sabato 21 aprile 2018

UN MANIGOLDO PER GENERO - 2° STAGIONE - 15° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



Una strana e piacevole ebbrezza di euforia fluttuava incontrastata in ogni dove in casa Reeves, che faceva sentire la sua palpabile presenza, donando allegria e serenità a chiunque vi entrasse anche solo per un saluto. I preparativi per il matrimonio procedevano frenetici e di gran passo, sotto il controllo organizzativo di ferro di Albert, che aveva programmato tutto alla perfezione, a tal punto da aver accelerato al massimo i tempi. Si era dato così da fare in maniera organizzata e impeccabile, che dopo due settimane Alex ed Elizabeth erano già pronti per potersi sposare. Albert era un uomo non all’antica, di più! Sua figlia avrebbe dovuto sposarsi prima che si vedesse il pancione o sarebbe stato un deplorevole disonore per tutta la famiglia Reeves. Alex ed Elizabeth lo prendevano in giro in continuazione, sotto i suoi occhi senza che lui se ne accorgesse, ma allo stesso tempo sfruttarono le sue ottuse idee medioevali per far pressione al fine di sposarsi quanto prima. Alex avrebbe voluto sposare Elizabeth dal giorno in cui si erano fidanzati e si erano aperti il proprio cuore a vicenda. L’unica così sensibile da riuscire a entrargli nell’anima e placare i demoni che erano in lui, quei demoni che si portava dentro da quando era bambino. La sera prima delle nozze, l’atmosfera in casa Reeves era carica di dolce trepidazione. L’incontro inaspettato tra Alex ed Elizabeth aveva cambiato diverse cose, anzi aveva sconvolto tutto. Il peculiare modo in cui si erano conosciuti era noto solo ai due, un segreto rimasto tale e sepolto profondamente nei loro cuori, per non sconvolgere ulteriormente un mondo che era già stato messo sottosopra e a soqquadro a sufficienza. Alex ed Elizabeth non solo avevano completamente ribaltato la realtà in cui vivevano, ma si erano sconvolti le proprie vite a vicenda. Alex era sempre stato un tipo irruento, aggressivo, ribelle e passionale. Viveva per la sua musica, per gli eccessi, per le ore piccole e le trasgressioni. Era amante delle donne e del sesso sfrenato, solo per il piacere fisico fine a se stesso. Divertimento era la sua parola d’ordine. Dall’altra parte del muro, c’era lei, Elizabeth. Elizabeth era l’esatto opposto di Alex. Era timida, insicura, paurosa, cresciuta con i grandi ideali medioevali di amore e di amicizia. Si sarebbe concessa solo a colui che sarebbe mai riuscito a conquistare il suo cuore fragile e pieno di paure. Non era mai neanche uscita con un ragazzo, prima di incontrare Alex. Viveva per la danza. E la sua parola d’ordine era serietà. Eppure, si erano amati. Si erano amati dal primo istante in cui si erano visti. Quella prima notte insieme, tra due sconosciuti nell’auto di lui, non era stata una trasgressione, né un divertimento per nessuno dei due. Colpo di fulmine? No. Empatia. Due anime così diverse, ma così uguali nella nobiltà e nella sensibilità. Fu come se in quel primo istante, in cui si erano guardati, entrambi avessero letto col proprio sguardo lo sguardo dell’altro. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e solo chi possiede una grande e peculiare empatia può vedervi attraverso. Entrambi lo avevano fatto a vicenda. Quando avevano fatto l’amore, quella prima volta in auto, inconsapevolmente si amavano già. Avevano visto loro stessi e l’opposto di loro stessi l’uno negli occhi dell’altra e viceversa e proprio quell’opposto li aveva completati entrambi. Erano l’uno la parte che mancava all’altra. Niente di più complicato. Niente di più semplice. Avevano sconvolto tutto, persino le regole dell’amore. E le tradizioni. Alex aveva così fama della sua caparbietà di far sempre di testa propria e di non rispettare neanche una regola di convivenza civile al mondo, che non si smentì neanche la sera prima delle nozze. Invece di starsene a casa sua e lasciare la sposa sola come vogliono le antiche tradizioni, Alex rimase