UN BAGNO IN DUE
Ore otto. La sveglia suonava. Chanel allungò la mano e la spense,
sbadigliando e stiracchiandosi teatralmente. Si guardò intorno per un istante.
Era nella sua nuova casa a Urbino, nella SUA meravigliosa stanza. Si sarebbe
alzata, avrebbe fatto colazione e si sarebbe custodita nel SUO bagno, su cui
lei deteneva diritti di precedenza esclusivi. Un ghigno di puro sadismo
mattutino prese forma sul suo viso, illuminandolo di furbizia. Già, la sua
adorata furbizia! Aveva fregato quel Brontolo Appisolato dei suoi stivali grazie
al vecchio trucchetto dei doppi biglietti e si era aggiudicata la stanza
migliore della casa. Il ghigno si tramutò in un sorriso scaltro e soddisfatto.
Si stiracchiò di nuovo, sollevò la serranda e spalancò la finestra per cambiare
aria. Il Sole si alzava, lei si alzava, l’aria frizzantina le risvegliava i
sensi ed era tutto assolutamente perfetto. Non vedeva l’ora di arrivare a
lezione e allargare la sua congrega di amicizie, che aveva già conosciuto ai
test d’ingresso. Perciò, ritenne una buona idea recarsi in cucina e fare
colazione. S’incamminò lungo il corridoio, canticchiando un motivetto popolare,
quando la sua vista si annebbiò. Seduto al SUO tavolo della SUA cucina,
Brontolo le stava già usurpando il territorio e la quiete.
“Che ci fai tu qui, Nanetto?” lo denigrò lei con sarcasmo.
Valerio sollevò lo sguardo, inviperito dalla presenza dell’acerrima
nemica e dal turbamento della sua amata quiete mattutina. “Potrei farti la
stessa domanda, Lentiggine.”
“Te l’ho chiesto prima io. Rispondi!”
“Faccio colazione. Ho lezione alle nove.”
Chanel incrociò le braccia, stizzita. “Anch'io.”
“Che ti piaccia o no, io non me ne vado. Se vuoi fare colazione,
dovrai sopportarmi.”
“Non me ne vado nemmeno io.”
“Bene.”
“Bene.” Chanel si guardò intorno e all'improvviso si ricordò di non
aver comprato nulla per la colazione. “Che c’è per colazione?”
“La roba di Felice. Anch’io ne sto usufruendo. La trovi lì dentro”, le
disse Valerio, indicandole il pensile dove Felice teneva le sue cose.
“Beh, grazie. Per una volta, sei stato gentile”, lo derise Chanel.
“E’ sempre un piacere farsi beffe di quel piagnucolone occhialuto”,
commentò sadico Valerio.
Chanel ammiccò, complice, e prese il necessario per la colazione, si
scaldò un po’ di latte e mangiò le provviste di Felice a volontà. Felice, che
li raggiunse poco dopo.
“Buongiorno”, li salutò, entrando in cucina. “Ma... Ma quella è la mia
spesa!” protestò, piagnucolando.
“Era la tua spesa. Adesso è nostra”, intervenne Chanel.
“Ma, ma io cosa mangio?”
“Non è affar nostro”, lo zittì Valerio, alzandosi da tavola per lavare
i piatti della colazione.
Chanel finì di gustare la colazione con calma, dopodiché si alzò da
tavola, diretta in camera.
“Non lavi la tua roba?” la fermò Valerio, sul piede di guerra.
Lui, che era sempre stato un maniaco dell’ordine e della precisione, i
piatti sporchi in giro, proprio non riusciva a sopportarli.
“Laverò tutto dopo. Quando torno a casa.”
Valerio le lanciò uno sguardaccio truce e assassino, poi tornò al suo
da fare. Asciugò con cura le stoviglie e le ripose al proprio posto, infine
puntò verso il bagno. E fu lì che si ritrovò faccia a faccia con Chanel.
Entrambi avevano bisogno di usufruire del bagno per lavarsi faccia e denti. Si
lanciarono eloquenti sguardi di guerra, come volessero studiarsi a vicenda per
decidere quale strategia utilizzare per accaparrarsi per primi l’usufrutto del
bagno, ma all’improvviso Valerio scattò come una molla, catapultandosi dentro e
chiudendo a chiave la porta, senza lasciare a Chanel nemmeno il tempo di capire
che cosa stesse succedendo. Così, Chanel si ritrovò con un palmo di muso chiusa
fuori con la porta sbattuta in faccia. La collera le infiammò le guance come un
incendio che divampa nella foresta.
“VALERIO!” tuonò Chanel, iniziando a battere istericamente sulla porta.
“VALERIO, APRI E ESCI DI LI’! IL BAGNO NON E’ TUO! PRIMA VENGONO LE SIGNORE!
FUORI! HO DETTO, FUORI!”
Ma tutto il suo sbraitare non servì a nulla.
“Va’ a farti fottere, Lentiggine!” la prese in giro Valerio in tono
denigratorio, iniziando poi a fischiettare allegro e soddisfatto.
Finalmente, gliel’aveva fatta a quella strega! Vendetta! Dolce
vendetta! Era certo che prima o poi avrebbe messo quella stronza di Chanel in
riga, così da essere lui il padrone indisturbato della casa, dettando legge a
suoi piacimento, a seconda di come si alzava la mattina. Anche se, doveva
ammetterlo, quella Chanel era un osso parecchio duro! Non sarebbe stato facile
farle capire chi comandava in quella casa, che lui era Valerio e che Valerio
faceva tutto ciò che voleva. Con quel babbeo di Felice era stato fin troppo
facile, addirittura quasi noioso. In ogni caso, aveva raggiunto il suo scopo.
