“Non vedo l’ora che arrivi la cicogna col nostro bambino. Sono il
ragazzo più felice del mondo. Ti amo. Tuo Alex.”
Elizabeth strinse il biglietto forte al petto, mentre qualche lacrime
di felicità iniziava a rigarle il viso. Sistemò con cura in camera sua le rose
rosse che lui le aveva mandato e ripose il biglietto nel suo cassetto dei
ricordi. Era quello il suo ricordo più prezioso.
Afferrò il telefono per chiamare Alex, ma lui la batté sul tempo.
“Pronto, Alex! Ti stavo chiamando io. Grazie per le rose, sono
bellissime. E quel biglietto... Sei riuscito anche questa volta a scaldarmi il
cuore!”
“No, Elizabeth. Sei tu che l’hai scaldato a me. Farò di tutto per
rendervi felici e per essere quel padre attento e affettuoso che io ho sempre
desiderato e che non ho mai avuto. Spero solo di esserne all’altezza.”
Elizabeth percepì tutto l’amore e tutto il timore che provava nella
sua calda, sensuale ed espressiva voce.
“Alex, tu sei un ragazzo dotato di un’empatia e una sensibilità
davvero fuori del comune. Sii te stesso e andrà bene. Io ti amo. E ti amerà
anche il bambino. Ne sono certa.”
“Grazie, Elizabeth. Mi hai rincuorato molto con le tue dolci parole.
Ci vediamo questa sera, quando torno. Vengo da te appena finiamo. Ah, i ragazzi
ci fanno le congratulazioni!”
“Salutameli tutti, Alex!”
“Lo farò. Ehi, carina l’idea della cicogna! Edward ha particolarmente
gradito il peluche!”
“Che buffi, che siete! Bene, bisogna dirlo a mio padre!”
“Tranquilla, amore! Glielo dico io!”
Alex riagganciò la cornetta e si diresse dritto sparato da Albert in
commissariato.
Stava per avere un bambino. Lui ed Elizabeth stavano per avere un
bambino.
Sarebbero finalmente stati una famiglia felice. E lui avrebbe fatto di
tutto per essere quel padre attento e affettuoso che aveva sempre desiderato,
ma che non aveva mai avuto. Non avrebbe mai commesso gli errori di suo padre.
Mai. Lui voleva essere un grande padre, crescere suo figlio con Elizabeth nel
migliore dei modi, tenendolo per mano, parlando con lui, facendolo ridere e
divertire. Magari sarebbe nato canaglia come lui! Il che sarebbe stato divertente.
Ci sarebbe stato da ridere con nonno Albert sempre pronto ad arrestarli
entrambi! Guidò con la sua auto fino al commissariato, divincolandosi tra le
trafficate strade della luminosa Los Angeles, che alla luce del Sole, brillava
davvero come la città degli angeli. Forse, Alex la vedeva così perché ci viveva
Elizabeth, la sua fata dei boschi. Non lo sapeva. Forse, era solo felice.
La felicità fa vedere tutto più bello.
Parcheggiò, scese e si diresse con aria da canaglia in centrale.
“Salve Capo!” salutò Alex, facendo come al suo solito irruzione senza
bussare nell’ufficio di Albert.
L’uomo alzò la testa dalle scartoffie burocratiche di cui si stava
occupando e gli lanciò un’occhiata rassegnata.
“Che succede, Alex?” gli chiese tranquillo.
“Capo, guardi qua!” esclamò Alex, porgendogli il peluche di cicogna.
“Me l’ha mandato Elizabeth, Capo!”
Albert iniziò a rigirarsi il grosso pupazzo fra le mani, per
analizzarlo da cima a fondo come da deformazione professionale. “Elizabeth? Ma,
mia figlia è impazzita! Cos’è? Adesso si è messa a collezionare peluche? O è
forse in fase regressiva?” Albert continuava a esaminare con cura il pupazzo,
non afferrando ancora il senso di tutto ciò.
