Enrico sedeva alla scrivania nel disperato tentativo di studiare. Era
passata una settimana e a stento sopportava i violenti morsi della fame e i
dolori muscolari che derivavano dall’ “intenso” esercizio fisico a cui i suoi
spietati e perfidi coinquilini lo sottoponevano quotidianamente. Non ne poteva
più di quella dieta maledetta! In pratica, lo stavano facendo morire di fame!
Ma come poteva un essere umano mangiare tanto poco? Ora capiva come si
sentivano i bambini malnutriti dei paesi del Terzo Mondo! Poveri disgraziati!
Non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe ritrovato a pensare a loro e a
comprenderne i dolori e le sofferenze! Invece, così ora stavano le cose. Presto
sarebbe stato portato al campo santo per malnutrizione! Il cibo era tutta la
sua vita, tutto ciò che gli piaceva, che adorava, il suo stile di vita. E ora
che gli era stato tolto era un’atroce sofferenza. Gli sembrava che la sua
esistenza non avesse più uno scopo, neanche studiare ora gli interessava più.
Era sempre ruotato tutto attorno al cibo: era la sua carica per fare qualsiasi
cosa. Era il motivo per cui si alzava la mattina, la ragione per cui riusciva a
studiare, per cui andava avanti. E adesso? Che ne sarebbe stato di lui, ora che
aveva perduto il più grande amore della sua vita? Accidenti a quei disgraziati
dei suoi coinquilini! A quel demone di Marco e a quei dannati gemelli! Gli
stavano rendendo la vita impossibile! Non sapeva ancora decidere con precisione
se fosse peggio Marco oppure il duo composto dai gemelli Guaiotti. Se Marco era
una sottospecie di reincarnazione di qualche ufficiale delle SS tedesche, i
gemelli Guaiotti erano dei tornado in continuo movimento, sempre pronti a far
casino e combinargliene di tutti i colori. Proprio come la sera precedente, in
cui gli avevano fatto patire le pene dell’Inferno. Sì, perché quei dannati
gemelli avevano deciso di portare a casa delle pizze al piatto giganti e di
gustarsele lentamente e sadicamente proprio davanti ai suoi occhi, facendolo
languire e patire con lo stomaco che brontolava e piangeva con lui e il suo
cuore. Una tremenda, terribile agonia! E quel disgraziato di Marco che cosa
faceva? Dopo essersi mangiato due bistecche intere e del pane, gli aveva
schiaffato davanti alla faccia un paio di minuscole fette di petto di tacchino
cotto in piastra con poco sale, un filo d’olio extravergine e una misera,
microscopica fettina di pane integrale. Preso da un violento attacco di isteria
nervosa, Enrico ricordava bene come si fosse alzato di scatto con gli occhi
sgranati affamati di cibo sulle pizze dei gemelli, nel tentativo di rubar loro
almeno uno spicchio, soltanto uno per togliersi lo sfizio. Sembrava impazzito.
E ricordava altrettanto bene di come quel disgraziato di Marco si fosse
frapposto fra lui e l’ambita preda, rimettendolo a sedere e sparandogli un paio
di colpi a distanza ravvicinata sulle natiche col suo amato e inseparabile
fucile ad aria compressa. Così, povero Enrico, era stato costretto a rimettersi
seduto e a buttar giù a forza la sua triste cena, che divorò in quattro e
quattr’otto, nonostante tutto. Per forza! Con la fame che aveva! A momenti, si
divorava persino il piatto, il bicchiere e le posate! E poi, i gemelli che cosa
avevano fatto? Avevano momentaneamente tolto il lucchetto dalle catene che
chiudevano il frigorifero grande e il vano surgelatore e si erano fatti fuori
mezza vaschetta di gelato in due. Di gelato al gianduia, tra l’altro! Il suo
preferito! Che disperazione! Per quanto Marco fosse contrariato in quanto non
affine al suo stile di vita sempre perfetto, anche lui godeva di quella
scenetta, ridendo sadicamente sotto i baffi nel guardare i gemelli che
infliggevano una tortura psicologica dietro l’altra al povero Enrico!
“Ti farà bene, vedrai!” gli aveva detto Marco. “Ti rinforzerà un po’
il carattere, mozzarellina, pappamolla che non sei altro!”
“Già!” si era intromesso Leonida con le fauci piene di gelato e la
bocca completamente pasticciata. “Vedrai, un giorno ci ringrazierai!”
E Cristina... Beh, Cristina gli aveva inflitto la tortura peggiore.
Senza parlare, né commentare, gli aveva messo un cucchiaio di gelato proprio
sotto il naso e, non appena lui aveva spalancato le fauci per papparselo, lei
glielo aveva bruscamente tolto, facendogli mordere la lingua.
Le urla!
Che dolore!
Inutile dire quanto avesse riso Leonida e quanto avesse sghignazzato
Marco.
“Sei un mito, Cri!” aveva commentato il gemello, dandole un bel
cinque.
Marco, invece, si era limitato a stringerle la mano, il sorrisetto
sadico e compiaciuto che si complimentava con lei.
Ancora rivedeva le loro facce da cazzo prendersi miseramente gioco di
lui. Anche in quel momento, mentre si sforzava di ignorare i perpetui morsi
della fame e di concentrarsi sullo studio. Invano. Ormai, vedeva il cibo dappertutto!
Dappertutto! Sulla scrivania, per terra, nell’armadio! Sognava le pizze e le
vedeva apparire magicamente davanti a sé. Eccone una! Proprio davanti a lui! L’afferrò,
spalancò le fauci e diede un famelico morso... Per poi sputacchiare teatralmente
come un cammello. Aveva appena addentato il libro di filosofia politica.
Osservò il danno appena fatto, il fondo del libro dentellato e insalivato...
Che schifo! Quel disgraziato di Marco! Quei dannati gemelli! Era tutta colpa
loro se ora era ridotto in quelle condizioni! Chissà quanto ancora sarebbe
dovuto andare avanti in quelle condizioni? Altri due mesi? E poi? Lo avrebbero
obbligato a fare l’intervento, qualora avesse raggiunto l’obiettivo del dottor
Bartolini? E qualora non l’avesse raggiunto? Altri due mesi di dieta ferrea
come quella? Con quei matti in casa?
NO! NO! E NO! ASSOLUTAMENTE NO!
Doveva assolutamente trovare un modo di farsi dare dei soldi dai suoi
genitori, impresa ardua, dal momento che erano stati i primi a schierarsi col
nemico, e tagliare la corda. No. I genitori non gli avrebbero mai dato dei
soldi. In ogni caso, doveva trovare una maniera onesta di procurarsi dei soldi,
magari con qualche lavoretto (e perché no, pure in una pizzeria, in una
gelateria o in una pasticceria!) e tagliare la corda al più presto!
Sì.
Avrebbe fatto così.
Era ora di svignarsela da quella gabbia di matti, dai suoi carcerieri
pro-dieta senza scrupoli.
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