UNA SVOLTA INASPETTATA.
Chanel aprì molto lentamente gli occhi. Le massacranti ore di lezione
del giorno prima, le ripicche a botta e risposta con Valerio e la camminata per
il centro che si era fatta prima e dopo le lezioni l’avevano senza dubbio
stancata. Se non altro, un lato positivo in quella terribile, orripilante
giornata c’era stato: Riccardo. Un ragazzo tanto gentile e buono, anche carino
per giunta, non l’aveva mai incontrato! Finalmente qualcuno che rispettava le
signore e che l’aveva degnata delle attenzioni che si dovevano a una del suo
rango! Perché non doveva dimenticarsi che lei era Chanel. E di Chanel ce n’era
una sola! Guardò la sveglia che l’aveva così bruscamente destata e sbuffò. Era
prestissimo! Però doveva andare a lezione. Preferiva così, piuttosto che
studiare ore e ore intere a casa. Seguiva un po’, prendeva appunti, si
riposava, si faceva passare dalle nuove amiche le parti che lei non aveva avuto
voglia di scrivere... E così tirava avanti alla meglio. Senza sforzo. Inoltre,
a lezione poteva socializzare e allargare ulteriormente il suo cerchio di
amiche! Si. Decisamente doveva alzarsi. E un lieve suono del telefono attirò la
sua attenzione. Chanel lo prese e andò subito a leggere il messaggio che le era
appena arrivato su whatsapp.
“Buongiorno Chanel! Come stai questa mattina? Volevo ancora
ringraziarti per la tua gentilezza di ieri sera. Fino a che ora hai lezione
oggi? Io finisco alle 17:30. Mi piacerebbe rivederti e fare due chiacchiere. A
presto, spero! Riccardo.”
Chanel sorrise, pensando che la giornata non avrebbe potuto iniziare
in modo migliore. Si alzò e riguardò il suo orario. Aveva lezione pratica in
palestra alle otto. Ma come le era saltato in mente di scegliere di inserirsi
nel gruppo delle otto del mattino? Doveva senz’altro essere impazzita! Ma,
ripensandoci, gli altri orari erano davvero molto, molto scomodi. Talmente
scomodi, che le avrebbero persino impedito di uscire il pomeriggio o a metà
mattina! No, meglio così. Almeno avrebbe potuto farsi gli affari suoi per tutto
il resto della giornata! Infatti, dopo la lezione pratica in palestra, aveva la
mattinata libera. Aveva soltanto due ore di chimica nel pomeriggio. Si sfregò
le mani, già fantasticando sulla sua mezza giornata libera! Sarebbe andata a
fare shopping dopo la lezione in palestra, avrebbe pranzato, si sarebbe
riposata e sarebbe andata a lezione di chimica alle quattro del pomeriggio. E,
poi, ovviamente, non doveva dimenticarsi di Riccardo! L’avrebbe convinto ad
accettare perentoriamente di vedersi alle sei della sera, dopo la sua lezione.
Tanto, era talmente buono, che avrebbe acconsentito senza pensarci due volte.
Afferrò nuovamente il telefono e iniziò a scrivere.
“Buongiorno a te, Riccardo? Come stai? Notizie della tua macchina?
Oggi ho lezione solo dalle quattro alle sei. Se vuoi, puoi aspettarmi a
quell’ora in cima a Via Saffi. A stasera!”
Inviò il messaggio e si diresse in corridoio con aria sognante e
spensierata, quando in cucina un’ombra nera piombò su di lei e sul suo
buonumore. Che ci faceva Valerio già in piedi? Che avesse...? Oh no! Che avesse
anche lui lezione pratica in palestra alle otto? Che avesse scelto il suo
stesso gruppo? No! Non poteva essere!
“Vedo con grande piacere che il Nano Da Giardino è già in piedi”, lo
prese subito in giro Chanel.
Valerio, che stava facendo colazione, lo sguardo basso e la fronte
corrucciata, tutto concentrato a spalmare la Nutella sulle fette biscottate,
sollevò il capo e trafisse Chanel con i suoi occhi neri come la pece. Poi lo
riabbassò stancamente. La giornata precedente l’aveva distrutto. Tutti quei
dispetti da parte di Chanel, la ricerca della macchina fino a notte fonda...
