“Alla faccia che non sei mai stata in discoteca!” le gridò Alex, sconvolto,
mentre ballavano.
Elizabeth si stava scatenando al ritmo di musica ed era completamente
fuori da ogni controllo. Dava il via ai balli sulle musiche proposte dal dj,
tutti la seguivano nei passi di danza e pochi riuscivano a imitarla. Era unica.
Dopo un po’, Alex la prese per mano e ballarono insieme. Alex la avvicinò a sé
più che poté. Ed Elizabeth lo lasciò fare, senza irrigidirsi. Sentì ogni
centimetro del suo corpo aderire a quello di Alex, mentre i brividi le
correvano lungo la schiena. Stava iniziando a seguire i consigli di Sandy, ma
non riuscì mai a spingersi oltre. Le martellanti parole del padre le tornavano
sempre in mente, ogni qualvolta desiderasse più di qualunque altra cosa
abbandonarsi completamente ad Alex. Il ragazzo, memore di come fosse finita
l’ultima volta, nonostante le folli emozioni che provava stretto a lei, non si
spinse oltre. Se ne andarono verso le tre del mattino. Elizabeth si era davvero
divertita. Aveva scoperto un piccolo pezzetto di vita. Alex stava commentando
animatamente i suoi passi in discoteca, ma quando voltò la testa... Si accorse
che Elizabeth si era teneramente addormentata sul sedile. Sorrise, invaso da
quella serenità che solo lei sapeva donargli. Quando fermò l’auto a pochi metri
dal cancello della villa di lei, gli dolse il cuore a svegliarla.
“Ehi”, –le sussurrò dandole qualche delicato bacino sulla guancia-
“siamo arrivati!”
“Mmmm” mugugnò lei. “Di già? Che sonno che ho!”
“Lo so. Vai a dormire, Elizabeth. Quando potrò rivederti?”
“Non lo so, Alex. Fosse per me anche domani”, –si lasciò sfuggire nel
suo semi-sonno, inconsapevole di ciò che stava dicendo- “ma mio padre potrebbe
insospettirsi. Sai, io non vado mai tanto in giro. Meglio che aspettiamo una
decina di giorni. Ti chiamo io, non appena si placheranno un po’ le acque.”
Alex annuì, dispiaciuto e rassegnato, consapevole però che Elizabeth
avesse ragione. Il capo era implacabile. “Ok. Allora aspetterò la tua chiamata.
Non farmi brutti scherzi, mia dolce fatina.”
Elizabeth gli sorrise dolcemente, tirando fuori tutta la delicatezza
che la caratterizzava e sfoggiando involontariamente tutta la sua bellezza.
Alex le prese il volto tra le mani e la avvicinò un pochino a sé. I loro
respiri si fecero leggermente pesanti. Le loro bocche erano vicinissime, potevano
sentire i propri respiri sulla pelle. Elizabeth chiuse gli occhi e dischiuse
appena le labbra. Dopo alcuni eterni istanti che sembravano non passare mai,
avvertì le soffici e calde labbra di Alex sulle sue e si abbandonò
completamente a quel tenero e dolce bacio, che da sempre desiderava e che mai
avrebbe dovuto desiderare. Come avrebbe voluto non staccarsi più da lui! Quando
Alex si allontanò a stento da lei, Elizabeth gli accarezzò la guancia col suo
tocco delicato di candida colomba e scese dalla macchina.
“Ciao Alex.”
“Ciao, mia dolce fatina.”
La tenne d’occhio finché non varcò il cancello di casa e non fu certo
che fosse al sicuro nel cuore della notte. Se ne andò quando la sentì
richiudersi la porta d’ingresso alle sue spalle. “Non farmi brutti scherzi”, si
ripeté ad alta voce prima di mettere in moto.
“Debole come al solito! Non solo non ho rifiutato il suo bacio, ma
sono stata proprio io a concederglielo! Se lo scoprisse mio padre! Ma che mi
succede? Per fortuna ho guadagnato dieci giorni di tempo!”