a dormire con Elizabeth, in camera di lei e nessuno dei due aveva festeggiato l’addio al celibato e nubilato. Albert non fu per niente contento di sapere che Alex era in camera con sua figlia la notte prima delle nozze, lui che era così attaccato alle tradizioni e ai troppi moralismi. Ma Alex, si sa, faceva sempre di testa sua. Ed Elizabeth lo amava proprio per questo. Perché pensava con la sua testa e basta. Si goderono le ultime ore di serenità insieme prima della frenesia da matrimonio del giorno dopo. Tutti si alzarono di buonora il mattino seguente. E purtroppo, Albert perse la sua calma organizzativa proprio nel giorno più importante di tutti i preparativi. Era visibilmente in ansia e agitato per Elizabeth, per la sua unica e amata figlia. Per fortuna, si sa, le donne hanno sempre i nervi più saldi, quando si tratta di mantenere il controllo nelle situazioni importanti e fu Hilary a prendere in mano le redini dell’organizzazione. Solo grazie a lei, il matrimonio si svolse in maniera liscia e puntuale. Alex aspettava in chiesa da solo una decina di minuti, quando Elizabeth arrivò. Fece il suo ingresso, sfilando sul lungo tappeto bianco della navata accompagnata a braccetto da Albert. Il vestito da fiaba di Elizabeth tolse il fiato a tutti. Elizabeth aveva voluto farsi fare a tutti i costi un abito da Cenerentola. Alex non era da meno. Lui era il principe. La sua giacca era coordinata con dell’abito bianco di lei. Elizabeth sembrava proprio una principessa delle fiabe. Non si era fatta nemmeno mancare le scarpette delicate da sembrar di cristallo. Quello era il matrimonio che aveva sempre sognato fin da quando era solo una bambina piccolissima. Anche se il principe che l’avrebbe portata via con sé quel giorno era del tutto, adorabilmente inusuale. Alex sentì un tuffo al cuore, mentre Elizabeth si dirigeva con suo padre verso di lui. Era visibilmente emozionato. Stava per sposarsi, proprio lui, che di matrimonio non avrebbe proprio voluto saperne, al momento. Eppure eccolo lì, innamorato come non mai di una ragazza veramente unica e speciale. Quando Elizabeth fu lì, davanti a lui e Albert si fece da parte, Alex ed Elizabeth si guardarono intensamente negli occhi come mai prima di allora. Erano pronti. Alex la prese a braccetto e fece cenno col capo al sacerdote, affinché desse il via alla cerimonia. Sandy ed Edward a far da testimoni.
Alex ed Elizabeth non fecero altro che guardarsi intensamente negli occhi, senza seguire affatto la cerimonia. Finché non fu la fatidica domanda ad attrarli di nuovo sul pianeta Terra.
“Vuoi tu Alex Tennence prendere in sposa la qui presente Elizabeth Reeves?”
“Sì, lo voglio”, rispose Alex, sicuro, convinto e deciso, senza smettere di guardare Elizabeth negli occhi.
“Vuoi tu Elizabeth Reeves prendere in sposo il qui presente Alex Tennence?”
Sì, lo voglio”, rispose anche lei, altrettanto sicura e decisa, con la sua tipica nota di dolcezza nella voce.
“Scambiatevi gli anelli in segno della vostra fedeltà. E per mezzo dei poteri a me conferiti, io vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa.”
Alex non se lo fece ripetere due volte e premette con dolcezza le labbra su quelle di Elizabeth. Si baciarono con talmente tanta intensità, che non riuscivano più a staccarsi l’uno dall’altra. Ormai erano una cosa sola. Finalmente. Dovettero addirittura intervenire i testimoni per riuscire a separarli. I neo-sposini si presero allora per mano e si incamminarono verso l’uscita delle chiesa, sul cui uscio furono sommersi da coriandoli, stelle filanti colorate e petali di rose rosse invece che dal solito riso. Una delle idee stravaganti di Alex. Come ciliegina sulla torta, lungo la scalinata della chiesa, come per coronare la fiaba a cui si era ispirata Elizabeth per avere il suo abito, la ragazza perse una delle sue scarpette, sotto le risa di tutti. Alex fece la parte del nobile principe quale era. Raccolse la scarpetta e gliela infilò al piede lungo, sottile e aggraziato.
