sabato 22 dicembre 2018

DUE BISBETICI ALLA RISCOSSA!!!! - 15° E ULTIMA PUNTATA - di Ambra Tonnarelli

LA BEFFA DEL DESTINO

Come andò a finire? Beh, dipende dai punti di vista! Per Valerio e Chanel filò sempre tutto liscio come l’olio, grazie al loro muso duro e alla loro complicità: per quanto riguarda Felice... Tentò per cinque anni di studi universitari di liberarsi di Valerio e Chanel, ma invano. Ogni qualvolta trovasse un nuovo appartamento, Chanel e Valerio puntualmente lo rintracciavano, avendo spie e complici sparsi per tutta Urbino, e, di conseguenza, prendevano casa con lui. Per cinque anni, Felice fu destinato a far loro da Cenerentolo, subendo continuamente le loro malefatte e i loro soprusi, e, dopo la laurea, sparì.
Una volta conclusa l’università, Valerio e Chanel si trasferirono insieme a Roma e aprirono una palestra in società chiamata “Chaerio”, i cui affari decollarono nel giro di pochissimo tempo. Divennero ricchi sfondati, insomma! E rimasero sempre i soliti! Nonostante la complicità da innamorati, il vecchio istinti da bisbetici permase e questo li portava spesso a litigare e a punzecchiarsi di continuo. Ma, alla fine, si riappacificavano sempre. Erano come cane e gatto, si azzuffavano di continuo, anche ricorrendo ai vecchi dispetti e alle antiche ripicche, ma non c’era l’uno senza l’altra. Dopo qualche ora dalla lite, Valerio ricercava Chanel e Chanel ricercava Valerio. Andarono subito a convivere a Roma, dopo aver concluso l’università e all’età di trentacinque anni, decisero finalmente di convolare a nozze.
E, badate bene, non fu un evento facile da organizzare...

Valerio si sedette a tavola a fare colazione nel maestoso e immenso giardino della sua villa, pensando a quale meta fosse adatta alle sue esigenze per il viaggio di nozze. Già puntava a località turistiche verso il Nord Europa, verso l’arte e la cultura, pur sapendo che avrebbe dovuto di nuovo litigare con Chanel. Avevano già litigato per tutto, dalla chiesa alla location per il pranzo di matrimonio, dalla lista di nozze agli invitati... Alla fine avevano estratto a sorte e, puntualmente, Valerio aveva sempre perso. Ancora non riusciva a spiegarsi come diavolo Chanel potesse avere la fortuna che girava dalla sua parte ogni singola volta. Faceva lo stesso, pensò! Era certo che, quella mattina, l’avrebbe spuntata.
“Buongiorno, amore!” lo salutò Chanel radiosa e rilassata, sedendosi davanti a lui, a tavola, in giardino.
“Buongiorno a te, tesoro”, ricambiò lui. “Stavo pensando al viaggio di nozze...”, esordì.
Ma non fece in tempo a continuare.
“Io vorrei andare alle Maldive o alle Seychelles!” esclamò Chanel, interrompendolo, entusiasta solo all’idea di passare una luna di miele immersa nel caldo, nel sole e nel lusso, circondata dal suono del dolce far niente.
“Cosa?” sbottò Valerio. “No! Io pensavo alle città d’arte del Nord Europa!”
“Sei sempre il solito lagnoso noioso! Andremo ai tropici!”
“No! Dannata strega maledetta! Andremo nel Nord Europa!”
“Ho capito”, se ne uscì Chanel col solito sorrisetto sadico sulle labbra. “Estrarremo a sorte!”
Valerio annuì con aria di sfida. “Ci sto!”
Come al solito, Valerio preparò due biglietti con scritto Valerio e Chanel, ignorando la presenza del terzo biglietto nella manica di Chanel.
Ovviamente perse. E non si accorse di nulla.
“Sì!” esclamò vittoriosa Chanel.
Valerio mise il broncio e incrociò le braccia seccato. “Tu bari”, grugnì a un certo punto.
“Pensala come vuoi”, lo freddò Chanel. “Tanto ho vinto io! Non posso farci niente, sai, se sono nata con due camicie!”
“Già”, bofonchiò Valerio.
“Comunque, ci andremo a Natale, nel Nord Europa, se può farti piacere”, gli concesse lei magnanimamente.
In fondo, le faceva pena!
Valerio annuì. “Ci sto! Affare fatto!”
“Allora, Seychelles o Maldive?”
“Maldive!” esclamò Valerio.
Ma Chanel scosse il capo. “Seychelles!” ribatté col solo scopo di contraddirlo e litigare ancora.
Una bisbetica indomata resta sempre una bisbetica indomata.
“Maldive”, incalzò Valerio.
“Seychelles!” insistette Chanel.
“Maldive!”
“Seychelles!”
“Maldive!”
“A sorte!” esclamò Chanel.
“D’accordo, Strega Maledetta! A sorte!” convenne Valerio, certo di vincere almeno una volta.
“Allora, riprepara i biglietti, Nano Da Giardino!”
Valerio si rimise all’opera. “Credevo che l’avessi constatato più volte in questi anni, cara la mia Strega Maledetta, che nella botte piccola c’è il vino buono!”
Chanel rise. “Vero. Ma ce n’è anche poco!” lo prese in giro lei. “Caro il mio Nano Da Giardino!” concluse con enfasi, calzando sul nomignolo.
Valerio scosse il capo con fare rassegnato e rise con lei.
Gettò i biglietti sul tavolino e perse.
Scosse di nuovo il capo con fare rassegnato.
Doveva trovare un’altra strategia per farla franca, ma, dopo tanti anni, non l’aveva trovata.