Elizabeth non aveva fatto altro che ripetersi le stesse, lagnose frasi
per le seguenti quarantotto ore, come se avesse avuto un disco vinile inceppato
nel cervello, che girava sempre sullo stesso punto. Eppure, quel bacio, l’aveva
desiderato e l’aveva portata su un’isola incantata. Di dieci giorni, ne erano
passati solo due e già sentiva stranamente e in maniera alquanto inaspettata la
mancanza di Alex. Avrebbe tanto voluto correre da lui e farsi baciare ancora,
ancora e ancora. Avrebbe voluto abbandonarsi alle sue passionali sensazioni e
concedersi a lui completamente. E soprattutto desiderava vedere il suo
meraviglioso, solare sorriso da canaglia che tanto le faceva girare la testa.
Ma come due demoni che convivono nella stessa anima, le parole di suo padre,
che le martellavano incessantemente nella mente, le tornavano sempre alla
memoria. Ma non poteva aspettare un’altra settimana per vedere Alex. Era
riuscita a stento a trascorrere due giorni, cercandolo invano all’uscita delle
prove! Si era dimostrato un ragazzo non soltanto semplicemente in gamba, bensì
eccezionale. Alex era un ragazzo a dir poco singolare e straordinario.
Intraprendente. Geniale. E canaglia. Si era rivelato essere l’esatto contrario
di quello che suo padre pensava di lui.
Già.
Suo padre.
Suo padre non avrebbe mai approvato il suo comportamento nei confronti
di Alex. Il comportamento di una ragazza ingenua che perde la testa per un
affascinante scapestrato, per una rock-star con tanto carisma e savoir-faire.
Ma suo padre, per una volta, aveva toppato. Aveva giudicato Alex solo per ciò
che vedeva all’esterno, non per ciò che Alex era veramente. Quello che Alex
era, l’universo pieno di vita che si muoveva armonioso dentro di lui, l’arte
che aveva nell’anima, quelli, Albert, proprio non riusciva a vederli. Suo padre
aveva toppato di brutto. Per la prima volta in vita sua, aveva preso un grosso
abbaglio. Allora, se suo padre si sbagliava nei confronti di Alex, che male ci
sarebbe stato a frequentarlo? Ma Albert non avrebbe mai guardato davvero Alex.
Non avrebbe mai visto ciò che Alex aveva nel cuore.
Alex.
Per Elizabeth sembrava esistere solo Alex. Doveva rivederlo prima
dello scadere dei giorni che lei stessa si era guadagnata.
Ma suo padre!
Al diavolo suo padre!
Doveva rivedere Alex la sera stessa!
“Grazie! Grazie mille! Il prossimo è un pezzo nuovo, scritto qualche
giorno fa e non vediamo l’ora di sapere cosa ne pensate!”
Il pubblico accolse con calore il brano presentato da Alex, che col
suo grande fascino e carisma trascinava e coinvolgeva sempre chiunque nella
sala. Era tutto intento a scatenarsi sul palco e, come al suo solito, era
completamente inzuppato di sudore. Saltava, correva, si rotolava a terra! Tutti
si chiedevano come facesse a tenere quel ritmo, ad alzare così tanto la voce e
soprattutto a non stonare in simili condizioni fisiche. Era incredibile. Una
vera forza, un grande talento, con una grande passione.
Nel suo scalmanarsi, Alex notò la porta d’ingresso socchiudersi
lentamente. Entrò una ragazza dall’aspetto a lui alquanto familiare. Era alta,
vestita in maniera elegante, ma sensuale. La minigonna nera lucida metteva in
risalto le sue splendide gambe lunghe, forti, muscolose e aggraziate, slanciate
ancora di più da scarpe in tinta col tacco a spillo altissimo. E la maglietta
scollata col collo a barchetta nero in pizzo rimarcava la sua figura delicata e
ben spartita, la bella vitina fina e gli addominali definiti ed eleganti. I
biondi capelli miele sfumati d’oro non erano lisci piastrati come al solito.
Erano naturalmente mossi e voluminosi.
“Ma è lei?” dovette chiedersi Alex, mentre cantava, quando vide
Elizabeth entrare al locale.
