sabato 17 novembre 2018

DUE BISBETICI ALLA RISCOSSA!!!! - 10° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


MERRY CHRISTMAS

Passò Ottobre, venne Novembre e giunse Dicembre. Tra pochi alti e molti bassi, il trio di coinquilini riuscì a raggiungere più o meno tutto intero le vacanze di Natale. I mesi erano trascorsi piuttosto lentamente per via di quel clima teso e carico d’odio che aleggiava in casa. Il povero Felice erano diventato il “Cenerentolo” di casa, sempre vittima degli ordini da tiranni di Valerio e Chanel. Felice doveva fare le pulizie, lavare i piatti, occuparsi del bucato di tutti e tre, pensare alla spesa... Insomma, doveva tirare avanti la baracca tutta per conto suo, mentre Valerio e Chanel se ne stavano comodamente spaparanzati in giro per casa a farsi i fatti loro. E non sempre senza litigare. Nonostante la tregua che avevano stretto, infatti, qualche litigio e battibecco erano all’ordine del giorno. Si sa, quando ci sono due Hitler in casa che vogliono comandare... Beh, non finisce mai bene! Dovevano ben ricordarsi ciò che si erano fatti durante i primi giorni di università, ogni qualvolta uno dei due stesse per perdere il controllo della situazione. Ricominciare con simili angherie non sarebbe stato costruttivo per nessuno dei due, quindi a ogni litigio, sia Valerio, che Chanel facevano un gran sforzo per mantenere viva la tregua. E il povero Felice subiva. Chanel gli aveva persino regalato un grembiulino da domestico, così giusto per sfotterlo con Valerio di tanto in tanto, in quei rari momenti in cui non erano in combutta per qualsivoglia stupidaggine. Chanel continuava a vedersi con Riccardo di continuo, in quanto era l’unico con cui potesse sfogarsi e che comprendesse la tremenda e insostenibile situazione nella quale si trovava, poverina! Un bisbetico e un frignone! La stessa cosa diceva Valerio, che continuava assiduamente a frequentare Anna, cogliendo ogni occasione per scagliarsi contro la sua coinquilina bisbetica Chanel e quel piagnucolone scansafatiche di Felice. Lei era l’unica che lo ascoltasse e che capisse in che razza di situazione stesse vivendo in quella dannata casa!
Per fortuna, le vacanze natalizie erano già alle porte e per i tre coinquilini giunse finalmente il momento di tornare a casa. Felice sarebbe partito per ultimo, come al suo solito, per non saltare nemmeno una lezione e per assicurarsi che la casa fosse in ordine. Chanel doveva partire per prima, saltando anche qualche lezioncina, come sempre del resto, ma caso strano, non partì. Non poteva mica lasciare a quel bastardo di Valerio la casa libera, prima del previsto! Se lui rimaneva fino a un determinato giorno per fare il precisino e seguire le lezioni, lo avrebbe fatto anche lei! Si sarebbe sacrificata, pur di non fargli godere della casa senza la sua presenza! Anche Valerio aveva deciso di partire qualche giorno prima del previsto, ma vedendo che Chanel non si decideva ad andarsene, rimase anche lui, pur di non farle godere della casa senza la sua presenza. Quella strafalciona avrebbe sicuramente buttato all’aria il perfetto lavoro svolto da Felice. Valerio lo teneva sotto torchio molto più di quanto facesse Chanel, lui tipo perfezionista e amante dell’ordine. Pretendeva che fosse tutto perfetto e non poteva permettere che Chanel rimettesse tutto in disordine. Aveva già fatto un casino nella sua stanza... Non c’era bisogno che lo facesse anche per tutta la casa! E Felice non ne poteva più. Non vedeva l’ora di tornare dai suoi e di godersi le vacanze. Anche se aveva già deciso che avrebbe studiato per tutto il tempo, se non altro, sarebbe stato a casa sua, dove nessuno avrebbe potuto disturbarlo, essendo lui figlio unico.
Finalmente, giunse il giorno della partenza. Valerio e Chanel se ne sarebbero andati insieme e finirono per litigare anche su chi avrebbe sceso per primo le scale con le valigie. Alla fine, la spuntò Chanel, come la maggioranza delle volte. Il suo trucchetto dell’estrarre “a sorte” i bigliettini non falliva mai. Eh, sì! Per decidere chi avrebbe sceso per primo le scale, erano finiti a tavola con penna e foglietti, prima di giungere alle mani, come al loro solito. E con il trucchetto dei due biglietti col nome di Chanel, la ragazza vinse di nuovo, vantandosi come un pavone della sua fortuna sfacciata. Dopo aver caricato le valigie nelle rispettive auto, si lanciarono un truce sguardo d’odio, senza nemmeno salutarsi. Salirono in auto e partirono. Felice rimase ancora un paio di giorno per godersi la casa tutto da solo e darsi un po’ alla pazza gioia. Poi, controllò che fosse tutto in ordine, spense il gas e posizionò il riscaldamento a diciotto gradi, in modo da non ritrovarne cinque al rientro dalle vacanze, e partì. Se ne andò col sorriso sulle labbra. Finalmente, sarebbe tornato a casa.

