Valentina si alzò piuttosto presto l’indomani, all’alba per
l’esattezza. Aveva come sempre una giornata molto più che piena, nella quale
voleva ricavarsi anche del tempo per sé. Riteneva che fosse un diritto vivere
per se stessi e non per il dovere, almeno una volta al giorno. O anche di più,
perché no? Una volta in piedi, si preparò la colazione con la velocità di un
ghepardo e la divorò con la voracità di una leonessa, lavò i piatti, indossò la
tuta sportiva estiva composta da top e calzoncini bianchi e scarpe da
ginnastica per andare ad allenarsi sulla spiaggia. Lo sport le era sempre
piaciuto e ne aveva provati anche diversi da bambina, prima di appassionarsi
alla ginnastica artistica, tanto da volerci costruire una carriera. Ma le cose
non andarono come previsto. Dopo tante vittorie e una medaglia ai mondiali,
c’era stato quel terribile infortunio in gara che le aveva cambiato la vita per
sempre. Aveva dovuto rinunciare all’agonismo e a tutto ciò che ne conseguiva.
Dopo il primo momento di angoscia e disperazione, si era fatta forza ed era
andata avanti. Si era iscritta all’università e si era laureata in scienze
della formazione. Aveva lavorato come insegnante per qualche tempo, amando
stare con i bambini, ma dopo un paio d’anni, aveva capito che non era quella la
sua strada. Così, si era licenziata, trovando lavoro per mantenersi in un
negozio di articoli sportivi come commessa e, stando di nuovo così vicina al
mondo dello sport, aveva deciso di rimettersi in gioco, ripartendo da zero.
Aprendo un negozio di articoli sportivi. Sperava di potersi mettere
completamente in proprio, ma non sarebbe mai riuscita a coprire tutte le spesa
da sola, così si era vista costretta a trovarsi un socio. E, tanto per rendere
le cose più interessanti, come ciliegina sulla torta le era capitato il
classico latin-lover che riteneva se stesso il fascino in persona, il massimo
oggetto di desiderio, che si era invaghito di lei. A quanto pareva, attirare le
attenzioni sbagliate era sempre stato il suo forte. Mentre si sottoponeva a una
pesantissima sessione di cross-fit sulla spiaggia, non poteva fare a meno di
pensarci. Era consapevole che gli uomini la stra-corteggiassero per la sua
bellezza da dea greca, ma non ne era per niente felice. Spesso, malediceva
quella stessa bellezza che moltissime le invidiavano. A quanto pareva, non
riusciva mai ad attrarre uomini che non fossero latin-lover o che la
corteggiassero per altre qualità che possedeva. Aveva provato ad avere un paio
di relazioni serie, dopo aver lasciato l’agonismo, ma erano naufragate
entrambe. Perché era così che andava. All’inizio, veniva corteggiata per la sua
bellezza, poi, quando gli uomini scoprivano che era la cosiddetta femmina alfa,
forte, intraprendente e determinata, che avrebbe potuto mettere in ombra e
sminuire la loro virilità, si spaventavano e finivano col lasciarla. Diciamo
che la sua esuberanza e la sua grinta intimorivano molti. Anzi, tutti.
Perlomeno, quelli con cui aveva avuto a che fare durante tutta la sua vita.
Cercò di distrarsi e di non pensarci. Da sempre, era ottimista: prima o poi
avrebbe incontrato qualcuno che non si fosse soffermato solo sulla sua bellezza
e che non sarebbe stato spaventato dalla sua personalità dominante.
Dopo l’allenamento si fece una doccia veloce e andò in ufficio per il
colloquio di lavoro che aveva indetto con lo scopo di trovare un commesso o una
commessa. Parlò con ragazzi e ragazze, uomini e donne di tutte le età fino alle
sei della sera, ma nessuno la convinse pienamente. Come al solito, ricercava il
meglio del meglio. Non voleva semplicemente qualcuno che s’intendesse di
articoli sportivi, ma ricercava anche una certa professionalità nelle persone
che esaminava. E professionalità significava per lei competenza, puntualità,
onestà e sincerità, bella presenza e la giusta dedizione al lavoro. Dopo aver
tenuto colloqui dalla mattina alle otto e mezza fino alla sera alle sei con
solo mezz’ora di pranzo, per dieci giorni di seguito, quella sera decise di
andare in spiaggia per distendersi i nervi e staccare un po’ la spina. Claudio
si faceva sentire in continuazione, ogni scusa era buona per chiamarla o
mandarle messaggi galanti su Whatsapp, sempre concernenti l’apertura del
negozio, certo, ma pur sempre dai toni piuttosto galanti. E già non ne poteva
più! Ma per chi l’aveva presa, quel Claudio? Per una bambolina di porcellana da
conquistare e da gettare via come spazzatura, non appena ne comparisse
un’altra? Come odiava quel genere di uomini! Così frivoli, così superficiali,
così irrispettosi dell’essere donna! Ma proprio a lei doveva capitare un
elemento del genere per socio? Quante probabilità statistiche esistevano di
incappare in società con uno come lui? Meno di zero, ovvio! Era sempre la solita
sfortunata. Stese l’asciugamano sulla battigia e si stese sotto il sole rosso
al tramonto, massaggiandosi le tempie, quando un cane, un buffo bassotto per
l’esattezza, le rovesciò la borsa da mare, iniziando a rovistarvi dentro col
muso.