Era irriconoscibile. Il motivo per cui si fosse vestita in maniera
tanto sexy, fuori da ogni suo schema e pudore, era in realtà sconosciuto anche
a lei. Elizabeth lo salutò con gioia. L’entusiasmo nel cuore Alex esplose come
un fuoco d’artificio pieno di colori. Non riuscì più a controllarsi. Durante il
potente assolo di chitarra di Edward, Alex scivolò giù dal palco, si catapultò
al tavolino dritto-dritto da lei, la tirò a sé con grande foga e la baciò con
passione, sotto gli applausi e gli occhi spalancanti e pieni di stupore di
tutto il locale.
“Ehi! Mi sono fidanzato!” annunciò ad alta voce Alex, facendo
sollevare un polverone di grida e fischi di approvazione. “Amore mio”,
–sussurrò poi nell’orecchio di Elizabeth- “ci vediamo a fine spettacolo!”
Schizzò di nuovo in scena, giusto in tempo per riprendere la sua
parte, lasciando un’Elizabeth piuttosto spiazzata e sconvolta seduta al
tavolino.
Elizabeth era completamente frastornata. Aveva occhi su occhi puntati
addosso, tutti la fissavano. Cercò di sorridere per non piangere.
“Oh mio Dio! Ma è impazzito! Oddio! Ha detto che siamo fidanzati! Ma
io... Oh Santo Cielo! Mi guardano tutti! Perché mi guardano tutti?” furono le
uniche frasi che la sua mente confusa e inceppata ripeté nei seguenti dieci
secondi.
Alex continuava a scalmanarsi sul palco, era inarrestabile,
instancabile. Animato ancora di più dall’inaspettata presenza di Elizabeth.
Ormai non c’era più dubbio nella sua mente, alcun’ombra nel suo cuore. L’amava.
L’aveva sempre amata. Fin dal primo momento.
A fine concerto, si prese la solita bottiglia di birra e raggiunse la
sua Elizabeth. Si sedette al tavolo di fianco a lei, completamente pasticciato
di sudore, coi capelli appiccicati in testa e in volto. Gli occhi così
luminosi, che avrebbero potuto far da rimpiazzo al Sole.
“Alex, ma che ti è saltato in mente? Sei impazzito?” lo aggredì
timidamente e sottovoce Elizabeth, non appena le fu seduto accanto.
“Perché? Che ho detto di male? Avevi detto dieci giorni. Stai
rischiando il culo con tuo padre per essere qui. Allora devi volermi proprio
bene per aver corso un tale rischio! Quindi siamo fidanzati!”
“Alex, mio Dio! N-non n-ne ab... Abbiamo m-mai p-parlato... Da quando
s-siamo f-fidanzati?” balbettò lei confusa.
“Da ora!”
“E chi l’ha deciso? Tu da solo?”
“No! Tu sei venuta qui sta sera. E a me basta. Ora perché non mi dai
un bel bacio? Sei la mia fidanzata, no?” Elizabeth si era irrigidita così tanto
da non riuscir nemmeno più ad avvicinarsi a lui. Respirava affannosamente ed
era piuttosto agitata. Non capiva più niente. Alex si avvicinò a lei e le
stampò un fugace bacio sulla bocca. E quello bastò a scioglierla. Elizabeth
prese coraggio e timidamente poggiò le labbra sulle sue. Alex non ci mise molto
a donare passionalità a quel timido bacio. La strinse forte a sé, mentre la
baciava e le accarezzò le gambe, ignorando completamente il fatto che fossero
ancora al locale. I ragazzi della band li osservavano dal bancone della zona
bar e fecero un piccolo cin-cin con le bottiglie di birra.
“Non è innamorato, eh?” sghignazzò Edward, dietro l’annuire divertito
dei compagni.
Alex ed Elizabeth continuavano a baciarsi e coccolarsi indisturbati,
ignari della folla. Dopo qualche minuto, Alex si costrinse a trovare la forza
di staccarsi da lei, memore di come fosse fuggita quella sera.
“Ti amo”, le sussurrò nell’orecchio quando, si staccarono dal bacio.
