sabato 25 novembre 2017

Un manigoldo per genero - 11° puntata - di Ambra Tonnarelli


“Alla faccia che non sei mai stata in discoteca!” le gridò Alex, sconvolto, mentre ballavano.
Elizabeth si stava scatenando al ritmo di musica ed era completamente fuori da ogni controllo. Dava il via ai balli sulle musiche proposte dal dj, tutti la seguivano nei passi di danza e pochi riuscivano a imitarla. Era unica. Dopo un po’, Alex la prese per mano e ballarono insieme. Alex la avvicinò a sé più che poté. Ed Elizabeth lo lasciò fare, senza irrigidirsi. Sentì ogni centimetro del suo corpo aderire a quello di Alex, mentre i brividi le correvano lungo la schiena. Stava iniziando a seguire i consigli di Sandy, ma non riuscì mai a spingersi oltre. Le martellanti parole del padre le tornavano sempre in mente, ogni qualvolta desiderasse più di qualunque altra cosa abbandonarsi completamente ad Alex. Il ragazzo, memore di come fosse finita l’ultima volta, nonostante le folli emozioni che provava stretto a lei, non si spinse oltre. Se ne andarono verso le tre del mattino. Elizabeth si era davvero divertita. Aveva scoperto un piccolo pezzetto di vita. Alex stava commentando animatamente i suoi passi in discoteca, ma quando voltò la testa... Si accorse che Elizabeth si era teneramente addormentata sul sedile. Sorrise, invaso da quella serenità che solo lei sapeva donargli. Quando fermò l’auto a pochi metri dal cancello della villa di lei, gli dolse il cuore a svegliarla.
“Ehi”, –le sussurrò dandole qualche delicato bacino sulla guancia- “siamo arrivati!”
“Mmmm” mugugnò lei. “Di già? Che sonno che ho!”
“Lo so. Vai a dormire, Elizabeth. Quando potrò rivederti?”
“Non lo so, Alex. Fosse per me anche domani”, –si lasciò sfuggire nel suo semi-sonno, inconsapevole di ciò che stava dicendo- “ma mio padre potrebbe insospettirsi. Sai, io non vado mai tanto in giro. Meglio che aspettiamo una decina di giorni. Ti chiamo io, non appena si placheranno un po’ le acque.”
Alex annuì, dispiaciuto e rassegnato, consapevole però che Elizabeth avesse ragione. Il capo era implacabile. “Ok. Allora aspetterò la tua chiamata. Non farmi brutti scherzi, mia dolce fatina.”
Elizabeth gli sorrise dolcemente, tirando fuori tutta la delicatezza che la caratterizzava e sfoggiando involontariamente tutta la sua bellezza. Alex le prese il volto tra le mani e la avvicinò un pochino a sé. I loro respiri si fecero leggermente pesanti. Le loro bocche erano vicinissime, potevano sentire i propri respiri sulla pelle. Elizabeth chiuse gli occhi e dischiuse appena le labbra. Dopo alcuni eterni istanti che sembravano non passare mai, avvertì le soffici e calde labbra di Alex sulle sue e si abbandonò completamente a quel tenero e dolce bacio, che da sempre desiderava e che mai avrebbe dovuto desiderare. Come avrebbe voluto non staccarsi più da lui! Quando Alex si allontanò a stento da lei, Elizabeth gli accarezzò la guancia col suo tocco delicato di candida colomba e scese dalla macchina.
“Ciao Alex.”
“Ciao, mia dolce fatina.”
La tenne d’occhio finché non varcò il cancello di casa e non fu certo che fosse al sicuro nel cuore della notte. Se ne andò quando la sentì richiudersi la porta d’ingresso alle sue spalle. “Non farmi brutti scherzi”, si ripeté ad alta voce prima di mettere in moto.

“Debole come al solito! Non solo non ho rifiutato il suo bacio, ma sono stata proprio io a concederglielo! Se lo scoprisse mio padre! Ma che mi succede? Per fortuna ho guadagnato dieci giorni di tempo!”