“No, Capo! Non è nessuna di quelle che lei ha detto. La cicogna aveva
nel becco questo biglietto. Ecco, tenga. Lo legga!” lo incitò Alex, porgendogli
il biglietto, che Elizabeth aveva allegato al pacco.
Albert afferrò titubante il foglietto. Non aveva la minima idea di che
cosa aspettarsi, anche se un peluche di quel genere, una cicogna, dovrebbe
essere un segnale piuttosto facile da interpretare. “Sto portando un bambino ad
Alex ed Elizabeth. Sono già in viaggio...” lesse Albert un paio di volte ad
alta voce, come per essere sicuro di star leggendo correttamente quanto scritto
da Elizabeth nel biglietto. “Non mi fate stare un attimo tranquillo, voi due,
vero? Ma non potevate stare più attenti?” chiese Albert, riuscendo con sua
grande sorpresa e quella di Alex a mantenere la calma.
Inconsciamente, in fondo, in fondo, si stava affezionando parecchio a
quel ragazzo, a quell’adorabile canaglietta.
“Ma Capo! Sono cose che capitano! Per quanto vuoi stare attento, non
puoi calcolare sempre tutto!” protestò Alex con un audace sorrisetto.
“Alex, non tentare di imbrogliarmi. Di’ la verità. Se stai attento,
non succede nulla. Io scommetto che voi due non siete stati nemmeno molto
attenti.”
Alex gli sfoggiò un altro sorrisetto degno della canaglia quale era.
“Lo ammetto, Capo. Confesso. Una volta ci siamo lasciati andare un po’ troppo
e... Insomma... La passione ci ha travolto all’improvviso!”
“Avrei dovuto immaginarlo! Ma Elizabeth non poteva prendere la pillola
del giorno dopo?”
“Non l’ha voluta prendere, Capo! E io sono stato d’accordo. Perché
vede, quando ci siamo resi conto di quanto realmente ci fossimo lasciati
andare, ci siamo guardati e ci siamo detti che un figlio sarebbe stata la cosa
più bella che potesse capitarci. Quindi abbiamo pensato che se fosse stato
destino, lo avremmo avuto. Altrimenti ci avremmo pensato più in là.”
Albert lo fissò con i suoi soliti imperscrutabili occhi, come ogni
volta che reprimeva le sue vere emozioni e voleva fingere di avercela con Alex.
“E tu pensi di essere pronto e in grado di fare il padre, Alex?”
“E chi può dirlo, Capo! Nessuno sa realmente se sarà in grado di
diventare padre! Fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo, che si
impara strada facendo. Nessuno saprà mai se sta o non sta facendo la cosa
giusta. L’unica cosa che so, però, è che se sei te stesso, ami la tua compagna
e lei ama te, tutte le sfide del mestiere, anche quelle che sembrano
insormontabile, diventano più semplici e leggere. E tutto andrà bene. Tutto
andrà bene, se si è in due a fare in genitori. E se si resta uniti. Capo, io
amo Elizabeth. Elizabeth ama me. E tutti e due già amiamo questa piccola
creatura che deve nascere. Se resteremo noi stessi, ce la faremo. Noi lo
vogliamo, questo bambino, Capo. Lo vogliamo con tutto il cuore. Io voglio
essere per lui quel padre attento e affettuoso che io ho sempre desiderato e che
non ho mai avuto. E voglio anche essere un compagno altrettanto attento e
affettuoso per Elizabeth, che si merita il meglio dalla vita.”
Albert dovette impiegare tutta la sua concentrazione e tutta la sua
forza di volontà per non far uscire le lacrime di commozione dai suoi occhi.
Alex era una vera canaglia, ma dentro, aveva un cuore nobile. Elizabeth aveva
sempre avuto ragione su di lui.
“Molto bene, Alex. E sia. Però, tu sai che io sono un uomo all’antica.
Come la metti con il matrimonio?”
