DOLCI INCONTRI ALL'ORIZZONTE
Valerio e Chanel trascorsero tutto il giorno a lezione. Il martedì era
la giornata più pesante della settimana con un orario micidiale che prevedeva
lezioni dalle nove alle una e dalle quattordici e trenta alle diciotto e
trenta. Per fortuna, che il resto della settimana aveva orari più tranquilli!
Molti degli studenti erano già andati via, non resistendo più al massacro
psicologico di tutte quelle ore di attenzione, ma Valerio e Chanel erano ancora
lì, anche se Chanel aveva smesso di ascoltare già da un paio d’ore. Stava
giocherellando col telefono e l’unico motivo per cui era rimasta a sorbettarsi
la noia mortale dell’intera giornata a lezione era Valerio. Lui restava, lei
restava. Non appena il professore annunciò la fine della sua spiegazione, i
ragazzi balzarono in piedi, pronti a fuggire a gambe levate, primo fra tutti
Valerio, che raggiunse subito Chanel su per le scale.
“Allora, strega maledetta! L’avrai anche data a bere a quell’imbecille
del professore, ma a me, non mi freghi! Ora, sono disposto anche a passarci
sopra, se mi restituisci le chiavi della mia macchina e la mia macchina!” le
sibilò a denti stretti per non attirare l’attenzione altrui.
Chanel si fermò sulla soglia dell’uscita dall’edificio, che dava
proprio su via Saffi, la salita più ripida di tutta Urbino e si voltò a
guardare Valerio con aria di sfida e sufficienza al tempo stesso. Sfilò le
chiavi dell’auto di Valerio dalla tasca dei jeans e gliela porse. “Cercatela,
Nano Da Giardino. Io ti saluto. Vado a casa. Bye-bye! E buona caccia alla
macchina!” lo prese in giro, sparendo tra la folla, piantando in asso il suo
acerrimo nemico.
S’incamminò verso il centro stanca, ma altamente soddisfatta di sé.
Aveva sopportato tutte quelle ore di lezione col solo scopo di godersi quel
momento: restituire le chiavi a Valerio e dirgli di cercarsi da solo la sua
adorata vettura. Lei sarebbe tornata a casa a piedi. Forse, dopo quella lunga
giornata, quel dannato, maledetto nano da giardino avrebbe finalmente capito
che avrebbe dovuto portarle il rispetto che una regina del suo rango meritava!
Si guardò intorno, felice di constatare che la città pullulava di gioventù e di
vita, ma sfortunatamente era troppo stanca per bazzicare ancora in giro, così
decise di filare dritta a casa. Quando raggiunse via dell’Annunziata, a pochi
passi da casa sua, una voce gentile e cortese attirò la sua attenzione.
“Scusami!”
Chanel si fermò e alla luce del lampione apparve un ragazzo dall’aria
dolce e dall’espressione quasi disperata. Lo fulminò con gli occhi, lo sguardo
da vipera quale era. “Che vuoi? Vuoi forse rimorchiare?”
“Oh mio Dio, no!” esclamò il poveretto, mortificato. “Mi dispiace che
tu l’abbia pensato, ma non è quella la mia intenzione. Ho bisogno di aiuto e
nessuno si è offerto di darmi una mano. Non so proprio come fare!”
Chanel lo squadrò dalla testa ai piedi e dal tono cristallino e
mortificato della sua voce, comprese che era sincero. Oltretutto, doveva
ammettere che era anche molto carino! “Che cosa ti è successo?”
“Mi si è rotta la macchina. Guarda che roba!” esclamò il ragazzo,
indicandole la nube di fumo che usciva inesorabile dal cofano. “Ho la casa
fuori Urbino e non so proprio come fare. Tu hai la macchina per caso? Avrei
bisogno di un passaggio. Ti sarei molto grato, se potessi darmi una mano!” la
implorò, educato e gentile.
Lo sguardo di Chanel si addolcì, mostrando la vera bellezza del suo
volto. Trovava quel ragazzo dai capelli castani e gli occhi azzurri davvero
molto a modo e il suo sorriso era il più adorabile che avesse mai visto. Non
poteva certo lasciarselo sfuggire! “Sì, ho la macchina non lontano da qui.
Abito lì. Quella è casa mia. Vieni con me. Ti accompagno io a casa.”
“Ti ringrazio molto. Sei davvero gentile. Ti devo un favore!”
“Ma figurati! Per così poco!”