Elizabeth non aveva fatto altro che ripetersi le stesse, lagnose frasi per le seguenti quarantotto ore, come se avesse avuto un disco vinile inceppato nel cervello, che girava sempre sullo stesso punto. Eppure, quel bacio, l’aveva desiderato e l’aveva portata su un’isola incantata. Di dieci giorni, ne erano passati solo due e già sentiva stranamente e in maniera alquanto inaspettata la mancanza di Alex. Avrebbe tanto voluto correre da lui e farsi baciare ancora, ancora e ancora. Avrebbe voluto abbandonarsi alle sue passionali sensazioni e concedersi a lui completamente. E soprattutto desiderava vedere il suo meraviglioso, solare sorriso da canaglia che tanto le faceva girare la testa. Ma come due demoni che convivono nella stessa anima, le parole di suo padre, che le martellavano incessantemente nella mente, le tornavano sempre alla memoria. Ma non poteva aspettare un’altra settimana per vedere Alex. Era riuscita a stento a trascorrere due giorni, cercandolo invano all’uscita delle prove! Si era dimostrato un ragazzo non soltanto semplicemente in gamba, bensì eccezionale. Alex era un ragazzo a dir poco singolare e straordinario. Intraprendente. Geniale. E canaglia. Si era rivelato essere l’esatto contrario di quello che suo padre pensava di lui.
Già.
Suo padre.
Suo padre non avrebbe mai approvato il suo comportamento nei confronti di Alex. Il comportamento di una ragazza ingenua che perde la testa per un affascinante scapestrato, per una rock-star con tanto carisma e savoir-faire. Ma suo padre, per una volta, aveva toppato. Aveva giudicato Alex solo per ciò che vedeva all’esterno, non per ciò che Alex era veramente. Quello che Alex era, l’universo pieno di vita che si muoveva armonioso dentro di lui, l’arte che aveva nell’anima, quelli, Albert, proprio non riusciva a vederli. Suo padre aveva toppato di brutto. Per la prima volta in vita sua, aveva preso un grosso abbaglio. Allora, se suo padre si sbagliava nei confronti di Alex, che male ci sarebbe stato a frequentarlo? Ma Albert non avrebbe mai guardato davvero Alex. Non avrebbe mai visto ciò che Alex aveva nel cuore.
Alex.
Per Elizabeth sembrava esistere solo Alex. Doveva rivederlo prima dello scadere dei giorni che lei stessa si era guadagnata.
Ma suo padre!
Al diavolo suo padre!
Doveva rivedere Alex la sera stessa!

“Grazie! Grazie mille! Il prossimo è un pezzo nuovo, scritto qualche giorno fa e non vediamo l’ora di sapere cosa ne pensate!”
Il pubblico accolse con calore il brano presentato da Alex, che col suo grande fascino e carisma trascinava e coinvolgeva sempre chiunque nella sala. Era tutto intento a scatenarsi sul palco e, come al suo solito, era completamente inzuppato di sudore. Saltava, correva, si rotolava a terra! Tutti si chiedevano come facesse a tenere quel ritmo, ad alzare così tanto la voce e soprattutto a non stonare in simili condizioni fisiche. Era incredibile. Una vera forza, un grande talento, con una grande passione.
Nel suo scalmanarsi, Alex notò la porta d’ingresso socchiudersi lentamente. Entrò una ragazza dall’aspetto a lui alquanto familiare. Era alta, vestita in maniera elegante, ma sensuale. La minigonna nera lucida metteva in risalto le sue splendide gambe lunghe, forti, muscolose e aggraziate, slanciate ancora di più da scarpe in tinta col tacco a spillo altissimo. E la maglietta scollata col collo a barchetta nero in pizzo rimarcava la sua figura delicata e ben spartita, la bella vitina fina e gli addominali definiti ed eleganti. I biondi capelli miele sfumati d’oro non erano lisci piastrati come al solito. Erano naturalmente mossi e voluminosi.
“Ma è lei?” dovette chiedersi Alex, mentre cantava, quando vide Elizabeth entrare al locale.
Era irriconoscibile. Il motivo per cui si fosse vestita in maniera tanto sexy, fuori da ogni suo schema e pudore, era in realtà sconosciuto anche a lei. Elizabeth lo salutò con gioia. L’entusiasmo nel cuore Alex esplose come un fuoco d’artificio pieno di colori. Non riuscì più a controllarsi. Durante il potente assolo di chitarra di Edward, Alex scivolò giù dal palco, si catapultò al tavolino dritto-dritto da lei, la tirò a sé con grande foga e la baciò con passione, sotto gli applausi e gli occhi spalancanti e pieni di stupore di tutto il locale.
