso? Parlami Liz. Di me puoi fidarti.”
“Sì, qualcuno mi ha messo le mani addosso, perché io, non solo gliel’ho lasciato fare, ma l’ho anche voluto. Con tutta me stessa”, pensò Elizabeth tra sé e sé.
Era quella la verità. Quella verità, che avrebbe tanto voluto rivelare a qualcuno, come per alleggerire se stessa da un pesante macigno, che stava diventando sempre più difficile riuscire a portare da sola. Ma non poteva dirlo a nessuno. Tanto meno a Emile.
Elizabeth si limitò a scuotere di nuovo, inesorabilmente, il capo. “No, no! Stai tranquillo! Non è niente di tutto questo. Niente del genere. Sto male dentro, è un male dell’anima, ma non posso dirti cos’è. Mi dispiace, non posso dirlo a nessuno. Né alle mie amiche più care, né a mia madre, né a mio padre. E ti pregherei di non dir loro che mi hai vista in questo stato. Ti supplico!”
“Ma a tuo padre, tu hai sempre detto tutto”, le fece notare premuroso Emile, nella speranza che Elizabeth trovasse la forza di parlare con suo padre, l’unico forse in grado di aiutarla. Perché suo padre era in grado di aiutare tutti.
“Lo so, ma questa volta no. Non è niente di grave e niente di illecito, se ti preme saperlo. Ma non posso dirlo a nessuno. Ho i miei motivi. E non chiedermi altro, per favore.”
Emile annuì con un cenno del capo. “Ok. Rispetto la tua decisione. Sei una persona sincera e cristallina. Se non puoi parlarne con nessuno, vuol dire che davvero non puoi”, la rassicurò, mentre le porse un fazzoletto per asciugarsi il viso zuppo di lacrime. “Magari tu non puoi dirmelo, però... Io potrei comunque accompagnarti a casa. Vuoi?” si offrì poi.
Elizabeth gli sorrise dolcemente: Emile era sempre gentile e premuroso con tutti, con lei in particolar modo.
“No, grazie, Emile. Devo ancora fare la doccia. E’ tardi. Ti farei solo perdere tempo”, gli spiegò, non volendo scomodarlo.
“Non dirlo neanche per scherzo, Liz! Ti aspetterò qui, mentre fai la doccia e ti accompagnerò a casa. Mi farebbe piacere aiutarti, almeno in questo modo!” Le prese il viso tra le mani e la guardò intensamente negli occhi. “Ti prego, Liz. Concedimi questo onore.”
Onore?
Già, ciò che lei non aveva più. Ciò che aveva svenduto per un niente a quel cantante sconosciuto, di cui non conosceva nulla. Nemmeno il nome.
Emile avrebbe considerato un onore accompagnare lei a casa? Lei? Era davvero un cavaliere, come ne aveva sempre cercati. Eppure non le piaceva. Ma fu così colpita dalle sue parole, che le parve comunque un oltraggio alla sua persona dirgli di no.
“Va bene, Emile. Non posso che ringraziarti.”
“Brava”, le sussurrò, scoccandole un sonoro bacio sulla fronte, dopo averla aiutata ad alzarsi da terra. “Va’ pure a farti la doccia. Con calma, senza fretta. Io ti aspetto fuori dallo spogliatoio.”