Quando Chanel rientrò, nessuno fu contento di rivederla. I suoi genitori si erano abituati fin troppo bene alla tranquillità della casa senza la sua chiassosa e litigiosa presenza. La cosa strana, però, fu il fatto che Chanel trascorse gran parte del suo tempo chiusa in camera sua. Non sembrava più lei. Non litigava più per le stupidaggini, pranzava e cenava con loro, non usciva più con le amiche... I genitori non la riconoscevano più e non potevano fare a meno di domandarsi che cosa stesse accadendo alla loro bambina. Avevano avanzato mille e mille ipotesi riguardo al suo repentino cambiamento. Avevano pensato che avesse incontrato qualcuno più tosto di lei, ma scartarono subito l’ipotesi, in quanto nessuno era tosto quanto Chanel; avevano valutato l’idea di un ragazzo che non l’avesse voluta per via del suo caratteraccio, ma scartarono pure quella, in quanto Chanel otteneva sempre ciò che voleva. Sapeva essere una tale ruffiana, quando voleva! No. Nessuna delle ipotesi che avevano preso in considerazione era in grado di giustificare il suo malessere. Perché Chanel stava male e si vedeva. Quasi che la preferivano come prima! Poi ci ripensarono. No. Meglio così! Almeno stavano in pace. Speravano tanto di poter trascorrere le vacanze di Natale in tutta tranquillità.

Quando Valerio tornò dai suoi, nessuno lo accolse con calore. I genitori erano avvolti da un tetro manto di umore nero. Il loro figlio rompiscatole e perfettino era appena rientrato dall’università, puntuale come un orologio svizzero a rovinar loro le vacanze natalizie! Ma Valerio non era più Valerio. Trascorse la maggior parte del suo tempo rinchiuso in camera come un carcerato. Non pianificava più le sue giornate a menadito, non andava più puntando la perfezioni in bagno o in cucina, lasciando persino gli asciugamani in disordine, pranzava e cenava in famiglia, non si lamentava più della tremenda cucina della madre... Insomma che fine aveva fatto il vecchio Valerio Tombolini? I genitori avanzarono diverse ipotesi per giustificare un simile cambiamento, ma nessuna sembrò convincerli. Scartarono l’idea che avesse incontrato qualcuno più bisbetico di lui, perché nessuno era più bisbetico di Valerio; misero da parte l’ipotesi che una ragazza non l’avesse voluto per via del suo perfezionismo scorbutico, in quanto Valerio otteneva sempre ciò che voleva. Nulla. Non trovarono nulla che potesse giustificare un simile cambiamento tanto repentino. Valerio sembrava afflitto da uno strano malessere, tanto che i genitori arrivarono a domandarsi se non fosse meglio prima. Poi, rabbrividirono. No! Meglio afflitto e malato, almeno loro stavano in pace! Se la fortuna li avesse assistiti, avrebbero sicuramente trascorso un Natale in santa pace, come qualsivoglia famiglia al mondo.

Felice era irriconoscibile. Da quando era rientrato a casa, non aveva fatto altro che combinar guai. Se prima di partire per l’università era il perfetto figlio modello, che studiava e aiutava in casa, ora così non era. Stanco di fare il “Cenerentolo” e stufo di tenere sempre in perfetto ordine ogni cosa per via dell’assillante perfezionismo assoluto di Valerio, Felice non fece altro che lasciare in giro le sue cose, dagli abiti, alla tazza sporca dopo la colazione, dai piatti del pranzo e della cena, ai libri, a cui era da sempre molto affezionato. Inoltre, cosa del tutto nuova e insolita, Felice reclamava la tv a suo padre e sua madre, tutto il giorno. Non era da lui. Forse, pensava la madre, la convivenza forzata l’aveva fatto impazzire, lui che da sempre frignone e perfettino non andava mai d’accordo con nessuno. In ogni caso, era positivo il fatto che si fosse sbloccato, almeno un po’, ma c’era anche un lato negativo. A volte, Felice sembrava fuori di testa: rispondeva male, scattava per un nonnulla, cantava delirante strane canzoncine senza senso... Bah. Sembrava davvero che in casa, quell’anno, si sarebbe svolto un tremendo, movimentato Natale.