“Non ti smentisci mai, Strega Maledetta”, l’accolse lui con sarcasmo.
“Potrei dire la stessa cosa di te. Come mai sua Maestà è già alzata?”
“Beh, finalmente riconosci il mio rango”, ribatté lei melliflua.
“Comunque, caro il mio Nanetto, ho lezione.”
Valerio smise di colpo di mangiare, la fetta biscottata sguazzò nel
latte, mentre il boccone che aveva morso gli andò di traverso. “Non dirmi che
hai lezione in palestra!”
“Perché? Verrai anche tu?”
Entrambi sbuffarono e alzarono gli occhi al cielo.
“Sei una maledizione!” sentenziò Chanel.
“Senti chi parla!” ribatté Valerio.
Chanel si scaldò del latte e si sedette a mangiare proprio di fronte
al suo acerrimo nemico. Erano tutti e due troppo stanchi dalla giornata
precedente per avere voglia di discutere ancora. Valerio sollevò lo sguardo per
un istante e la sua attenzione venne catturata da una Chanel piuttosto presa a
rubare le fette biscottate di Felice, proprio come aveva fatto lui poc’anzi. Un
minuscolo ghigno compiaciuto prese forma sulle sue labbra. Doveva ammettere che
Chanel era davvero bella. Una bellezza molto fresca e spumeggiante, unica nel
suo genere. Era la prima volta che la guardava davvero. Nemmeno Anna con il suo
viso da fatina avrebbe potuto eguagliarla! Nonostante si fosse appena alzata e
avesse la criniera leonina completamente scompigliata, Chanel era la creatura
più incantevole che avesse mai visto. Peccato che fosse così stronza! Non era
neppure stupida! Valerio scosse improvvisamente il capo, rimproverandosi
severamente per ciò che aveva avuto l’ardire di pensare e riprese a mangiare.
In ogni caso, bella o no, in quella casa bisognava stabilire delle regole. O
nessuno dei due sarebbe arrivato vivo a Natale!
“L’hai trovata poi la macchina?” gli domandò lei sadicamente,
interrompendo così il suo flusso di pensieri.
“Sì, ma non grazie a te. Davvero furba, devo ammetterlo. Nasconderla
fuori dalle mura.”
“Grazie per il complimento. Sai, io ho un’intelligenza superiore!”
Valerio sogghignò. “Questo è da vedersi. Comunque, è così che vuoi
andare avanti?”
“Così come?” bofonchiò Chanel con la bocca piena.
“A suon di vendette.”
“Sì, se necessario. Anche se è estenuante.”
“Che ne dici di sancire una sorta di tregua?” le propose Valerio,
anche se a malincuore. Aveva capito che, se non l’avesse fatto, ci avrebbero
rimesso entrambi.
Chanel sgranò gli occhi, incredula. “Una tregua?”
“Già. Diamoci delle regole per far sì di restare lontani il più
possibile e finiamola qui. Non dobbiamo per forza andare d’accordo, anzi non ci
penso nemmeno! Però devi riconoscere che non possiamo trascorrere altri due
mesi come la giornata di ieri!” le spiegò paziente Valerio.
“Sono d’accordo. Altri due mesi come ieri sono fuori discussione.
Allora, Nanetto, cosa proponi?”
“Visto che abbiamo gli stessi orari di lezione, dobbiamo organizzarci
per il bagno.”
“Tu ci stai molto più di me. Anzi, ci stai più di tutte le donne del
mondo!” lo freddò Chanel.
“Non si mette fretta alla perfezione”, si vantò Valerio, proprio come
un pavone che fa la ruota. “Comunque, io mi alzerò prima e andrò per primo.
Così, per quando avrai finito di fare colazione lo avrai libero, ma bada bene!
Che le mie cose, compreso il mio preziosissimo, personalissimo asciugamano,
restino tutte dove stanno e come io le ho lasciate!” puntualizzò acido Valerio.
“E chi te le tocca, le tue cose merdose?” lo prese in giro Chanel. “In
ogni caso, per me va bene. E per quanto riguarda pranzi, cene, piatti e tv?”
