LUNA DI MIELE DA BISBETICI
Valerio stringeva a sé Chanel, dopo aver fatto l’amore con lei in
maniera piuttosto appassionata e selvaggia. Finalmente era in pace con se
stesso. E lei pure. Entrambi ridacchiavano sotto i baffi.
“Che c’è?” le domandò Valerio, dal momento che Chanel rideva in
maniera molto più marcata di lui.
“Niente! Pensavo a quel sempliciotto di Felice! Mi sa che l’hai
sconvolto!”
Le labbra di Valerio si curvarono verso l’alto a disegnare un sadico
sorriso. “Era proprio quello il mio scopo!”
“Sai, non credo che conosca il secondo significato del verbo scopare”,
dedusse Chanel.
“Lo credo anch’io. Ecco perché gliel’ho detto!” esclamò Valerio.
“Senti, io son stufa di star rinchiusa qui, a scambiarci tutte queste
smancerie! Perché non usciamo un po’?” propose Chanel.
Valerio ci pensò su. “Sì. Sì, perché no? Anche perché in questo
lettuccio si sta piuttosto stretti.”
“Perché non ti trasferisci nella mia stanza? Due letti, qui, ci stanno
senza problemi! E avanza pure un sacco di spazio!”
“Già... Dal momento che questa era la mia stanza!”
Valerio e Chanel si scambiarono uno sguardo complice ed esplosero a
ridere, ricordando l’aneddoto della prima serata in cui era arrivata Chanel.
Quando avevano litigato per la stanza.
“A dire il vero, io l’avevo rubata a Felice!” ammise Valerio.
Chanel rise.
Era così bella, quando rideva, pensò Valerio. “Allora, vado a spostare
il letto e lo porto qui”, le disse, invece.
Si alzarono e si rivestirono. Valerio fece per aprire la porta, ma
Chanel lo afferrò per la mano e lo fermò, scuotendo il capo, il visetto furbo e
il sorriso sadico.
“Aspetta... Facciamolo spostare a quel ciambotto di Felice”, gli
propose melliflua.
Il volto di Valerio si contorse in un’espressione sadica e complice al
tempo stesso. “Già... Ottima idea! Davvero ottima!”
Aprirono la porta ed entrarono nella stanza di Felice senza nemmeno
bussare.
Felice sollevò il capo dai libri, gli occhiali a culo di bottiglia
perennemente incollati alla faccia, e li guardò terrorizzato e confuso. Quei
due si stavano tenendo per mano! Oh no! Che guaio! Si erano fidanzati e si
sarebbero sicuramente coalizzati contro di lui! Oh no! Cercò di mantenere la
calma per quanto gli fosse possibile.
“S-sì?” balbettò il poveretto, simulando a stento una calma che in
realtà non aveva.
“Vieni con noi, Felice”, gli ordinò Chanel, melliflua e sdolcinata, il
sorriso sadico che accendeva i suoi occhietti vispi di furbizia.
Il povero Felice si alzò e obbedì, deglutendo, temendo il peggio. Il
trio si fermò davanti alla stanza di Valerio.
“Prendi il letto di Valerio e spostalo in camera mia. Adesso”, gli
ordinò con il medesimo tono di poc’anzi, mentre Valerio si godeva la scenetta,
ridendo sotto i baffi.
“M-ma peeeerché?” le domandò il malcapitato Felice.
“Perché Valerio è il mio ragazzo. E dorme con me”, specificò Chanel.
“C-coooome? Fi-fino a i-iiiiiiii-eri v-vi oooodivaaaate e, e ora v-vi
sieeeete f-fidanzaaaati?”
“Non sono affari che ti riguardano”, lo freddò Chanel.
“Ma voi non siete fatti per stare insieme! Siete e sarete sempre come
cane e gatto!” esplose il povero Felice. A suo rischio e pericolo.
Valerio sbottò. “Come ti ha detto la mia ragazza, non sono affari che
ti riguardano!” esclamò, per poi dargli un bel calcio nel sedere, facendolo
cadere sul letto a pancia in giù, come uno straccio. “E ora sposta quel letto!
Altrimenti ti prendo a calci in culo e di sbatto fuori casa! Una bella
dormitina all’aperto in pieno inverno tempra il corpo e rinfresca la mente,
caro Felice...” gli disse sadico.
“E senza cappotto”, aggiunse Chanel, con sguardo complice.