Era il giorno di Natale. Chanel si svegliò, andò in bagno, fece colazione e tornò in camera prima che i suoi si alzassero. Non aprì nemmeno i regali. Si sedette sul letto, a gambe incrociate, non avendo voglia di far niente di niente. Il telefono vibrò. Era Riccardo che le aveva spedito un augurio di Natale, a cui rispose senza troppa enfasi. Sentiva un vuoto, un buco nero dentro di sé, una voragine incolmabile di solitudine e noia. All’inizio credeva che le mancasse Riccardo e i tranquilli, sereni pomeriggi trascorsi insieme, ma così non era. Non le importava nulla nemmeno del messaggio dolce e carino come lui, che le aveva appena mandato. Credeva che Riccardo le piacesse e che, magari, un indomani non troppo lontano si sarebbero messi insieme. Si passò una mano fra la folta criniera e sospirò. Non sapeva più nemmeno lei che cosa volesse. Forse, non l’aveva mai saputo. Ripensò a Valerio e a quanto desiderasse averlo accanto. Se Valerio fosse stato lì, con lei, casa sua non sarebbe stata così piatta e noiosa. Almeno lui portava vita ovunque andasse. Nonostante l’odio logorante che nutriva nei suoi confronti, doveva ammettere che la vita senza Valerio era alquanto sciatta e noiosa. Non aveva più con chi arrabbiarsi, né qualcuno su cui sfogare la propria sete di vendetta e a cui tirare alcuni dei suoi tiri più mancini. Detestava doverlo dire, ma almeno con Valerio si divertiva. Si sentiva viva. C’era sempre qualcosa da fare, sempre qualcosa su cui discutere, sempre un’energia che li teneva impegnati a darsi del filo da torcere. E senza di lui, era tutto una noia mortale. Non credeva che fosse possibile, ma tutto ciò che desiderava era poter tornare a Urbino quanto prima, nella speranza che anche Valerio tornasse quanto prima. Avrebbe tanto voluto mandargli un messaggio d’auguri, ma non poteva. Non doveva dimenticarsi che lui era il suo acerrimo nemico, dopotutto! Un bisbetico viziato senza ragion d’essere! Però era tutto molto più movimentato e divertente, quando c’era lui nei paraggi! Sospirò di nuovo. Il solo pensiero che si stesse scambiando messaggini natalizi con quella gatta morta di Anna... Che rabbia! Le andava il sangue alla testa! Ma che ci trovava in quella bambolina da negozietto? Così smunta, così tranquilla! Bah!
“Gli uomini!” pensò. “Chi li capisce è bravo!”
Le rivennero in mente tutte quelle volte in cui era uscita con Riccardo. Ogni santo giorno, incrociava senza pietà Valerio e la sua Barbie pre-confezionata in atteggiamenti da carie di denti. Quanto la odiava, quella dannata gattamorta! No! Non poteva star lì, senza far niente e lasciare che Valerio si scambiasse messaggini sdolcinati con la sua bambolina di porcellana. No, signore! Doveva assolutamente rompergli le scatole. Afferrò il telefono e aprì Whatsapp.
“Spero che Babbo Natale ti abbia portato una scala per compensare la tua statura da nanetto! Buon Natale, Brontolo!”
Sghignazzò sadica. Forse, poteva divertirsi anche se Valerio era lontano.