“Due fornelli a testa. La tv una sera per uno. Una sera io e una sera
tu”, propose Valerio, tagliando automaticamente fuori il povero Felice, come se
non esistesse. “E per quanto riguarda i piatti...”
“Facciamoci pensare a Felice!” buttò lì Chanel. “In cambio gli
offriamo una sera a settimana di tv.”
Valerio e Chanel si scambiarono un eloquente sguardo complice ed
espressivo, che racchiudeva tutta la malignità insita nei loro animi da bambini
viziati.
“A lezione, staremo distanti e ci ignoreremo. Così come quando stiamo
a casa”, proseguì Chanel.
“E il prossimo anno, ognun per sé. Case diverse, vite diverse. Ci
stai?”
“Ci sto!”
Chanel e Valerio si strinsero la mano per la prima volta da quando si era
visti e una scossa elettrica si propagò inaspettatamente lungo la schiena di
entrambi. Stretta la tregua, entrambi ripresero a mangiare, in silenzio.
Chanel, scossa da quell’emozione sconosciuta e bizzarra, si fermò per un
istante a fissare Valerio, che riprendeva a spalmare la Nutella sulle fette
biscottate scippate a Felice. In effetti, la sua compagna di corso non aveva
tutti i torti. Nonostante la bassa statura e la stronzaggine, Valerio era
davvero un ragazzo carino. Fisicamente, intendeva. Intellettualmente... Beh,
non era affatto stupido, anzi era un tipo piuttosto sveglio e perspicace, anche
se un po’ musone. Ma che cosa stava dicendo? Fare degli apprezzamenti nei
confronti del suo acerrimo nemico, il suo rivale giurato, un nano da giardino
senza né capo, né coda?! Doveva essere impazzita! Si scosse e riprese a
mangiare, quando il suo telefono suonò di nuovo.
Si sporse a leggere il messaggio, mentre Valerio le lanciò un’occhiata
curiosa e seccata al tempo stesso.
“Per me è perfetto! Allora, ti aspetto in cima a via Saffi alle sei.
Per quanto riguarda la macchina, la porterò a riparare stamattina con l’aiuto
di un mio coinquilino. Presto la riavrò e ti porterò ovunque vorrai per
sdebitarmi con te! Ti auguro una bella giornata, Chanel!”
Chanel si lasciò sfuggire un sorriso. Come poteva pensare certe cose
di Valerio, quando aveva un ragazzo tenero e carino come Riccardo, che la
corteggiava e venerava?
“Io ho finito”, annunciò Valerio.
“Bene. Vai pure tu in bagno. Io ho da fare.”
Valerio le lanciò uno sguardo di disappunto, come se qualcosa nel
sorriso dolce e smielato di Chanel non gli sfagiolasse, ma non osò dir nulla.
Dopotutto, non era affar suo! Sospirò e andò in bagno.
Felice, reduce dalle ore piccole, non si era ancora alzato.
Neanche mezz’ora dopo, Chanel e Valerio si dirigevano insieme a
lezione, abitando a meno di cinquanta metri dalla palestra. Senza proferir
parola. Eppure, nessuno dei due riusciva più a sopportare quell’atmosfera così
carica di tensione. Così Valerio parlò.
“Sai che ieri sera sono tornato a casa oltre mezzanotte, grazie a te?”
“E la tua macchina non si è trasformata in una zucca, vero?”
Valerio abbozzò un sorriso. “Spiritosa. Comunque, non era questo il
punto.”
“Ah, no?”
Valerio scosse il capo. “No. Il secchione piagnucolone era ancora
alzato a guardare la tv.”
Chanel, che non credeva alle sue orecchie, sgranò gli occhi. “Coooosa?
Ma davvero?”
“Sì. Ecco perché stamattina non si è alzato!”
Entrambi si scambiarono uno sguardo complice, prima di scoppiare a
ridere come due bombe atomiche.
“Non gli sembrava vero, eh?” dedusse Chanel, ridendo ancora a
crepapelle.
“Già!”
“Allora, la tv per questa settimana, l’ha già avuta tutta per sé,
quindi per il resto della settimana è nostra”, sentenziò Chanel,
ricomponendosi.
