LEZIONI A... SORPRESA!
Chanel parcheggiò l’auto di Valerio fuori dalle mura di Urbino, in uno
dei luoghi più impensabili della città. Non aveva certo preso l’auto di Valerio
per arrivare puntuale a lezione! La sua era una personale e sadica forma di
vendetta verso quel nanerottolo megalomane e bisbetico! Di arrivare puntuale a
lezione, non le era mai importato, neanche ai tempi del liceo! Perché lei era
Chanel e Chanel faceva tutto ciò che voleva e come voleva! Dopotutto, anche con
diversi ritardi e assenze e lo studio minimo indispensabile, se l’era sempre cavata
con buoni voti! E tutto grazie al suo eccellente cervello e alla sua parlantina
da saputella! L’unico motivo per cui aveva scippato l’auto a Valerio era la
vendetta. Dolce vendetta! Così, la prossima volta, ci avrebbe pensato su per un
po’, prima di mancarle di rispetto! Chiuse l’auto, l’espressione soddisfatta e
il sorriso sadico stampato in volto, girò sui tacchi e andò a lezione a piedi,
arrivando con un quarto d’ora di ritardo. E si prese pure un caffè con comodo,
prima di scendere! Non appena arrivò, si sedette in ultima fila e nessuno la
notò. Ormai, il professore era abituato a studenti che andavano e venivano a
loro piacimento! Chanel prese posto vicino a un paio di ragazze dall’aria
simpatica e svogliata, un po’ come lei e subito si presentò, dando subito
origine a un chiacchiericcio di sottofondo che iniziò ben presto a fare da
colonna sonora alla sentita spiegazione del professore.
“Insomma! Un po’ di silenzio, per favore!” si stizzì dopo un po’.
Ma Chanel e il suo gruppetto di pettegole non lo udì nemmeno.
“Ehi, signorine, dico a voi! Soprattutto a lei, con la criniera da
leone! Ma come? Arriva in ritardo e già si mette a far cabaret?” riprese il
prof, rivolgendosi direttamente a Chanel.
Chanel che, per tutta risposta, sfoggiò un sorriso hollywoodiano degno
della ruffiana quale era. “Mi scusi, professore. Ho avuto un grave problema
stamani. Stavo solo cercando un conforto con le mie compagne. Sono talmente
agitata, che non mi sono nemmeno resa conto di disturbare. Mi scusi tanto! Ora
cerco di calmarmi!”
Il professore lanciò uno sguardo indagatore verso quella ragazza dal
sorriso furbo e gli occhi vispi, che non gliela raccontavano giusta, ma, avendo
già intuito con che razza di soggetto avesse a che fare, decise di lasciar
perdere. Tanto, l’avrebbe rivista all’esame! “Bene. Andiamo pure avanti.”
Il professore riprese la spiegazione lì, da dove l’aveva lasciata,
quando l’attenzione di Chanel venne attirata da una chioma di capelli biondicci
medio-lunghi giù, verso la prima fila. La sua espressione mutò repentinamente.
Lo sguardo divenne truce, gli occhi si ridussero a due fessure colme d’odio,
disprezzo e commiserazione verso quell’essere insulso intento a prendere
appunti come un secchione in prima fila. E come se avesse avvertito l’energia
negativa che gli veniva lanciata addosso il ragazzo si voltò. Valerio sollevò
lo sguardo verso l’ultima fila, d’istinto, senza un perché e vide ciò che vide.
Lo sguardo s’inasprì, la fronte si corrucciò e gli occhi sputarono fuoco senza
pietà.
“Chanel”, bofonchiò sottovoce col fumo che gli usciva dalle narici.
Chanel ricambiò lo sguardo, sfoggiando il suo sadico sorriso da
canaglia e alzandogli il dito medio, gesto che Valerio non esitò a restituire.
“Ma insomma! Signore, lei, sì, dico a lei in prima fila! La smetta di
fare gestacci alle signore! Un po’ di rispetto! E che diamine!” lo sgridò
severo il professore, che si era girato giusto in tempo per vedere Valerio che
faceva il piro a Chanel.
“Ma professore...” esordì Valerio con la sua lingua lunga e polemica.