Elizabeth era così confusa, così fuori di sé, da non riuscir più nemmeno
a rispondergli. Che cosa avrebbe dovuto dirgli? Avrebbe dovuto credergli? Lui
l’amava sul serio? E lei? Lei contraccambiava? Non stava capendo più nulla, la
sua mente girava troppo in fretta, i sensi erano in estasi… Era tutto troppo,
troppo forte per lei. Le emozioni, le sensazioni, il cuore che batteva.
Alex sembrò ignorare il fatto che lei non gli avesse risposto. “Ti
amo”, le sussurrò di nuovo mentre le baciava sensualmente l’orecchio fino a
scendere al collo.
Elizabeth, completamente evasa da ogni forma di razionalità, si
abbandonò alle sue emozioni e al suo vero io, che tanto le implorava i baci di
Alex.
“Alex! C’è il capo dall’altra parte della strada, col suo collega
chiacchierone! Stanno venendo qui!” gridò un ragazzo nel locale.
Elizabeth sobbalzò e trasalì di colpo, recuperando la sua fredda
gelida razionalità e facendosi sopraffare dal suo io timido, pauroso e
sottomettibile. “Oh mio Dio! Mio padre! Se mi trova qui, ci ammazza!”
Alex si alzò in piedi e la prese per mano. “Vieni con me, presto!
L’uscita sul retro! Ragazzi copriteci!” gridò poi Alex ad alta voce a tutti i
clienti del locale.
Appena in tempo. Non appena furono sulla soglia dell’uscita sul retro,
Albert e Barney fecero il loro ingresso al locale.
“Buonasera capo! Qual buon vento la porta qui?” chiese Edward,
piazzandoglisi davanti, per bloccarlo, in modo da dare ad Alex ed Elizabeth più
tempo per scappare.
“Sto cercando quel manigoldo del tuo amico. E’ da un po’ che non
combina qualche guaio e mi chiedo che cosa stia tramando. Secondo me sta
combinando qualcosa di grosso”, s’insospettì Albert, guardandosi intorno con
aria da detective... Da commissario.
Edward sbuffò divertito, non sapendo cosa dire.
“Ma chi? Alex?” s’intromise Christopher, bassista della band, con
l’intento di salvare la situazione avendo capito che Edward non sapeva più che
pesci pigliare. “Alex è andato a casa, Capo. Non si sentiva bene per niente,
questa sera. Non so nemmeno come abbia fatto a fare il concerto! Forse lo trova
domani sera. Se starà meglio, verrà. Comunque, Alex ha molto da fare, Capo.
Siamo senza manager e abbiamo qualche concerto in giro da organizzare. Lei
capisce, vero, quanto siamo messi male e quanto lavoro abbiamo da fare?”
Albert lo guardò un po’ sospettoso, ma fu costretto a crederci. Sapeva
benissimo che Alex aveva licenziato (e malmenato) il manager per via della
droga. “Molto bene. Ripasserò i prossimi giorni, allora. Lo terrò d’occhio”,
annunciò per poi andarsene.
Tutti nel locale tirarono un sospiro di sollievo.
Perché tutti volevano bene ad Alex.
“Portami a casa Alex, ti prego!” lo supplicò Elizabeth terrorizzata,
di nuovo nelle sue piene facoltà razionali.
Il padre e le sue parole avevano avuto ancora una volta il sopravvento
sulle emozioni, che provava.
“Ma dai, amore! Ci siamo appena fidanzati! Perché non andiamo un po’
al cinema? Dai chiama tuo padre, digli che gli dai la buonanotte, così non
sospetterà nulla e stiamo tranquilli.”
Elizabeth tirò fuori poco convinta il cellulare dalla pochette e
chiamò il padre per dirgli che se ne andava a dormire, essendo molto stanca, e
per augurargli, come suggerito da Alex, la buonanotte.
“Brava!” commentò Alex, non appena fu sicuro che avesse chiuso la
chiamata. “E ora via! Una commedia ti va?”
Elizabeth annuì col capo, ma era ancora sconvolta. Sconvolta a tal
punto che durante tutto il film, che faceva spaccare in due dal ridere, non
rise mai. Rimase fredda, rigida, apatica. Continuava a fissare lo schermo, ma
il film, non lo guardava. Le immagini scorrevano vuote, per inerzia, davanti a
lei.
