LA RESA DEI CONTI.
Valerio camminava furibondo e impettito verso casa. Ma non per Anna.
Di Anna, non gliene importava proprio niente! Ma nessuno trattava e umiliava
così Valerio! Quella dannata strega malefica di Chanel aveva escogitato un
piano diabolico e macchinoso per svergognarlo in piazza davanti a tutti e ci
era riuscita alla perfezione! Tutti si erano voltati a guardare Anna che urlava
e piangeva istericamente, tutti avevano fissato lui come se fosse un mostro,
ridendo, sogghignando e spettegolando alle sue spalle. Doveva ammettere che,
però, Chanel era una ragazza piuttosto ingegnosa! Nessuna era come lei. A prescindere
da tutto, però, non doveva farsi fregare da lei! Doveva restare concentrato e
farle il culo a strisce! Sapeva che avrebbero ricominciato con le ripicche e le
vendette spietate, ma non gli importava. Grazie a lei, sarebbe diventato lo
zimbello di tutta Urbino! Almeno, lui era stato più discreto nel tentativo di
farla rompere con Riccardo! Lei non si era regolata per niente! L’aveva fatto
appositamente, ne era sicuro! C’era quasi! Salì le scale come un posseduto,
aprì la porta e la richiuse sbattendola violentemente, facendo così tremare e
sussultare il povero Felice rintanato in camera sua, fingendo di non esserci
per non dover fare il Cenerentolo.
“CHANEL!” gridò Valerio come se fosse impazzito.
Si precipitò in corridoio e se la trovò davanti, la faccia di bronzo
che sorrideva sadicamente, simulando innocenza. Chanel era l’unica ad assumere
simili espressioni facciali.
“Sì, Valerio?” gli domandò smielata, come se nulla fosse accaduto.
“Come ti sei permessa di sabotare il mio appuntamento con Anna in quel
modo? E non fare la finta tonta! Ti ho riconosciuta su quelle foto!” urlò,
dando di matto.
“Ho semplicemente ricambiato il piacere. Non sei stato forse tu a
mandare quel bestione senza cervello affinché io rompessi con Riccardo?”
replicò lei con fare da saccente, sorridendo sadicamente.
“Non so di cosa tu stia parlando”, mentì Valerio, sbassando il tono.
Sentendosi preso in castagna.
“Lo sai benissimo, invece. Sai, l’ho cercato, quel bestione. Ho
scoperto chi è e dove trovarlo, così sono andata a fare quattro chiacchiere con
lui. Gli ho dato cinquanta euro, contro i venti che gli hai dato tu, per
convincerlo a dirmi la verità e guarda un po’! È venuto fuori che un certo
Tombolino Valerio, amico di un amico di un amico di un amico, gli aveva dato
venti euro per fare quello che ha fatto quella sera per farmi litigare con
Riccardo. Allora? Pretendevi che non te l’avrei fatta scontare, eh? Adesso,
dimmi perché l’hai fatto, brutto stronzo!” si arrabbiò Chanel.
“Io?” si difese Valerio. “E perché tu l’hai fatto?”
“Per vendetta. Così impari a intrometterti negli affari miei. Hai un
bel coraggio a essere arrabbiato con me, dopo quello che hai fatto!” protestò
Chanel.
“Almeno io sono stato discreto! Tu mi hai umiliato in piazza! Sei un
pezzo di merda, Chanel!” ribatté Valerio.
“Così impari! Lo sai che se mi fai io X, io ti ripago con 2X. La
prossima volta ci penserai bene, prima di pestarmi i piedi e intrometterti
negli affari miei! Non mi hai ancora risposto, però! Perché l’hai fatto?” urlò
Chanel.
“Beh, perché... Per farti dispetto, ecco!” balbettò Valerio
imbarazzato, non riuscendo ad ammettere la verità nemmeno con se stesso.
Chanel ammiccò. Aveva colto la sfumatura d’imbarazzo nella sua voce
incrinata. “Ma davvero?” Lo scrutò da capo a piedi e non poté fare a meno di
notare il suo sguardo basso e sfuggente. Imbarazzato per giunta. Un ghigno
sadico e compiaciuto prese vita sul suo volto vispo e furbo. “Aaaah, ho capito!
Non è che per caso ti sei innamorato di me?” lo freddò.
Valerio sussultò, le guance rosse come peperoni, non riuscendo a
impedire al calore di affluirvi, e scosse il capo cercando di apparire
convincente. “COOOOSAAAA? Ma come ti salta in mente una cosa del genere, eh?
Certo che hai un ego bello smisurato! E che fantasia! Io? Innamorato di una
strega malefica e perfida come te, tzè!”