Era parecchio tardi, buio. Ma Los Angeles non sembrava affatto aver sonno. Anzi, era più sveglia che mai. Un giocoso brilluccichio di luci danzava in ogni dove della città: negozi, pub, ristoranti, grattacieli, auto e chi più ne ha più ne metta.
Il commissario di polizia Albert Reeves si apprestava a controllare gli ultimi rapporti e andare a casa. Era talmente concentrato, che non sentiva nemmeno la voce della strada vicina, la quale, con i suoi clacson e motori, insieme a un continuo squillare di telefoni negli uffici circostanti, donava anima propria alla centrale. L’agente Barney, sottostimato collega di Reeves, dovette bussare tre o quattro volte per attirare la sua attenzione.
“Avanti!” rispose autoritario Albert.
“Buonasera commissario. Mi dispiace disturbarla. Non le farà piacere saperlo, ma... Ci sarebbe quell’Alex... Di nuovo!” gli disse Barney con un filo di timore nella voce.
Il volto di Albert, dai lineamenti regolari, ma duri e marcati, si tinse repentinamente di rosso rabbia e poi di blu esasperazione. “Che cosa? Ancora quel delinquente? Che ha fatto questa volta, il manigoldo?” sbottò.
Era un uomo paziente e tutto d’un pezzo, ma quando c’era di mezzo quell’Alex... Quell’Alex dei suoi stivali, proprio non poteva soffrirlo. Era l’unico in grado di scomporlo. L’unico in grado di far esplodere i suoi nervi saldi, che da sempre costituivano un punto di riferimento per tutto il corpo di polizia.
“Guida pericolosa in stato di ebbrezza con eccesso di velocità, commissario! E’ ubriaco fradicio e andava oltre i cento chilometri orari in una strada secondaria della periferia. Non si è fermato nemmeno al semaforo e ha quasi investito un gruppo di pedoni che stava attraversando su un’area pedonale”, spiegò Barney a macchinetta, mentre si posizionava in piedi vicino alla scrivania di Reeves e mentre un altro paio di agenti scortavano nell’ufficio un Alex parecchio euforico, ma ancora abbastanza lucido da stare in piedi e ragionare, nonostante il mix di super-alcolici che si era volutamente ingoiato.
“Buonasera, Alex!” lo salutò sarcastico Albert. “Di’ un po’... Ti ci vuoi trasferire qui dentro?”
“Salve capo! Hic! Le sono mancato?” rispose il ragazzo tra i singhiozzi da sbronza.
“Da morire, guarda. Non sapevo che altro fare qui, senza di te. Allora, veniamo a noi. Ma guarda come ti sei ridotto!” esclamò furibondo, squadrandolo dall’alto al basso.
“Non è colpa mia capo! Hic! E’ colpa di quella ragazza!” si giustificò Alex tra i singhiozzi.
“Ragazza? Quale ragazza? Ma che cosa vai farfugliando?” gli domandò Albert a occhi sgranati.
“Sì, capo! Hic! La ragazza non è voluta uscire con me e io ho bevuto un po’! Hic! E’ lei che dovrebbe arrestare, non me! Se vuole, le dico il nome. Il cognome no, perché non lo so! Hic!”
“Ma che mi frega, a me, del nome! Arrestarla! Tzè! Se dovessi incontrarla per strada, le direi “Brava! Brava!” Ci vuole un bel cervello per uscire con un manigoldo come te! Se fossi il padre di quella ragazza, ti assicuro che ti ucciderei! Allora, fategli una bella multa e portatelo dentro per la notte. Stasera dormi in cella caro, mio!”
“Su via, capo! Hic!” –protestò Alex, indignato- “Non faccia lo stronzo!”
I poliziotti risero sotto i baffi nel vedere il loro superiore diventare paonazzo, lui che era un uomo tutto d’un pezzo. Sbattergli in faccia tale sfacciataggine. Era una cosa da pazzi.
“Stronzo? Ma come ti permetti, manigoldo!”
“Via, via capo! Hic! Non se la prenda tanto a male! Hic! Io le ho detto di non fare lo stronzo, mica che lo è! Anche se in effetti, lei, stronzo, lo è veramente! Hic!”
Gli occhi di Albert si spiritarono e uscirono dalle orbite per la rabbia. Non avrebbe chiesto niente di meglio che riempirlo di botte, ma doveva controllarsi. A stento ci riuscì.
“Questo è oltraggio a pubblico ufficiale! Questa volta la galera non te la leva nessuno caro mio!” urlò furioso e infastidito dalla sua strafottenza.
“Ma capo! Hic! Io devo trovare la ragazza e convincerla a uscire con me! Hic!” protestò Alex tra i singhiozzi.
“Ma quale ragazza e ragazza? Lasciala in pace quella povera disgraziata, chiunque essa sia! Portatelo via!” ordinò aggressivo e in maniera alquanto autorevole e perentoria ai due agenti, che lo avevano scortato da lui.
Ma Alex era un tipo che non si dava mai per vinto e che voleva sempre avere l’ultima parola.
“Buona notte, capo!” esclamò quando fu sulla soglia dell’ufficio, alzandogli il dito medio.
Albert spezzò in due con un grugno di rabbia la matita che teneva in mano.
“Commissario, ha visto? L’ha mandata a quel paese!” esclamò il collega Barney, in un misto di stupore, divertimento e disgusto.
“L’ho visto, l’ho visto, Barney. Grazie dell’informazione, ma ce li ho anch’io gli occhi!” si stizzì Albert.
“E perché non gli ha detto nulla, allora?” gli domandò Barney.
“Perché altrimenti lo uccido. Rischio di compromettermi la carriera con quella feccia di un manigoldo!” gli spiegò Albert, battendo il pugno sulla scrivania.
Tentò di ricomporsi per il suo bene e quello di tutto il dipartimento. Come un automa, si obbligò a riprendere il suo lavoro, come se nulla fosse accaduto. Ma non ci riuscì. Per i primi dieci minuti, tutto andò bene, ma poi gli rivenne in mente la strafottente espressione di Alex, il suo sorrisetto di scherno e la sua impertinente faccia di bronzo, mentre molto più che ciucco gli alzava il dito medio, augurandogli la buona notte in tono da presa in giro. Diede un calcio al bidoncino della carta accanto alla scrivania e si alzò, passeggiando nervosamente avanti e indietro davanti alla finestra, fino a consumare il pavimento.