Fidanzati... Oddio! No. Non con
lui. Non posso! Mio padre... Lui è un manigoldo! Oddio, mio padre!
Era terrorizzata dal padre. Dalla reazione folle e assurda che avrebbe
potuto avere. Letteralmente. Le certezze, che aveva acquisito su Alex e sulla
persona straordinaria che era, erano niente in confronto all’educazione e alle
parole che il padre le aveva scagliato addosso e inculcato nella testa per
tutta la vita.
Non ci si può innamorare di un
delinquente.
E per suo padre, Alex ea un delinquente.
Alex, preso dal film, si accorse solo al termine che Elizabeth non
aveva battuto ciglio. Il che lo incupì. Lo spaventò.
“Ti senti bene? Durante il film, non hai mai riso”, le fece notare,
mentre guidava verso casa di lei.
“Sono stanca, Alex. Non sono neanche riuscita a seguirlo”, gli rispose
piuttosto freddamente. “Ti prego portami a casa.”
Era distaccata, gelida. Un blocco di ghiaccio. Il terrore negli occhi.
Quando giunsero al cancello della villa, Elizabeth scese in fretta e furia
dall’auto, liquidando Alex con un semplice ciao. Senza neanche dargli un bacio.
Senza neanche guardarlo negli occhi. Alex intuì che il motivo fosse il padre piombato
all’improvviso al locale. Scese anche lui e le corse dietro. La afferrò per la
vita, un istante prima che potesse arrivare al cancello, e la spinse
delicatamente contro la parete del muro a fianco. Elizabeth non riuscì a dire
nulla. Il suo io libero in cerca di emozioni e di vita stava lottando fino allo
stremo delle forze per vincere l’io razionale e riuscire almeno a far capolino
dalla sua prigione. Si guardarono intensamente negli occhi per qualche istante,
poi Alex la baciò in un attimo rubato di passione. Elizabeth si abbandonò di
nuovo a lui, accarezzandogli il collo, mentre lui la baciava. Alex la strinse a
sé e iniziò a far scorrere le mani lungo il suo corpicino delicato ed Elizabeth
fece altrettanto.
“Ti amo, Elizabeth. Ti amo”, le sussurrò Alex tra i baci.
Elizabeth respirava a stento, completamente rapita dalla passione e da
lui. Era viva.
Alex! C’è il capo dall’altra parte
della strada, col suo collega! Stanno venendo qui!
Le parole di quel ragazzo al locale rimbombarono nella sua testa come
una campana che suona a strombattuto un allarme di pericolo, facendola
impazzire.
“No!” esplose Elizabeth, spingendo via Alex.
Alex la fissò spiazzato e terrorizzato più di lei. Ormai non si
aspettava una tale reazione da parte sua.
Elizabeth si portò una mano alla fronte e se la passò tra i capelli
mielati e soffici. “Scusami, Alex. Ma è troppo per me. Non così di fretta”,
tentò di giustificarsi, respirando a stento, pentita di essersi lasciata ancora
una volta andare e mortificata al tempo stesso per averlo respinto in quella
maniera brusca e repentina.
“Scusami, amore mio. Mi sono lasciato prendere la mano. Ci vediamo
domani.”
Elizabeth annuì col capo. “Ok. Buona notte, Alex.”
“Buona notte, Elizabeth.” La guardò mentre richiudeva il cancello alle
sue spalle. “Elizabeth!” la fermò. Il cuore in gola.
“Sì, Alex?”
“Te l’ho già detto che ti amo?”
“Sì. Ciao.”
La sua glaciale e distaccata risposta gli avevano fatto gelare il
sangue nelle vene. Forse si era spinto troppo, troppo oltre. Ma era stato più
forte di lui. Tanta era stata l’euforia che lei avesse rischiato così grosso
con suo padre per andare da lui, che aveva completamente perso il controllo. La
sua esuberanza alle volta era eccessiva. E lo metteva nei guai. O in situazioni
poco piacevoli. Come quella. Mise in moto, mortificato e terrorizzato, poi
partì. Non poteva perderla solo a causa del suo allegro entusiasmo non
controllato.