“Ehi! Mi sono fidanzato!” annunciò ad alta voce Alex, facendo sollevare un polverone di grida e fischi di approvazione. “Amore mio”, –sussurrò poi nell’orecchio di Elizabeth- “ci vediamo a fine spettacolo!”
Schizzò di nuovo in scena, giusto in tempo per riprendere la sua parte, lasciando un’Elizabeth piuttosto spiazzata e sconvolta seduta al tavolino.
Elizabeth era completamente frastornata. Aveva occhi su occhi puntati addosso, tutti la fissavano. Cercò di sorridere per non piangere.
“Oh mio Dio! Ma è impazzito! Oddio! Ha detto che siamo fidanzati! Ma io... Oh Santo Cielo! Mi guardano tutti! Perché mi guardano tutti?” furono le uniche frasi che la sua mente confusa e inceppata ripeté nei seguenti dieci secondi.
Alex continuava a scalmanarsi sul palco, era inarrestabile, instancabile. Animato ancora di più dall’inaspettata presenza di Elizabeth. Ormai non c’era più dubbio nella sua mente, alcun’ombra nel suo cuore. L’amava. L’aveva sempre amata. Fin dal primo momento.
A fine concerto, si prese la solita bottiglia di birra e raggiunse la sua Elizabeth. Si sedette al tavolo di fianco a lei, completamente pasticciato di sudore, coi capelli appiccicati in testa e in volto. Gli occhi così luminosi, che avrebbero potuto far da rimpiazzo al Sole.
“Alex, ma che ti è saltato in mente? Sei impazzito?” lo aggredì timidamente e sottovoce Elizabeth, non appena le fu seduto accanto.
“Perché? Che ho detto di male? Avevi detto dieci giorni. Stai rischiando il culo con tuo padre per essere qui. Allora devi volermi proprio bene per aver corso un tale rischio! Quindi siamo fidanzati!”
“Alex, mio Dio! N-non n-ne ab... Abbiamo m-mai p-parlato... Da quando s-siamo f-fidanzati?” balbettò lei confusa.
“Da ora!”
“E chi l’ha deciso? Tu da solo?”
“No! Tu sei venuta qui sta sera. E a me basta. Ora perché non mi dai un bel bacio? Sei la mia fidanzata, no?” Elizabeth si era irrigidita così tanto da non riuscir nemmeno più ad avvicinarsi a lui. Respirava affannosamente ed era piuttosto agitata. Non capiva più niente. Alex si avvicinò a lei e le stampò un fugace bacio sulla bocca. E quello bastò a scioglierla. Elizabeth prese coraggio e timidamente poggiò le labbra sulle sue. Alex non ci mise molto a donare passionalità a quel timido bacio. La strinse forte a sé, mentre la baciava e le accarezzò le gambe, ignorando completamente il fatto che fossero ancora al locale. I ragazzi della band li osservavano dal bancone della zona bar e fecero un piccolo cin-cin con le bottiglie di birra.
“Non è innamorato, eh?” sghignazzò Edward, dietro l’annuire divertito dei compagni.
Alex ed Elizabeth continuavano a baciarsi e coccolarsi indisturbati, ignari della folla. Dopo qualche minuto, Alex si costrinse a trovare la forza di staccarsi da lei, memore di come fosse fuggita quella sera.
“Ti amo”, le sussurrò nell’orecchio quando, si staccarono dal bacio.
Elizabeth era così confusa, così fuori di sé, da non riuscir più nemmeno a rispondergli. Che cosa avrebbe dovuto dirgli? Avrebbe dovuto credergli? Lui l’amava sul serio? E lei? Lei contraccambiava? Non stava capendo più nulla, la sua mente girava troppo in fretta, i sensi erano in estasi… Era tutto troppo, troppo forte per lei. Le emozioni, le sensazioni, il cuore che batteva.
Alex sembrò ignorare il fatto che lei non gli avesse risposto. “Ti amo”, le sussurrò di nuovo mentre le baciava sensualmente l’orecchio fino a scendere al collo.
Elizabeth, completamente evasa da ogni forma di razionalità, si abbandonò alle sue emozioni e al suo vero io, che tanto le implorava i baci di Alex.