Lo specchio rifletteva il fantasma dall’aspetto tetro e spettrale che era in lei. Mentre si spazzolava i lunghi capelli di miele prima di andare a dormire, Elizabeth non riusciva a smettere di fissare le sue orribili occhiaie da zombie. Erano peggiorate parecchio rispetto al mattino a causa degli sforzi fisici e dei continui pianti, che non era mai riuscita a reprimere. Era talmente sfinita e disperata che non era più in grado nemmeno di piangere. O forse aveva soltanto esaurito la sua scorta di lacrime. Nonostante tutto, la dolcezza e la cavalleria di Emile l’avevano fatta sentire leggermente più distesa. Era davvero un bravo ragazzo, un collega impagabile e un ballerino veramente straordinario e fuori del comune. Da diversi anni Elizabeth lo aveva al suo fianco nel ruolo di primo ballerino negli spettacoli, cosa che non le dispiaceva affatto, anzi. Data la sua persona, per Elizabeth lavorare con Emile era un vero piacere; c’era molta intesa tra loro, ballavano bene insieme. Erano proprio una bella coppia. Una bella coppia solo nella danza. Emile, però, avrebbe voluto che le cose andassero diversamente. Avrebbe tanto voluto che lui ed Elizabeth formassero una coppia altrettanto bella anche al di fuori della danza. E questo, Elizabeth, lo aveva intuito da sempre. Nonostante lei lo considerasse l’uomo ideale, non le era mai balenato per la testa, anzi, per il cuore, di ricambiare il suo sentimento. Chissà poi per quale strana ragione. La sua mente divagava, immersa in quei pensieri, mentre continuava a spazzolarsi, ormai a vuoto, i capelli. Quando il telefono le fece rimbombare il suo martellante suono in testa, riportandola proprio di fronte al suo specchio.
“Pronto, papà!” rispose, cercando di sembrare più rilassata che poteva.
“Ciao tesoro. La mamma mi ha telefonato un quarto d’ora fa, dicendomi che non sei ancora tornata a casa e che oggi non ti sei sentita bene. Dove sei?” le domandò pacato, ma senza nascondere la sua preoccupazione.
La voce sempre calma, piena di sicurezza e autorevolezza del padre riusciva sempre a far mantenere la calma anche a lei. E riuscì a rispondergli in manieri così naturale, che addirittura si sorprese di se stessa.
“Sono a casa, papà. Sono rientrata cinque minuti fa. La mamma dorme già. Sono rimasta a scuola fino a tardi.”
“Ma tesoro! Se non ti sentivi bene, avresti dovuto rimanere addirittura a casa! Perché ti sei anche fermata oltre?” le chiese suo padre, non trovando una spiegazione logica allo strano comportamento della figlia.
“Hai ragione, papà, ma non potevo mancare. Da domani iniziamo le prove generali per il balletto a teatro e io non mi sentivo molto sicura in alcune sequenze della coreografia. Sai com’è, non è opportuno presentarsi alle prove generali a teatro con alcune insicurezze sulla coreografia. Anche se non mi sentivo bene, ho dovuto stringere i denti e fare il mio dovere. Avrei solo penalizzato tutta la compagnia, se fossi rimasta a casa”, gli spiegò tranquilla, ammettendo solo in parte la verità.
“Sei davvero un ragazza in gamba e responsabile, figlia mia. Sono fiero di te. Però, mi preoccupa il fatto che non ti sia sentita bene bene. Che cos’hai avuto?” perseverò suo padre.
“Niente di grave, papà, stai tranquillo! Ieri notte non ho dormito bene, ho vomitato e oggi ho accusato sempre un po’ di nausea, debolezza e malessere generale. Ma mi sento già meglio.”
“Non avrai mica preso i mezzi pubblici per tonare a casa, in quelle condizioni?” si agitò.
“No, papà. Emile mi ha gentilmente offerto un passaggio e mi ha portata a mangiare un boccone al ristorante”, raccontò.
“Benedetto ragazzo! Meno male che c’era quel bravo figliolo! Senti ma... E’ un ottimo partito e si vede che ti vuole bene... Proprio non ti piace?” buttò lì suo padre, nella speranza di ricevere una risposta diversa da quella che la figlia sempre gli rifilava.
Dalla bocca di Elizabeth uscì un risolino divertito e si incurvò teneramente verso l’alto. “No, papà. Mi piace, ma non in quel senso. Hai ragione, è veramente un bravissimo ragazzo. E’ gentile, educato, rispettoso...”
“E anche di ottima famiglia! Il che non guasta!” la interruppe, riflessivo.
“Lo so, papà. Ma a me non piace.”
“E perché? Eppure rappresenta l’ideale di cavaliere che tu hai sempre cercato.”
“Lo so, papà, ma io non sento niente per lui, niente al di fuori di un tenero sentimento di amicizia.”
“Con questi sentimenti, Elizabeth! Ci sono tante altre cose da prendere in considerazione prima! Bisogna valutare la persona! Vedere se è un bravo ragazzo, educato e di ottima famiglia. Emile le ha tutte queste qualità!” le spiegò paziente suo padre. Per l’ennesima volta.
“Ma papà, allora vorresti dire che tu e la mamma...”
“Io ho prima valutato la persona che era tua madre. Poi mi sono innamorato. Solo dopo aver preso in considerazione le caratteristiche che ti ho appena detto.”
Elizabeth rimase leggermente sconcertata e davvero poco convinta su ciò che affermava il padre. Anzi, non era convinta per niente. Al contrario di lui, Elizabeth era una persona davvero romantica, che credeva alle fiabe e al principe che porta via la sua bella sul cavallo bianco.
“E pensare che la mamma mi ha detto di aver perso la testa per te, fin dal primo momento in cui ti ha visto, papà!” gli raccontò con gli occhi sognanti, la romanticona!
“Bah, sciocchezze! Ricorda i sentimenti vengono sempre dopo!”
“Ma no, papà! Io credo che invece dovrebbero venire per primi. Mi piace credere all’idea del colpo di fulmine, dell’amore a prima vista”, buttò lì, come per giustificare per l’ennesima volta a se stessa il suo gesto sconsiderato e incosciente verso quel cantante dall’aspetto delinquenziale.
“Baggianate!” la interruppe severo suo padre. “L’amore a prima vista non esiste! E’ solo un mucchio di sciocchezze! E’ un sentimento effimero e superficiale! Ricorda le mie parole Elizabeth: non ci si può mai innamorare di un delinquente, né di una persona malamente. E’ impossibile. Per questo l’amore a prima vista non esiste!”
“Non sono d’accordo con te papà, ma ti prometto che a mente più lucida ci rifletterò bene”, tagliò corto dolcemente Elizabeth.
“Brava. Ora ti lascio dormire, è tardi.”
“Ma papà, tu quando torni? Pensavo che stessi già dormendo con la mamma!”
“Lascia perdere, Elizabeth, non toccare questo tasto!” si alterò, alzando gli occhi al cielo dall’esasperazione. “Ah, ho capito, sei ancora lì al lavoro per un contrattempo. Allora ti lascio lavorare. Ah, papà! Domani mattina potrei ancora trascinarmi dietro le spaventose occhiaie di oggi, quindi non farci caso e non ti preoccupare se mi vedi un po’ disastrata! Sono solo i postumi del mio malessere odierno”, gli spiegò così da evitare altre domande, che avrebbero potuto metterla in difficoltà.
“Grazie, Elizabeth. Sei sempre premurosa!”
“Anche tu papà. Grazie per la telefonata. Buonanotte.”
Elizabeth chiuse la chiamata e rimase davanti allo specchio a fissarsi ancora per un po’, con la speranza che di veder riflessa una persona migliore rispetto a ciò che sapeva di essere. Ma nulla da fare. Tutto ciò che vedeva era una ragazza facile, che si era fatta sedurre dal primo che passava. E la telefonata con il padre non solo non le era stata di alcun conforto, ma al contrario l’aveva fatta sentire anche peggio. Quando lei gli aveva parlato del colpo di fulmine e dell’amore a prima vista, chissà perché le era venuto in mente quel ragazzo, quel cantante sconosciuto, ma così affascinante e magnetico, da averla fatta cedere al primo incontro, quel ragazzo per cui lei era semplicemente e solo stata una delle tante, uno svago, un trofeo. Era come se cercasse inconsciamente un conforto dal padre per giustificare a se stessa ciò che aveva fatto, ma... Come poteva sperare nella sensibilità di un uomo come suo padre? Un padre straordinario, certo! Un padre, che era stato sempre presente nella vita della figlia, un padre amorevole, che l’aveva sempre seguita in tutto, un padre con il quale lei stava davvero volentieri, ma un padre, purtroppo, per nulla sensibile. Era un uomo all’antica, tutto d’un pezzo, un uomo nato nell’epoca sbagliata. Egli, infatti, sarebbe stato benissimo in una nobile famiglia medioevale, quando ci si sposava per interesse e i matrimoni erano combinati. Le parole taglienti pronunciate dal padre poco prima le si erano infilzate come coltelli affilati nel cuore, pugnalandola a morte, facendola sentire uno schifo più che mai. Facendola sentire come concime per i campi. Avrebbe dovuto smettere di pensarci, si disse, o sarebbe finita con l’impazzire. Si accoccolò sotto le lenzuola e spense la luce, addormentandosi esausta, stremata dalla fatica della giornata e dal dolore e la vergogna, che le straziavano il cuore.