Era la mattina di Natale, quando Valerio si risvegliò. Era piuttosto tardi per i suoi gusti, a dire il vero, ma non gli importava. Si alzò. I suoi genitori erano già in piedi. Fece colazione, non lavò i piatti, né riordinò la cucina. Si lavò i denti e non ripiegò alla perfezione il suo adorato asciugamano. Tornò in camera senza nemmeno aprire i regale e si sedette su letto a gambe incrociate a non far nulla. Detestava doverlo ammettere, ma senza quella rompiscatole di Chanel la vita era una noia mortale. Incredibile, ma vero! Sentiva la sua mancanza. Con lei in casa, non ci si annoiava mai. C’era sempre qualcosa per cui bisticciare, qualcosa per dar movimento alle giornate piatte e senza un perché, sempre un’energia che li teneva impegnati a darsi del filo da torcere. Sentiva un vuoto incolmabile dentro di sé. Gli mancava e tanto. Gli mancava il suo sorriso solare da sadica canaglia, i suoi occhi vispi e furbetti, la sua sensuale criniera leonina che la rendeva inconfondibile ovunque andasse. Gli mancava il suo modo di attaccar briga per ogni stupidaggine. Sbuffò, sperando che le vacanze finissero presto per poterla rivedere quanto prima. Se solo pensava, però, a quel bamboccio cicciobello di Riccardo e al modo cretino con cui flirtava con Chanel... Gli andava il sangue al cervello! Lo odiava! Che cosa diavolo ci trovava un pepetto come Chanel in un tipo così tranquillo e citrullo? Bah!
“Le donne!” pensò. “Chi le capisce, è bravo!”
Sbuffò nuovamente. Avrebbe tanto voluto scriverle e interrompere la sua chat natalizia con l’amato Riccardo, ma... Voleva credere che anche lei sentisse la sua mancanza e che non avesse alcuna voglia di chattare con quel ciambotto di Riccardo. Le sue vacanze non stavano affatto andando come avrebbe voluto. Credeva che, una volta a casa, si sarebbe rilassato e che sarebbe riuscito a togliersi quella strega dalla testa, ma quella strega, in quanto tale, aveva gettato un maleficio sulla sua persona. Non doveva dimenticarsi che quella era maestra di magia nera! Bastava vedere con quale manfrina aveva raggirato quel poveraccio rincretinito di Riccardo, che cadeva ai suoi piedi come una pera cotta e che le correva sempre dietro come un cagnolino. Ma non avrebbe fatto lo stesso incantesimo a lui. Per questo, non le avrebbe mandato nessun messaggio. Perché lui era Valerio e Valerio era immune alla magia nera delle streghe come lei. Quando il telefono squillò Lo afferrò con frenesia e speranza, poi tornò mogio-mogio. Era soltanto Anna che gli faceva gli auguri. Le rispose senza troppa enfasi. Eppure, era convinto che gli piacesse! Ma, a quanto pareva, non sapeva più niente di sé, ormai. Nemmeno che cosa volesse. Sapeva solo che gli mancava lei. Chanel. Con i suoi modi di fare vispi da canaglia sadica. Si rammaricò, pensando che avrebbe dovuto aspettare un bel po’ per rivederla e per bisticciare di nuovo con lei. Quando il telefonò suonò di nuovo. Lo prese e il suo volto si illuminò di gioia, un sadico sorrisetto di bronzo sulle labbra.
“Spero che Babbo Natale ti abbia portato una scala per compensare la tua statura da nanetto! Buon Natale, Brontolo!”
Valerio sghignazzò, il volto acceso da una nuova luce e il cuore che riprendeva vita. Forse, potevano divertirsi anche se la lontananza li separava fisicamente.
“Che pensiero gentile, Lentiggine! Spero che Babbo Natale ti abbia portato un bel sacco pieno di merda, proprio degno di te! Buon Natale, Strega!”
Glielo inviò.
E passarono tutta la giornata a bisticciare in chat su Whatsapp.
Forse, le vacanze si sarebbero accorciate. Almeno un po’.

