sabato 20 ottobre 2018

DUE BISBETICI ALLA RISCOSSA!!!! - 6° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


LEZIONI A... SORPRESA!

Chanel parcheggiò l’auto di Valerio fuori dalle mura di Urbino, in uno dei luoghi più impensabili della città. Non aveva certo preso l’auto di Valerio per arrivare puntuale a lezione! La sua era una personale e sadica forma di vendetta verso quel nanerottolo megalomane e bisbetico! Di arrivare puntuale a lezione, non le era mai importato, neanche ai tempi del liceo! Perché lei era Chanel e Chanel faceva tutto ciò che voleva e come voleva! Dopotutto, anche con diversi ritardi e assenze e lo studio minimo indispensabile, se l’era sempre cavata con buoni voti! E tutto grazie al suo eccellente cervello e alla sua parlantina da saputella! L’unico motivo per cui aveva scippato l’auto a Valerio era la vendetta. Dolce vendetta! Così, la prossima volta, ci avrebbe pensato su per un po’, prima di mancarle di rispetto! Chiuse l’auto, l’espressione soddisfatta e il sorriso sadico stampato in volto, girò sui tacchi e andò a lezione a piedi, arrivando con un quarto d’ora di ritardo. E si prese pure un caffè con comodo, prima di scendere! Non appena arrivò, si sedette in ultima fila e nessuno la notò. Ormai, il professore era abituato a studenti che andavano e venivano a loro piacimento! Chanel prese posto vicino a un paio di ragazze dall’aria simpatica e svogliata, un po’ come lei e subito si presentò, dando subito origine a un chiacchiericcio di sottofondo che iniziò ben presto a fare da colonna sonora alla sentita spiegazione del professore.
“Insomma! Un po’ di silenzio, per favore!” si stizzì dopo un po’.
Ma Chanel e il suo gruppetto di pettegole non lo udì nemmeno.
“Ehi, signorine, dico a voi! Soprattutto a lei, con la criniera da leone! Ma come? Arriva in ritardo e già si mette a far cabaret?” riprese il prof, rivolgendosi direttamente a Chanel.
Chanel che, per tutta risposta, sfoggiò un sorriso hollywoodiano degno della ruffiana quale era. “Mi scusi, professore. Ho avuto un grave problema stamani. Stavo solo cercando un conforto con le mie compagne. Sono talmente agitata, che non mi sono nemmeno resa conto di disturbare. Mi scusi tanto! Ora cerco di calmarmi!”
Il professore lanciò uno sguardo indagatore verso quella ragazza dal sorriso furbo e gli occhi vispi, che non gliela raccontavano giusta, ma, avendo già intuito con che razza di soggetto avesse a che fare, decise di lasciar perdere. Tanto, l’avrebbe rivista all’esame! “Bene. Andiamo pure avanti.”
Il professore riprese la spiegazione lì, da dove l’aveva lasciata, quando l’attenzione di Chanel venne attirata da una chioma di capelli biondicci medio-lunghi giù, verso la prima fila. La sua espressione mutò repentinamente. Lo sguardo divenne truce, gli occhi si ridussero a due fessure colme d’odio, disprezzo e commiserazione verso quell’essere insulso intento a prendere appunti come un secchione in prima fila. E come se avesse avvertito l’energia negativa che gli veniva lanciata addosso il ragazzo si voltò. Valerio sollevò lo sguardo verso l’ultima fila, d’istinto, senza un perché e vide ciò che vide. Lo sguardo s’inasprì, la fronte si corrucciò e gli occhi sputarono fuoco senza pietà.
“Chanel”, bofonchiò sottovoce col fumo che gli usciva dalle narici.
Chanel ricambiò lo sguardo, sfoggiando il suo sadico sorriso da canaglia e alzandogli il dito medio, gesto che Valerio non esitò a restituire.
“Ma insomma! Signore, lei, sì, dico a lei in prima fila! La smetta di fare gestacci alle signore! Un po’ di rispetto! E che diamine!” lo sgridò severo il professore, che si era girato giusto in tempo per vedere Valerio che faceva il piro a Chanel.