“A proposito, io mi chiamo Riccardo”, si presentò lui, porgendole la
mano.
“Molto piacere, Riccardo. Io sono Chanel”, ricambiò lei,
stringendogliela.
“Chanel? Hai un nome davvero grazioso!”
“Grazie! Allora, questa è casa mia. Hai bisogno di salire un attimo
per andare in bagno o per bere qualcosa di caldo?”
“No, tranquilla. Ma ti ringrazio molto per la tua gentilezza.”
Chanel sorrise e gli indicò la sua auto. “Ecco, questa è la mia
macchina. Sali pure!”
Riccardo obbedì e si allacciò la cintura. Chanel fece altrettanto.
Mise in moto e partì.
“Che facoltà frequenti?” le domandò Riccardo, curioso di conoscerla
meglio. Non poteva negare a se stesso, che Chanel l’avesse molto colpito. Era
davvero una gran bella ragazza, altruista e gentile. Era comprensibile che
avesse reagito bruscamente, nel momento in cui l’aveva fermata: bella com’era,
chissà quanti cafoni le facevano la corte in maniera sconcia e indelicata!
“Faccio Scienze Motorie e tu?”
“Frequento Scienze della Formazione. Vorrei diventare insegnante nella
scuola primaria.”
“Intendi dire il maestro nella scuola elementare?”
“Sì, esatto! Mi piace molto insegnare e lavorare con i bambini! Mi
danno sempre una grande gioia!” le raccontò Riccardo.
“E’ vero! Sono molto carini!” convenne Chanel, a cui piaceva molto
giocare con i bambini.
Riccardo le sorrise. “Se non sono indiscreto, come mai sei andata a
lezione a piedi, anche se hai la macchina?”
“Mi piace passeggiare. Soprattutto, dopo aver avuto lezione per tutto
il giorno!”
“Quindi, ti piace lo sport, dico bene?”
Chanel annuì. “Sono cintura nera di karatè. Tu, invece? Fai sport?”
“Sì, ma non come lo fai tu. Mi piace tenermi in forma e andare in
palestra. Mi alleno quattro volte a settimana.”
“E si vede!” ammise Chanel.
Riccardo era un ragazzo di altezza media, con fisico robusto e
asciutto, il viso grande dai lineamenti marcati, ma armoniosi, che si sposava
alla perfezione con la sua corporatura massiccia.
“Beh, ti ringrazio!”
“Se ti fa piacere, verrò ad allenarmi con te, qualche volta! Anch’io
volevo iscrivermi in palestra per mantenermi in forma, sai?”
Riccardo le sorrise dolcemente, il cuore che batteva sempre più forte.
“Mi farebbe davvero molto piacere avere un po’ di compagnia!”
“Ottimo! Allora, è deciso! Dove vado qui?” gli domandò, concentrata
sulla strada.
“Di qua! E’ un po’ lontano da Urbino, però costa meno. Sai, i miei
genitori non sono molto ricchi.”
“Poverino! Mi dispiace molto!”
Riccardo fece spallucce. “Non dispiacerti, non è un dramma! I soldi
non sono poi così importanti. Lo sono di più gli affetti sinceri della famiglia
e degli amici!”
“Non posso darti torto, sai? Quanti coinquilini hai, per curiosità,
Riccardo?”
“Tre. Siamo in quattro. Sono stato fortunato, sai? Mi trovo molto bene
con loro!”
“Beato te! Io sto di casa con uno sfighino piagnucolone e con un
disgraziato maledetto! Un salapuzio, per dirla tutta!”
“Un che?”
“Un salapuzio! E’ un termine arcaico e di uso raro. Sta a indicare un
uomo di bassa statura, che si rende ridicolo per i suoi modi di fare saccenti e
teatrali”, gli spiegò Chanel.
“Capito. Quindi, suppongo che sia... Basso?” dedusse Riccardo.
“E’ un nano da giardino. Brontolo, per l’esattezza! Tu non hai la
minima idea di cosa mi faccia passare ogni giorno! E l’ho conosciuto solo ieri
sera! Non ha un minimo di rispetto per me, né per le signore in generale!”
Chanel passò i minuti successivi a raccontare a Riccardo la sua storia
di vendette e ripicche con Valerio, sfogandosi come se fosse lei la vittima di
tutta quella storia.