“Alex! C’è il capo dall’altra parte della strada, col suo collega chiacchierone! Stanno venendo qui!” gridò un ragazzo nel locale.
Elizabeth sobbalzò e trasalì di colpo, recuperando la sua fredda gelida razionalità e facendosi sopraffare dal suo io timido, pauroso e sottomettibile. “Oh mio Dio! Mio padre! Se mi trova qui, ci ammazza!”
Alex si alzò in piedi e la prese per mano. “Vieni con me, presto! L’uscita sul retro! Ragazzi copriteci!” gridò poi Alex ad alta voce a tutti i clienti del locale.
Appena in tempo. Non appena furono sulla soglia dell’uscita sul retro, Albert e Barney fecero il loro ingresso al locale.
“Buonasera capo! Qual buon vento la porta qui?” chiese Edward, piazzandoglisi davanti, per bloccarlo, in modo da dare ad Alex ed Elizabeth più tempo per scappare.
“Sto cercando quel manigoldo del tuo amico. E’ da un po’ che non combina qualche guaio e mi chiedo che cosa stia tramando. Secondo me sta combinando qualcosa di grosso”, s’insospettì Albert, guardandosi intorno con aria da detective... Da commissario.
Edward sbuffò divertito, non sapendo cosa dire.
“Ma chi? Alex?” s’intromise Christopher, bassista della band, con l’intento di salvare la situazione avendo capito che Edward non sapeva più che pesci pigliare. “Alex è andato a casa, Capo. Non si sentiva bene per niente, questa sera. Non so nemmeno come abbia fatto a fare il concerto! Forse lo trova domani sera. Se starà meglio, verrà. Comunque, Alex ha molto da fare, Capo. Siamo senza manager e abbiamo qualche concerto in giro da organizzare. Lei capisce, vero, quanto siamo messi male e quanto lavoro abbiamo da fare?”
Albert lo guardò un po’ sospettoso, ma fu costretto a crederci. Sapeva benissimo che Alex aveva licenziato (e malmenato) il manager per via della droga. “Molto bene. Ripasserò i prossimi giorni, allora. Lo terrò d’occhio”, annunciò per poi andarsene.
Tutti nel locale tirarono un sospiro di sollievo.
Perché tutti volevano bene ad Alex.

“Portami a casa Alex, ti prego!” lo supplicò Elizabeth terrorizzata, di nuovo nelle sue piene facoltà razionali.
Il padre e le sue parole avevano avuto ancora una volta il sopravvento sulle emozioni, che provava.
“Ma dai, amore! Ci siamo appena fidanzati! Perché non andiamo un po’ al cinema? Dai chiama tuo padre, digli che gli dai la buonanotte, così non sospetterà nulla e stiamo tranquilli.”
Elizabeth tirò fuori poco convinta il cellulare dalla pochette e chiamò il padre per dirgli che se ne andava a dormire, essendo molto stanca, e per augurargli, come suggerito da Alex, la buonanotte.
“Brava!” commentò Alex, non appena fu sicuro che avesse chiuso la chiamata. “E ora via! Una commedia ti va?”
Elizabeth annuì col capo, ma era ancora sconvolta. Sconvolta a tal punto che durante tutto il film, che faceva spaccare in due dal ridere, non rise mai. Rimase fredda, rigida, apatica. Continuava a fissare lo schermo, ma il film, non lo guardava. Le immagini scorrevano vuote, per inerzia, davanti a lei.
Fidanzati... Oddio! No. Non con lui. Non posso! Mio padre... Lui è un manigoldo! Oddio, mio padre!
Era terrorizzata dal padre. Dalla reazione folle e assurda che avrebbe potuto avere. Letteralmente. Le certezze, che aveva acquisito su Alex e sulla persona straordinaria che era, erano niente in confronto all’educazione e alle parole che il padre le aveva scagliato addosso e inculcato nella testa per tutta la vita.
Non ci si può innamorare di un delinquente.
E per suo padre, Alex ea un delinquente.
Alex, preso dal film, si accorse solo al termine che Elizabeth non aveva battuto ciglio. Il che lo incupì. Lo spaventò.
“Ti senti bene? Durante il film, non hai mai riso”, le fece notare, mentre guidava verso casa di lei.