“Di’ la verità... L’hai fatto apposta, vero?” le domandò suo padre, con la solita indole calcolatrice di sempre, sapendo quanto a Elizabeth piacesse la fiaba di Cenerentola. Aveva persino obbligato sua madre a farci un balletto da bambina, in cui lei interpretò la protagonista accanto a un giovanissimo Emile, che aveva deciso di mettere da parte l’orgoglio e di recarsi al matrimonio della ragazza che un tempo aveva amato.
“No, papà. Lo sai che le scarpe a decolté, me le perdo sempre!” protestò Elizabeth, rimarcando un problemuccio che aveva sempre avuto per via del suo piedino affusolato.
“Beh, visto che le hai ordinate su misura, avresti potuto farle anche un po’ più strette”, non si arrese Albert.
“Hai ragione, papà. Non ci ho pensato. Temevo che più strette mi avrebbero dato troppo fastidio, dal momento che non ci sono abituata. Ma è stato molto meglio così! Credimi!”
“Su via, Capo! Non le piacciono le fiabe?” intervenne Alex, a dar man forte alla sua amata.
Nonostante i consolidati buoni rapporti, i due continuavano a punzecchiarsi di tanto in tanto. E Alex continuava a chiamarlo Capo e a dargli del lei per prenderlo per i fondelli.
“Che robe sdolcinate!” si schifò Albert.
“Si lasci andare almeno oggi, Capo! La smetta di fare il serio! E siccome oggi è una fiaba, guardi un po’ là, con che cosa porterò al pranzo la mia Elizabeth!”
Un silenzio colmo di stupore calò tra gli invitati. Poco più in là, un meraviglioso cavallo bianco stava aspettando gli sposini. Alex aveva organizzato quella sorpresa per conto suo senza farne parola con nessuno. Elizabeth si portò le mani alla bocca. Aveva perso la parola per la commozione. Era un sogno meraviglioso divenuto realtà. Alex. Tutto grazie all’animo nobile di Alex. Aveva quasi paura che presto si sarebbe svegliata e tutto sarebbe svanito, invece era tutto vero. Non era un fiabesco sogno, ma una fiaba divenuta realtà.
“Alex! Mio Dio! Non ho parole!” esclamò Elizabeth, cercando di trattenere le lacrime per non rovinare ore di lavoro di trucco.
“Ti amo, Elizabeth. Spero che questo giorno resti nei tuoi ricordi per sempre”, le sussurrò Alex.
“Alex, questo è il giorno più speciale della mia vita. E solo grazie a te. Ti amo, Alex!”
Alex la aiutò a salire in sella e montò con lei. Elizabeth, prima di andarsene via con Alex, lanciò all’indietro il bouquet. Il signor Destino volle che cadde proprio nelle mani del buon caro e vecchio Edward, che lo afferrò più per riflesso che per volontà. Edward, che si trovava in piedi, proprio accanto a Sandy, assunse un’espressione alquanto sconvolta. L’idea di sposarsi entro l’anno secondo l’antica leggenda lo fece quasi sentir male. Edward si voltò a guardare Sandy, agitato e sconvolto, e le rifilò freneticamente il bouquet come per sperare che l’effetto del vecchio detto ricadesse su di lei e non su di lui. Che potesse ricadere su tutti e due?
Alex ed Elizabeth si erano voltati per assistere alla scena. Alex lanciò a Edward un eloquente sguardo, accompagnato da un buffo gesto con la mano, che voleva dire: “Te l’avevo detto che prima o poi sarebbe toccato anche a te!”
Alex afferrò poi le redini e con decisione iniziò a far galoppare lentamente il cavallo. “Mi dispiace, Capo! Ma non c’era un cavallo anche per lei!” lo prese in giro Alex, avendo colto l’espressione di disappunto di Albert, che non aveva più aperto bocca, da quando aveva visto il bianco cavallo. “La saluto, Capo!”
Gli invitati si radunarono a mo’ di gregge di pecore per osservare i due piccioncini che si allontanavano proprio come nelle fiabe.
“Quell’Alex!” commentò Albert, con un sorriso rassegnato. “Mille ne pensa e diecimila ne fa!”