“Basta!” lo zittì il professore. “Non voglio sentire nient’altro per
stamattina!”
Valerio grugnì e ricominciò a prendere appunti, mettendo il broncio.
Quella Chanel! Anche lì, a lezione, se la doveva ritrovare! Non bastava sopportarla
a casa ogni giorno dell’anno? Ovviamente no! Adesso, aveva anche la sciagura di
averla negli stessi corsi, perché frequentavano la stessa facoltà! Non era
possibile! Ma che aveva fatto lui di male per dover sopportare una simile
piaga? Ah, ma non l’avrebbe avuta vinta tanto a lungo, perché lui, il grande,
geniale Valerio avrebbe presto trovato un modo per farle scontare tutte le
malefatte che gli aveva rivolto contro! Sghignazzò, sapendo che tanto l’avrebbe
ribeccata durante la pausa!
Detto fatto! Dopo circa un’ora, il professore concesse agli studenti
cinque minuti pausa per andare in bagno e sgranchirsi le gambe, dal momento che
nessuno lo stava più seguendo e fu allora che Valerio si mosse. Come previsto,
Chanel andò in bagno e lui sgattaiolò al piano di sopra a prendere un caffè
bollente. Stando attento a non farlo cadere, scese le scale in maniera celere,
ma cauta e rientrò in aula magna, dove si svolgeva la lezione. Aveva
memorizzato più che bene la posizione di Chanel, perciò si avvicinò con finta
noncuranza alla sua postazione e le versò il caffè bollente sulla panca,
proprio dove sedeva lei. Si allontanò zitto-zitto e quatto-quatto come un gatto
e si rimise alla sua postazione, mentre Chanel rientrava dal bagno. Si sedette
senza nemmeno guardare. Perché avrebbe dovuto guardare, dopotutto? E non appena
si fu seduta, un liquido bollente le infiammò il sedere e le cosce. Si alzò,
gridando in maniera isterica e agitata, mentre le sue amiche accorrevano ad
aiutarla.
“Oddio, Chanel! Ma com’è successo?” le domandò preoccupata Noemi, una
delle due ragazze che aveva conosciuto quella mattina stessa, i capelli castani
e gli occhi verde oliva.
“Guarda i tuoi meravigliosi pantaloni!” esclamò Miriam, sconcertata.
Pazza della moda e delle griffe com’era, vedere i jeans firmati di Chanel
ridotti a una macchia bollente di caffè le provocò quasi una sincope.
Chanel si ricompose e lanciò uno sguardo file e file più giù, dove un
insulso nano da giardino le lanciava uno sguardo di scherno e un sorriso
vendicativo, che le fecero saltare tutti i nervi.
“Lo so io come è successo”, sentenziò Chanel, mentre le sue nuove
amiche pensavano a come aiutarla.
“E come?” le domandarono in coro.
“Valerio! Il mio coinquilino nano e stronzo! Quello laggiù!”
“Ah, ho capito! Quel ragazzo biondino, carino, che prima ti ha alzato
il dito!” esclamò Miriam, che aveva già notato Valerio da un paio di giorni,
ormai.
“Biondino carino?” sbottò Chanel schifata.
“Perché? Non è carino?”
Chanel lo guardò meglio, con aria sprezzante, disgustata e scettica.
“Forse, fisicamente sarà anche carino, ma è uno stronzo matricolato. Un vero
sbruffone! Sapessi quello che fa dentro casa!”
“Ok, ti credo sulla parola! Dopotutto, guarda che ti ha fatto!”
“Già. Ma non finisce qui!”
Senza aggiungere altro, Chanel asciugò per quanto fosse possibile la
sua postazione e si rimise a sedere in silenzio. Mentre il professore
riprendeva a spiegare, lanciò uno sguardo sadico a Valerio tutto intento a
prendere di nuovo appunti.
“E va bene, Salapuzio che non sei altro. Se vuoi la guerra, avrai la
guerra.”
