Enrico sedeva nello studio del dottor Bartolini, in attesa proprio di
quest’ultimo, dopo essere stato pesato. Marco che sedeva ghignando soddisfatto
accanto a lui col suo fedele fucile ad aria compressa in mano e i gemelli
Guaiotti che si sfregavano le mani vittoriosi e compiaciuti con il tipico
sguardo di chi ti prende in giro e ne sa una più del diavolo. Ce n’era voluto
per caricarlo in macchina, eh! Le minacce col fucile non erano bastate, a tal
punto che Marco aveva dovuto aprire il fuoco a manetta, riempendogli di lividi
tutto il sedere. E non solo! Il povero Enrico aveva un look tutto nuovo! Con le
perpetue risate da canaglie dei gemelli Guaiotti in sottofondo. Una volta
caricato a suon di fucilate e calci in culo, i gemelli Guaiotti si erano messi
al volante. Cristina guidava, Leonida faceva da secondo pilota aiutandola a
guardare la strada, dal momento che la gemella aveva uno stile di guida un po’
spericolato, mentre Marco sedeva accanto a Enrico, sorvegliandolo costantemente
col fucile ad aria compressa perennemente puntato addosso. Per tutto il
tragitto, aveva creduto di morire, povero Enrico! Tra le continue minacce di
Marco e la guida sfrenata a tutto gas di Cristina, beh, non era poi così certo
di arrivare vivo e vegeto allo studio del dottor Bartolini! Ma ce l’avevano
fatta e al suo arrivo era stato pesato. Aveva perso ben quarantotto chili in
due mesi con grande soddisfazione dei suoi “amati” coinquilini, che si erano
scambiati sguardi complici e compiaciuti per tutto il tempo. Per quanto
riguardava Enrico... Quella perdita di peso eccessiva era per lui una tragedia!
Una tragedia greca! Quarantotto chili in due mesi! E per forza! Lo stavano
letteralmente facendo morire di fame! E di tutta quella stupida attività fisica
a cui lo sottoponevano a forza ogni giorno? Era peggio di una macchina di
tortura medievale! Ancora qualche chilo e sarebbe morto di anoressia! Si voltò,
una volta sceso dalla bilancia, ma quando intuì di non avere scampo, decise di
non mettere in atto nemmeno un tentativo di fuga. Non dopo tutte le fucilate
che si era beccato! Era pieno di lividi doloranti! Quel Marco era pazzo! Pazzo!
Pazzo! Ed erano pazzi pure quei dannati gemelli che ridevano a crepapelle, ogni
qualvolta Marco lo minacciasse o gli sparasse! Quanto li odiava, tutti e tre! E
così, ora, eccolo lì. Nello studio, in attesa del dottor Bartolini con l’allegra
compagnia dei suoi amati coinquilini. Finalmente, la porta si aprì ed entrò il
dottore, un uomo sulla sessantina abbondante, dalla parvenza del dolce
nonnetto, del tenero vecchino, ma che in realtà aveva la tempra di un leone.
“Ciao Enrico”, lo salutò, entrando. “Non credevo che ti avrei più
rivisto, a dire il vero! Mi fa molto piacere che tu sia tornato e che stia
seguendo il programma! E questi ragazzi? Chi sono?”
“I miei coinquilini”, bofonchiò Enrico contrariato a mezza bocca.
“Come?”
“I miei coinquilini!” urlò più forte.
Marco e i gemelli si alzarono e strinsero la mano al dottore.
“Io sono Marco e questi sono i gemelli Guaiotti, Cristina e Leonida.”
“Siamo amici di lunga data di Enrico, oltre che i suoi coinquilini!”
spiegò Cristina entusiasta.
“Sì... Amici del cazzo!” si irritò Enrico.
“Enrico, ma che modi! Modera il linguaggio, finché sei in questo
studio!” lo riprese il dottore.
“Signor dottore, noi lo abbiamo aiutato a dimagrire! Vede quanti chili
ha perso!” intervenne Leonida gasato.
“Lo vedo, lo vedo!” esclamò il dottore soddisfatto. “Ben quarantotto
chili in due mesi, molto più dell’obiettivo che avevo prefissato! Ottimo
lavoro, ragazzi!”
“Lei non sa che peripezie abbiamo fatto, dottore!” proseguì Leonida.
Tra lui e Cristina, raccontarono con grande trasporto ed enfasi tutti
gli stratagemmi, le cattiverie e le soluzioni estreme che avevano messo in atto
con quel paziente tanto difficile e per niente collaborativo che era Enrico.
Gli raccontarono del frigorifero, del fucile ad aria compressa, delle continue
minacce, del lavoro in pasticceria, di come lo avessero beccato e lo avessero
fatto licenziare... Insomma, tutto! Tutto quanto! E quanto entusiasmo, con
quanto orgoglio!
Il dottor Bartolini lo apprezzò moltissimo. “Bene! Ottimo! E tu,
Enrico! Come ti permetti di rivolgerti ai tuoi amici con tanta maleducazione!
Loro ti hanno salvato la vita, che diamine! E tu li ringrazi così?” s’infuriò
il dottore, rimproverando severamente Enrico. “Sei fortunato ad avere degli
amici come loro o, al punto in cui era arrivato, a quest’ora saresti già morto
stecchito! O poco ci sarebbe mancato!”