Felice incassò il colpo e si sbrigò ad alzarsi. Iniziò a spostare il
letto, lamentandosi di continuo perché era un lavoro troppo pesante per lui,
mentre Valerio e Chanel lo deridevano spudoratamente, dicendogli che non era
neanche degno di essere considerato un uomo. Il povero Felice impiegò diversi
minuti per adempiere all’impresa, sudando sette camicie come se si fosse
allenato in sala pesi per più di due ore consecutive.
“Così ti vengono un po’ di muscoli, no?” lo prese in giro Chanel.
“Bene. Adesso andiamo!” esclamò, strizzando l’occhietto a Valerio, che le
sorrise sadicamente.
Avevano in serbo una bella sorpresa per Felice.
“Dove?” domandò Felice.
“Andiamo a cena fuori, no? Sei invitato, Felice! Dobbiamo festeggiare
il nostro fidanzamento, no?” disse Chanel, mentre Valerio s’infilava il
cappotto.
“Non fare il maleducato”, incalzò Chanel. “Che fai? Rifiuti un invito
a cena fuori dei tuoi coinquilini?”
“No, no! V-vengo subito!” esclamò Felice.
Indossati i cappotti, uscirono e Valerio e Chanel, lo caricarono in macchina
e Chanel guidò alla James Hunt fino a Pesaro, caricando di adrenalina Valerio e
facendo morire d’infarto il povero Felice, che era già in preda a una crisi di
panico piuttosto marcata. Andarono in un ristorante di lusso in centro e
ordinarono una cena a base di pesce. Tutto sembrava andare bene. Valerio e
Chanel conversavano tranquillamente del più e del meno, come persone normali,
coinvolgendo persino Felice di tanto in tanto, a tal punto che Felice si
rilassò e sembrò volersi godere la serata. Magari, il fidanzamento li aveva
rincitrulliti e li avrebbe pian piano trasformati in persone normali.
Che illusione! A fine cena, Valerio e Chanel si alzarono all’unisono.
“Noi andiamo. Ciao-ciao, Felice!” esclamarono in coro, prendendolo in
giro.
“Ma, ma, ma, ma...” balbettò, vedendosi piantato in asso. “E qui chi
paga?”
“Arrivaci, testa di rapa, zucca vuota che non sei altro! Tu, no?”
disse Valerio con nonchalance, prendendo Chanel per mano, già sulla soglia
dell’uscita del ristorante.
“E io come torno a casa?”
“Coi mezzi pubblici, no?” rispose Chanel, richiudendo la porta del
ristorante alle sue spalle.
Non passarono neanche dieci secondi, che giunse il cameriere a
chiedere il conto. Ma Felice, in tasca, non aveva un soldo. Non aveva fatto
neanche in tempo a prendere il portafoglio, a dire il vero! Così, il cameriere
chiamò il direttore, che di vide costretto a chiamare a sua volta la polizia.
Il povero Felice, sudando freddo e sentendosi mancare per il grosso
guaio in cui quei due bisbetici disgraziati lo avevano cacciato, dovette
balbettò con il direttore e le forze dell’ordine, cercando di spiegare come
meglio poteva la situazione, e, alla fine, ottenne di poter chiamare il padre.
Il pover’uomo, furibondo con il figlio per essere sempre uno spilorcio, riuscì
a convincere la polizia a non arrestarlo e il proprietario a ritirare la
denuncia, in quanto avrebbe fatto lui stesso un bonifico al ristorante il
mattino seguente. Alla fine, dopo diverse ore, il povero Felice fu scagionato
e, non avendo nemmeno i soldi per i mezzi pubblici, venne riaccompagnato a
Urbino da due poliziotti.
Lo sapeva che il fidanzamento di quei due non gli avrebbe portato
nulla di buono!
Valerio e Chanel erano tornati a casa nel giro di venti minuti. Non
fecero altro che ridere e scherzare sullo scherzo che avevano fatto a quel
deficiente di Felice. Però, dopo poco giunse la noia. Così Chanel propose di
andare prima al cinema e poi a ballare, lei che era sempre festaiola e
nottambula, e Valerio, per la prima volta, si lasciò andare al divertimento
sfrenato proposto da Chanel e la seguì a ruota. Al cinema, scelsero una
commedia e risero a crepapelle, lanciando persino i pop-corn diverse file più
in giù, disturbando così la visione a diverse persone e senza mai essere
beccati per giunta! Dopo il cinema, andarono a ballare in discoteca, dove si
cimentarono in sensuali balli alla Dirty Dancing, baciandosi di continuo,
scambiandosi effusioni molto più che appassionate, dando così sfogo a tutta
l’attrazione represse che fin da subito avevano provato l’uno verso l’altra.
