sabato 10 marzo 2018

UN MANIGOLDO DEL GENERO - 2° STAGIONE - 9° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli



Albert si stava preparando per andarsene a letto. Ci stava mettendo particolarmente tanto dal momento che era molto tardi e sua madre dormiva già da un po’. Inoltre aveva così tanti pensieri, mille e mille, che gli frullavano per la testa, che davvero non riusciva a sbrigarsi. Quell’Alex dei suoi stivali! Gliel’aveva fatta di nuovo! Come aveva osato prendersi gioco così spudoratamente di lui, servendosi anche di sua figlia? Come avevano osato sfidarlo così apertamente, senza alcun pudore, senza alcun ritegno? Era disperato. Non riusciva proprio a capacitarsi di come una tale disgrazia fosse capitata proprio a lui. Proprio alla sua famiglia. Distrutta da un manigoldo da quattro soldi di prima categoria! Fu il suono discreto del campanello a riportarlo alla realtà. Riconobbe il modo di fare di sua moglie.
“Sì? Chi è?” chiese, afferrando avvilito e stanco il citofono.
“Albert, sono io. Tua moglie”, gli disse lei in tono serio.
“Immaginavo. E che vuoi a quest’ora?”
“Ti devo parlare. Fammi salire, per favore.”
“Non puoi aspettare domani mattina?”
“No. E’ piuttosto urgente.”
“Va bene. Sali”, cedette Albert, aprendole il portone.
Era seria. Troppo seria. Forse voleva parlare di Elizabeth. E per parlare di Elizabeth non c’era orario che tenesse. Si sedette sul divano del soggiorno, mentre aspettava che salisse le scale. Continuava a fissare il pavimento, sempre più afflitto. Si chiese che cosa volesse dirgli.
“SALVE CAPO!” L’irriverente voce di Alex fece irruzione nelle sue orecchie e nella casa, seguito da Elizabeth e Hilary.
“Cosa? Che ci fai tu qui? Che cosa vuoi? Hai distrutto la mia vita! Vattene!” s’infuriò sotto voce, perdendo le staffe.
“Eeeeh, che paroloni, Capo!”
In quattro e quattr’otto, il soggiorno si riempì di grida e schiamazzi. Era salita anche la band. Un coro di allegri “SALVE CAPO!” rimbombò in ogni dove della casa.
“Andate via! O sveglierete mia madre! Maleducati! Che cosa volete a quest’ora?”
“Le siamo piaciuti, Capo? Siamo stati bravi?” gli chiese Alex con risolino di scherno.
“Sì, sì. Sei stato bravo, sei stato bravo”, gli disse, cantilenando, giusto per accontentarlo.
“Capo, ha visto come ha ballato Elizabeth?”
“Sì. Come una troia.”
Elizabeth gli tirò uno schiaffone, indignata, sotto lo sguardo meravigliato di tutti. “Non ti permettere, papà. Mai più. Alex è il mio fidanzato e tu devi accettarlo.”
Albert abbassò gli occhi e non rispose. Lasciando tutti a bocca aperta. Un atteggiamento fuori dalla sua personalità. Non era da lui.
“Però! Che coraggio la mia Elizabeth!” intervenne Alex soddisfatto. “Io, comunque, Capo, intendevo la canzone che ho scritto io per Elizabeth!”
Hilary si avvicinò e si sedette accanto a suo marito. “Albert, ma non hai sentito che pezzo, che parole ha scritto questo ragazzo?”
Sì, ma sono sicuro che non l’abbia scritta lui. Chi te l’ha scritta, manigoldo?”
“Io, Capo. Se non ci crede, le scrivo una canzone qui su due piedi. Mi basta guardare Elizabeth e mi vengono in mente mille canzoni da dedicarle!” replicò Alex senza scomporsi per niente.
La band intervenne con irruenza e schiamazzi. “CAPO! CAPO! IL NOSTRO ALEX HA SALVATO IL CULO DELLA BAND CON QUELLA CANZONE! E’ LA PIU’ GETTONATA! EVVIVA ALEX! EVVIVA ELIZABETH CHE L’HA ISPIRATO!”
“GRANDI RAGAZZI! SIETE FIGHISSIMI! SPACCHIAMO TUTTO!” gridò Alex a squarciagola con la voce potente che aveva.