Edward gli si avvicinò, ancora parecchio scosso e gli mise una mano sulla spalla, preoccupato. “Capo, ma secondo lei... E’ vera quella storia del bouquet?”
Albert lo guardò come se fosse ubriaco. “Ma dico, Edward... Ci stai serio? Non è una vecchia baggianata come questa che conta, ma le ferrea volontà di un individuo. Tu vuoi sposarti entro l’anno?”
“No, Capo. A dire il vero, non voglio proprio sposarmi!”
“E allora non sposarti! Stop!”
“Grazie, Capo! Bene, andiamo al pranzo!”
Albert afferrò Edward per il colletto dello smoking nero che indossava, sentendosi spudoratamente surclassato e spodestato. “Edward... Qui comando io. Io sono il padre della sposa, io ho organizzato il matrimonio, tranne quella pagliacciata del cavallo, e per di più io sono anche commissario. Perciò, li do io, gli ordini, qui!”
Un sorriso beffardo prese forma dalle labbra di Edward. “Molto bene, Capo. Mi perdoni. Quand’è così... EHI, GENTE! ANDIAMO TUTTI A PRENDERE LE MACCHINE! SI VA A MANGIARE A SCROCCO!” gridò, poi per prenderlo in giro e fargli dispetto.
Albert con i suoi “ehi, aspettate!” non riuscì a fermare la mandria di bufali affamati e inferociti che lo sommerse in direzione delle auto. Albert rimase in fondo alla fila, nel tentativo di riprendere il controllo della situazione, insieme a Sandy, che gli passò accanto volteggiando con aria sognante col bouquet.
“Quanto mi piace quell’Edward! E’ da sposare!” gli esclamò, mentre lo sorpassava.
Albert, rimase lì, fermo immobile come una statua, o meglio come un cretino per qualche minuto.

Alex non si risparmiò in fatto di casino nemmeno al pranzo. Mangiò per un esercito, conquistò tutti i parenti di Elizabeth con le sue battutine pungenti, che misero in risalto tutta l’intelligenza e il sovrumano carisma di cui era dotato. E non mancò di alzare un po’ il gomito, sotto lo sguardo leggermente contrariato di Albert, che decise di godersi i festeggiamenti e di lasciarlo perdere. Era sul punto di parlare e dirgliene quattro, ma lo sguardo innamorato e perso, felice e colmo di magia nei luminescenti occhi della figlia gli fecero completamente cambiare idea all’ultimo minuto. Dopo il pranzo nel giardino esterno di un noto ristorante, la band, capitanata da Alex, attaccò gli strumenti e iniziò a dar movimento al pomeriggio. Iniziarono con la canzone dedicata a Elizabeth, che ormai era diventata il loro cavallo di battaglia. Le coppie presenti alla festa furono sentimentalmente coinvolte in un lento, tutto da ballare accanto al proprio amato. Elizabeth salì sul palco con Alex e si strinse a lui per ballare. Alex, che con una mano teneva il microfono e con l’altra stringeva Elizabeth per danzare con lei, conquistò tutti con la sua sensuale e particolarissima voce. Il giardino addobbato a mo’ di matrimonio con nastri e palloncini bianchi e luci in stile natalizio, stagliate a illuminare gli alberi, resero l’atmosfera ancora più magica. Persino Albert si lasciò completamente andare e ballò con sua moglie, con lo stesso trasporto di quando erano ragazzi. Grazie ad Alex, stava riscoprendo una parte nascosta e sepolta del proprio io. Non si smentirono neanche la zia Luigina e lo zio Esmeraldo, che in fatto di balli lenti, diedero qualche bella lezione a tutti gli invitati. Sandy avrebbe tanto voluto ballare con Edward, ma era completamente preso sul palco a deliziare il pubblico con i dolci assoli di chitarra scritti da Alex per Elizabeth. E al termine della canzone, via col rock scatenato! Dopo qualche pezzo, la band lasciò il proprio posto ai musicisti che avevano chiamato per donar del sottofondo musicale alla festa. Finalmente, dopo tante preghiere e suppliche, Sandy riuscì a fatica a strappare con le unghie e con i denti un ballo a Edward, che alla fine venne coinvolto tanto quanto lei. Alex ed Elizabeth si goderono divertiti la comica scenetta, sghignazzando sotto i baffi come delle iene.