venerdì 29 settembre 2017

Rural Green - Episode 12 (2) by Nunzio Palermo

Rural Green
Episodio: 12 (2)
Season: 02
Airdate: 22/09/2017
Creator/Writer: Nunzio Palermo

Lo sceriffo Matt Dillon arrivò subito al saloon. Kitty fece leggere il documento. Sally raccontò come si sono svolti i fatti ma dal saloon nessuno era salito al piano di sopra. Matt controllò la porta in fondo al corridoio che dava al retro del saloon e notò che la porta era socchiusa. Qualcuno era entrato di nascosto. Chi? Il mattino dopo, quanto accaduto a Sally fece il giro della cittadina. Anche il giornale locale diede ampio spazio al biglietto misterioso. Perché è stato mandato a Miss Sally? Nel frattempo, nella fattoria dei Montero, Susan, la maestra della scuola, era pronta a iniziare la giornata. Alle 9 in punto avrebbe iniziato la sua lezione. Pedrò l’avrebbe accompagnata in città poiché aveva da svolgere alcune faccende per conto di suo padre. Nella fattoria dei Mackenzie, quanto accaduto a miss Sally, sembrava non importare nulla. O quasi. Fiona era preoccupata. Quanto fatto a Mà, prima o poi sarebbe saltato fuori. Chi l’avrebbe scampata alle ire di Pà? Quello che suo marito John e suo figlio James avevano fatto, era ignobile. Ma lei stessa s’era resa complice nell’aver cucinato la dolce Betsy. Cercò di non pensarci quando assieme a Sarah, la moglie di James, decise di andare in città a fare compere all’emporio. Susan era giunta davanti la scuola. Dopo aver salutato suo marito Pedro, entrò nella scuola. I suoi alunni la stavano aspettando quando un suo alunno le consegnò una busta che aveva trovato sulla cattedra a lei indirizzata. Susan l’aprì. Rimase sbigottita e disse a Nick di andare a chiamare lo sceriffo. Nell’ufficio dello sceriffo, Matt non riusciva a capire cosa avesse fatto Miss Sally per ricevere questo biglietto. Ma l’arrivo di Nick, l’alunno di Susan lo distolse dai suoi pensiero. Nick disse che la maestra lo voleva d’urgenza a scuola. Matt disse a Nick di seguirlo. La scuola non era distante dall’ufficio dello sceriffo. Pedro lo vide avviarsi di corse verso la scuola e temette che sua moglie Susan si fosse sentita male. La scena venne vista anche da padre Brown che iniziò a correre verso la scuola. Nel sallon non si parlava d’altro. Miss Sally e la maestra Parke avevano ricevuto l’identico biglietto con stampato dei soldi e la scritta: So cosa hai fatto! Chi poteva avercela contro le due donne. Durante la notte un’ombra furtiva era nei pressi della fattoria dei Perkins. Il mattino dopo, mentre Mà stava andando a dare il becchime alle sue galline, notò, vicino al pollaio, una busta. Temendone il contenuto uguale a quello di Miss Sally e di Susan Parker, chiamò a squarciagola Pà. Poco dopo anche lo sceriffo Dillon era dai Perkins. Cosa stava succedendo nella tranquilla, o quasi, cittadina di Drunken Cow?

