Enrico aveva perso il lavoro.
Il perché e il come fosse successo era poco chiaro anche a lui.
Da quando il capo gli aveva consegnato la lettera di licenziamento, i
suoi ricordi erano un caos totale.
Tutto ciò che sapeva era che c’entravano quei dannati gemelli Guaiotti
e il loro complice squilibrato Marco, ovvero il diabolico trio composto dai
suoi “amati” coinquilini.
Era successo tutto un paio di pomeriggi prima.
Tutto era partito da un pessimo tiro mancino da parte del diabolico
trio, quando la mattina si era svegliato e non era riuscito ad aprire la porta
della sua stanza. Aveva cominciato a sbraitare, a urlare, a forzare la
maniglia, ma nulla. Non c’era stato niente da fare. I suoi “amati” coinquilini
avevano deciso, chissà perché, di rinchiuderlo come un monaco di clausura nella
propria stanza. Non era nemmeno certo che fossero in casa, a dire il vero, dal
momento che non s’udiva un suono provenire dalle altre stanza. Avrebbero potuto
essere usciti e andati a lezione, o magari uno di loro era rimasto a
sorvegliarlo, o forse erano in casa tutti e tre e non rispondevano per fargli
dispetto... Era, però, certo che la sua incarcerazione forzata era opera loro e
questo lo sapeva perché al suo risveglio aveva trovato sulla scrivania i suoi
miseri colazione e pranzo prescritti dalla dieta, acqua a volontà e un vasetto
da notte per i bisognini.
E il suo telefono... Scomparso!
E il suo portafoglio... Pure?
Quei maledetti disgraziati si erano intrufolati in camera sua mentre
dormito, avevano lasciato i loro bei ricordini e sequestrato il suo telefono.
Che ci facevano, poi, con il suo telefono, bah! Era un mistero! Tanto non
avrebbero trovato nulla per incriminarlo del “reato” di aver mangiato a loro
insaputa. Il cellulare, però, gli serviva per... Oh, Santo Cielo! Doveva
avviare il suo datore di lavoro? E come avrebbe fatto senza il suo smartphone e
senza il suo... Computer?! Oddio! Quei disgraziati maledetti si erano presi
anche il suo computer! Era un incubo! Cosa ne sarebbe stato di lui, se non
fosse riuscito a presentarsi al lavoro in orario, senza avvisare? Purtroppo, a
causa dell’università aveva spesso accumulato diversi minuti di ritardo e
questa non era una buona referenza per lui... Non poteva perdere il lavoro, era
tutto ciò che aveva, l’unico modo che aveva per mangiare e nutrirsi
decentemente! Accidenti a quei tre! Ma come diavolo facevano a sapere che aveva
trovato lavoro in una pasticceria? Non lo sapevano, chiaro! Lui era stato
troppo furbo, troppo intelligente per essersi fatto scoprire da quei tre
bifolchi! No, non lo sapevano! Era impossibile! Allora, che ci faceva lì?
Perché l’avevano rinchiuso a tradimento nella sua stessa stanza? Avrebbe dovuto
immaginarlo che prima o poi le continue balle sullo studiare in biblioteca con
i compagni di corso li avrebbe in qualche modo insospettiti. Che lo avessero
scoperto, era impossibile, ma forse qualcosa sospettavano ed ecco perché
avevano deciso di rinchiuderlo. A scopo precauzionale. Sì, ma per quanto?
Morale della favola, ci era rimasto per quasi tutto il giorno, fino alle sei
della sera, quando, magicamente la porta si era aperta e lui era uscito,
trovando l’abitazione vuota e deserta. Chissà in quale angolo della casa si
erano cacciati quei tre pur di non farsi trovare! E certo! Avevano paura di
lui! Del suo linciaggio! Ma ci sarebbe stato tempo per quello! Non era quello il
momento per andare a cercarli, no! Doveva schizzare al lavoro! Ma, senza soldi
non poteva prendere né un taxi, né un autobus, così era dovuto “correre” in
pasticceria a piedi. E ci aveva impiegato tre quarti d’ora, arrivando, così,
quasi alle sette. E aveva trovato il suo capo furibondo! Per il ritardo, per la
poca serietà dimostrata e per... Aver rubato dolci e leccornie dal banco di
lavoro, invece di servirle ai clienti! Ecco perché il collega nelle cucine si
lamentava sempre che il bancone era vuoto! Enrico aveva provato a mentirgli, a
spiegargli il perché lo aveva fatto, ma nulla. Il suo capo aveva delle prove,
ovvero foto e video a volontà arrivate quella mattina per posta in un dischetto
anonimo, chiuso in un pacco senza mittente. Quell’inspiegabile fatto lo aveva
distrutto. Non solo era stato licenziato in tronco, ma il capo aveva persino
scritto a tutti i bar, le pasticcerie e ristoranti della zona pessime referenze
su di lui e lo aveva minacciato di togliersi immediatamente di torno, senza
pretendere un soldo per i giorni di lavoro già effettuati, altrimenti avrebbe
chiamato la polizia e lo avrebbe denunciato. Così, sconsolato, Enrico era
rientrato a casa. Un’ora dopo, il passo lento, stanco e pesante. E una volta a
casa che cosa aveva trovato? I gemelli Guaiotti seduti al tavolo che reggevano
la torta gelato che quella buffa coppia di fidanzati dell’altra sera aveva
ordinato. Erano loro! Erano loro travestiti! Quei maledetti, quei vili
traditori, vigliacchi! Ma come lo avevano scoperto? Bah, mistero! Quei dannati
gemelli Guaiotti ne sapevano una più del diavolo! Così, gli avevano spiaccicato
la torta in faccia e lo avevano spedito in camera, dove aveva trovato Marco ad
aspettarlo, il fedele fucile ad aria compressa stretto tra le braccia.
“Tu, da qui, non ti muovi più. Se non sotto stretta sorveglianza e
solo per fare attività fisica”, gli aveva detto in tono perentorio e
minaccioso, sparandogli due colpi alle natiche.
E così, eccolo lì. Rinchiuso a chiave in camera di notte e a studiare
di giorno con Marco che presiedeva le sue spalle, studiando col libro sulle
gambe (sempre col fucile ad aria compressa in mano, chiaro) e i gemelli
Guaiotti che sorvegliavano la porta d’ingresso, qualora Enrico fosse riuscito a
scappare dalle grinfie di Marco, cosa comunque alquanto improbabile. Lo
accompagnavano a lezione, lo andavano a riprendere, presentandosi all’ingresso
anche venti minuti prima, lo portavano fuori al guinzaglio per delle lunghe
passeggiate come un cagnolino, lo trascinavano in piscina per l’idroterapia e
in palestra per perdere ulteriore peso. Il tutto, seguendo la dieta. Insomma la
sua vita era diventata un Inferno.
Si voltò a guardare Marco e il suo sguardo truce, piangendo in silenzio.
Purtroppo, non aveva più scampo.
Si voltò a guardare Marco e il suo sguardo truce, piangendo in silenzio.
Purtroppo, non aveva più scampo.
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