Giunse il giorno delle fatidiche nozze. Valerio indossava un abito classico da perfettino, che ricalcava perfettamente la sua personalità, al contrario del vestito di Chanel. Si presentò all’altare in netto ritardo, con l’acconciatura in disordine e l’aspetto trafelato, con un abito pomposo e regale che non si addiceva minimamente ai suoi modi di fare da tornado vivente. Valerio l’attendeva seccato davanti all’ingresso della chiesa, lo sguardo truce e seccato, ma con quel sorriso da canaglia e quegli occhietti vispi, non fu in grado di dirle nulla. Si limitò a porgerle il braccio per accompagnarla all’altare, lanciandole un’occhiataccia, spodestando così il ruolo del padre di lei, che venne spudoratamente messo da parte. Camminarono lungo la navata, dopo che i parenti ebbero preso ognuno il proprio posto, e raggiunsero l’altare.
Un prete dalle spalle un po’ curve e gli occhiali a culo di bottiglia, dall’aria vagamente familiare li raggiunse.
“VOI QUI?!” si stupì il giovane prete, sgranando gli occhi.
“Felice?” se ne uscì Valerio con aria meravigliata.
“Ma ti sei fatto prete!” esclamò Chanel con aria canzonatoria. “Giusto quello potevi fare!” aggiunse, suscitando le risa sommesse di Valerio.
“Ma dov’è Don Francesco?” domandò Valerio, dal momento che era con lui che aveva preso accordi per il matrimonio.
“È malato”, rispose Felice. “Lo sostituisco io. Spero che abbiate già confessato tutti i vostri peccati”, aggiunse, riferendosi alle loro continue malefatte durante i cinque anni di università.
“Di quali peccati stai parlando, Felice?” gli domandò Chanel, simulando un’innocenza che in realtà non aveva.
“Si starà riferendo a tutte le scopate che ci siamo fatti abusivamente, quando eravamo coinquilini all’università!” s’intromise Valerio, suscitando l’ilarità di tutti gli invitati.
“No”, disse secco Felice. “Mi sto riferendo a tutti i dispetti e le cattiverie che mi avete fatto, quando studiavamo insieme!”
“Su via, Felice! Per quattro scherzetti innocenti! Non ci porterai mica rancore?” replicò Chanel melliflua.
“Ora basta, Felice! Sei sempre il solito frignone rompipalle! Vedi di cominciare la funzione, ché Chanel ci ha già fatto fare abbastanza tardi!” li interruppe Valerio.
“Ma cosa vi sposate a fare che siete diversi come il giorno e la notte? Come farete ad andare d’accordo? Voi vi odiavate!” protestò Felice, ingenuo come sempre, non avendo ancora imparato la lezione del tenere la bocca chiusa al momento opportuno.
Valerio sbottò come al suo solito. Afferrò il povero e malcapitato Felice per il colletto con aria minacciosa e infuriata. “Questi non sono affari che ti riguardano. Ora, sposaci, pezzo d’imbecille che non sei altro, o ti faccio ingoiare le ostie tutte intere. E vedi di non fare la predica troppo lunga”, gli sibilò, mentre tutti gli invitati ridevano sotto i baffi, scambiandosi sguardi complici come per dire: “Siamo alle solite!”
Felice deglutì, tremolando, e incassò il colpo, come sempre. Erano passati tanti anni, ma lui non era cambiato di una virgola! Si limitò ad annuire e a cominciare la messa. “C-c-ca-cari f-fratelli”, esordì con la voce che tremolava proprio come lui. “Siamo q-qui r-riuniti oggi nella c-c-c-casa del Signore per celebrare l’unione in maaaatrimonio di questi due figli diiii D-Dio: V-Va-Valerio e-e-e-e Ch-Chaaaanel”, balbettò.
“Smettila di balbettare e muoviti, femminuccia”, gli ordinò Valerio a denti stretti, tirandogli un pistatone sul piede, facendo ridere Chanel.
“Signor sì, Signore! Eseguo!” esclamò Felice, in tono da soldato semplice, impacciato e impaurito, facendo ridere tutti i presenti, che già sotto i baffi si burlavano di lui.