To be continued next week…

Rural Green # 12 (2) – © 2017 – Nunzio Palermo for WSO







The Writer and The Reader -Ep. 26 by Katia Andronico e Nunzio Palermo



The Writer and The Reader
Episode: 26 (3) – Patrick Bell in the space!
Season: 02
Original date: 3.05.1985 (29/09/2017)
Writer: Nunzio Palermo
Creators: Katia Andronico and Nunzio Palermo

Giulia e Bobbie sono sconvolte. Perché Mike Goodnight dice: “Allegria, signora Libris. Ha vinto dieci milioni di dollari perché ha risposto esattamente alla domanda della signora Cocker. Allegria”.
Detto ciò, Mike sparisce.
I rapitori di Luna sono due Visitors travestiti da umani che hanno spillato i soldi a Bobbie per poter operare George, ma l’operazione è fallita: George è morto!!!
Per questo motivo Urania vaga per le paludi attorno a Miami.
Corrottis nota che i due rapitori di Luna hanno qualcosa di strano…
Viperax, moglie di Lucertolax, vuole salvare Bobbie, ma nel frattempo ascolta la conversazione tra Patrick Bell e suo marito:
“Sono qui su questa nave perché ho bisogno del tuo aiuto!”.
Lucertolax: “Di che si tratta?”
P.B.: “Voglio a tutti i costi condurre “Il processo del Lunedì”.
Viperax , da dietro la tenda, è incredula:
“Cosa? Ma è pazzo? Ma se il pubblico lo detesta”.
Preoccupata si reca nella sala comando e cerca di mettersi in contatto con Nicolajef, ma Rospox, il suo amante, l’avverte che sta per arrivare Lucertolax.
I due riescono a non farsi notare.
Dopo la visita di controllo e scoperto di essere incinta, di ritorno dalla clinica, una donna ferma Luna e le dice:
“Signora Mac Editors? Sono Dolce Cassata. Si ricorda di me?”
Luna rimane folgorata.
Perché?
Viperax racconta a Rospox quello che Lucertolax ha intenzione di fare.
Rosposx promette di aiutarla.
Sconcertati?
Lo sarete di più la settimana prossima…





The Writer and The Reader # 26
© 1985/2017 – Katia Andronico – Nunzio Palermo

Executive Producers
Mary A. Warini
Nunzio Palermo






Tempo d'amare - 1075° puntata - di Mattia Cattaneo





Antonio arriva da Peter e capisce che Pauline è con lui e va su tutte le furie. Mona chiede ad Hans qualcosa del suo passato mentre Maxim, sveglio, dice che ha dei problemi alla vista vede tutto sfuocato e Terese e Gunther hanno un brutto presentimento. Inge viene vista da Katharina che si complimenta per la serra mentre Frederik contatta Patrizia e le dice che Katharina ha offerto molti soldi al CDA per rilevare le sue quote azionarie..

Come foglie al vento - Ep. 513 (R) by Nunzio Palermo

Episode: 513
Season: 03
Airdate: 03/04/2013
Creator/Writer: Nunzio Palermo

12, Edward Street – Salford
Denise fece accomodare David, Mackie e Nancy. La donna trovò strano che il St. Agnes si facesse avanti per avere notizie del bambino che sua figlia aveva adottato. Nancy chiese dove fosse sua figlia e il bambino. Denise sorrise. Disse che Sarah, sua figlia, era andata con suo marito al St. Agnes a prendere il bambino. Aveva due anni quando venne adottato. Mackie chiese se avesse una foto del bambino. Denise rispose di sì. Aveva una foto del bambino con i suoi genitori. Per David era una buona notizia per Judy.

Cedar’s Pub – Victoria Square
Renata, dopo aver bevuto la birra, dopo aver pagato, uscì dal locale. Marlena e Rebecca erano in attesa di aver notizie da Roger.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Per Nick era arrivato il momento di andare a lavorare al Cedars. Jennifer suggerì a Tom e Steven di andare al pub. Steven approvò l’idea. Jennifer prese la giacca e la borsa, pronta per uscire.