Il mattino seguente. Direzione la sala prove. Elizabeth camminava al
fianco di Sandy, parlando fitto fitto. Le stava raccontando il gran casino che
aveva combinato Alex, non appena l’aveva vista entrare al locale. Ed essendosi
ella precipitata in primis da lui con grande anticipo rispetto alla scadenza
dal lei stessa stabilita, la colpa era sua. E Sandy, l’agitazione di Elizabeth,
proprio non la capiva.
“Hai capito che pasticcio ho combinato, Sandy?” si lagnò Elizabeth,
cercando conforto nell’amica. Un conforto che sapeva non sarebbe mai arrivato.
Conoscendo Sandy...
“Ho capito, ho capito! Per me, però, non è un pasticcio! Siete
fidanzati! E hai sbagliato a trattarlo così, ieri sera”, la rimproverò Sandy severa,
stanca del fatto che Elizabeth non volesse vivere.
“Cosa? Ma Sandy! Nemmeno so che cosa io senta per lui! Non ci capisco
più niente! Non posso fidanzarmi con lui in questo modo! E se lui mi stesse solo
prendendo giro? Se io fossi soltanto una delle sue tante prede o conquiste?
Chiamale pure come vuoi!”
“Ma piantala, Elizabeth! Alex non è quel tipo di ragazzo! Non è uno
che si prende gioco delle donne in questo modo. Sarà anche uno svelto, ma non
ne fa, di questi giochetti vili e sporchi! Ti squilla il telefono.”
“E’ solo un messaggio, Sandy. Ora lo leggo. Oh mio Dio! E’ di Alex!”
gridò spaventata.
Sandy, al contrario, si gasò al massimo. “E che dice? Che dice?”
“Non appena ho aperto gli occhi questa mattina, il mio pensiero si è
posato su di te. Ti amo. Tuo Alex.”
Sandy si mise a saltellare battendo le mani lungo il corridoio come
una forsennata. “Mio Dio, Liz! Che romantico! Ma non dovrei essere io a saltare
di gioia! Dovresti essere tu!”
“E allora perché salti?”
“Perché sono felice per te! Dovresti essere al settimo cielo. E
smettila di prendere in giro te stessa. Smetti di farti influenzare da tuo
padre. Rispondigli, a quel povero ragazzo, poi raggiungimi in sala prove. Io ti
aspetto dentro.”
Elizabeth si ritrovò sola e abbandonata in mezzo al corridoio, tra un
viavai di ballerini da farle sentire la solitudine in maniera ancora più
marcata. Tutti quei ballerini che facevano incessantemente su e giù per il
corridoio assunsero ai suoi occhi l’aspetto spettrale di tetri fantasmi. Che cosa
avrebbe risposto ad Alex? “Grazie”, si limitò freddamente a scrivere.
Alex, dall’altra parte del telefono, ci rimase non male. Di più.
Credeva che il terrore della sera prima si fosse smussato, almeno un po’.
“Ma siamo fidanzati?” le chiese, rispondendole al messaggio, avendo
notato il suo totale distacco.
“Non lo so”, rispose lei.
Scritto ciò, raggiunse Sandy in sala prove.
E danzò, combinando solo pasticci.
Alex stava aspettando Elizabeth da non sapeva più nemmeno lui quante
ore. Le prove sembravano non finire mai, quel pomeriggio. Voleva, pretendeva
delle spiegazioni da lei. Voleva, doveva sapere che cosa egli significasse
davvero per lei, se per lei fossero più importanti i superficiali giudizi del
padre o ciò che provava per lui. Se provava qualcosa per lui. Arrivati a quel
punto, iniziava seriamente a dubitarne.
La vide scendere le scale, di fretta, completamente estraniata dalla
realtà.
“Ciao”, la salutò lui, piuttosto offeso e irritato, andandole
incontro.
“Ciao Alex. Che ci fai tu qui? Non... Non ti aspettavo.”
“Dobbiamo parlare. Che cosa vuol dire “non lo so”? Siamo fidanzati o
no?”