“Giusto!” esclamò Valerio, compiacendosi di come quella strega
maledetta fosse in grado di far lavorare il cervello.
Continuarono spudoratamente a prendere in giro Felice ancora per un
po’, prima di entrare in palestra, dove si separarono, raggiungendo ognuno il
proprio gruppo di amici e amiche. Nessuno dei due seppe mai che per ignorarsi a
vicenda dovettero prestare molta, ma molta attenzione ed esercitare un
autocontrollo quasi sovrumano.
La sveglia aveva insistentemente suonato per minuti e minuti a
intervalli di tempo regolari, prima di essere maldestramente gettata a terra da
una manata addormentata e scoordinata. Poi... Silenzio tombale... Interrotto di
tanto in tanto da un ronfare sonoro e disgustoso. La stanza immersa
nell’oscurità. Quando Felice aprì a stento gli occhi, aveva la sensazione di
essere reduce da una pesantissima sbornia, quando era semplicemente andato a
dormire tardi per godersi la tv in libertà e un’insolita pace in casa. Ma lui
non era abituato a stare alzato fino a notte fonda a guardare la tv. Alle nove
e mezzo della sera era già sul letto, a meno che non avesse lezione fino alle
sette della sera e cenare a ore indecenti (alle otto, magari). In quelle
occasioni, allora sì che andava a dormire tardi, ovvero alle dieci della sera!
Quindi, per lui, le due di notte erano qualcosa di inaudito e impensabile.
Eppure, era proprio ciò che aveva fatto la sera prima. Sbadigliò sonoramente,
stropicciandosi gli occhi, cercando di ricordare il motivo per cui fosse
ridotto a un simile straccio, quando tutta la serata in santa pace gli rivenne
in mente.
“Ma che ora è?” si domandò a un certo punto. Accese la luce, inforcò
gli occhiali e cercò la sveglia, ma non la trovò. Non era più sul comodino
accanto al suo lettuccio. Allora, dove diavolo era? C’era forse stato un ladro
in casa? Ma no! Che stupido! Chi ruberebbe mai una sveglia nel cuore della
notte in un appartamento studentesco? E se...
“Valerio e Chanel!” esclamò, temendo che uno dei due avesse potuto
farsi beffe di lui, rubandogli la sveglia.
Strattonò le lenzuola e scese dal letto in fretta e furia, calciando
una plastica dura e ben sagomata. La sua sveglia. Allora non erano stati
Valerio e Chanel! Ma come diavolo c’era finita lì per terra? E perché, poi, non
aveva suonato? Bah, pensò. Chi la capisce, la sveglia, è bravo. La prese fra le
mani e diede un’occhiata all’ora, certo di vedere le sei e mezzo.
Ma gli venne un infarto.
“Coooooooooooosaaaaaaaaaa?” gridò sconvolto, portandosi una mano al
petto, come se stesse per morire da un momento all’altro.
La sveglia segnava le nove e mezzo del mattino.
“M-ma, ma, ma, ma, ma, ma, ma, ma… Come può essere? Come può segnare
le nove e mezzo? Perché non ha suonato!” si agitò il poveraccio.
La ribaltò da capo a piedi e si accorse che era staccata. Ma come?
L’aveva messa, la sveglia, la sera prima, se lo ricordava più che bene! Ma
allora...
“Oh no!” piagnucolò come un bebè. “Deve aver suonato e io l’ho
staccata, perché sono andato a dormire troppo tardiiiiii! Maledetti Valerio e
Chanel!” si lamentò ancora, come un cane bastonato.
E sì! Era sempre colpa loro! Litigavano sempre, comandavano tutto loro
e per questo lui aveva deciso di godersi la serata! Se loro non fossero stati
dei despoti viziati e capricciosi, tutto ciò non sarebbe accaduto! E adesso?
Come avrebbe fatto? Non si era alzato presto per studiare e aveva ormai perso
la lezione delle nove!
“Oddio!” si sentì male. “Che disgrazia! Che tragedia! Ho perso la
lezione! Noooooooooooo!!!!!!!!!” piagnucolò nuovamente, disperato come se fosse
accaduto chissà cosa.