“Sono stanca, Alex. Non sono neanche riuscita a seguirlo”, gli rispose piuttosto freddamente. “Ti prego portami a casa.”
Era distaccata, gelida. Un blocco di ghiaccio. Il terrore negli occhi. Quando giunsero al cancello della villa, Elizabeth scese in fretta e furia dall’auto, liquidando Alex con un semplice ciao. Senza neanche dargli un bacio. Senza neanche guardarlo negli occhi. Alex intuì che il motivo fosse il padre piombato all’improvviso al locale. Scese anche lui e le corse dietro. La afferrò per la vita, un istante prima che potesse arrivare al cancello, e la spinse delicatamente contro la parete del muro a fianco. Elizabeth non riuscì a dire nulla. Il suo io libero in cerca di emozioni e di vita stava lottando fino allo stremo delle forze per vincere l’io razionale e riuscire almeno a far capolino dalla sua prigione. Si guardarono intensamente negli occhi per qualche istante, poi Alex la baciò in un attimo rubato di passione. Elizabeth si abbandonò di nuovo a lui, accarezzandogli il collo, mentre lui la baciava. Alex la strinse a sé e iniziò a far scorrere le mani lungo il suo corpicino delicato ed Elizabeth fece altrettanto.
“Ti amo, Elizabeth. Ti amo”, le sussurrò Alex tra i baci.
Elizabeth respirava a stento, completamente rapita dalla passione e da lui. Era viva.
Alex! C’è il capo dall’altra parte della strada, col suo collega! Stanno venendo qui!
Le parole di quel ragazzo al locale rimbombarono nella sua testa come una campana che suona a strombattuto un allarme di pericolo, facendola impazzire.
“No!” esplose Elizabeth, spingendo via Alex.
Alex la fissò spiazzato e terrorizzato più di lei. Ormai non si aspettava una tale reazione da parte sua.
Elizabeth si portò una mano alla fronte e se la passò tra i capelli mielati e soffici. “Scusami, Alex. Ma è troppo per me. Non così di fretta”, tentò di giustificarsi, respirando a stento, pentita di essersi lasciata ancora una volta andare e mortificata al tempo stesso per averlo respinto in quella maniera brusca e repentina.
“Scusami, amore mio. Mi sono lasciato prendere la mano. Ci vediamo domani.”
Elizabeth annuì col capo. “Ok. Buona notte, Alex.”
“Buona notte, Elizabeth.” La guardò mentre richiudeva il cancello alle sue spalle. “Elizabeth!” la fermò. Il cuore in gola.
“Sì, Alex?”
“Te l’ho già detto che ti amo?”
“Sì. Ciao.”
La sua glaciale e distaccata risposta gli avevano fatto gelare il sangue nelle vene. Forse si era spinto troppo, troppo oltre. Ma era stato più forte di lui. Tanta era stata l’euforia che lei avesse rischiato così grosso con suo padre per andare da lui, che aveva completamente perso il controllo. La sua esuberanza alle volta era eccessiva. E lo metteva nei guai. O in situazioni poco piacevoli. Come quella. Mise in moto, mortificato e terrorizzato, poi partì. Non poteva perderla solo a causa del suo allegro entusiasmo non controllato.

Il mattino seguente. Direzione la sala prove. Elizabeth camminava al fianco di Sandy, parlando fitto fitto. Le stava raccontando il gran casino che aveva combinato Alex, non appena l’aveva vista entrare al locale. Ed essendosi ella precipitata in primis da lui con grande anticipo rispetto alla scadenza dal lei stessa stabilita, la colpa era sua. E Sandy, l’agitazione di Elizabeth, proprio non la capiva.
“Hai capito che pasticcio ho combinato, Sandy?” si lagnò Elizabeth, cercando conforto nell’amica. Un conforto che sapeva non sarebbe mai arrivato. Conoscendo Sandy...
“Ho capito, ho capito! Per me, però, non è un pasticcio! Siete fidanzati! E hai sbagliato a trattarlo così, ieri sera”, la rimproverò Sandy severa, stanca del fatto che Elizabeth non volesse vivere.
“Cosa? Ma Sandy! Nemmeno so che cosa io senta per lui! Non ci capisco più niente! Non posso fidanzarmi con lui in questo modo! E se lui mi stesse solo prendendo giro? Se io fossi soltanto una delle sue tante prede o conquiste? Chiamale pure come vuoi!”