“Cos’è tutto questo baccano?” Un’anziana signora sulla settantina fece il suo agguerrito ingresso in soggiorno con tanto di bastone e pigiama. E un’aria alquanto seccata. “Allora? Esigo una risposta. Svegliare a quest’ora, nel cuore della notte, una povera vecchia stanca e malandata!”
Alex si fece subito avanti, non smentendosi mai, come al suo solito. “Salve nonna!”
La signora quasi si offese. “Nonna? Ma chi sei tu? Chi ti conosce?”
“Ma nonna! Io sono Alex, il fidanzato di Elizabeth! E questo fa di me suo nipote! Un nipote acquisito, certo, ma pur sempre un nipote!”
La vecchietta cambiò subito umore. Quel ragazzo le infuse una sorta di strano benessere ed euforia. Il suo entusiasmo e la sua sfacciataggine erano adorabilmente contagiosi. “Ah. Che simpatico ragazzo. Mmmm... Anche bello! Brava Elizabeth. Te lo sei scelto bene!”
Inutile dire come mutò l’umore di Albert e che fine fecero i suoi delicati nervi, cuciti con un filo sottilissimo, sempre incline a strapparsi. “COOOOSA? ADESSO TI CI METTI ANCHE TU, MAMMA!” tuonò.
“Fa’ silenzio tu, sciagurato!” lo rimproverò sua madre, prima di tornare a rivolgersi ad Alex in tono curioso e allegro. “Dunque caro, che cosa fai tu nella vita?”
“Io sono un musicista, nonna! Un artista! Cantante e pianista, per la precisione. E questi ragazzi sono la mia famiglia, la mia band! E presto ci vedrà in tv! Ci fanno il contratto!”
“Bene, giovanotti! Molto bene. Non vedo l’ora di ascoltare il vostro cd.”
“Gliene regaleremo una copia appena sarà pronto, nonna! E vedrà, c’è una canzone che ho scritto per Elizabeth che le farà capire quanto io la ami! Ora la lasciamo dormire, nonna! La salutiamo! ARRIVEDERCI NONNA! E ARRIVEDERCI CAPO!”
La band gli fece l’eco dietro e se ne andarono sbattendo sonoramente la porta.
La signora guardò suo figlio con aria disgustata. “Sempre il solito antico, tu! Non hai visto che simpaticone?”
“Non ci credo! Si è comprato anche te! Ma come fa quell’Alex? Fa innamorare tutti! Prima mia figlia, poi mia moglie, poi l’anziana signora a cui ha devastato il giardino per riprendersi il pallone, poi i fans e ora te!”
“Già. Solo te non ha fatto innamorare. Evidentemente sei tu che hai qualche problema, Albert.”
“No. Lui e le sue arti subdole! Io lo conosco bene, quel manigoldo, mamma!”
“No. Tu sei solo un vecchio e antico rottame con la mente ottusa. Domani, tu fai le valigie e te ne torni a casa. O te ne vai in albergo. Io, qui, non ti voglio più. E se vengo a sapere che continui a mettere i bastoni tra le ruote a quella povera coppia, io non vorrò mai più vederti, perché mi vergogno di te. Buonanotte, Albert!” La grintosa vecchietta se ne tornò in camera, sbattendo la porta, indignata.
Albert rimase lì, in soggiorno. Si afferrò la testa tra le mani e iniziò a singhiozzare, sprofondando negli oscuri abissi dello sconforto più tetro e inquietante. Ora ci si metteva anche sua madre! Accidenti a quell’Alex e alle sue arti subdole! Albert si disperò. Era da solo. Da solo e contro tutti.

“Emile! Che piacere vederti, figliolo! Entra pure! Come stai?” lo accolse Albert con calore nel suo ufficio, quando ricevette la sua visita inaspettata il giorno dopo il concerto.
“Bene, signore. Anzi... Non troppo bene.” Emile prese posto con fare timoroso e sguardo assai amareggiato sulla sedia di fronte ad Albert.
“Perché, Emile? Che succede? E come mai questa visita oggi?”
Emile respirò a fondo, prima di iniziare timidamente a parlare. “Vede, signor Reeves, sono qui per dirle una cosa che avrei dovuto dirle molto tempo fa. Vede io... Non dovrei nemmeno essere qui perché sua figlia ha minacciato di farmi cacciare dal corpo di ballo. E lo farà, se viene a sapere che sono venuto a parlare con lei. Quindi la prego di non mandarmi in mezzo.”