“Fortunato? Ma quale fortunato!” sbottò Enrico. “Questi qui, dottore,
sono dei pazzi omicidi! Stanno cercando di uccidermi! Mi fanno morire di fame,
non mi danno da mangiare più niente! In più, mi costringono a fare ore e ore di
pesantissima attività fisica ad altissima intensità, sottoponendo a degli
sforzi immani il mio povero cuore! Tra un po’, questi mi spediranno al campo
santo, glielo dico io! Ho perso così tanti chili, che rasento l’anoressia, in
più rischio l’infarto! Voi tre!” si avviò alla conclusione indicando i suoi “amati”
coinquilini. “Voi tre sarete accusati di omicidio volontario! Non colposo!
VOLONTARIO! Verrete condannati all’ergastolo e uscirà pure un bell’articolo sul
giornale: Giovane studente di scienze
politiche muore per un improvviso infarto causato dall’anoressia e da eccessivi
sforzi fisici durante l’attività fisica. Dopo saranno cavoli vostri!”
“Taci, lurido grassone!” lo segò Marco, gelidamente. “Mi scusi,
dottore, ma quando ci vuole, ci vuole!”
Nel frattempo, inutile dire che i gemelli Guaiotti si stavano
spaccando in due dalle risate. Era una scenetta troppo comica, troppo
divertente per rimanere composti e compunti!
“Non ti preoccupare, Marco! Voi avete già fatto anche troppo! Quanto a
te, Enrico!” lo fulminò il dottore. “Smettila di dire tutte queste
scempiaggini! Ciò che dici è un oltraggio alla mia figura e alla scienza! E una
gravissima mancanza di rispetto verso i tuoi amici, che ti hanno salvato la
vita. Ti vogliono molto bene e tu non lo apprezzi! Se non avessero tenuto a te,
ti avrebbero abbandonato al tuo destino!”
“Ma...”
“Niente ma, Enrico! Non tollererò altre stupidaggini!”
“Già! Come quella che lei ci avrebbe assoldato per fare quello che
abbiamo fatto, pagandoci un mucchio di soldi!” scoppiò a ridere Leonida,
indicando Enrico col dito.
Il povero dottor Bartolini scosse il capo con fare rassegnato. In
tanti anni di esperienza, Enrico era il caso più disperato e bizzarro che avesse
mai seguito. “Non ho parole, Enrico. Davvero non ho parole.”
“Però, dottor Bartolini, bisogna riconoscergli che ha una gran
fantasia!” scherzò Cristina con grande spirito.
“Sì, di certo quella non gli manca”, annuì lui. “Voi tre avete la mia
gratitudine, Cristina. Gli avete salvato la vita. Siete stati bravissimi!”
“E chi meglio di noi poteva aiutarlo! Studiamo tutti e tre scienze
motorie!” esclamò Cristina, contenta.
“Bene! Ottimo! Sono fiero di voi. Di te, un po’ meno, Enrico. Hai
perso molti chili, è vero, ma non per merito tuo. Non avresti combinato niente,
se non fosse stato per i tuoi amici, anzi! Saresti ingrassato ancora! Non so se
posso approvare l’intervento! Vorrei che mi dimostrassi di avere voglia di
lavorar sodo!”
“La prego, dottore!” insistette Cristina. “Se fosse per lui, l’intervento,
non lo farà mai! Lo operi! Ci penseremo noi a far sì che continui a seguire
rigorosamente il programma, vero ragazzi?”
“E come no?!” si gasò Leonida.
“Ovvio che lo faremo. Finché non avrà raggiunto una
forma fisica impeccabile”, convenne Marco.
“Santi ragazzi! Voi tre siete destinati alla
beatificazione!” esclamò il dottore commosso dal loro buon cuore e dalla loro
infinita pazienza con quella testaccia dura di Enrico. Che bella squadra, che
erano!
Enrico non disse nulla. Si limitò a tenere il
broncio, lo sguardo truce e le braccia conserte. Maledetto Marco. Dannati gemelli.
Stronzo di un dottoraccio.
“E sia”, acconsentì il dottore. “Ci vediamo la
prossima settimana. Voi tre! Mi raccomando, confido su di voi! Che continui a
seguire rigorosamente il programma!”
“Agli ordini, capitano!” esclamarono i gemelli
Guaiotti in coro, facendo il saluto miliare.
“Sarà fatto”, disse gelidamente Marco, senza
scomporsi di una virgola come al solito.
Il dottore uscì e il quartetto rimase solo.
“Hai sentito, Enrico?” Leonida si sfregò le mani con
fare soddisfatto. “Sarai operato! Non è meraviglioso?”
“Certo che hai fatto proprio la figura del pezzo di
merda con quel dottore. Una volta ripresoti dall’operazione, lavoreremo anche
sui tuoi modi ingrati di fare e sulla tua maleducazione. E adesso, a casa!”
tuonò Marco, facendolo balzare in piedi dallo spavento. “Avanti, andiamo!
Muoversi, muoversi!”
I gemelli Guaiotti li seguirono, ridendo a
crepapelle, come sempre.
Mentre il povero Enrico, da ridere, aveva ben poco.
Anzi!
Il suo triste e infame destino era segnato per
sempre.
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