Attese con pazienza che il professore terminasse la lezione. Avevano
altre due ore con un altro docente e, mentre questo si faceva attendere, gli
studenti si mossero a branco per far merenda. Chanel si fece prestare un berretto
nel quale nascose la criniera e si mimetizzò fra la folla seguendo Valerio. Lo
osservò prendere un caffè con un paio di amici, mentre chiacchierava del più e
del meno. Doveva ammettere che Miriam avesse ragione. Nonostante la bassezza,
fisicamente era proprio un ragazzetto carino! Peccato che fosse così stronzo!
Quando ebbe finito di prendere il caffè, Valerio scese in bagno e fece
la fila. Era uno degli ultimi. Proprio l’occasione che Chanel stava aspettando!
Attese che entrasse i uno dei bagni e fu allora che uscì allo scoperto.
Sfruttando la sua solitudine, dal momento che tutti erano già rientrati in aula
magna e che il nuovo professore aveva iniziato la lezione, Chanel escogitò uno
stratagemma per bloccare la porta del bagno in cui era entrato Valerio,
affinché rimanesse chiuso dentro e non uscisse per un bel pezzo. Commesso il
fatto, rientrò in aula magna con un sorriso da schiaffi stampato il volto. Si
sedette e si sfregò le mani soddisfatta.
Il professore ricominciò la lezione in tutta tranquillità,
completamente ignaro del giro mafioso di malefatte e ripicche, che si stava
verificando durante il suo corso.
Nel frattempo, Valerio fece per uscire dal bagno, ma, suo malgrado, la
porta non si aprì. Tentò e ritentò, lo sguardo truce e assassino, perfettamente
consapevole dell’identità dell’artefice di quello scherzo idiota, atto a fargli
perdere la lezione.
“Chanel!” grugnì a denti stretti, mentre impiegava tutte le forze di
cui disponeva per aprire la porta.
Ma nulla da fare.
Si fermò, le mani sui fianchi e il cervello che lavorava. Come uscire
da quel pasticcio? Urlare, nella speranza che qualcuno lo sentisse? No. Il
bagno era troppo distante dall’aula magna affinché lo sentissero e aspettare
che qualcuno passasse per caso non era neanche da prendere in considerazione.
Non era mica un tipo paziente, lui! Sospirò e mise le mani in tasca, il volto
che s’illuminò e gli occhi che si accesero di speranza. Sfilò il cellulare in
fretta e furia e cercò in rubrica il nome del compagno di corso con cui aveva
legato maggiormente.
Antonio, un ragazzetto esile di media statura, dai capelli castani e
gli occhi scuri, se ne stava seduto in aula magna a prendere appunti e a
lanciare, di tanto in tanto, uno sguardo al banco vuoto alla sua destra. Chissà
dov’era finito Valerio? Di solito, era sempre preciso e puntuale nel rientrare
a lezione dopo la pausa! Non era da lui. Preoccupato, continuò a scrivere con
l’idea in testa di mandargli un messaggio, non appena il professore avesse
cambiato slide, quando il telefono gli vibrò in tasca. Posò la penna, intuendo
che potesse essere Valerio e lesse il messaggio.
“Sono chiuso in bagno e non riesco più a uscire. La porta è bloccata.
Vedi di trovare una soluzione e muoviti!” recitava il gentile e paziente
messaggio di Valerio, che proprio non ne poteva più di stare chiuso in bagno.
Antonio sospirò, domandandosi come accidenti avesse fatto Valerio a
rimanere chiuso in bagno, e alzò la mano per attirare l’attenzione del
professore. “Mi scusi, professore!” lo chiamò.
L’uomo rivolse lo sguardo dalla sua parte, già pronto a rispondere a
qualsiasi domanda di chiarimento sulla lezione, che quel giovane avesse da
porgli. “Sì?”
“Mi dispiace interrompere la lezione, professore, ma il mio amico,
quello che sta di banco vicino a me, mi ha appena mandato un messaggio. E’
chiuso in bagno e non riesce a uscire. Ha bisogno di aiuto!”
Il professore sgranò gli occhi preoccupato. “Per la trippa di Nettuno!
Vado subito a vedere!”