“Alex, vuol dire che non lo so. Che cosa pretendevi, eh? Nessuno mi ha
interpellata al riguardo. Hai deciso tutto tu, hai fatto tutto da solo. Io non
ti ho mai detto che avrei voluto fidanzarmi con te!”
“Io c-credevo c-che... Sei venuta da me ieri sera. Hai rischiato molto
con tuo padre...” balbettò Alex in bilico sul baratro dello sconforto.
Non avrebbe retto un altro abbandono. Forse, aveva esagerato con
l’esuberanza, ma era anche vero che Elizabeth non sapeva nemmeno ciò che
volesse.
“Appunto, Alex. Io non voglio più rischiare così.”
“Elizabeth, io ti amo! Sul serio!” si disperò Alex.
“Alex, io non so nemmeno se crederci! Tu sei un ragazzo molto
passionale e come si accesa una fiamma così ardente, con la stessa fugacità può
spegnersi. Non mi sembri il tipo che si innamora seriamente.”
“Mi stai forse dicendo che sono superficiale? Ma come ti permetti? Non
si scherza con i sentimenti delle persone! Io non ti ho mai nascosto ciò che
sono! Sono sempre stato cristallino con te e con tutti! Se avessi cercato solo
un’avventura, te l’avrei detto subito! Credevo che l’avessi capito. Che avessi
capito come sono! Che avessi guardato oltre le apparenze, oltre la
superficialità dei giudizi troppo affrettati di tuo padre! Tu sei proprio come
tuo lui: fredda e calcolatrice! Non sai neanche leggere i tuoi sentimenti,
forse perché sei tu che non ne provi, non io! Sei solo una vigliacca,
un’ipocrita! Mi hai spezzato il cuore. Ma come ho fatto a innamorarmi di una come
te!” esplose Alex, in preda alla disperazione.
Le parole di Elizabeth erano state un colpo al cuore.
“Alex, io non intendevo...” si spaventò lei. All’improvviso, si rese
conto di ciò che gli aveva detto. Della gravità delle sue parole. Delle parole,
che non era stata in grado di pesare.
“Sì, invece! Non voglio più vederti, Elizabeth! Credevo che fossi
diversa dalle altre! Che fossi speciale! Mi fai schifo! Addio!” gridò, correndo
via.
“Alex! Alex, ti prego, aspetta! Lascia che ti spieghi!” lo chiamò lei,
inseguendolo.
“Non c’è proprio nulla da spiegare! Ormai è tutto molto più che
chiaro!” le rispose Alex, senza nemmeno voltarsi.
Elizabeth l’aveva quasi raggiunto. Era una scheggia e Alex, questo, se
l’era quasi dimenticato. Ma lui aveva la moto.
Salì, la fece ruggire e sfrecciò via.
Elizabeth si sentì peggio che mai, pentita, frustrata. Alex aveva
ragione su di lei. Aveva ragione su tutto. Si faceva schifo lei da sola. Come
poteva non provare ribrezzo anche lui? Aveva permesso a suo padre di rovinare
la cosa più bella che le fosse mai capitata in tutta la sua vita. Aveva
permesso a suo padre di farle perdere il tesoro più prezioso, quello che lei da
sempre sognava. Che sognava da quando era solo una bambina. L’amore. Il vero,
unico, grande amore della sua vita. Amava Alex. Ora lo sapeva. Doveva per forza
spingersi tanto oltre? Doveva per forza arrivare a perderlo per sempre per
capire che era lui il suo unico, vero grande amore? Che era lui il principe che
da sempre sognava? Ora, l’aveva perduto per sempre.
“Alex...” mormorò debolmente tra i singhiozzi. “Ti prego... Ti prego torna
indietro! Non lasciarmi.”
Si inginocchiò sul marciapiede tra le lacrime, sentendosi
improvvisamente svuotata, privata della sua stessa anima, della sua stessa
vita. Perché era con Alex che aveva realmente vissuto. Era con Alex che era
realmente viva. Si portò le mani alla bocca, piangendo lacrime disperate,
cariche di dolore.