Victoria Square
Renata guardò l’orologio. Mancavano pochi minuti a mezzogiorno. Si guardò attorno e si avviò verso il Cedars. Per una casualità, non si incontrò con Tom, Steven e Jennifer che stavano arrivando da Cedar Street.

St. John’s Church – Wakefield
Anthony si presentò come pure Roger. Il prete a sua volta si presentò. Padre Brown li fece accomodare nel suo ufficio. Anthony e Roger lo seguirono.

12, Edward Street – Salford
Denise s’alzò. Si avviò presso la scrivania. Prese da un cassetto una fotografia. Sorrise. Erano anni che non vedeva questa foto, disse Denise. Nancy sorrise e chiese come mai. Denise cambiò tono di voce e disse che quando Sarah morì, la sua famiglia ebbe poi problemi con suo nipote Patrick.

Like leaves in the wind - Come Foglie Al Vento #513
©2013 – Nunzio Palermo













Sul lago dorato - 140° episodio by Nunzio Palermo







Sul lago dorato
Episode: 140 (15)
Season: 02
Date: 29/09/2017
Writer: Nunzio Palermo
Frank chiese a Doug se avesse scoperto qualcosa su Rebecca. Doug rispose di no ma che non
avrebbe mollato. Norman andò da Richard a chiedere di organizzare una veglia di preghiera per
Charlie. Richard rispose che l’avrebbe fatto e che tutta la cittadina era vicina a loro. Mac nel suo
ufficio lesse il resoconto di quanto accaduto nei giorni post catastrofe. Golden Lake prima della
catastrofe aveva una popolazione di 7065 abitanti. 15 morti e 5 dispersi tra cui Charlie. La cifra
sconvolse Mac. Nonostante la tragedia, bisognava andare avanti. Il mattino dopo il reverendo
Davenport era pronto per la veglia di preghiere per Charlie e per le vittime dell’innondazione.
Sul lago dorato # 139 © 2017 – Nunzio Palermo for WSO

giovedì 28 settembre 2017

Venti di verità - 3^ puntata - di Mauro Bertoli

Tra grida e urli di gioia e festa i calciatori tornarono nello spogliatoio; anche Daniele ci entrò e si mise sotto la doccia. all’uscire dal campo di gioco si ritrovò l’osservatore davanti al cancello.
« Buon giorno, signor Frettoli, ha tempo per discutere? Potrebbe presenziare pure il suo allenatore?» chiese, osservando qualcosa alle sue spalle. Daniele si voltò e vide il Mister avvicinarsi a grandi passi verso di loro.
« Salve signor Sinfonelli, sono il signor Arbettoli, osservatore per conto dell’U.S. Cruzzano, squadra militante in serie D. Ci siamo interessati al signor Frettoli dalla partita contro lo stesso Frantinate, all’andata. Allora eravate ancora in quinta posizione, ma nei mesi il ragazzo ci ha convinti del fatto che potrebbe fare al caso nostro. Gran velocità, buonissima tecnica e altruista quanto basta, ca­ratteristiche eccellenti per un ragazzo della Promozione. Potremmo parlarne seduti ad un tavolo?»
Daniele non aveva parole. Sarebbe stato il suo primo vero trasferimento e promettevano bene le premesse.
« Certo che possiamo parlarne, vuole venire a bere un caffè?» chiese Il Mister, piuttosto serio.
l’osservatore accettò e si diressero al bar a fianco lo stadio.
« Come vi dicevo prima la nostra squadra sarebbe interessata al suo giovane attaccante. La nostra società ha già pensato di compilare una bozza di contratto, da mostrare al giocatore e a lei» riprese il signor Arbettoli, consegnando dei documenti al Mister.
Questi osservò le carte e prese a leggere. Conclusa una rapida lettura alzò lo sguardo.
« Qui c’è scritto che lo vorreste acquistare da subito e questo devo rifiutarlo. Abbiamo dei problemi in attacco per colpa di un infortunio e Daniele ora è assolutamente indispensabile alla Selinese. Fosse stato per la fine della stagione potremmo ragionarci, ma in tal caso… devo rifiutare» concluse il Mister.
Daniele osservò i documenti, poi il signor Arbettoli e il Mister, poi di nuovo le carte sul tavolo.
« Sono disposti ad aumentare la cifra di 20000 euro, non oltre» ribatté l’osservatore, ma ancora non suscitò interesse nel Mister.
« No, mi dispiace ma non è cedibile per questa sessione di mercato. Abbiamo bisogno di lui» con­cluse, nuovamente, categorico.
« La avviso che stiamo osservando altri attaccanti e gli altri allenatori hanno aperto ad una trattativa, al contrario di lei. Per il mercato di fine campionato potrebbe essere troppo tardi».
« Di quanto parliamo, e quanto sarebbe il mio compenso?» avanzò per la prima volta Daniele.
Il suo allenatore lo guardò torvo ma lui cercò di non incrociare il suo sguardo.
« Posso darti del tu, Daniele?» e proseguì con un cenno di consenso del ragazzo. « Il Cruzzano sarebbe disposto a mettere sul piatto 50000 euro per te, Daniele, e non sono molti i calciatori per la quale avanzano così tanto. Se fossero disposti a lasciarti partire per questa sessione salgono anche a 60, ma non oltre» lo informò l’osservatore, « e il tuo guadagno sarebbe di 16000 euro annui, iniziali, esclusi eventuali piccoli bonus. Come ti avevo già detto un mese fa, se arrivassi a quindici goal stagionali, sono disposti già ad aumentare a 17000, circa, l’ingaggio».
Un sogno, pensò, calcolando che alla Selinese prendeva molto meno e doveva fare dei lavoretti per poter arrotondare.
« Mi dispiace Daniele, so che questo ingaggio è alto e pure per noi è un sogno prendere 70000 euro, ma non posso perderti proprio ora. Senza di te in squadra rischiamo di perdere le prime posizioni perché non abbiamo altri attaccanti della tua stessa qualità e Fede non è certo al tuo livello, e il presidente è d’accodo con me» disse al ragazzo, poi si voltò a parlare ancora con Arbettoli. « Devo rifiutare la vostra offerta, signor Arbettoli. Ne potremo discutere a fine stagione».
Non ci fu verso di convincerlo. L’osservatore dovette accettare il rifiuto e andarsene, non prima di aver salutato Daniele.