“Ehi!” esclamò Valentina in preda allo stupore. “E tu da dove salti
fuori, salsiccia?” domandò all’animale, prendendolo in braccio e allontanandolo
così dalla borsa.
Certo non credeva che i bassotti potessero essere tanto pesanti! Notò
che aveva un collare al collo, ma non fece nemmeno in tempo a esaminarlo che
una voce maschile la raggiunse.
“Signorina!”
Sollevò lo sguardo e vide un ragazzo dal fisico slanciato e atletico
correrle incontro sbracciando, i capelli biondini e ricciolini scompigliati
dalla corsa, gli occhi azzurri e il viso pulito.
“Mi perdoni, signorina”, ripeté educatamente raggiungendola.
“È suo questo cane?” gli domandò lei, sorridendogli.
Lui annuì. “Purtroppo sì. Questo pozzo senza fondo è mio. Lo stavo
portando a fare una corsetta sulla spiaggia, ma deve aver sentito l’odore del
cibo ed è schizzato via. Non sono riuscito a trattenerlo e mi scuso con lei, se
le ha arrecato disturbo.”
Valentina sorrise, non sfuggendole di certo come fosse ben educato
quel giovane. Parlava anche piuttosto bene, doveva ammettere. Non era di certo
un cane buffo come quello a farla arrabbiare. “Ma si figuri! Ha dire il vero,
mi ha fatto solo sorridere! In effetti, devo ammettere che il suo cane ha un
ottimo olfatto. Mi sono avanzati un paio di panini nella borsa!”
Il ragazzo rise di gusto. “Dovevo immaginarlo! Questo cane è peggio di
un bidone della spazzatura! Mangia di tutto e sente il cibo a chilometri di
distanza!”
Valentina rise di gusto. “Le ripeto, ha un ottimo olfatto!”
Il ragazzo scosse il capo. “Non si faccia ingannare dalle apparenze:
ce l’ha solo per il cibo!”
“Come si chiama?” gli domandò lei.
“Würstel”, le disse lui.
“Beh, io gli ho dato della salsiccia, quindi, direi, che ci sono
andata vicina!” scherzò Valentina.
“Era tra le opzioni. Il nome l’ha scelto la figlia di mia sorella, la
mia nipotina di nove anni”, le raccontò lui.
Valentina si alzò in piedi, restituendo il cane al giovane. “È
azzeccato, direi. Io sono Valentina, piacere di conoscerla.”
“Alessio, piacere mio”, si presentò lui.
Si strinsero la mano e rimasero in silenzio per qualche istante.
“Viene spesso qui?” buttò lì Valentina per rompere il ghiaccio.
“A dire il vero, sono qui da poco. Mia sorella si è traferita qui per
via del lavoro del marito. A Pienza ero solo, non c’era niente per me, così mi sono
trasferito anch’io. Sono qui da un paio di giorni e cerco lavoro”, le spiegò.
Valentina rizzò le orecchie alla Dumbo Jumbo, mostrandosi molto più
che interessata a quel piccolo, ultimo particolare della sua storia. “Cerca
lavoro?”
Lui annuì. “Sì.”
“Che genere di lavoro?” gli domandò lei, incuriosita.
“Bah, qualsiasi cosa. Sono un tipo adattabile e so fare parecchie
cose”, spiegò lui.
“Dove lavorava prima, se posso chiederglielo?” proseguì Valentina.
“Facevo il commesso in un negozio di abbigliamento”, disse Alessio.
Valentina si mostrò molto più che interessata. “E di articoli sportivi
te ne intendi?”
Lui annuì con un sorriso meraviglioso e pulito. “Sì, altroché! Mi
piace lo sport! Ne ho praticati diversi! Ma come mai tutte queste domande sul
mio lavoro, se non sono indiscreto?”
Valentina ammiccò. “Beh, in questo caso, io avrei una proposta di
lavoro da farle.”
“Davvero? Perché non me la spiega davanti a un buon caffè? Offro io,
naturalmente!” le sorrise Alessio, entusiasta e curioso di sentire che proposta
gli avrebbe avanzato Valentina.
“Volentieri! Prego, mi segua!” esclamò lei, prendendo su borsa e
asciugamano.
“Mi dia pure del tu! Dopotutto, ho solo ventinove anni!” le disse lui.
“Ma non mi dire! Anch’io! Che coincidenza! Comunque, allora dammi del
tu anche tu! Di solito, lo preferisco!” replicò Valentina, ridendo con lui per
il gioco di parole.
S’incamminarono verso il bar più vicino, fianco a fianco con Würstel
alle loro spalle, anzi proprio dietro la borsa di Valentina, che sorrideva,
tranquilla e rilassata, mentre scambiava chiacchierava piacevolmente del più e
del meno con Alessio.
Forse, aveva trovato il ragazzo perfetto per la sua attività.
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