Con la certezza che Felice sarebbe rimasto zitto-zitto e buono-buono per il
resto dell’anno, aveva tutto il tempo di concentrarsi su Chanel. Mentre
sadicamente fischiettava, già s’ingegnava su quali dispetti farle subire, così
da farle capire che era lui che comandava lì dentro.
Ciò che non aveva previsto e che non poteva sapere era il motivo per
cui Chanel aveva smesso di gridare e sbraitare fuori dal bagno. Valerio credeva
che si fosse rassegnata, ma così non era. Non sarebbe mai riuscito a
immaginarsi ciò che stava combinando là fuori. Chanel tramava vendetta e già
era all’opera per attuarla. Valerio le aveva soffiato il bagno, così da
arrivare a lezione puntuale e comodo con la sua macchina. Se non avesse più
reperito la chiave, sarebbe dovuto andare a piedi e lei non gli avrebbe dato un
passaggio neanche se l’avesse pagata fior di quattrini. E sarebbe arrivato
risico-risico, proprio come lei. Lui, che era un maniaco in tutto! Sghignazzò
sotto i baffi e, dopo essersi assicurata che Felice fosse ancora in cucina a
raccattare su gli avanzi della colazione per potersi permettere un pasto di
quantità decente, Chanel sgattaiolò silenziosa in camera di Valerio e gli
soffiò la chiave dell’auto, portandola in camera sua, nascondendola nella
fodera del cuscino. Dopodiché, prese la chiave della sua stanza e se la infilò
nella tasca del pigiama, si appollaiò sull’uscio della porta del bagno con espressione
sadica e attese che Valerio uscisse. Con molto comodo. Perfettino com’era,
soltanto per lavarsi faccia e denti aveva impiegato oltre i venti minuti.
Spalancò la porta e Chanel si stampò in faccia un’espressione tenera e
innocente, come se nulla fosse accaduto e aspettò che Valerio si allontanasse.
“Attenta a te!” le disse, quando le passò davanti. “Vedi gli
asciugamani? Che restino in perfetto ordine e ripiegati così come li ho messi
io. Sono stato chiaro?”
Chanel si scostò dall’uscio e si posizionò dritta in piedi davanti a
lui. “Cristallino”, rispose in tono denigratorio e sicura di sé, per poi
sparire in bagno.
Valerio grugnì e andò in camera, si vestì e quando si mise a cercare
le chiavi della macchina vide che erano sparite. “Chanel!” pensò fra sé e sé.
Avrebbe dovuto chiudere a chiave la sua stanza, come faceva sempre! Ma
aveva potuto essere così stolto e sprovveduto! Calciò violentemente la
scrivania e si catapultò verso la camera di fronte alla sua, quella di Chanel,
aprì la porta come una furia, ma essa non si aprì.
“Cazzo!” pensò. “L’ha chiusa a chiave, quella strega maledetta! E’
stata più furba di me! E certo! Lei è una donna! E’ maestra di magia nera! Con
le sue malefiche arti subdole!” Si voltò a guardare minaccioso la porta del
bagno e bussò insistentemente.
“Sì? Chi è?” rispose Chanel con noncuranza.
“Chanel, strega maledetta! Esci di lì!”
“Non ci penso nemmeno! Tu ci sei stato fino a poco fa! Non è mica tuo
questo cesso! Non ci siete solo voi, Vostra Maestà! Ci sono anche gli altri!”
“Hai capito male, cara la mia Lentiggine! Esci di lì e ridammi
immediatamente le chiavi della mia macchina!”
“Sei incredibile! Non puoi incolpare gli altri perché le hai perse!”
protestò lei, facendo la vittima.
“Guarda che lo so che sei stata tu! Perché mai avresti chiuso a chiave
la porta della tua stanza! E’ chiaro che nascondi qualcosa, ovvero le chiavi
della mia macchina!”
“Certo che ne hai di fantasia, Nano Da Giardino!”
“Non farmi incazzare, Chanel! Restituiscimi le chiavi della macchina!”
“Stammi a sentire, Brontolo! Sarai pure un maniaco dell’ordine, ma
questo non significa che tu non possa perdere qualcosa! Lasciami lavare in
pace! O quando esco, ti cambio i connotati! Non avevi lezione, tu?”
Valerio prese a calci la porta del bagno rassegnato, prese su lo zaino
con libri e quaderni per prendere appunti e uscì di casa, sbattendo la porta.
Sarebbe dovuto andare a piedi, visto che gli orari delle navette ancora non li
conosceva. Non li conosceva, perché effettivamente non gli servivano! Iniziò a
camminare a passo spedito, rimuginando su quale vendetta attuare nei confronti
di Chanel. A tempo debito, gliel’avrebbe fatta pagare cara, molto cara! Grugnì,
camminando a passo da maratoneta, il sangue alla testa, perché lui odiava
sudare di primo mattino e arrivare a lezione fradicio e puzzolente! Maledetta
Chanel! Maledetta! Mentre lesto e infuriato come un toro, camminava verso il
centro, una macchina a lui familiare lo sorpassò, suonandogli il clacson. La
sua macchina! Vide Chanel abbassare il finestrino e alzargli il dito medio.
“Così impari a rispettare le signore! Buona passeggiata, Nano Da
Giardino!” gli gridò, ridando gas e sgommando a tutta birra.
Valerio strinse i pugni e prese a calci il tronco di un albero. La
faccenda non si sarebbe conclusa lì, oh no! Quello era soltanto l’inizio! Se
Chanel voleva la guerra, che guerra fosse!
E Felice, intanto, solo soletto a casa, si vestiva in fretta e furia
senza nemmeno lavarsi perché per colpa di quei due matti suonati, avrebbe
rischiato di fare tardi a lezione. E questo per lui significava la MORTE!
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