Epoca - 3° puntata - di Mattia Cattaneo






9 Ottobre 1919
Mi ero alzato di malumore quella mattina e vidi mamma che piangeva:”Che è successo?”-”Dillo a tuo padre..non sai come mi ha trattata..”-”Perché che ha fatto?..ma soprattutto dove è?”-”E' partito con il signor Tano e il signor Nino per Firenze per assistere all'adunata nazionale dei Fasci.non capisco se la sua fede politica si stia perdendo..”-”Oh Signore..devo fare un bel discorso con mio padre..”-”Lo penso anch'io..”-”Quel Mussolini non è un socialista..e lui sta fraintendendo il tutto..”;
Alla taverna molta gente parlava delle imminenti elezioni che si stavano per verificare; il mese prossimo si sarebbe votato; e mentre i socialisti sognavano il suffragio, bevvi un bicchiere di amaro da Nunzio:”Allora..ho sentito che tuo padre è andato a Firenze”-”Sì guarda..non lo dire a me..da quando è apparso sulla scena quel Mussolini chi lo ferma più..è convinto che possa cambiare l'Italia”-”bè vista la delusione dai socialisti..hai sentito poi a Torino della fiat..Giolitti vuole sempre mediare, e questa volta sembra esserci riuscito..”-”Parliamo d'altro..senti..mi sapresti indicare la strada per il convento di Santa Rita?”-”Uno come te in un convento??”-”Nunzio..devo riportare questo bracciale ad una ragazza che l'ha perso..”-”Ahh..e ti pareva che non ci fosse di mezzo una ragazza..ma quando metterai la testa apposto tu?”;
A villa Hessler, Luana stava parlando con Andrè:”Io pensavo di organizzare un ricevimento con i più grandi pittori di questo momento..che ne pensi?..Andrè?”-”Ehm..sì..credo che le elezioni siano da estendere a tutti..”-”ma che dici!..stavo parlando d'altro..ma dove hai la testa?..non ti piaccio?”-”Luana che dici..tu sei una bellissima ragazza..”-”Ma??”-”Nessun ma..sono un po' stanco, è il duro lavoro..”-”Sarà..speriamo che non ci sia una donzella nella sua testa che non sia io”-”Luana..lo sai bene che sono innamorato di te..però non chieder a tuo fratello di chiedere il consenso di mio padre..puoi farlo tu”-”D'accordo..supererò la mia barriera di timidezza..tutto questo perché ti amo”; i due si baciarono.
Raggiunsi il convento di S.Rita e una suora mi aprì il portone:”Desiderate?”-”Vorrei parlare con Giulia..”-”E voi chi siete?”-”Un amico..devo darle questo, lo aveva perso”-”Attendete..”-”Ciao Giulia..”-”Credevo non venissi più..”-”La mia casa dista un po'..come stai?”-”potrei stare meglio..dai andiamo a fare quattro passi”; vidi anche una bambina, era sua sorella, Daniela, che stava giocando nel cortile del convento:”E' da molto che sei qui?”-”No..ma scusa non mi va di parlare di me..”-”Tranquilla..scusa l'indiscrezione..”-”Volevo chiederti scusa per l'ultima volta che ci siamo visti..non volevo”.-”Giulia!!”-disse suor Clelia-”Clelia..”-”Dobbiamo andare”-disse rivolgendomi una severa occhiata-”D'accordo..ci rivediamo allora”-”Certo..”-”Ah, grazie del braccialetto..”; il suo sguardo oramai era memorizzato nella mia memoria, era lo sguardo di chi aveva sofferto, ma che era pieno d'amore da dare, ed io ero pronto a riceverlo si, ma anche a donarlo.
A novembre ci furono i preparativi per le elezioni politiche e mio padre tornò a casa arrabbiato:”Un illusione..lo sapevo”-”Papà che succede?”-”io e Nino abbiam capito che era tutto un illusione..quello ce l'ha a morte con i socialisti”-”Ti sei deciso a capirlo”-”Con tutto quello che abbiamo visto a Firenze..speriamo non ne escano vincitori dalle elezioni..”-”Papà stai tirando un po' troppo la corda mi pare..”-”Perché?”-”Con mamma..vai a scusarti..”-”hai ragione..sono stato maleducato..chiedo scusa anche a te..”;
Vittorio La Rocca e Letizia ricevettero la visita del dottor Heissler:”Si accomodi prego..”-”Grazie signora Letizia..c'è suo marito?”-”Certo è di là nel salone..prego l'accompagno”-”Conosco la strada la ringrazio”-”Signor Heissler..”-”Salve..”-”Prego si segga..”-”Sono venuto per parlarle di una questione importante..”-”Ovvero?”-”Lei sa che ho molti amici qui a Roma ed in particolare con qualche squadrista..”-”Io non voglio immergermi in quelle questioni”-”Mussolini vuole stabilire un accordo con voi industriali..lei è a capo anche di un associazione..”-”Cosa vorreste dire?..siate più esplicito”-”Mussolini vi sosterrà, e anche innalzandovi a tutti quelli che come lei lo potranno sostenere con delle sovvenzioni”-”Cosa??”-”Signor La Rocca..così facendo potrà sostenere una politica militare..con i socialisti non si va avanti..c'è bisogno di un segnale forte..Mussolini potrà cercare di convincere nel governo ad innalzare i salari..”-”Voi avete sentito quello che ha combinato?..le armi”-”Signor La Rocca..io credo sia un opportunità importante..ci pensi”;