“Capo, come ho detto a più riprese, io ed Elizabeth avremmo voluto
sposarci dopo la tournée, quindi tra un annetto, mese più, mese meno. Però, con
un piccolo aiuto, io me la sposerei anche adesso!”
“Così sia. Ora esci da questo ufficio o te le suono di santa ragione.
Ci mancava solo che mi facevate diventare nonno anticipatamente.”
Alex scosse la testa con fare divertito e rassegnato e si diresse
verso la porta.
“Ah, Alex!” lo richiamò Albert.
Il ragazzo si girò di scatto, curioso di sentire che cosa avesse
ancora da dirgli. Come la sera dell’aggressione a Elizabeth, Albert avrebbe
voluto dirgli una miriade di cose, ma l’unica cosa che gli uscì dalla gola fu:
“Congratulazioni.”
Alex gli sorrise, felice. Albert si alzò in piedi e si diresse verso
di lui. Alex non sapeva più che cosa aspettarsi. Albert gli strinse
inizialmente la mano in maniera piuttosto fredda e distaccata, poi si lasciò
andare a una manifestazione d’affetto molto più consistente. Gli gettò le
braccia al collo e lo abbracciò, dandogli qualche pacca sulla schiena di tanto
in tanto. Alex ricambiò il gesto, spiazzato dalla grande vittoria di Albert.
Aveva finalmente sconfitto il suo orgoglio e si era lasciato andare per la
prima volta alle sue emozioni di gioia.
“Rendila felice, Alex. Rendila felice. Lo so che puoi”, ammise Albert,
mentre lo abbracciava.
“Lo farò, Capo. Lo farò. Può starne certo!”
Albert si staccò dall’abbraccio e si asciugò qualche lacrima sfuggita
al suo ormai perduto controllo.
“Posso cominciare a chiamarla papà, Capo?” scherzò Alex, per far
rinsavire Albert. Doveva ammettere che il vecchio Albert alle volte gli
mancava.
“No, questo mai! Esci immediatamente da quest’ufficio!” esclamò
Albert, recuperando una parte troppo radicata del vecchio sé.
Alex schizzò via come un razzo e lo salutò divertito e soddisfatto.
“Arrivederci Capo!”
Hilary era appena rientrata a casa, stanca, ma soddisfatta. Amava la
danza e aveva sempre dato tutta se stessa per sua più grande passione. Passione
che aveva trasmesso anche a sua figlia. Richiuse serena la porta alle sue
spalle, sapendo che il marito non era ancora rientrato e che in casa avrebbe
trovato solo Elizabeth. Infatti, eccola lì. Seduta sul divano, con un luminoso
e solare sorriso, radiosa come non mai, con gli occhi languidi che brillavano
come due stelle così forti, da emanare luce e calore propri. Una strana trepidazione
dipinta sul volto. Elizabeth si alzò in piedi e si diresse spedita verso sua
madre.
“Elizabeth, amore di mamma! Mio Dio come sei bella questa sera! Ma che
è successo? Devi forse dirmi qualcosa di particolarmente bello?”
Elizabeth annuì con la testa, molto più che emozionata. “Mamma, è
successa una cosa bellissima”, esordì prendendole entrambe le mani e
stringendole con calore. “Aspetto un bambino. Sono incinta!”
Hilary si portò una mano alla bocca e iniziò a piangere lacrime di
gioia per la commozione. Il tesoro più grande della sua vita che stava per
diventare mamma. Che stava per scoprire una delle gioie più immense del genere
umano. E lei stava per diventare nonna. Il cuore che esplodeva di felicità.
“Alex lo sa?” le chiese tra un singhiozzo e l’altro, con un sorriso altrettanto
radioso.
“Sì. E lo vuole!”
Hilary strinse sua figlia in un materno e caloroso abbraccio.
“Congratulazioni, figlia mia.”
“DLIN-DLON!” si fece sentire il campanello, assumendo poi un andamento
alquanto ritmato.