“Ma piantala, Elizabeth! Alex non è quel tipo di ragazzo! Non è uno che si prende gioco delle donne in questo modo. Sarà anche uno svelto, ma non ne fa, di questi giochetti vili e sporchi! Ti squilla il telefono.”
“E’ solo un messaggio, Sandy. Ora lo leggo. Oh mio Dio! E’ di Alex!” gridò spaventata.
Sandy, al contrario, si gasò al massimo. “E che dice? Che dice?”
“Non appena ho aperto gli occhi questa mattina, il mio pensiero si è posato su di te. Ti amo. Tuo Alex.”
Sandy si mise a saltellare battendo le mani lungo il corridoio come una forsennata. “Mio Dio, Liz! Che romantico! Ma non dovrei essere io a saltare di gioia! Dovresti essere tu!”
“E allora perché salti?”
“Perché sono felice per te! Dovresti essere al settimo cielo. E smettila di prendere in giro te stessa. Smetti di farti influenzare da tuo padre. Rispondigli, a quel povero ragazzo, poi raggiungimi in sala prove. Io ti aspetto dentro.”
Elizabeth si ritrovò sola e abbandonata in mezzo al corridoio, tra un viavai di ballerini da farle sentire la solitudine in maniera ancora più marcata. Tutti quei ballerini che facevano incessantemente su e giù per il corridoio assunsero ai suoi occhi l’aspetto spettrale di tetri fantasmi. Che cosa avrebbe risposto ad Alex? “Grazie”, si limitò freddamente a scrivere.
Alex, dall’altra parte del telefono, ci rimase non male. Di più. Credeva che il terrore della sera prima si fosse smussato, almeno un po’.
“Ma siamo fidanzati?” le chiese, rispondendole al messaggio, avendo notato il suo totale distacco.
“Non lo so”, rispose lei.
Scritto ciò, raggiunse Sandy in sala prove.
E danzò, combinando solo pasticci.

Alex stava aspettando Elizabeth da non sapeva più nemmeno lui quante ore. Le prove sembravano non finire mai, quel pomeriggio. Voleva, pretendeva delle spiegazioni da lei. Voleva, doveva sapere che cosa egli significasse davvero per lei, se per lei fossero più importanti i superficiali giudizi del padre o ciò che provava per lui. Se provava qualcosa per lui. Arrivati a quel punto, iniziava seriamente a dubitarne.
La vide scendere le scale, di fretta, completamente estraniata dalla realtà.
“Ciao”, la salutò lui, piuttosto offeso e irritato, andandole incontro.
“Ciao Alex. Che ci fai tu qui? Non... Non ti aspettavo.”
“Dobbiamo parlare. Che cosa vuol dire “non lo so”? Siamo fidanzati o no?”
“Alex, vuol dire che non lo so. Che cosa pretendevi, eh? Nessuno mi ha interpellata al riguardo. Hai deciso tutto tu, hai fatto tutto da solo. Io non ti ho mai detto che avrei voluto fidanzarmi con te!”
“Io c-credevo c-che... Sei venuta da me ieri sera. Hai rischiato molto con tuo padre...” balbettò Alex in bilico sul baratro dello sconforto.
Non avrebbe retto un altro abbandono. Forse, aveva esagerato con l’esuberanza, ma era anche vero che Elizabeth non sapeva nemmeno ciò che volesse.
“Appunto, Alex. Io non voglio più rischiare così.”
“Elizabeth, io ti amo! Sul serio!” si disperò Alex.
“Alex, io non so nemmeno se crederci! Tu sei un ragazzo molto passionale e come si accesa una fiamma così ardente, con la stessa fugacità può spegnersi. Non mi sembri il tipo che si innamora seriamente.”
“Mi stai forse dicendo che sono superficiale? Ma come ti permetti? Non si scherza con i sentimenti delle persone! Io non ti ho mai nascosto ciò che sono! Sono sempre stato cristallino con te e con tutti! Se avessi cercato solo un’avventura, te l’avrei detto subito! Credevo che l’avessi capito. Che avessi capito come sono! Che avessi guardato oltre le apparenze, oltre la superficialità dei giudizi troppo affrettati di tuo padre! Tu sei proprio come tuo lui: fredda e calcolatrice! Non sai neanche leggere i tuoi sentimenti, forse perché sei tu che non ne provi, non io! Sei solo una vigliacca, un’ipocrita! Mi hai spezzato il cuore. Ma come ho fatto a innamorarmi di una come te!” esplose Alex, in preda alla disperazione.