Felice riprese la cerimonia, cercando di stare attento il più possibile a non balbettare, fino al momento della lettura dei sacri testi e della predica... Che tirò molto per le lunghe.
Stufi di aspettare, Valerio si tirò su le maniche della giacca ed era pronto a partire alla volta del leggio, quando Chanel lo afferrò saldamente per un braccio, il sorrisetto sadico stampato in volto. Valerio ricambiò lo sguardo con complicità, avendo già intuito cosa Chanel stesse pensando di fare.
Mentre Felice era tutto intento e preso nella sua predica rivolto ai presenti, Chanel fece cenno ai testimoni di avvicinarsi di soppiatto. Tanto quello scemo di Felice era così tonto, che non si sarebbe accorto di nulla! Chanel si fece dare un elastico e dei fazzoletti di carta e li passò a Valerio, che ne fece tante palline. Le nascose nel pugno e, lontano dallo sguardo assente di Felice e davanti agli occhi di tutti i presenti, le passò a Chanel, mentre già tutti i presenti ridevano sotto i baffi. Ma Felice era così preso nella sua predica che non si accorse di nulla. Finché non gli arrivò la prima pallina in faccia. Finalmente, s’interruppe e si guardò intorno con aria basita e furtiva. Ma nessuno si muoveva. Tutti mostravano facce di pietra, imperterrite e compunte. Felice riprese la predica come se nulla fosse accaduto, quando Chanel gli lanciò la seconda pallina con l’elastico, a mo’ di fionda. Colpendolo in pieni occhiali. La terza e la quarta gli arrivarono direttamente in bocca.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere.
“Anche in chiesa, nel luogo sacro, casa del Signore! Non avete rispetto nemmeno per il povero prete, Don Felice! Siete sempre i soliti bisbetici!” piagnucolò il malcapitato Felice.
“Valerio te l’aveva detto di non fare la predica troppo lunga! Noi saremo sempre i soliti bisbetici, ma tu sei sempre il solito frignone rompipalle!” esclamò Chanel melliflua.
“Ora, arriva al dunque, Ciambotto!” gli ordinò Valerio in tono perentorio.
“Sì, sì, sì, sì!!!!” eseguì Felice. “Allora, vuoi tu, Chanel, prendere il qui presente Valerio come tuo legittimo sposo?”
“Sì, lo voglio”, rispose secca Chanel, con tono da saputella.
“E vuoi tu, Valerio, prendere la qui presente Chanel come tua legittima sposa?”
“Sì, lo voglio”, replicò Valerio.
“Benissimo! Allora, per mezzo dei poteri a me conferiti, io vi dichiaro marito e moglie, puoi baciare la sposa!” dichiarò Felice a macchinetta, non vedendo l’ora di liberarsi di loro.
Valerio baciò Chanel con grande passione col solo scopo di prendersi gioco di Felice, per poi prenderlo e trascinarlo con loro al pranzo.
Si rise e si scherzò a crepapelle, Felice si ubriacò, poi, dopo aver mangiato la torta, tutti gli invitati sparirono, lasciando Felice da solo.
“Signore?” lo chiamò un cameriere.
“Sì? Hic!” rispose Felice, già ciucco marcio.
“Signore, qualcuno deve pagare il conto e qui c’è rimasto soltanto lei”, gli disse il cameriere.
“Il conto? Hic! Ma come faccio a pagare? Hic! Io sono il prete!” biascicò Felice.
“Qualcuno dovrà pur pagarlo, questo pranzo di nozze”, gli fece notare il cameriere, già d’accordo con Valerio e Chanel. “Ci rivolgeremo alla curia, allora. O devo chiamare le forze dell’ordine?”
“No, no! Meglio la curia!” si spaventò Felice, ancora memore dello scherzo di pessimo gusto subito in gioventù.
Poi, svenne.
“Questo non l’avevamo previsto”, disse il cameriere. “Altro che la curia! Qui, ci tocca chiamar l’ospedale!” Evviva gli sposi!” esclamò.

FINE.

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