“Accidenti! Sei stata davvero sfortunata a capitare con un tipo come
lui! Poverina! Mi dispiace molto! Sei una ragazza intelligente e in gamba. Non
te lo meriti proprio! Se ti va parlare e sfogarti, io sarò sempre disponibile
ad ascoltarti”, le disse Riccardo, comprendendo il suo stato d’animo.
“Grazie. Sei davvero carino!” gli sorrise Chanel, dandogli un buffetto
sulla guancia.
“E’ un piacere. Comunque, penso che dopo lo scherzo della macchina, ci
penserà su due volte. Hai fatto bene! Se l’è meritato!”
“Sono contenta che almeno qualcuno mi capisca!”
“Ecco, gira qui!” la interruppe Riccardo. “Siamo arrivati.”
Chanel si fermò, tirò il freno a mano e mise in folle.
“Ti ringrazio molto, Chanel. Non so davvero come avrei fatto, se non
ti avessi incontrata. I miei coinquilini, come puoi vedere, non ci sono questa
sera.”
“E come mai?”
“Uno lavora in un pub fino a tardi, gli altri due sono andati a
Pesaro, dopo le lezioni e non ho la minima idea di quando torneranno. Perciò,
grazie di cuore”, le disse Riccardo, stringendole la mano.
“Figurati. E’ stato un piacere. Per domani come farai?” gli domandò
preoccupata.
“Cercherò di accordarmi con i miei coinquilini, finché non mi
ripareranno l’auto.”
“Se hai bisogno, ti lascio il mio numero.”
“Ti ringrazio davvero di cuore. Comunque, mi farebbe molto piacere
rivederti in amicizia. E poi, ho un debito con te!”
Chanel gli sorrise, gli prese il cellulare dalle mani e ci memorizzò
il suo numero. “Anche a me piacerebbe rivederti!”
Riccardo ricambiò il sorriso e le fece uno squillo per lasciarle il
suo, di numero. “Allora, ci sentiamo presto!”
“Puoi scrivermi su whatsapp, quando vuoi!” esclamò Chanel.
“Perfetto. Allora, io vado. Ehm, hai bisogno di venire un attimo su?”
le domandò Riccardo.
“No, ti ringrazio. Ora vado a casa a farmi una bella doccia calda! A
presto, Riccardo!”
“A presto, Chanel! E grazie ancora di tutto!”
“Figurati!”
Chanel lo salutò con la mano, mise in moto e partì. Rientrò a casa e
usurpò la doccia, interrompendo il lavaggio di piatti di Felice, che rimase
come un babbeo con le mani insaponate. E guai a lui, se si fosse azzardato ad
aprir l’acqua! Riuscì a sciacquarsi le mani in fretta e furia, non appena
Chanel chiuse la doccia per passarsi lo shampoo sulla criniera di ricci
ribelli. Dopo essersi lavata e asciugata, si preparò la cena e obbligò Felice a
lavare i piatti al posto suo, dal momento che non ne aveva voglia. Guardò un
po’ la tv, poi andò a dormire, lasciandone il possesso a Felice, tutto contento
e soddisfatto di poter godersi un po’ di pace in cucina.
Valerio non era ancora tornato.
Dopo la lezione, Valerio aveva chiamato a raccolta i suoi amici più
stretti, che a loro volta avevano messo in moto altri amici per dare una mano a
Valerio a trovare la sua auto. Ma nulla da fare. L’auto non si trovava. Valerio
scese di nuovo a piazza Mercatale, disperato, qualora nella fretta non l’avesse
vista, ma per sua sfortuna così non era. Lanciò uno sguardo all’orologio, che
segnava quasi le otto della sera e ancora nessuna traccia della macchina. Aveva
una fame da lupi e nessuna idea su dove cercarla o farla cercare. Quando una
vocina dolce e gentile attirò la sua attenzione.
“Scusami, hai per caso perduto qualcosa? Hai bisogno di aiuto?” gli
domandò una ragazza, incuriosita dal suo modo di fare.
Valerio si voltò e si trovò di fronte una bambolina dai lineamenti
regolari e delicati, i capelli biondo cenere e gli occhi verde oliva. Truccata
alla perfezione. Di statura media e mingherlina, era la ragazza più graziosa
che avesse mai visto. Anche gentile, per giunta!
“Sì. Ho perduto la mia macchina”, le rispose sarcastica.
“Oh, poverino! Ma com’è potuto accadere?”
“E’ stata tutta colpa di quella strega maledetta della mia
coinquilina! Stamattina mi ha rubato la macchina! A lezione mi ha restituito le
chiavi, dicendomi di cercarmela! E io, né i miei amici sappiamo dove guardare!”