Finalmente, non dovevano più mentire agli altri, né a loro stessi e, proprio
mentre ballavano, vennero interrotti da due persone dall’aria vagamente
familiare. Valerio si staccò da Chanel, l’aria truce e seccata, pronto a
inveire contro l’essere che aveva osato tanto, ma...
“Anna?” si sbigottì Valerio.
“Riccardo?” gli fece eco Chanel.
“Già, proprio così. Siamo qui con un gruppo di amici”, spiegò
Riccardo. “Ma che cosa diavolo state facendo? Voi due non vi odiavate?”
“Hai mai sentito parlare di convivenza tra amore e odio?”
Riccardo annuì col cipiglio alzato.
“Direi che ti sei risposto da solo”, disse Valerio.
“Ma Chanel, perché mi hai fatto quel dispetto?” le domandò Anna,
ancora turbata da quel brutto pomeriggio di poche ore prima.
“Per vendetta contro Valerio, dal momento che è stato proprio lui a
farmi rompere con Riccardo, e per gelosia”, ammise finalmente Chanel.
“Vale lo stesso anche per me. Ero geloso. Molto geloso”, confessò
Valerio a Riccardo.
“Beh, che dire?” disse Riccardo. “Dio li fa, poi li accoppia, no?”
“Comunque, finché siamo stati insieme, Riccardo, io non ti ho mai
tradito”, lo rassicurò Chanel.
“Idem, Anna”, aggiunse Valerio.
Riccardo e Anna annuirono.
“Forse”, esordì Anna. “Era destino che le cose andassero così. Vi
auguro ogni bene.”
“Anch’io. Magari, non so, potremmo restare tutti amici, no?” propose
Riccardo.
“Sì, perché no?” se ne uscirono in coro Valerio e Chanel.
Il quartetto fece un cenno di assenso di circostanza e rimase per
qualche istante in silenzio, mentre l’imbarazzo aleggiava intorno a loro.
“Beh, allora? Cosa aspettiamo? Andiamo a divertirci!” esclamò Chanel,
riprendendo a ballare.
Valerio la seguì in pista e lo stesso fecero Riccardo e Anna. Mentre
ballavano, Chanel e Valerio si scambiarono uno sguardo complice. Che Riccardo e
Anna sarebbero finiti col mettersi insieme? In fondo, avevano lo stesso
carattere!
“Tutto è bene quel che finisce bene”, le urlò Valerio nell’orecchio
per sovrastare il gran frastuono della musica assordante.
“Già, ma non per Felice!” gridò Chanel, altrettanto forte per farsi
sentire.
Entrambi esplosero a ridere e si godettero la serata di divertimento
sfrenato proposta da Chanel.
Quando rientrarono a casa, alle due e mezza passate, Felice dormiva
come un angioletto già da un po’, estremamente provato da quel brutto colpo
basso che gli avevano tirato qualche ora prima. Non appena varcarono la soglia
di casa, Chanel sbatté sonoramente la porta di casa per dispetto. Lei e Valerio
si fiondarono in camera, urlando, ridendo e scherzando. Fecero a cuscinate, si
rincorsero giocando per tutta casa, giusto per svegliare il povero Felice. E ci
riuscirono! Il poveretto dovette sorbettarsi tutto il loro baccano in silenzio,
senza fiatare, altrimenti chissà che cosa gli sarebbe successo! Non ne poteva
più! Sarebbe arrivato a fine anno con un marcato esaurimento nervoso!
La serata si concluse con Valerio e Chanel che finirono nuovamente a
letto. In maniera molto sonora e rumorosa. E il povero, malcapitato Felice
rimase sveglio ancora per un bel po’. La mattina, staccò la sveglia,
impossibilitato dallo svegliarsi, si alzò alle dieci con una crisi di panico
per aver saltato le lezioni e, come ciliegina sulla torta, sia Valerio, che
Chanel erano a casa, per fargli dispetto, gli occuparono il bagno a turno per
più di un’ora, tanto che alla fine Felice fu costretto ad andare a lezione
senza nemmeno lavarsi faccia e denti. Senza nemmeno aver la possibilità di
andar di corpo.
Dalla padella, era passato alla brace.
Non aveva scampo.
E giugno era ancora moooolto lontano...
Nessun commento:
Posta un commento