“Elizabeth? Cacciarti dal corpo di ballo? In effetti Emile... In questo periodo è molto cambiata. Se ha minacciato di farlo, lo farà. Ma perché è arrivata a farti tale minaccia?”
“Purtroppo si è fidanzata alle sue spalle, signor Reeves. Si è fidanzata con un brutto ceffo, pieno di tatuaggi, coi capelli lunghi e vestito strano. Credo che si chiami... Alex. Mi pare che fosse Alex il nome. Lui viene sempre a prenderla a scuola, si baciano in pubblico, di fronte a noi colleghi, agli insegnanti... E insieme fanno anche qualche bella risata con sua moglie, che adora questo ragazzo tanto quanto Elizabeth e io non ho ancora capito che cos’abbia di speciale. Io non avrei mai dovuto dirglielo, Elizabeth me lo ha proibito. Ma io non potevo tacere. Non più. Conto sulla sua discrezione.”
Albert iniziò a picchiettare la penna sulla scrivania senza esserne affatto stupito. “Sì, lo so, Emile. Purtroppo l’ho scoperto da me. Li ho visti che si baciavano in giro, in mezzo al marciapiede. Ma hai fatto comunque bene a venire da me. Apprezzo molto il rischio che hai deciso di correre per tentare di proteggere mia figlia. Ti fa onore.”
“Grazie. Lo dica un po’ a lei! Che intende fare, signore?”
“Nulla, figliolo. Non posso fare nulla. Purtroppo ho le mani legate.”
Emile lo guardò con un certo disappunto. “Signore?”
“Purtroppo è così, Emile. Tutti adorano quel ragazzo. Mia figlia, mia moglie, persino mia madre. Ho tutti contro. E poi... Elizabeth se ne andrà con lui e non mi vorrà più vedere, se mi metto in mezzo in qualche modo. Più che tentare di convincerla a parole, anche alzando la voce, non posso fare.”
“Ma che cos’ha questo ragazzo, signore? Voglio dire... Sembra un delinquente!”
“E’ un delinquente, Emile! Io lo conosco. E lo conosco anche piuttosto bene, dal momento che sono due anni che non faccio altro che arrestarlo per cattiva condotta! Tutti sono innamorati di lui. E tu, che sei un bravo ragazzo, sei stato scansato e minacciato! E questo, mio caro figliolo, non è affatto giusto. Né coerente!”
“Mi fa piacere sentire queste parole da lei, signore. Sa, io devo confessarle che ho sempre avuto un debole per Elizabeth. E’ da tanto che sono innamorato di lei. E lei non mi ha mai guardato. Invece, quando guarda quel tipo, quell’Alex... Non sopporto come lo guarda. E come lui la guarda!”
Albert allungò la mano e prese quella di Emile, con fare assai paterno. “E’ un grande onore per me conoscere i tuoi nobili sentimenti verso mia figlia. E’ una stupida. Ha al suo fianco un bravo ragazzo, gentile, educato, di rispettabile famiglia e si va a fidanzare con un delinquentello di strada, un poveraccio, strafottente e maleducato. Emile, a me questa situazione non va giù. Aiutami tu figliolo. Perché io sono disperato.”
Emile aggrottò le sopracciglia, confuso. “Aiutarla, signore? Ma come?”
“Se davvero ami mia figlia, non gettare la spugna. Continua a corteggiarla, con molta discrezione. Forse la storia con Alex è solo un fuoco di paglia che possiamo spegnere insieme. Fai in modo che si accorga di te e che lo lasci. Non vedrei nessun altro ragazzo meglio di te al suo fianco.”
“Lei mi onora, Albert. Ma se non fosse un fuoco di paglia? Io potrei perdere altre occasioni.”
“Mi rendo conto di questo, però tu devi anche renderti conto che esiste ragazza al mondo migliore di mia figli, se riusciamo a farle tornare il cervello al suo posto.”
“Ha ragione, signore. Non ho mai conosciuto una ragazza dolce come Elizabeth. E sia. Spero si accorga di me!”
“Ottimo, Emile! Tu corteggiala e anche io con un po’ di furbizia e discrezione muoverò i miei passi.”