“Complimenti, Alex!” gli si avvicinarono Albert e Hilary.
“Grazie Capo! Ma il merito della canzone è di Elizabeth. Me l’ha ispirata lei, dalla prima all’ultima nota!”
“Congratulazioni Elizabeth cara!” li interruppe la zia Luigina, inseguita dallo zio Esmeraldo.
“Grazie zia! E’ il giorno più bello della mia vita!”
Lo zio Esmeraldo aveva già aperto la bocca per proferir parola, ma il pianto incessante e martellante di una neonata sovrastò la sua voce. Una piccola cuginetta di Elizabeth.
“Scusate! Ma non riusciamo a farla smettere! Io e mio marito l’abbiamo portata a spasso per tutto il ristorante!” spiegò questa zia un po’ alla lontana di Elizabeth, con la bimba che le piangeva in braccio.
Ad Alex si illuminò lo sguardo, al solo pensiero che presto sarebbe arrivata una canaglia urlante anche per lui. E l’idea, invece di spaventarlo, lo entusiasmò. “La prendo io!” esclamò allegro, strappando la piccola dalle braccia di sua madre. “Vieni amore! Vieni dallo zio Alex!”
Alex si mise subito a ninnarla e a canticchiarle una simpatica canzoncina per bambini che si inventò al momento. La bambina smise all’istante di piangere sotto lo sguardo sconvolto del gruppetto lì radunato. Anche Elizabeth, con un fagotto in grembo, non poté resistere alla tentazione di dare il suo contributo e coccolare la piccola tra le braccia di Alex.
“Ma come ha fatto?” chiese la mamma, sbalordita.
“Eh...” –sospirò Albert, con fare rassegnato- “E’ una femmina. E alle femmine, quel manigoldo piace.”
“Gliela regaliamo per un paio di settimane così io e mio marito ci risposiamo un po’!”
“Ah, noi la prendiamo volentieri!” intervenne Alex, avendo sentito la battuta. “Però signora non le conviene, perché poi non gliela ridiamo più!” scherzò, restituendole la sorridente bimba.
“Saresti un ottimo padre”, commentò la zia Luigina.
“Lo sarà presto zia!” si lasciò sfuggire Elizabeth, sotto lo sguardo inorridito di Albert, che avrebbe voluto tenere segreta la gravidanza ancora per un po’. Vecchi ideali d’onore.
“In che senso, Elizabeth cara? Volete avere presto un bambino? Beh, mi sembra un’ottima idea!”
Albert tirò un mezzo respiro di sollievo, preoccupato per la risposta di Elizabeth. Le lanciò un occhiolino come ricordarle di annuire a quanto aveva appena detto Luigina, ma Elizabeth non era esattamente come suo padre.
“No, zia. Non è così. Noi lo aspettiamo già, un bambino! Sono incinta!”
Elizabeth lo disse così forte che tutti si voltarono a guardarla. Intorno a loro, piombò il silenzio più assoluto, tanto che persino i musicisti smisero di suonare e furono trascinanti in quello che per loro fu un inspiegabile black-out.
“Congratulazioni doppie!” gridò finalmente Luigina, andando a rompere il silenzio e riportando allegria e movimento alla festa. “Ah, caro, caro Alex! Vieni qui, adorabile briccone! Fatti abbracciare!” se lo spupazzò la zia Luigina. “Vieni qui anche tu nipotina mia! Allora, di quanto sei incinta?”
“Di circa quattro settimane. L’ho saputo poco fa.”
“E il papà-artista, qui, che cosa dice? Eh?”
“Dico che è il dono più straordinario che la vita mi abbia fatto. Elizabeth e questo figlio sono una benedizione per me. Non vedo l’ora che nasca!”
“E tu perché non ci hai detto niente, Albert?” protestò indignata Luigina, colpendolo con una guanto da signora.
“Beh... Ecco... Perché...” balbettò, non sapendo che cosa dirle.
“Ah, ho capito. Le tue solite idee da vecchio! E’ un disonore per te restare incinta prima del matrimonio, vero?! Ci avrei scommesso! Sei proprio anziano!”