“Oh mio Dio! Che scherzo di pessimo gusto! Come sei sfortunato a
condividere l’appartamento con una ragazza così perfida!” esclamò dispiaciuta
la giovane.
“Finalmente qualcuno che mi capisce!” esclamò Valerio, sentendosi
finalmente compreso.
“Ascolta, perché non andiamo a mangiare qualche pezzo di pizza in
giro? Poi, ti aiuterò a cercare la tua auto. Ti va?” gli domandò cortese ed
educata.
“Mi farebbe molto piacere! Sì. Un po’ di gustosa pizza e buona
compagnia è proprio quello che mi serve! Piacere. Mi chiamo Valerio”, si
presentò lui, porgendole la mano.
Lei la prese e si presentò a sua volta. “Piacere mio, Valerio. Io mi
chiamo Anna.”
“Bene. Andiamo. Offro io, visto che sei così gentile da darmi una
mano!”
S’incamminarono lungo la salita per tornare in centro e si fermarono
in una pizzeria. Si sedettero al tavolo e iniziarono a mangiare. Valerio colse
l’occasione per raccontare tutto di Chanel a quella ragazza così gentile e
disponibile ad ascoltare i suoi sfoghi, facendosi così apparire la vittima di
tutta quella brutta situazione.
“Santo Cielo, come sei sfortunato! Non meriti due coinquilini così!
Sembri un ragazzo davvero in gamba! Che facoltà fai, Valerio?”
“Scienze motorie. Con quella strega maledetta come compagnia di
corso!”
“Mio Dio! Ma è proprio un incubo! Te la ritrovi ovunque!”
“Già. Non me ne parlare! Tu, invece, Anna, dove abiti? E che facoltà
fai?” le domandò Valerio curioso.
“Frequento Scienze della Formazione per fare l’insegnante nella scuola
primaria.”
“Cioè la maestra nella scuola elementare, esatto?”
Anna annuì. “Sì! Io adoro i bambini!”
“Bleah!” esclamò Valerio. “Io non tanto! Marmocchi piagnucolosi!”
“Forse perché non riesci ad avere pazienza con loro”, dedusse Anna.
“Già. Per niente! Non so proprio come rapportarmi con loro!”
Anna gli sorrise intenerita. In fondo, non tutti avevano la sua
pazienza e il suo innato istinto materno! “Ah, io abito qui in centro. Proprio
in uno dei vicoletti qua dietro.”
Valerio annuì. “Con quante persone?”
“Due. Sono fortunata, perché sono mie amiche delle scuole superiori.
Frequentiamo facoltà diverse, però, decidendo di venire a studiare nella stessa
città, abbiamo pensato che fosse bello rimanere unite e cercare casa insieme.”
“Avete fatto benissimo! E’ la cosa migliore da fare in questi casi!
Almeno non si finisce come me!” convenne Valerio.
“Ma non puoi più cambiare casa?”
“Non a questo punto. Non si trova più nulla. E poi, è lei che deve
andarsene, non io!”
“Capisco il tuo punto di vista, ma se è così vipera, non credo che se
ne andrà tanto facilmente.”
Valerio annuì, rassegnato. “Già. Purtroppo lo so.”
Conversarono piacevolmente e dopo la pizza, ripresero insieme la
ricerca dell’auto. Gli amici di Valerio, dopo la pausa cena, si erano rimessi
all’opera e Anna chiamò a raccolta alcune sue amiche in soccorso. Girovagarono
per tutta Urbino come vagabondi, fino a mezzanotte passata, divisi in gruppi
per zone, finché ad Anna, che faceva parte del gruppo di Valerio, non venne la
brillante idea di cercare l’auto fuori dalle mura. I gruppi si spartirono le
zone attorno alla città, Anna sempre accanto a Valerio. Doveva ammettere che,
nonostante il carattere da duro, Valerio era davvero un ragazzo carino. Trovava
la sua compagnia davvero gradevole. Che peccato che un ragazzo un gamba come
lui fosse capitato di casa con una simile strega! Proprio non se lo meritava!
Finalmente, dopo ore e ore di ricerca, Valerio e Anna trovarono la
famigerata auto, parcheggiata fuori dalle mura.
“Alleluia!” esclamò Valerio vittorioso.
Lui e Anna scrissero un messaggio a tutti i loro amici e amiche per
avvisarli dell’avvenuto ritrovamento dell’auto.
