CHANEL
Erano le otto, quando la sveglia gridò il suo lieto buongiorno a
squarciagola, un giorno che qualcuno non aveva alcuna intenzione di iniziare.
Chanel allungò la mano, staccò la sveglia e si girò dalla parte opposta,
tirando con sé le coperte. I suoi stavano facendo baccano già da un po’, ma a
lei non importava. Non era una dormigliona, ma quando voleva dormire... Nulla
era in grado di scuoterla e buttarla giù! Aveva messo la sveglia alle otto, a
dire il vero, per preparare la valigia per partire per Urbino l’indomani, ma
non ne aveva alcuna voglia. L’avrebbe preparata a tempo e comodo la mattina
seguente, prima di partire! Dopotutto, che fretta c’era, no? Nel giro di
qualche giorno, avrebbe iniziato a studiare all’università, frequentando ogni
giorno le lezioni, pertanto, quando avrebbe avuto del tempo a disposizione per
permettersi di dormire una o due ore in più al mattino? Di certo, non prima di
Natale! Quindi, decise di cambiare i suoi piani per la giornata e tirare ancora
per un po’. Il letto comodo, le coperte calde, il buio... Sì. Era tutto
perfetto. Si riaddormentò in un battibaleno, sognando di dormire ancora e
ancora, a più non posso. Quando una forte luce e un gran frastuono disturbarono
la sua quiete.
“Alzati, Chanel! Forza! Sono già le otto e mezzo passate!”
Chanel tirò le coperte fino a sotterrarvisi, bofonchiando e brontolando.
“Ancora cinque minuti”, mugugnò da sotto le coperte.
“I cinque minuti sono passati da un pezzo! Forza, Chanel! Su! Gambe in
spalla e alzati!” ribadì la petulante voce, tirandole via le coperte.
Chanel si mise a sedere sul letto, lo sguardo truce e contrariato,
mentre sua madre sollevava la serranda.
“Ma chi ti ha detto di svegliarmi a quest’ora?” protestò acida Chanel.
“Ma come? Hai detto che ti saresti alzata alle otto per fare la
valigia! Sono le otto e mezzo passate e ancora dormi! Ho pensato di
svegliarti”, le spiegò calma sua madre Vittoria.
“E chi ti ha detto di svegliarmi? Se non mi sono alzata, vuol dire che
voglio dormire, no?” s’infuriò Chanel.
“Ma se l’ultima volta che si è creata una simile situazione, ti sei
arrabbiata perché nessuno ti aveva svegliata e hai fatto tardi? Non si sa mai
cosa fare con te!”
“I cazzi tuoi, mamma. Ti devi fare i cazzi tuoi. Ora, esci dalla mia
stanza!”
“Stanza... Questo è un magazzino! Non una stanza! Ma guarda che roba!”
Chanel si guardò attorno e nel caos che dominava attorno a lei, nei
vestiti sparsi a terra, non trovò nulla che non andasse. “La mia stanza è
perfetta così com’è, maniaca dell’ordine! Adesso, fuori! Lasciami stare!” la
cacciò Chanel, alzandosi e accompagnandola fuori in malo modo. Sbatté
violentemente la porta e si sedette sul letto sbuffando. Si passò una mano fra
la folta chioma di ricci rossi, tirando dei profondi sospiri nel tentativo di
calmarsi.
“Ma tu guarda quella rompipalle!” commentò stizzita.
Si guardò intorno: le coperte a terra, la serranda completamente
alzata, il Sole che le accecava gli occhi... I nervi a crepapelle di prima
mattina! Sospirò, vedendosi costretta ad alzarsi. Uscì dalla sua stanza,
sbattendo la porta e si fiondò in bagno. Cacciando fuori il padre.
“Esci di qui!” gli gridò inacidita, entrando senza bussare.
“Buongiorno Chanel! Ma come siamo gentili, questa mattina!”
sdrammatizzò Agostino.
“Poche ciance, papà! Mi avete costretto ad alzarmi, mi avete svegliato
in malo modo e adesso, FUORI! Il bagno è mio! Aria! Sciò!”
Agostino sospirò, rassegnato, decidendo di non discutere in quanto
Chanel se ne sarebbe andata presto. Meglio lasciar perdere e non rovinarsi il
fegato! Era la sua amata bambina, le voleva un bene dell’anima, anche se, a
volte, doveva ammetterlo, era difficile sopportare il suo caratteraccio
lunatico, bisbetico, caotico e casinaro. Era in grado di far baccano per venti
persone, oltre che a spaventare un esercito con i suoi terribili e terrificanti
sbalzi d’umore.