“Ma professore...” esordì Valerio con la sua lingua lunga e polemica.
“Basta!” lo zittì il professore. “Non voglio sentire nient’altro per stamattina!”
Valerio grugnì e ricominciò a prendere appunti, mettendo il broncio. Quella Chanel! Anche lì, a lezione, se la doveva ritrovare! Non bastava sopportarla a casa ogni giorno dell’anno? Ovviamente no! Adesso, aveva anche la sciagura di averla negli stessi corsi, perché frequentavano la stessa facoltà! Non era possibile! Ma che aveva fatto lui di male per dover sopportare una simile piaga? Ah, ma non l’avrebbe avuta vinta tanto a lungo, perché lui, il grande, geniale Valerio avrebbe presto trovato un modo per farle scontare tutte le malefatte che gli aveva rivolto contro! Sghignazzò, sapendo che tanto l’avrebbe ribeccata durante la pausa!
Detto fatto! Dopo circa un’ora, il professore concesse agli studenti cinque minuti pausa per andare in bagno e sgranchirsi le gambe, dal momento che nessuno lo stava più seguendo e fu allora che Valerio si mosse. Come previsto, Chanel andò in bagno e lui sgattaiolò al piano di sopra a prendere un caffè bollente. Stando attento a non farlo cadere, scese le scale in maniera celere, ma cauta e rientrò in aula magna, dove si svolgeva la lezione. Aveva memorizzato più che bene la posizione di Chanel, perciò si avvicinò con finta noncuranza alla sua postazione e le versò il caffè bollente sulla panca, proprio dove sedeva lei. Si allontanò zitto-zitto e quatto-quatto come un gatto e si rimise alla sua postazione, mentre Chanel rientrava dal bagno. Si sedette senza nemmeno guardare. Perché avrebbe dovuto guardare, dopotutto? E non appena si fu seduta, un liquido bollente le infiammò il sedere e le cosce. Si alzò, gridando in maniera isterica e agitata, mentre le sue amiche accorrevano ad aiutarla.
“Oddio, Chanel! Ma com’è successo?” le domandò preoccupata Noemi, una delle due ragazze che aveva conosciuto quella mattina stessa, i capelli castani e gli occhi verde oliva.
“Guarda i tuoi meravigliosi pantaloni!” esclamò Miriam, sconcertata. Pazza della moda e delle griffe com’era, vedere i jeans firmati di Chanel ridotti a una macchia bollente di caffè le provocò quasi una sincope.
Chanel si ricompose e lanciò uno sguardo file e file più giù, dove un insulso nano da giardino le lanciava uno sguardo di scherno e un sorriso vendicativo, che le fecero saltare tutti i nervi.
“Lo so io come è successo”, sentenziò Chanel, mentre le sue nuove amiche pensavano a come aiutarla.
“E come?” le domandarono in coro.
“Valerio! Il mio coinquilino nano e stronzo! Quello laggiù!”
“Ah, ho capito! Quel ragazzo biondino, carino, che prima ti ha alzato il dito!” esclamò Miriam, che aveva già notato Valerio da un paio di giorni, ormai.
“Biondino carino?” sbottò Chanel schifata.
“Perché? Non è carino?”
Chanel lo guardò meglio, con aria sprezzante, disgustata e scettica. “Forse, fisicamente sarà anche carino, ma è uno stronzo matricolato. Un vero sbruffone! Sapessi quello che fa dentro casa!”
“Ok, ti credo sulla parola! Dopotutto, guarda che ti ha fatto!”
“Già. Ma non finisce qui!”
Senza aggiungere altro, Chanel asciugò per quanto fosse possibile la sua postazione e si rimise a sedere in silenzio. Mentre il professore riprendeva a spiegare, lanciò uno sguardo sadico a Valerio tutto intento a prendere di nuovo appunti.
“E va bene, Salapuzio che non sei altro. Se vuoi la guerra, avrai la guerra.”