Felice era seduto a tavola con tutti i parenti di fronte a una lunga tavolata imbandita dal mega-pranzo di Natale. E si stava comportando in modo alquanto insolito. La convivenza forzata con due tiranni bisbetici e vendicativi in casa l’aveva oltremisura esaurito. Quella mattina stessa, appena si era svegliato, aveva già avuto i primi incubi a occhi aperti riguardanti il rientro all’università, in quella casa di matti, un rientro che al principio sembrava tanto lontano, ma che ogni giorno diventava sempre più imminente. Fu allora che Felice iniziò a dar via di testa. Si era alzato e aveva fatto colazione in preda a forti tick nervosi al collo, al sopracciglio, ai piedi, alle mani... E a pranzo non stava andando affatto meglio. Mentre il pranzo entrava nel vivo e a tavola imperava un vociale allegro e rumoroso, tra un boccone e l’altro, Felice ingurgitava un bel bicchiere di vino rosso. E dopo il secondo, era già ciucco. Al quarto, era già ubriaco fradicio. Tutti, dai genitori ai parenti, gli lanciarono sguardi basiti e perplessi. La tavolata si fermò. Ogni posata, ogni bicchiere, ogni mano, ogni volto smise di muoversi. Tutti pietrificati a guardare Felice che si comportava come mai si era comportato prima di allora. Sembrava che non si fosse nemmeno accorto di avere tutti gli occhi puntati addosso e continuò a trangugiare indisturbato un sorso dietro l’altro, bicchiere dopo bicchiere.
“Felice! Ma Felice, che cosa stai facendo?” lo riprese sua madre con voce stridula, mentre gli altri continuavano a fissarlo come se fosse impazzito.
“Hic!” esclamò Felice col singhiozzo da sbronza. “Alla salute! Hic!” aggiunse, scolandosi un altro mezzo bicchiere.
“Ma sei impazzito?” sbraitò suo padre. “Se continui così, rischi il coma etilico!” si preoccupò, essendo il figlio rosso in viso come un gambero e non essendo abituato a bere.
“Ma che dici, papà? Hic! Io... Hic! Io non sono mai stato meglio di così! Hic!” biascicò Felice tra un singhiozzo e l’altro. “Anzi, hic! Sai che ti dico? Hic! Vorrei proporre un brindisi, hic! Alla salute dei miei coinquilini! Hic!”
E buttò giù un altro mezzo bicchiere.
La madre scosse il capo con fare rassegnato. “Dovete scusarlo”, disse, rivolgendosi ai parenti. “Felice non riesce ad abituarsi alla convivenza.”
“Già! Scommetto che è sempre il solito frignone!” intervenne una delle due nonne.
“Sempre!” riprese sua madre. “Pensa che mi telefonava in continuazione, perché non voleva condividere la spesa con i coinquilini, perché diceva che lo trattavano male, le solite cose, insomma! Le stesse lamentele che ha sempre fatto per tutta la vita. Questo qui è tutto meno che un uomo!”
“Hic!” le interruppe Felice. “Già! Hic! Io condivido, hic! Ma loro rubano! Hic! Io non sono Cenerentolo, hic! E non è sempre compito mio fare le pulizie, hic!” biascicò in preda alla sbronza, che rendeva i suoi discorsi incomprensibili e sconnessi.
“Visto? Ve l’avevo detto!” esclamò sua madre, evidenziando per l’ennesima volta il comportamento infantile del figlio. “Pensa così tanto allo studio, che non vuole nemmeno contribuire a fare le pulizie! Qui a casa, abbiamo sempre dovuto spronarlo a darci una mano!”
“Alla salute dei miei coinquilini, hic!” la interruppe nuovamente Felice, alzando il calice del vino a mo’ di brindisi. “Ah, Valerio, hic! Non so se l’ho ripiegato bene, il tuo asciugamano, hic! E’ meglio che vada a controllare, hic!”
“E’ più grave di quel che pensassi”, disse la madre. “La convivenza l’ha esaurito.”
“E lo rimanderai all’università?” intervenne l’altra nonna.
“Certo! E non gli farò nemmeno cambiare casa! Lui se la sogna, la una casetta tutta per sé! Deve imparare a stare con gli altri e a stare al mondo! Insomma!” esclamò la madre.
“Va bene, Chanel, hic! Ci penso io, a smacchiare la tua camicetta! Hic!” proseguì Felice.
“Ecco, è proprio quello di cui parlavo! Deve imparare ad aiutare gli altri senza piagnucolare, perché questo gli leva il tempo per studiare!” incalzò la madre, non sapendo che Felice era stato costretto da Chanel a smacchiarle con cura la camicetta su cui Valerio aveva versato il caffè bollente (forse per sbaglio, forse per dispetto, non si sapeva).
“Sono d’accordo!” convenne la nonna, trascinandosi dietro un coro di assensi da parte dei parenti.
“Ora, però, caro, levagli quella bottiglia e quel bicchiere, per favore, prima che se la scoli tutta da solo! Di questo passo, davvero dovremo portarlo all’ospedale!” disse la madre, rivolgendosi al marito, che subito obbedì, convenendo con lei.
“Su, Felice. Da bravo, dai qua! Lasciane anche un po’ per noi”, gli disse il padre, sfilandogli dalle mani bottiglia e bicchiere.
“Ehi, hic! Ridammi il mio vino, hic! E’ mio, hic! Soltanto mio, hic!” protestò il povero Felice, prima di crollare addormentato con la faccia sul piatto. Col naso dritto-dritto nella maionese.
Il padre gli sollevò la testa e gliel’appoggiò lontano dal piatto. Felice ronfava come un maiale, tanto che furono costretti a metterlo a letto come i bambini piccoli.
Si sarebbe svegliato soltanto l’indomani, con un terribile mal di testa e completamente immemore di ciò che aveva fatto.
Che bel Natale aveva passato!
E non era ancora finita..
Si sarebbe preso una sbronza simile la sera prima della sua partenza per Urbino.

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