Chanel entrò in bagno e si chiuse dentro. Si specchiò, dando
un’occhiata alla sua criniera da leonessa spettinata, gli occhi nocciola che
già brillavano di furore e la spruzzata di lentiggini che ne simpatizzavano
l’espressione del volto. Giocò per qualche istante a far le facce allo specchio,
prima buffa, poi pazza, poi arrabbiata e ribelle, infine sorrise di scherno al
suo riflesso. Aprì il rubinetto e si sciacquò il viso con l’acqua gelata per
svegliarsi meglio, poi si asciugò alla meglio e ripose in malo modo
l’asciugamano, tutto accartocciato, una posizione in cui gli sarebbe stato
impossibile asciugarsi. Chanel uscì dal bagno nel giro di un paio di minuti,
spettinata e trasandata, con ancora la faccia mezza bagnata, e si diresse in
cucina per fare colazione. Si versò nel bricco un po’ di latte, facendone
scivolare una minuscola pozzanghera anche sul tavolo, frettolosa e sbadata, e
lo mise a scaldare. Nel frattempo, preparò la tazza. Vi buttò giù una bella
quantità di orzo e cacao, spolverandone una bella manciata persino il tavolino,
senza curarsi poi di ripulire, e attese. Quando il latte le sembrò caldo a
occhio e croce, lo versò nella tazza per poi mescolare l’intruglio in maniera
tanto energica, da buttarne un bel po’ sul tavolo, che nel girò di cinque
minuti nemmeno, era già diventato un vero e proprio porcile.
“Sei un disastro, Chanel, un vero e proprio disastro!” commentò
rassegnata Vittoria. “Almeno pulisci, no?”
“E fammi fare colazione in santa pace, eh! Io sarò pure un disastro,
ma tu sei una palla pazzesca! Pulisci tu, no? Io sto mangiando!” sbottò Chanel,
che amava consumare i pasti in due soli modi: o nel silenzio più assoluto, o in
compagnia delle amiche casinare come lei.
Vittoria fece per risponderle picche, quando un eloquente sguardo del
marito la indusse a tacere. Non doveva dimenticarsi che il giorno dopo sarebbe
partita e che avrebbero avuto la casa tutta per loro. Avrebbero dovuto darsi un
gran daffare per riuscire a riordinare tutto il casino che Chanel aveva
seminato per casa, se non altro, però, sarebbero stati in pace. Afferrò lo
straccio e si mise a ripulire il porcile generato da quella figlia svitata e
acida che lei stessa aveva messo al mondo, mentre quella sgranocchiava i
cereali tranquilla e beata in maniera alquanto sonora, risucchiando il latte
nel cucchiaio. Persino quando faceva colazione, era in grado di fare rumore!
Era così... Fastidiosa!
Dopo aver finito di fare colazione, Chanel lasciò tutto in giro, senza
nemmeno curarsi di mettere la tazza e il bricco a bagno col sapone, e si recò
di nuovo in bagno a lavarsi i denti. Mentre si passava con foga ed energia lo
spazzolino fra i meandri più remoti della bocca, udì il telefono in camera
trillare a mo’ di messaggio. Con lo spazzolino ancora fra i denti, s’incamminò
verso la sua stanza a leggere il messaggio.
“Oggi è il tuo ultimo pomeriggio... Vieni a casa mia, ché organizziamo
una festa d’addio!” le scrisse una sua amica.
“Vengo di sicuro. Chiama quanta più gente puoi! Anch’io chiamerò a
raccolta i miei!” rispose Chanel, riponendo il telefono.
Tornò in bagno e si sciacquò velocemente la bocca, tornò in camera,
ribaltò l’armadio, gettando abiti su abiti a terra, finché non trovò qualcosa
di decente da mettersi, e si vestì. Mentre si preparava per uscire, truccandosi
un po’, si accordava via chat con la sua amica per decidere della festa. Dopodiché,
tornò in soggiorno e s’infilò un cappotto.
“Dove vai, Chanel?” le domandò sua madre.
“Vado a comprare un po’ di cose per la festa.”
“Festa? Quale festa?”
“Quella che organizziamo io e Naomi per stasera, in onore della mia
partenza.”
“Non dovresti fare la valigia?”
“La farò domani mattina, prima di partire.”
“Non capisco perché tu non sia partita stasera. Le lezioni inizieranno
domani!”