Attese con pazienza che il professore terminasse la lezione. Avevano altre due ore con un altro docente e, mentre questo si faceva attendere, gli studenti si mossero a branco per far merenda. Chanel si fece prestare un berretto nel quale nascose la criniera e si mimetizzò fra la folla seguendo Valerio. Lo osservò prendere un caffè con un paio di amici, mentre chiacchierava del più e del meno. Doveva ammettere che Miriam avesse ragione. Nonostante la bassezza, fisicamente era proprio un ragazzetto carino! Peccato che fosse così stronzo!
Quando ebbe finito di prendere il caffè, Valerio scese in bagno e fece la fila. Era uno degli ultimi. Proprio l’occasione che Chanel stava aspettando! Attese che entrasse i uno dei bagni e fu allora che uscì allo scoperto. Sfruttando la sua solitudine, dal momento che tutti erano già rientrati in aula magna e che il nuovo professore aveva iniziato la lezione, Chanel escogitò uno stratagemma per bloccare la porta del bagno in cui era entrato Valerio, affinché rimanesse chiuso dentro e non uscisse per un bel pezzo. Commesso il fatto, rientrò in aula magna con un sorriso da schiaffi stampato il volto. Si sedette e si sfregò le mani soddisfatta.
Il professore ricominciò la lezione in tutta tranquillità, completamente ignaro del giro mafioso di malefatte e ripicche, che si stava verificando durante il suo corso.
Nel frattempo, Valerio fece per uscire dal bagno, ma, suo malgrado, la porta non si aprì. Tentò e ritentò, lo sguardo truce e assassino, perfettamente consapevole dell’identità dell’artefice di quello scherzo idiota, atto a fargli perdere la lezione.
“Chanel!” grugnì a denti stretti, mentre impiegava tutte le forze di cui disponeva per aprire la porta.
Ma nulla da fare.
Si fermò, le mani sui fianchi e il cervello che lavorava. Come uscire da quel pasticcio? Urlare, nella speranza che qualcuno lo sentisse? No. Il bagno era troppo distante dall’aula magna affinché lo sentissero e aspettare che qualcuno passasse per caso non era neanche da prendere in considerazione. Non era mica un tipo paziente, lui! Sospirò e mise le mani in tasca, il volto che s’illuminò e gli occhi che si accesero di speranza. Sfilò il cellulare in fretta e furia e cercò in rubrica il nome del compagno di corso con cui aveva legato maggiormente.
Antonio, un ragazzetto esile di media statura, dai capelli castani e gli occhi scuri, se ne stava seduto in aula magna a prendere appunti e a lanciare, di tanto in tanto, uno sguardo al banco vuoto alla sua destra. Chissà dov’era finito Valerio? Di solito, era sempre preciso e puntuale nel rientrare a lezione dopo la pausa! Non era da lui. Preoccupato, continuò a scrivere con l’idea in testa di mandargli un messaggio, non appena il professore avesse cambiato slide, quando il telefono gli vibrò in tasca. Posò la penna, intuendo che potesse essere Valerio e lesse il messaggio.
“Sono chiuso in bagno e non riesco più a uscire. La porta è bloccata. Vedi di trovare una soluzione e muoviti!” recitava il gentile e paziente messaggio di Valerio, che proprio non ne poteva più di stare chiuso in bagno.
Antonio sospirò, domandandosi come accidenti avesse fatto Valerio a rimanere chiuso in bagno, e alzò la mano per attirare l’attenzione del professore. “Mi scusi, professore!” lo chiamò.
L’uomo rivolse lo sguardo dalla sua parte, già pronto a rispondere a qualsiasi domanda di chiarimento sulla lezione, che quel giovane avesse da porgli. “Sì?”
“Mi dispiace interrompere la lezione, professore, ma il mio amico, quello che sta di banco vicino a me, mi ha appena mandato un messaggio. E’ chiuso in bagno e non riesce a uscire. Ha bisogno di aiuto!”
Il professore sgranò gli occhi preoccupato. “Per la trippa di Nettuno! Vado subito a vedere!”