2 Gennaio, 1920
Andrè entrò di colpo nello studio del padre:”Che succede?”-”Papà sei un grande..”-”Che dici?”-”Hai dato appoggio a Mussolini..”-”Senti questa notizia non deve trapelare..è chiaro?”-”papà.. sicuramente i socialisti falliranno, come già ora stanno fallendo su tutti i piani”-”Cos'è questo appoggio..”-”Papà ti devo dire una cosa..”-”Forza..”-”Ecco..vedi..mi sono tesserato al partito fascista”; Vittorio rimase a bocca aperta
Roma,23 Maggio, 1922

Erano passati due anni, molto velocemente sì ma le cose più o meno erano rimaste immutate; papà, Tano e Nino inveivano contro il fascismo che se nella “prima ora” voleva cambiare il paese, ora sembrava devastare tutti gli ostacoli che siponevano davanti al partito; Mamma e Carola andavano avanti indietro dalla chiesa facendo comunella con i signori Costante,mentre Celeste era andata in convento e lì aveva conosciuto Giulia...a proposito, io e Giulia ci siamo fidanzati..è una grossa novità, in questi due anni ci siamo conosciuti meglio..ci siamo sempre visti di nascosto da suor Clelia, che è molto protettiva con Giulia anche se non ho ancora ben capito perché..difatti Giulia non mi ha ancora detto niente sul suo passato..intanto Andrè, il figlio del capo aveva messo più volte gli occhi sulla mia ragazza e questo mi dava non poco fastidio...anche se aveva ufficializzato il suo fidanzamento con una certa Luana Heissler.

Tempo d'amare - 1074° puntata - di Mattia Cattaneo





Hanne è disperata per la fuga di Elga quando Jorge la contatta, forse si nasconde in un piccolo paese della Baviera ma hanno bisogno del loro aiuto. Terese arriva da Maxim e Gunther si scusa con lei per la scenata del giorno precedente. Peter si incontra nuovamente con Pauline e i due cedono alla passione…

Come foglie al vento - Ep. 512 (R) by Nunzio Palermo

Episode: 512
Season: 03
Airdate: 02/04/2013
Creator/Writer: Nunzio Palermo

Edward Street – Salford
Mackie, David e Nancy erano giunti davanti a una casa. Tipica casa in mattoni della classe operaia di fine anni cinquanta. Tutta Edward Street era in mattoni. David scese dalla macchina seguito da Mackie e Nancy. Nancy si guardò attorno. La strada era deserta, poi vide David avviarsi al n. 12.

St. John’s Curch –Wakefield
Anthony e Roger entrarono nella chiesa. Videro un prete. Attirarono la sua attenzione.

Vanessa’s House – 5, Fishermen Road
Vanessa era impaziente di avere ulteriori notizie da Dalton. Il crepuscolo di Myrna si stava avvicinando.

Nick and Tom’s House – 10, Cedar Street
Di Renata nessuna traccia nei vari B&B. Tom ipotizzò che Renata potesse aver usato un falso nome. Nick diede ragione a Tom. Steven disse che non sapeva come scoprire il nickname di Renata. L’unica alternativa, suggerì Jennifer, era quello di aspettare la prossima mossa di Renata.

12, Edward Street – Salford
David suonò alla porta. Attese. Poco dopo l’aprì una signora anziana. David si presentò e presentò anche Mackie e Nancy. David disse che venivano dal St. Agnes. La donna sorrise e li fece accomodare.

Cedar’s Pub – Victoria Square
Renata si recò al pub. Ordinò una birra. Si guardò attorno. Le piaceva. David le portò la birra ordinata. Rebecca era seduta al tavolo con Marlena. Era ansiosa di avere notizie da Roger. Rebecca la rassicurò.

12, Edward Street – Salford
Denise fece accomodare David, Mackie e Nancy. La donna trovò strano che il St. Agnes si facesse avanti per avere notizie del bambino che sua figlia aveva adottato.

Like leaves in the wind - Come Foglie Al Vento #512
©2013 – Nunzio Palermo












Come foglie al vento - Episodio 732 di Nunzio Palermo

   è presentato da   Come foglie al vento # 732 Episode 732 Season 4 Original Date ...