“Nessuno spiegherà niente durante la prima lezione. Voglio stare con
le mie amiche il più possibile, prima di andarmene. Adesso vado. Ciao!” tagliò
corto Chanel, uscendo.
Fece un salto in pasticceria a ordinare tartine e vol-au-vent a
volontà, paste e quant’altro per fare un rinfresco nel pomeriggio. Poi, andò a
far la spesa, a comprare qualcosa da bere alla festa e per il suo pranzo, non
avendo intenzione di aspettare quelle tartarughe dei suoi per mangiare. Infine,
ripassò in pasticceria a ritirare gli ordini e finalmente andò a casa. Entrò
senza salutare e cacciò la madre dalla cucina, che stava iniziando a preparare
il sugo della domenica e si mise a scaldare sulla padella una piadina.
“Ma come? Non mangi con noi?” le domandò la madre contrariata.
“No. Ho fretta. Voglio stare con le mie amiche.”
“E con i tuoi vecchi, no?” intervenne Agostino.
“No, perché siete due rompicoglioni! Adesso, fuori tutti dalla
cucina!” esclamò.
Si scaldò la piadina e la imbottì con prosciutto cotto e formaggio
spalmabile a volontà, dopodiché si recò in soggiorno, spodestando suo padre dal
divano.
“Smammare! Sciò!” gli ordinò, facendogli cenno con la mano, mentre con
l’altra teneva il piatto con la piadina.
Il divano davanti alla tv era suo! Quante volte e in quale lingua
doveva dirglielo?
Agostino obbedì, facendo già il calcolo alla rovescia delle ore che
mancavano alla partenza di Chanel e per sua sfortuna erano ancora parecchie.
Più di ventiquattro. Ma doveva sopportare.
Chanel si sedette e usurpò il grande schermo piatto, facendo zapping
per un po’, fino a trovare un film comico che le smuoveva il buonumore. Mentre
si gustava la piadina col formaggio filante, intimò la madre di chiudere la
porta della cucina e non far rumore, perché lei detestava guardare la tv con
sottofondi domestici e chiacchiericci umani.
Il padre si era rannicchiato sull’altro divano e non poteva fare a
meno di osservare la figlia che ridendo di gusto per il film, mangiava
tranquilla. Quando sorrideva, era bella come il Sole! Ma qualora mettesse il
muso per qualcosa... No! Meglio ricordarla mentre sorrideva! Era davvero una
gran bella ragazza. Alta, slanciata, un po’ troppo mingherlina forse, ma era
una tipetto vivace e tutto pepe, sempre in movimento, quindi era normale che
tutto il cibo che ingurgitava finisse a farle da benzina senza accumularsi da
nessuna parte. Inoltre, la sua giovanissima età le giocava molto a favore, dal
momento che mangiava spesso e volentieri cibo spazzatura e non metteva su
neanche un grammo di ciccia. E poi, aveva quei capelli rossi e selvaggi che
erano una meraviglia, il volto da folletto e gli occhi furbi che la rendevano
un amore di ragazza. Peccato per quel caratteraccio! Lunatica oltre misura,
Chanel era solita avere sbalzi d’umore e cambiare idea mille volte e con lei,
spesso e volentieri, non si sapeva mai come comportarsi. Egoista e forse fin
troppo viziata, aveva un gran bella tempra da tigre e sapeva fin troppo bene
come ottenere ciò che voleva. Nessun ragazzo aveva mai osato avvicinarsi a
lei... E per forza! Anche se era una gran bella ragazza, nessun povero
disgraziato era così morto di fame da prendersi una simile bisbetica! Caotica e
disordinata, per giunta! Come recitava il detto? “Come cachi, lasci?” Beh,
Chanel era proprio così.
“Che hai da guardare?” lo freddò lei acida, accorgendosi che il padre
la fissava.
“Niente! Stavo solo pensando a quanto tu sia bella, figlia mia!”
“Che leccaculo! Non è così che riavrai la tv!”
“Che coda di paglia! Penso davvero che tu sia bellissima, ma con quel
carattere che hai...”
“Perché? Cos’ha il mio carattere che non va? Io sono Chanel e Chanel
fa quello che vuole! Mi sembra giusto, no? Voglio una cosa e me la prendo.
Stop.”
“Dovresti imparare a smussare i lati più spigolosi della tua
personalità. La vita è fatta anche di compromessi!”
“Io non scendo a compromessi. O si fa come dico io, o sarà guerra!”
“Fa’ attenzione, Chanel. Potresti incontrare qualcuno che ti prenderà
a calci!”