Ma non fece neanche in tempo a muoversi, che una massa curiosa e svogliata di studenti accorse in bagno insieme a lui, occludendogli persino il passaggio lungo le scale. Impiegò qualche minuto a farsi largo tra i ragazzi e a raggiugere il bagno con Antonio alle calcagna.
“Come si chiama il tuo amico?” gli domandò.
“Valerio, professore”, rispose Antonio.
“Valerio?” lo chiamò il prof.
“Sì?” rispose una voce piuttosto seccata da uno dei bagni.
“Tieni duro! Adesso ti tiriamo fuori!”
“Alla buonora! E datevi una mossa! Sono stufo di stare in questa sottospecie di carcere puzzolente!” tuonò inviperito.
Il professore sussultò visibilmente, ma non disse nulla. Si limitò a cercare di sbloccare la porta, che proprio non capiva come potesse essersi incastrata in tale maniera.
Intanto, Chanel, davanti a tutti in prima fila, si godeva la scenetta con aria sadica, soddisfatta e vittoriosa e, dal momento che adorava stare al centro dell’attenzione, si propose addirittura come buona samaritana.
“Mi scusi, professore”, esordì con voce dolce e melliflua. “Lasci che l’aiuti! Si sposti. Ci provo io.”
“Oh, grazie, signorina, ma dubito che ci riesca. Qui ci vuole un bel ragazzotto alto e robusto!”
“Sta forse dubitando della mia intelligenza?” si piccò lei in maniera composta ed educata.
Il professore si fece da parte e Chanel finse di smanettare un po’ con la porta e la serratura, finché la porta non si aprì. Un assordante scroscio di applausi si levò fra gli studenti, che l’acclamarono come un eroina.
Un Valerio piuttosto furibondo e alterato uscì dal bagno, lo sguardo truce e assassino, che trapassò Chanel da parte a parte. Uno sguardo così inquietante e spaventoso, che ogni studente s’intimorì e tacque all’istante. Valerio si piazzò davanti a Chanel con aria di sfida, mentre lei rispondeva con un sorriso dolce e innocente, falso come le banconote del Monopoli.
“Chanel”, grugnì in tono minaccioso.
“Valerio”, lo riverì lei con un inchino per prenderlo in giro.
“Signor Valerio, ma insomma! Che modi!” intervenne il professore, che non ci capiva più niente. “Lei è un gran maleducato. La signorina l’ha appena tirata fuori dal bagno e dai guai! Un minio di riconoscenza, no?”
Valerio scattò come una molla. “Ma quale riconoscenza, professore! La falsa suora, qui, sapeva benissimo come tirarmi fuori dal bagno! Perché mi ci ha chiuso lei!”
Chanel si portò teatralmente una mano al petto, simulando con grande maestria il disdegno e l’offesa che avrebbe dovuto provare in una simile circostanza. “Come osi accusarmi ingiustamente di qualcosa che non ho fatto!”
“Taci tu! Lo so benissimo che sei stata tu, strega maledetta!”
“Io? Ma come avrei potuto? Non è da me! E poi, come avrei fatto? Sono stata sempre in compagnia delle mie amiche al piano di sopra! Sei un maleducato, un presuntuoso e un villano, che accusa gli altri per non assumersi le responsabilità di ciò che fa!” piagnucolò Chanel.
“Basta adesso!” tuonò il professore.
“Signor Valerio, lei è un vero cafone. Ora, si scusi con la signorina e la ringrazi!”
“Non ci penso nemmeno”, disse, facendo largo fra la folla di studenti allibiti, ma già pronti a fare i primi pettegolezzi in merito.
“Roba da matti!” sbuffò il professore. “Ora basta bisbigliare, voi altri! Torniamo in aula magna e riprendiamo la lezione.”
I ragazzi ubbidirono e ognuno tornò al proprio posto. Mentre il professore si dirigeva al microfono per riprendere da lì, dove aveva lasciato, Valerio si girò verso l’ultima fila e fulminò Chanel con lo sguardo, alzandole il dito. Gesto che lei ricambiò, lo sguardo sadico e il sorriso vittorioso.
Sarebbe stata senz'altro una lunga, lunghissima giornata.

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