“Ti accompagno a casa”, le disse Valerio. “Sali.”
“Ti ringrazio, ma non puoi passare per il centro con l’auto senza un
permesso.”
“Io sono Valerio e Valerio fa ciò che vuole. Prego, principessa!”
Anna gli sorrise e salì. Valerio fece altrettanto, si allacciarono la
cintura e Valerio partì. In auto, continuarono a conversare piacevolmente del
più e del meno, anche se esausti per la lunga sfacchinata della serata e
Valerio guidò fino in centro e accompagno Anna il più possibile vicino casa.
“Ti ringrazio del passaggio, Valerio”, esordì lei con trepidazione.
Sperava davvero di rivederlo, quel ragazzo tanto duro, quanto carino. Anche se
erano caratterialmente molto diversi, Anna si era davvero trovata bene a
parlare con lui e a trascorrere il tempo in sua compagnia.
Del resto, era così buona e accomodante, che era impossibile non
andare d’accordo con lei, persino per uno come Valerio!
“Di nulla. Anzi, grazie a te per avermi aiutato a ritrovare la
macchina. Se non fosse stato per la tua idea brillante, non ce l’avrei mai
fatta.”
“E’ stato un piacere”, disse Anna, abbassando lo sguardo e arrossendo
come un gambero.
“Perché non ci rivediamo qualche volta?” le propose Valerio,
accendendo una scintilla negli occhi verde oliva di Anna.
Lei sorrise. “Volentieri!”
Si scambiarono i numeri di cellulare, si salutarono con un abbraccio
veloce, Anna scese e Valerio partì. Rientrò a casa a mezzanotte e tre quarti e
non si stupì di trovare la tv accesa. Entrò in cucina esausto, ma senza aver
perso il suo sguardo assassino, pronto per fare a padellate con Chanel,
nonostante la spossatezza fisica e mentale, ma non fu Chanel che trovò in
cucina.
“Felice?” si stupì, sgranando gli occhi.
Che ci faceva quella cavia da laboratorio ancora in piedi all’una di
notte? Bah, pensò Valerio. Mistero! Chi lo capiva, quel Felice, era bravo!
Felice si voltò, sbiancando come un lenzuolo alla vista di Valerio.
Per poco non gli venne un infarto. Ecco, pensò. La pacchia e la pace erano
finite.
“Valerio! Ciao! Ehm, vuoi... Vuoi guardare un po’ di tv?”
Valerio ci pensò su qualche istante. “Dov’è quella strega maledetta?”
gli domandò, invece.
“E’ andata a dormire quasi subito dopo cena. Ha detto di essere
esausta.”
Valerio sospirò, passandosi una mano fra i capelli, decidendo sul da
farsi. Avrebbe tanto voluto svegliarla e dirgliene quattro o, meglio ancora,
prepararle una trappola per l’indomani e vendicarsi, ma era troppo, troppo
stanco per riuscire a pensare a qualcosa. E poi, Chanel si sarebbe di certo
vendicata in caso di trappola mattutina! No, pensò. Meglio rifletterci su a
mente più fresca. Non aveva le forze fisiche, né le energie mentali per
riuscire a prendere una decisione più lucida. Meglio mettersi in tregua per qualche
ora e rimandare. Dopo tutto, la notte gli avrebbe portato sicuramente
consiglio.
“Credo che andrò a dormire anch’io. Buonanotte, Felice”, si congedò.
Felice sgranò gli occhi, incredulo alle proprio orecchie. “Buonanotte
anche a te, Valerio. A domani.”
“A domani”, ricambiò Valerio, sparendo in corridoio.
Lanciò uno sguardo truce alla porta di Chanel, proprio di fronte alla
sua, sospirò grugnendo ed entrò in camera.
Felice rimase lì, in soggiorno, allibito e confuso. Che diavolo
stavano combinando quei due? Prevedeva già altre ripicche e vendette. E aveva
paura. Ma non era quello il momento di pensarci. E quando mai gli sarebbe
ricapitato di avere la tv tutta per sé? Sapeva che era molto tardi, ma in quel
momento non gli importava. Voleva solo godersi in pace la tv e la solitudine
col suo silenzio magico e rilassante. Fece spallucce, si alzò e chiuse piano la
porta della cucina, così da non rischiare di svegliare i due squinternati nelle
altre stanze; poi, si rimise a guardare la tv.
Finalmente, poteva godersi un po’ di pace. Tutta per sé!