Ma non fece neanche in tempo a muoversi, che una massa curiosa e svogliata
di studenti accorse in bagno insieme a lui, occludendogli persino il passaggio
lungo le scale. Impiegò qualche minuto a farsi largo tra i ragazzi e a
raggiugere il bagno con Antonio alle calcagna.
“Come si chiama il tuo amico?” gli domandò.
“Valerio, professore”, rispose Antonio.
“Valerio?” lo chiamò il prof.
“Sì?” rispose una voce piuttosto seccata da uno dei bagni.
“Tieni duro! Adesso ti tiriamo fuori!”
“Alla buonora! E datevi una mossa! Sono stufo di stare in questa
sottospecie di carcere puzzolente!” tuonò inviperito.
Il professore sussultò visibilmente, ma non disse nulla. Si limitò a
cercare di sbloccare la porta, che proprio non capiva come potesse essersi
incastrata in tale maniera.
Intanto, Chanel, davanti a tutti in prima fila, si godeva la scenetta
con aria sadica, soddisfatta e vittoriosa e, dal momento che adorava stare al
centro dell’attenzione, si propose addirittura come buona samaritana.
“Mi scusi, professore”, esordì con voce dolce e melliflua. “Lasci che
l’aiuti! Si sposti. Ci provo io.”
“Oh, grazie, signorina, ma dubito che ci riesca. Qui ci vuole un bel
ragazzotto alto e robusto!”
“Sta forse dubitando della mia intelligenza?” si piccò lei in maniera
composta ed educata.
Il professore si fece da parte e Chanel finse di smanettare un po’ con
la porta e la serratura, finché la porta non si aprì. Un assordante scroscio di
applausi si levò fra gli studenti, che l’acclamarono come un eroina.
Un Valerio piuttosto furibondo e alterato uscì dal bagno, lo sguardo
truce e assassino, che trapassò Chanel da parte a parte. Uno sguardo così
inquietante e spaventoso, che ogni studente s’intimorì e tacque all’istante.
Valerio si piazzò davanti a Chanel con aria di sfida, mentre lei rispondeva con
un sorriso dolce e innocente, falso come le banconote del Monopoli.
“Chanel”, grugnì in tono minaccioso.
“Valerio”, lo riverì lei con un inchino per prenderlo in giro.
“Signor Valerio, ma insomma! Che modi!” intervenne il professore, che
non ci capiva più niente. “Lei è un gran maleducato. La signorina l’ha appena
tirata fuori dal bagno e dai guai! Un minio di riconoscenza, no?”
Valerio scattò come una molla. “Ma quale riconoscenza, professore! La
falsa suora, qui, sapeva benissimo come tirarmi fuori dal bagno! Perché mi ci
ha chiuso lei!”
Chanel si portò teatralmente una mano al petto, simulando con grande
maestria il disdegno e l’offesa che avrebbe dovuto provare in una simile
circostanza. “Come osi accusarmi ingiustamente di qualcosa che non ho fatto!”
“Taci tu! Lo so benissimo che sei stata tu, strega maledetta!”
“Io? Ma come avrei potuto? Non è da me! E poi, come avrei fatto? Sono
stata sempre in compagnia delle mie amiche al piano di sopra! Sei un
maleducato, un presuntuoso e un villano, che accusa gli altri per non assumersi
le responsabilità di ciò che fa!” piagnucolò Chanel.
“Basta adesso!” tuonò il professore.
“Signor Valerio, lei è un vero cafone. Ora, si scusi con la signorina
e la ringrazi!”
“Non ci penso nemmeno”, disse, facendo largo fra la folla di studenti
allibiti, ma già pronti a fare i primi pettegolezzi in merito.
“Roba da matti!” sbuffò il professore. “Ora basta bisbigliare, voi
altri! Torniamo in aula magna e riprendiamo la lezione.”
I ragazzi ubbidirono e ognuno tornò al proprio posto. Mentre il
professore si dirigeva al microfono per riprendere da lì, dove aveva lasciato,
Valerio si girò verso l’ultima fila e fulminò Chanel con lo sguardo, alzandole
il dito. Gesto che lei ricambiò, lo sguardo sadico e il sorriso vittorioso.
Sarebbe stata senz'altro una lunga, lunghissima giornata.
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