Uno sguardo complice e maligno mise fine a quell’antica conversazione di stampo medioevale.
Ma solo poche ore dopo, alle prove, Elizabeth fece ancora una volta sfoggio della sicurezza che aveva acquisito. Aveva notato qualcosa di strano nell’atteggiamento ormai arrendevole di Emile, un atteggiamento che l’aveva insospettita. Ora era più grintoso e determinato. E falso. Aveva finto di scusarsi in un modo assai pietoso e discutibile per come si era comportato con lei e Alex, dicendole che voleva rimediare, magari anche uscendo tutti e tre insieme, di tanto in tanto. Ma Elizabeth, scaltra come la volpe che era diventata stando con Alex, capì subito che qualcosa non quadrava. Affrontò Emile a testa alta, dicendogli esplicitamente che aveva intuito che sotto il suo atteggiamento falso e subdolo ci fosse lo zampino di suo padre, che sicuramente si era coalizzato con lui per sabotare la sua relazione con Alex. Elizabeth si rese conto di non poter più lavorare con un collega come Emile, disposto a tutto pur di averla, per soddisfare il suo capriccio. Alleandosi con Albert, avrebbe fatto di tutto per mettere zizzania tra lei e Alex e lei, questo, non poteva permetterlo. Non dopo quello che avevano passato. Allora, Elizabeth si vide costretta a tramutare la sua minaccia in una realtà concreta. Chiamò sua madre e la ragguagliò sullo status delle cose, dicendole che sicuramente Emile si era alleato con Albert per sabotare la sua relazione con Alex. A Hilary interessava solo l’interesse di sua figlia, ma allo stesso tempo, non se la sentiva di cacciare Emile. Ma doveva farlo. Per Elizabeth. Per proteggere sua figlia. Vedendosi messo alle strette, Emile spifferò tutto del suo colloquio con Albert di quella mattina stessa e confessò apertamente anche a Hilary i suoi sentimenti per Elizabeth. Tentò di difendersi, dicendo che non avrebbe più tentato di sabotare la relazione di Elizabeth e Alex, anche se non l’approvava. Ma Elizabeth e Hilary furono irremovibili.
“Mi spiace, Emile. Ma non sei più il benvenuto qui. Sei licenziato.”
Il povero Emile si recò in fondo alla sala a prendere il suo borsone per andarsene umiliato e sconfitto.
“No”, intervenne Alex, deciso e risoluto.
Aveva appena fatto la sua comparsa all’interno della sala prove dove il trio stava animatamente discutendo e aveva sentito quasi tutto. Abbastanza per capire che cosa fosse successo.
“Come, scusa? Alex questo qui vuole...”, protestò Elizabeth.
“Sì, lo so cosa vuole. E non m’importa. Il nostro amore è talmente saldo, che nulla può sconfiggerlo. Ora so fino a che punto tu mi ami e temi di perdermi. Ma non succederà. Mai. Perché io ti amo. Questo qui è soltanto un bambolotto rampollo di una famiglia riccona con una cotta per te, che non vuole accettare il fatto di essere stato miseramente messo all’angolo. E’ solo un burattino con una cotta per te nelle mani di tuo padre. E’ innocuo. Non rovinargli la carriera e lascialo stare. Tanto, d’ora in poi, se ne starà buono-buono. Non è vero, Emile?” gli domandò Alex con fare irriverente.
Emile annuì terrorizzato con un cenno del capo.
“Bravo. Vedo che mi hai capito. Io ti aspetto fuori, Elizabeth”, le disse, uscendo dalla stanza.
Elizabeth lanciò un’occhiataccia a un Emile piuttosto indifeso e umiliato. Quel viscido verme preferiva l’umiliazione di rimanere in carica solo per grazia di Alex, del suo acerrimo nemico. Alex aveva ragione. Emile era solo un poverino. Tanto valeva lasciarlo stare.
“Così sia. Ringrazia Alex per questo. Fosse per me, ora staresti in mezzo a una strada, invece che su un palcoscenico”, gli disse Elizabeth, sibilando velenosa come un serpente.
Sua madre annuì con cenno del capo e insieme se ne andarono a casa, lasciando lì Emile come il fantoccio senza infamia e senza lode quale era.
Alex, invece, era davvero un gran signore.
Alex era un cavaliere.

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