Per Hilary era già terminato il turno di stringere sua figlia e di
averla tutta per sé. Sapeva che alla porta era Alex. E che nel momento in cui
Alex avesse messo piede in casa, Elizabeth sarebbe stata una sua esclusiva.
Bastava nominarle Alex per accenderle gli occhi. Figuriamoci quando era nei paraggi.
Schizzava sempre e subito da lui.
“Questo è Alex!” esclamò Elizabeth, accorrendo ad aprire.
Come volevasi dimostrare.
Alex corse dentro e la baciò anche lui con le lacrime di gioia che gli
traboccavano dagli occhi. “Amore mio! E’ tutto il pomeriggio che aspetto questo
momento. Non vedevo l’ora di venire qui e stringerti forte. Sono così felice!”
le sorrise gioioso.
“Congratulazioni, Alex!” gli corse incontro Hilary per abbracciarlo.
“Non oso immaginare, quando lo saprà Albert...” si preoccupò, poi la donna.
“Lo sa già. Oggi sono andato nel suo ufficio e gliel’ho detto io!”
Madre e figlia gli puntarono gli occhi addosso, con sguardo curioso e
trepidante.
“E?” lo spronò Elizabeth.
“E... E’ andata benissimo! Datemi da mangiare, ché così vi racconto!”
le ricattò Alex molto più che affamato. Era già un mangione di suo. Figuriamoci
in quel momento in cui aveva appena saputo che stava per diventare padre! E
soprattutto era lì, con Elizabeth. A cena, momento in cui Alex non si risparmiò
nel trangugiare tutto ciò che di commestibile trovava in giro, raccontò per
fila e per segno l’incontro avuto nell’ufficio di Albert. Nessuno credette alla
sua reazione.
“Alex, amore... Ma sei sicuro di non averlo sognato?” gli chiese
Elizabeth sotto shock e completamente sbigottita.
“Sicurissimo, amore. Ha reagito proprio così. E’ contento, insomma!”
Elizabeth e Hilary tirarono un sospiro di sollievo.
“Ah, meno male! Non vedo l’ora che torni!” si gasò Elizabeth, che fu
ben presto accontentata. “Eccolo!” esclamò entusiasta, quando vide la macchina del
padre parcheggiare in giardino.
Quando Albert rincasò, si diresse subito verso la coppietta, in
particolar modo verso sua figlia. I due si scambiarono un eloquente sguardo di
mistica gioia, mentre Elizabeth si alzava in piedi.
“Ciao Elizabeth”, la salutò Albert.
“Ciao papà.”
Albert le prese le mani e la strinse forte a sé. “Congratulazioni,
figlia mia. Che tu possa essere felice per quanto sei bella e nobile d’animo!”
“Grazie papà!”
Anche Alex si alzò in piedi, gesto che imitò a ruota anche Hilary.
“Ehi, Capo! Se lo immagina un piccolo Alex che scorrazza qui dentro?” si burlò
di lui Alex.
“GIAMMAI! Speriamo che non venga come te, o mi vedrò costretto ad
arrestarlo!” Albert tirò fuori dal proprio repertorio una risposta del suo
vecchio modo di fare nei confronti di Alex, questa volta, però, non con modi
nervosi come un tempo, bensì mostrandosi allegro e scherzoso. La sua strana
simpatia donò a tutti un sorriso.
“Ti voglio bene, papà!” esclamò Elizabeth accarezzandogli una guancia,
gesto affettuoso e spontaneo che Albert ricambiò con altrettanta spontaneità.
“Bene ragazzi, ora basta con tutte queste smancerie o mi si carieranno
tutti i denti, e andiamo a dormire!” sollecitò Albert, scherzando ancora. Per
una volta che scherzava tanto, meglio goderselo!
“Tu resti a dormire con me, Alex?”
“Ma certo Elizabeth! Che domande mi fai?”
Albert e Hilary annuirono con un cenno della testa.
“Domani discuteremo del matrimonio”, anticipò Albert con gioia.