Si alzò di scatto e si catapultò in cucina, dove trovò una piccola
pila di tazze, bricchi, bicchieri e posate per la colazione da lavare, con
tanto di biglietto di buongiorno.
“Gentile Signor Occhiali A Culo Di Bottiglia, le diamo il buongiorno.
D’ora in avanti, lei si occuperà di lavare i piatti di ogni coinquilino della
casa ed eventuali ospiti. Inoltre, avrà anche il compito di pulire, anzi
lustrare tutti gli spazi comuni dell’appartamento, almeno una volta alla
settimana. In cambio, le offriamo la tv libera una sera alla settimana. Dal
momento che ha già usufruito del servizio tv ieri sera, per questa settimana
non potrà più guardarla. Faccia come le abbiamo detto e tutto andrà bene. Non
lo faccia e sarà peggio per lei. Perché lei sa di cosa siamo capaci, VERO? Le
auguriamo una buona giornata a lezione... Alla quale arriverà in ritardo!
Firmato: VALERIO E CHANEL.
“Ma non è possibile! Questi non mi fanno proprio trovare pace!”
esclamò disperato il poveretto.
Corse in camera, afferrò il telefono e chiamò sua madre.
“Pronto?” rispose la donna, orami stanca di leggere continuamente
sullo schermo del cellulare il nome del figlio.
“Mamma!” piagnucolò il poveretto in ansia.
“Felice!” si stizzì lei. “Che cosa succede ancora? Che cosa vuoi? Che
cos’è che non ti sta bene?”
“Mamma! I miei coinquilini mi fanno andare a dormire tardi e mi
obbligano a lavare i loro piatti e a pulire tutta la casa da solo, altrimenti
mi faranno i dispetti!” si lagnò come un bambino nel bel mezzo di un capriccio.
“Basta, Felice!” si esasperò sua madre. “Devi imparare a socializzare
con i tuoi coinquilini e a rimboccarti le maniche in casa! Non esiste solo lo
studio! Non puoi star sopra i libri tutto il giorno! Devi anche imparare a
organizzarti con la spesa e le faccende domestiche!” lo sgridò, pensando che il
figlio, come al suo solito, frignasse ed esagerasse come un bebè. Era certa che
il figlio pensasse solo allo studio e non si degnasse nemmeno di dare una mano
in casa, così come aveva fatto negli ultimi diciannove anni della sua vita!
“Ma mamma! Per colpa loro stamattina ho anche perso una lezione!”
“E che vuoi che sia, Felice! Certo che non deve diventare
un’abitudine, ma se per una sera sei andato a dormire più tardi perché hai
fatto qualcos’altro, non muori mica, eh!”
“Invece sì! Mamma!” pianse ancora come un bambino piccolo.
“Felice!” lo zittì sua madre con fare alterato, freddo e la voce
stridula allo stesso tempo. “Adesso basta. Ti avevo già avvisato l’altra volta,
Felice. O impari come si sta al mondo, oppure torni dritto a casa a fare il
contadino con tuo padre, che ha tanto bisogno di un aiuto nei campi! Frignone
avvisato, mezzo salvato! Bada bene, Felice! Questo è l’ultimo avvertimento!
Ancora una parola sull’argomento e tu torni dritto a casa! Sono stata chiara?”
tuonò la donna in tono perentorio da dittatrice.
“Sì, mamma”, piagnucolò Felice a testa bassa, sentendosi completamente
solo, abbandonato e incompreso.
“Bene. Ricorda: questa è la tua ultima possibilità. Ora, smettila di
frignare e sii uomo! Ti auguro una buona giornata, Felice!” lo liquidò sua
madre, chiudendogli il telefono in faccia.
Felice rimase lì, come un ciambotto, mollato su due piedi dalla sua
stessa madre. Ma perché non capiva? Perché non si rendeva conto che non stava
esagerando e che era tutto vero? Poi si ricordò che doveva andare a lezione.
Non aveva più nulla da mangiare. Si vestì, corse fuori verso il centro e si
fermò a comprare un paio di brioches in piazza. Poi volò verso la sede della
sua facoltà. Se si fosse sbrigato, forse sarebbe arrivato in anticipo per la
lezione delle undici.
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