Le parole di Elizabeth erano state un colpo al cuore.
“Alex, io non intendevo...” si spaventò lei. All’improvviso, si rese conto di ciò che gli aveva detto. Della gravità delle sue parole. Delle parole, che non era stata in grado di pesare.
“Sì, invece! Non voglio più vederti, Elizabeth! Credevo che fossi diversa dalle altre! Che fossi speciale! Mi fai schifo! Addio!” gridò, correndo via.
“Alex! Alex, ti prego, aspetta! Lascia che ti spieghi!” lo chiamò lei, inseguendolo.
“Non c’è proprio nulla da spiegare! Ormai è tutto molto più che chiaro!” le rispose Alex, senza nemmeno voltarsi.
Elizabeth l’aveva quasi raggiunto. Era una scheggia e Alex, questo, se l’era quasi dimenticato. Ma lui aveva la moto.
Salì, la fece ruggire e sfrecciò via.
Elizabeth si sentì peggio che mai, pentita, frustrata. Alex aveva ragione su di lei. Aveva ragione su tutto. Si faceva schifo lei da sola. Come poteva non provare ribrezzo anche lui? Aveva permesso a suo padre di rovinare la cosa più bella che le fosse mai capitata in tutta la sua vita. Aveva permesso a suo padre di farle perdere il tesoro più prezioso, quello che lei da sempre sognava. Che sognava da quando era solo una bambina. L’amore. Il vero, unico, grande amore della sua vita. Amava Alex. Ora lo sapeva. Doveva per forza spingersi tanto oltre? Doveva per forza arrivare a perderlo per sempre per capire che era lui il suo unico, vero grande amore? Che era lui il principe che da sempre sognava? Ora, l’aveva perduto per sempre.
“Alex...” mormorò debolmente tra i singhiozzi. “Ti prego... Ti prego torna indietro! Non lasciarmi.”
Si inginocchiò sul marciapiede tra le lacrime, sentendosi improvvisamente svuotata, privata della sua stessa anima, della sua stessa vita. Perché era con Alex che aveva realmente vissuto. Era con Alex che era realmente viva. Si portò le mani alla bocca, piangendo lacrime disperate, cariche di dolore.
Emile, che stava scendendo in quel momento le scale, la vide piangere diversi metri più in giù. Sandy dietro di lui. La videro con le ginocchia a terra, che vomitava. Schizzarono come due dardi e furono da lei in un lampo. Sandy capì. Capì che c’entrava Alex e che questa volta, il pasticcio, l’aveva combinato sul serio.
“Liz! Liz, che succede? Stai male?” le chiese preoccupato Emile, mentre la aiutava con Sandy ad alzarsi.
Ma invano.
Appena fu in piedi, Elizabeth svenne tra le sue braccia poderose.