“Fantastico, Capo! Buona notte a tutti!” gridò Alex entusiasta,
prendendo Elizabeth in braccio e portandola con sé in camera.
“Elizabeth, sei incinta! Non dovresti ballare!” la rimproverò sua
madre, ogni volta che la vedeva sforzarsi, secondo lei in maniera eccessiva.
“Mamma, sono incinta, non malata! Per me questo non è uno sforzo
fisico. Tranquilla, non farò passi difficili che richiedono un equilibrio
pulito e difficile da mantenere. Non rischierò di cadere o di farmi male.
Danzerò con parsimonia finché posso, perché mi piace. Alex dice che non fa bene
al bambino. Dice che se smetto totalmente di ballare, cadrò in depressione
perché la danza è la mia vita, così come la musica è la sua. E se mi deprimo,
il bambino ci nasce con l’angoscia!”
Hilary si abbandonò a un dolce sorriso colmo di tenerezza e accarezzò
la guancia di sua figlia. “Ci mancava solo Alex a darti man forte! Ti devo
confessare comunque, che... Io ti sto facendo la predica, ma anch’io continuato
a danzare durante quasi tutta la gravidanza. Certo col pancione che cresceva,
diventava sempre più difficile, ma fino al sesto mese, ho continuato.
“Io e Alex dobbiamo girare le prime scene del video, mamma. Devo
andare.”
“Il video? Di già? Ma il disco non è ancora pronto!”
“Lo so mamma, ma la canzone lo è. Alex vorrebbe che io sia presente
nel video, quindi dobbiamo girarlo subito, prima che mi cresca la pancia”, le
spiegò Elizabeth, mentre beveva una tisana calda e sgranocchiava qualche
biscotto.
Hilary tirò un sospiro rassegnata. “D’accordo. Allora non vi conto per
cena.”
“Eh sì, che ci conti! Torneremo per quell’ora! Alex ha deciso di
girare il video in più giornate, in modo da lavorare meno ore per volta. Non
vuole che mi stressi.”
“Sta diventando parecchio premuroso, il tuo Alex.”
“Lo è sempre stato, mamma. E’ solo che... Io e il bambino, insieme con
la band, siamo tutto ciò che ha. Lui vuole solo prendersi cura di noi e teme
sempre che qualcuno possa portargli via quanto ciò di più bello la vita gli
abbia donato. Credo che lui non se ne renda nemmeno conto. E’ una paura
inconscia, ma io la sento. Gliela leggo negli occhi”, le spiegò Elizabeth,
mentre dava una sciacquata veloce alla tazza e al piattino con cui aveva fatto
uno spuntino rilassante.
Hilary guardò sua figlia con uno sguardo colmo di orgoglio. Era
maturata, cambiata. Non era più quella ragazzina timida e insicura che
conosceva. Era una donna, ormai. Una donna straordinaria, col cuore di bambina.
“Sarà un buon padre. E tu sarai una buona madre”, le disse Hilary, con
quel tono sincero e rassicurante che solo le mamme sono in grado di tirar fuori
dal cuore.
“Grazie mamma. Tu e papà siete stati degli ottimi genitori per me. E
ciò che sono diventata, lo devo solo a voi. E Alex lo deve solo alla sua anima
nobile. Vado da lui”, le disse, lasciando che sua madre le scoccasse un sonoro
bacio sulla fronte.
Elizabeth s’infilò un golfino, prese su il borsone e andò in giardino
ad aspettare che Alex andasse a prenderla. Mentre aspettava, non riusciva a
smettere di augurarsi che il disco e il video di lancio della band cambiassero
la vita di Alex per sempre. Non riusciva a smettere di augurarsi che dopo tanta
sofferenza, Alex realizzasse il suo sogno più grande. Vivere di musica. Perché
se Alex era felice, allora era felice anche lei. E Alex era felice, quando
nutriva la sua anima con la musica che scriveva.
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