“Non sarò certo io quella che sarà presa a calci, qualora accadesse.
Ora, sta’ zitto. Voglio finire il film e la piadina in santa pace, grazie!” si
seccò acida.
Mentre mangiava, seminò briciole per tutto il divano e una volta
finito, abbandonò il piatto lì, accanto a lei. Si riposò una mezz’oretta, poi
s’infilò il cappotto, prese su le paste e le bibite e si recò in auto a casa
della sua amica Noemi.
La festa fu un successone! Fra invitati, musica e qualche birretta di
troppo, trascorse il pomeriggio e anche la sera. Tanto che Chanel a fine serata
propose un pigiama party con le amiche più intime, sempre a casa di Naomi.
Rimasero sveglie fino a notte inoltrata e Chanel nemmeno si curò di avvisare i
suoi che sarebbe rimasta a dormire fuori. Si alzò alle dieci passate, assonnata
e sbalestrata, e solo per l’ora di pranzo si degnò di rientrare a casa. E come
s’infuriò nello scoprire che nessuno aveva pensato di prepararle qualcosa da
mangiare.
“E che ne so io! Sei sparita!” protestò Vittoria.
“Ma se ero da Noemi! Ora, cosa mangio io, eh? I salti di scimmia?
Preparami subito qualcosa! Muoviti!” tuonò, frantumando un piatto a terra.
“L’ultima volta che ti ho cucinato qualcosa, mi hai insultata, dicendo
che a ci pensi tu a te stessa!”
“Ma sta’ zitta e mettiti al lavoro! Io, intanto, vado a fare la
valigia!”
Fu un vero disastro. Non trovava nulla, come sempre, essendo la sua
camera un vero casino, mise in valigia cose superflue che non le servivano,
mentre non aveva più spazio per quelle ci cui necessitava, così finì per
doverne preparare due. Come sempre all’ultimo minuto.
Quando andò in cucina e scoprì che la madre le aveva preparato della
pasta in bianco, scoppiò il putiferio.
“Cos’è questa merda? Lo sai che non mi piace!” tuonò Chanel a sua
madre.
“Non c’è altro!”
“Ma chi ti ha detto di cucinare per me? A me, ci penso io!”
Ecco... Pensò Agostino fra
sé e sé. Ha cambiato già idea.
“Tutto io devo fare!” proseguì la belva imbufalita. “Vai via! Fuori
dalla cucina! FUORI!” tuonò di nuovo, scaraventando il piatto con la pietanza a
terra.
Aprì il frigo, stizzita e seccata. Quella buona a nulla di sua madre!
Lo sapeva che la pasta in bianco le faceva semplicemente schifo! Possibile che
fosse così smemorata? No. Non era smemorata! Magari non le importava o peggio
cercava a ogni costo la discussione con lei. Masochista, sapendo che con lei
era impossibile averla vinta. Mise a scaldare una delle piadine avanzate del
giorno prima, la imbottì con una salsiccia cotta alla griglia e cacciò
nuovamente i suoi dal divano in malo modo, prendendo il possesso della tv.
Intanto i suoi contavano. Ancora poche ore...
Dopo mangiato, Chanel si rilassò un po’ sul divano, ordinando
perentoriamente ai suoi di stare zitti, dopodiché si chiuse in camera ad ascoltare
la musica a tutto volume, facendo tremare le mura, stra-fregandosene dei
vicini, che si sarebbero arrangiati e soltanto alle cinque e mezza passate,
s’infilò il cappotto e salutò i suoi.
“Ciao Chanel”, l’abbracciò sua madre.
Dopotutto le voleva bene. Rimaneva sempre sua figlia.
“Mi raccomando, Chanel”, le disse amorevolmente il padre, mentre anche
lui l’abbracciava. “Ricordati quello che ti ho detto riguardo ai compromessi.
La convivenza non è mai facile, soprattutto se forzata. E Urbino è un vivaio.
Sta a vedere che incontri uno tosto quanto te!”
“Peggio per lui! Se così fosse, si pentirà di aver incrociato il mio
cammino!” sghignazzò sadica Chanel. “Ciao a tutti e due!”
Così dicendo, prese le valigie, le caricò in macchina, mise in moto e
partì. Via! Verso la sua nuova meta! La sua nuova vita in libertà, lontano dai quei rompipalle dei suoi
genitori, stava per avere inizio.
Peccato per lei, che non sapeva ancora quale incubo la stesse
aspettando...
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