La battuta della zia Luigina in stile “il bue che dà del cornuto all’asino” donò una bellissima risata gratuita a tutti. Luigina proprio non capì lo strano perché di quelle risa, forse per il fatto che lei, gli anni che aveva, non li sentiva affatto. Si sentiva ancora giovane nello spirito, così come il marito Esmeraldo.
Alex ed Elizabeth si allontanarono per qualche minuto dalla festa. Sentivano il bisogno di stare un po’ soli. Passeggiarono tutt’intorno al cortile, mano nella mano, isolati dalla folla. Si sussurrarono dolci e tenere parole e Alex tirò fuori il poeta che era in lui. Quando dei sonori rumori li distrassero. Alex tese l’orecchio in stile Dumbo Jumbo per capire chi fosse e da dove venissero tutti quei versi piuttosto espliciti. Elizabeth ridacchiò sotto i baffi: l’espressione assunta dal volto di Alex era impagabile. Il ragazzo scostò con la mano libera un ramo ricoperto di foglie di una grossa pianta verde e subito si compiacque di ciò che vide.
“Ma guarda tu, da quale pulpito viene la predica!” esclamò Alex con un sorriso beffardo, quando beccò Edward e Sandy in atteggiamenti piuttosto intimi e inequivocabili.
Edward sollevò il capo dal collo di Sandy e si voltò di scatto a fulminare il suo amico. Ma non seppe che cosa ribattere, tanto era stato colto alla sprovvista.
“Continuate pure! E divertitevi! Mi raccomando Edward... Vogliamo essere i testimoni di nozze, altrimenti ci offendiamo. Ciao ciao!” li prese in giro.
Alex si fece beffa di Edward in quello che per lui fu il migliore dei modi. Elizabeth seguì Alex, sghignazzando come non mai in vita sua.
“Sai che Sandy stravede per Edward?” buttò lì Elizabeth.
“Sì, me ne sono accorto. Anche Edward, anche se lui lo nega. E’ allergico alle relazioni serie, ma secondo me, se va avanti di questo passo, Sandy potrebbe fargliela passare!”
“Lo credo anch’io, amore. Che ne dici se ci sediamo un momento qui? Sono un po’ stanca.”
Alex annuì, sedendosi insieme a lei sull’isolata panchina in mezzo al verde indicata da Elizabeth. La strinse con amore a sé.
“Ti senti bene, amore mio?” le chiese Alex premuroso, accarezzandole la guancia.
“Sì, amore. Mi sento solo un po’ stanca. Sai, oggi è stata una giornata molto intensa per me, non tanto dal punto di vista fisico, ma emotivo. Sono state troppe emozioni forti tutte insieme. Mi batte ancora il cuore dalla gioia. Non so descrivere come io mi senta in questo momento. So solo che sto bene. Che non sono mai stata così felice in tutta la mia vita.”
Alex le regalò l’ennesimo, dolce sorriso. “Anch’io mi sento come te. Mi servirebbe un piano, così potrei suonare questa emozione così forte e intensa.”
“Allora, andiamo a casa. Gli invitati capiranno. Sono anche incinta. Saranno molto più che premurosi!”
Alex non riuscì a capire se gli facesse più ridere la frase ribelle di Elizabeth o il fatto che avrebbe potuto benissimo pronunciarla lui. Di una sola cosa, però, era certo: si erano completati a vicenda. Ognuno aveva dato all’altro ciò che gli mancava e viceversa.
“Ah, eccovi qua!” esclamò Albert, vedendoli tornare.
“Capo, non le dispiace, vero, se noi ci avviamo verso casa? Elizabeth è molto stanca. Vorrebbe riposare un po’. Ha bisogno di stendersi.”
“Ma certo! Se si stente stanca, DEVE andare a riposare!” acconsentì immediatamente Albert, calzando sul “deve” facendo riferimento al fatto che Elizabeth fosse incinta.
Gli sposini salutarono e ringraziarono tutti i parenti, amici e invitati e se ne tornarono a casa di Elizabeth. Avevano deciso che avrebbero continuato a vivere lì, fino all'uscita del disco, insieme a Hilary e Albert che avevano tutta l’aria di due genitori che non riuscivano ancora a staccarsi dalla loro bambina.

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