“E perché no?” incalzò Chanel. “Io sono il massimo a cui un ragazzo
possa ambire. Sono bella, intelligente, simpatica finché non mi pesti i piedi,
carismatica... Insomma, ho tutto!” si vantò come un pavone che fa la ruota.
“Ma sentila! Chi ti credi di essere, strega?” replicò Valerio,
cogliendo la palla a sbalzo per cambiare discorso.
“La ragazza di cui ti sei innamorato!” insistette per farlo cedere.
“Ammettilo!”
“Taci tu! Non ammetterò ciò che non è vero!” urlò Valerio.
“Ah, no? Avevamo stretto una sorta di tregua, noi due. Perché
infrangerla con un dispetto del genere? Tu eri geloso di Riccardo, ho fatto
centro!” esclamò Chanel soddisfatta.
“No! Tu hai fatto un buco nell’acqua e basta!” si stizzì Valerio,
incrociando le braccia e battendo un piede a terra, come i bambini nel bel
mezzo di un capriccio.
“Ah, davvero? Che ci sarebbe di male ad ammetterlo? In fondo, io non
ho sabotato il tuo appuntamento con Anna soltanto per vendetta”, esordì Chanel.
“E allora perché?” le domandò Valerio, trovandosi spiazzato.
“Perché anch’io mi sono innamorata di te”, ammise Chanel, senza
togliersi il suo solito ghigno dalla faccia.
Valerio sgranò gli occhi come inebetito. Rimase imbambolato come un
cretino per qualche secondo, prima di gettarle le braccia al collo e baciarla
con foga, spingendola contro la parete. Finalmente aveva ammesso la verità con
se stesso e con lei. Si baciarono ancora e ancora, senza freni, senza
controllo, sfogando mesi e mesi di frustrazione e repressione. Poi, Chanel lo tirò
in camera e sbatté la porta.
Non c’è bisogno di dire come andò a finire e che razza di casino
combinarono sotto le lenzuola.
Felice si era rifugiato in camera a studiare. Mentre Valerio e Chanel
erano fuori, studiava in cucina, buttando continuamente l’occhio fuori dalla
finestra per vedere se uno dei due rientrasse. A un certo punto, aveva
intravisto Chanel con una parrucca biondo platino in mano, che si sistemava i
capelli, pertanto era corso in bagno per non doverci andare per un bel po’ e si
fiondò coi libri in camera, appena in tempo. Temeva che se lei lo avesse visto
in casa, lo avrebbe messo a fare il Cenerentolo come sempre. Perciò, meglio far
finta di essere a studiare in biblioteca e di non essere in casa. Lo chiamò e
lui non rispose. Rimase zitto-zitto, chiotto-chiotto per un po’, quando udì
Valerio rientrare e sbattere con violenza la porta. Poi, lo sentì gridare il
nome di Chanel come se fosse posseduto, aveva ascoltato parte della lite,
mentre urlavano, poi una porta che sbatteva e infine più niente per qualche
minuto. In quel momento, se ne stava sopra i libri, le orecchie aguzze per
cercare di capire quale diavoleria stessero combinando quei due, finché non
sentì strane urla e buffi gemiti provenire dalla stanza di Chanel. Con tanto di
botti continui e ritmati contro la parete.
“Ehi!” esclamò Felice, dimenticandosi del buon proposito di rimanere
zitto e chiotto per tutta la sera fino all’ora di cena. “Che diavolo state
facendo? Così demolite casa, no?”
“Tu cosa dici?” gli gridò Valerio dall’altra stanza. “Stiamo scopando,
no?”
Felice sgranò gli occhi, basito e sconcertato. C’era bisogno di fare
tanto casino per spazzare per terra e dare una ripulita veloce alla stanza?
C’era bisogno di sbattere continuamente sul muro e fare tutti quei versacci
stupidi? Non riuscendo proprio a capire, Felice afferrò il dizionario e iniziò
a sfogliarlo. Voleva vedere se, nella società moderna in cui viveva, il verbo
“scopare” assumesse qualche altro significato. Scorse col dito i vari vocaboli,
finché non trovò quello che cercava. E lesse ciò che lesse. Vergognoso e
pudico, sgranò gli occhi sconcertato e divenne rosso come un peperone, senza
neanche capirne il motivo. Ma quei due erano due sconci! Due sconsiderati! Due
spudorati! Come diavolo ci avevano pensato di fare una cosa simile in pieno
giorno, con lui in casa e dopo essersi odiati a morte per mesi e mesi? Non ci
capiva più niente!
“Oh, povero me!” pensò tra sé e sé. “Il mondo va a rotoli!” piagnucolò
disperato.
Perché sapeva che per lui tutto quello non avrebbe significato niente
di buono.
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