Alex guidò disperato fino allo studio di registrazione, sfrecciando come un pazzo tra le vie affollate di auto di Los Angeles. Per certi versi, aveva corso troppo. Doveva aspettarselo, che Elizabeth non fosse pronta per affrontare una relazione stabile con lui per via del padre, ma una simile reazione da parte sua non se la sarebbe mai aspettata. Gli aveva palesemente detto che lo considerava un ragazzo superficiale, che dava più importanza ai giudizi affrettati del padre, piuttosto che a quelli genuini suo cuore. Era stato cristallino con lei. Si era mostrato per ciò che era. Ma Elizabeth non aveva comunque visto nulla. Vedeva solo quello che il padre voleva che vedesse. Un ragazzo poco di buono, una testa calda che si comporta come un delinquente e mette a soqquadro la città. Un superficiale. Quello era stato l’insulto che l’aveva ferito di più. Il fatto che fosse sempre andato alla ricerca di avventure e mai di relazioni serie non significava che fosse superficiale. Aveva sempre rispettato le donne e i loro sentimenti. Non aveva mai spezzato il cuore a nessuna di loro, perché ogni volta si mostrava per ciò che era e metteva subito in chiaro ciò che voleva. Nulla di serio. E se una ragazza non lo accettava, la storia finiva lì. Senza rimpianti. Rispettava le decisioni delle ragazze che corteggiava per le avventure di una sola volta. Ma con Elizabeth era stato diverso. L’aveva ricercata perché l’amava. Per quanto in un primo momento avesse cercato di negarlo, spiazzato dalla forza e dalla potenza dell’amore, sapeva dentro di sé, nel profondo del suo cuore, che l’aveva sempre amata. E non l’aveva mai presa in giro. Si domandò se avesse mai assunto qualche atteggiamento che avrebbe potuto farglielo credere, ripercorrendo a ritroso, mentre guidava, la loro storia fin dal principio, ma nulla. Non trovò nulla. La sua ricerca nei ricordi si concluse in un vicolo cieco. Lui era semplicemente stato... Alex. E lei non l’aveva veduto. O non l’aveva voluto vedere. Le importava solo del padre. Degli sciocchi, stupidi condizionamenti del padre. Si era rivelata una vigliacca. Aveva paura di affrontare ciò che sentiva per via del padre. E questo, Alex, non poteva sopportarlo. Aveva imparato a sue spese che l’amore non conosce barriere, né ostacoli. Non aveva mai temuto le ire del capo nel caso in cui fosse venuto a sapere che stava frequentando la figlia. Perché l’amava. E se Elizabeth non trovava lo stesso coraggio, se la paura superava in forza ciò che le diceva il cuore, allora non l’amava. In preda alla frustrazione più dolorosa, Alex accelerò ancora, aprendo tutta la valvola del gas.
La moto ruggì.
Il ruggito del dolore e della disperazione che lo consumavano.
Giunse allo studio di registrazione, credendo di essere solo, spalancò con violenza la porta e trovò Edward, che sobbalzò alla vista di un Alex tanto iracondo e sconvolto. Piangeva. Aveva il volto rigato da lacrime di rabbia. E di dolore.
“Alex! Alex, ma che hai?” gli chiese Edward, quando lo vide entrare fuori di sé nello studio.
Il giovane e scapestrato cantante gli raccontò per fila e per segno quanto accaduto, senza più nascondere ciò che sentiva per Elizabeth.
“E non ne eri innamorato, eh! Per fortuna!” lo prese in giro Edward.
“Piantala Ed! Ti sembra il momento di sfottermi, questo? E va bene, sì! Ne sono innamorato! La amo! Ma lei...”
“Anche lei ti ama. L’ho vista come ti guarda. E’ solo troppo spaventata dal padre”, lo interruppe Edward bruscamente, mostrando una flemma che Alex non aveva mai visto. Sembrava tranquillo. Perché era sicuro di ciò che diceva.
“Allora non mi ama. Perché se mi amasse davvero, non guarderebbe in faccia niente e nessuno”, s’infuriò Alex.
Edward gli mise una mano intorno alla spalla, per donargli conforto, per fargli sentire il calore di un amico che mai l’avrebbe abbandonato. “Non tutti sono forti e indipendenti come noi, Alex. Lei è imbevuta da quando era piccola in una mentalità antica che forse nemmeno le appartiene. E’ spaccata in due, quella ragazza! Da una parte vorrebbe vivere il suo amore per te, dall’altra si reprime per colpa del lavaggio del cervello del padre. E al momento, è la parte spaventata la più forte. Non so se riuscirà mai ad uscirne. E’ una ragazza finita, se non ce la fa a liberarsi. Alex, abbi pazienza. Tu corri troppo. Dalle tempo, aiutala a capire. E vedrai che con te al suo fianco capirà. Avanti chiamala! Anzi va’ da lei e chiedile scusa di persona.”
“No!” scattò Alex, alzandosi in piedi. “Lei non mi ama, è solo un’ipocrita! Non voglio vederla mai più!”
Edward non riuscì a fermarlo, né a trovare le parole giuste da dirgli, se non quelle che gli aveva già detto.
Alex uscì dallo studio, sbattendo la porta. Schizzò a casa con una folle corsa in moto senza casco. Si gettò di peso sul letto e iniziò a piangere e singhiozzare. Avrebbe tanto voluto non incontrarla mai. Un’altra persona importante da aggiungere alla lista di chi l’aveva abbandonato.


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