Emile, che stava scendendo in quel momento le scale, la vide piangere
diversi metri più in giù. Sandy dietro di lui. La videro con le ginocchia a
terra, che vomitava. Schizzarono come due dardi e furono da lei in un lampo.
Sandy capì. Capì che c’entrava Alex e che questa volta, il pasticcio, l’aveva
combinato sul serio.
“Liz! Liz, che succede? Stai male?” le chiese preoccupato Emile,
mentre la aiutava con Sandy ad alzarsi.
Ma invano.
Appena fu in piedi, Elizabeth svenne tra le sue braccia poderose.
Alex guidò disperato fino allo studio di registrazione, sfrecciando
come un pazzo tra le vie affollate di auto di Los Angeles. Per certi versi,
aveva corso troppo. Doveva aspettarselo, che Elizabeth non fosse pronta per
affrontare una relazione stabile con lui per via del padre, ma una simile
reazione da parte sua non se la sarebbe mai aspettata. Gli aveva palesemente detto
che lo considerava un ragazzo superficiale, che dava più importanza ai giudizi
affrettati del padre, piuttosto che a quelli genuini suo cuore. Era stato
cristallino con lei. Si era mostrato per ciò che era. Ma Elizabeth non aveva
comunque visto nulla. Vedeva solo quello che il padre voleva che vedesse. Un
ragazzo poco di buono, una testa calda che si comporta come un delinquente e
mette a soqquadro la città. Un superficiale. Quello era stato l’insulto che l’aveva
ferito di più. Il fatto che fosse sempre andato alla ricerca di avventure e mai
di relazioni serie non significava che fosse superficiale. Aveva sempre
rispettato le donne e i loro sentimenti. Non aveva mai spezzato il cuore a
nessuna di loro, perché ogni volta si mostrava per ciò che era e metteva subito
in chiaro ciò che voleva. Nulla di serio. E se una ragazza non lo accettava, la
storia finiva lì. Senza rimpianti. Rispettava le decisioni delle ragazze che
corteggiava per le avventure di una sola volta. Ma con Elizabeth era stato
diverso. L’aveva ricercata perché l’amava. Per quanto in un primo momento
avesse cercato di negarlo, spiazzato dalla forza e dalla potenza dell’amore,
sapeva dentro di sé, nel profondo del suo cuore, che l’aveva sempre amata. E
non l’aveva mai presa in giro. Si domandò se avesse mai assunto qualche
atteggiamento che avrebbe potuto farglielo credere, ripercorrendo a ritroso,
mentre guidava, la loro storia fin dal principio, ma nulla. Non trovò nulla. La
sua ricerca nei ricordi si concluse in un vicolo cieco. Lui era semplicemente stato...
Alex. E lei non l’aveva veduto. O non l’aveva voluto vedere. Le importava solo
del padre. Degli sciocchi, stupidi condizionamenti del padre. Si era rivelata
una vigliacca. Aveva paura di affrontare ciò che sentiva per via del padre. E
questo, Alex, non poteva sopportarlo. Aveva imparato a sue spese che l’amore
non conosce barriere, né ostacoli. Non aveva mai temuto le ire del capo nel
caso in cui fosse venuto a sapere che stava frequentando la figlia. Perché
l’amava. E se Elizabeth non trovava lo stesso coraggio, se la paura superava in
forza ciò che le diceva il cuore, allora non l’amava. In preda alla
frustrazione più dolorosa, Alex accelerò ancora, aprendo tutta la valvola del
gas.
La moto ruggì.
Il ruggito del dolore e della disperazione che lo consumavano.
Giunse allo studio di registrazione, credendo di essere solo, spalancò
con violenza la porta e trovò Edward, che sobbalzò alla vista di un Alex tanto
iracondo e sconvolto. Piangeva. Aveva il volto rigato da lacrime di rabbia. E
di dolore.
“Alex! Alex, ma che hai?” gli chiese Edward, quando lo vide entrare
fuori di sé nello studio.
Il giovane e scapestrato cantante gli raccontò per fila e per segno
quanto accaduto, senza più nascondere ciò che sentiva per Elizabeth.
“E non ne eri innamorato, eh! Per fortuna!” lo prese in giro Edward.
“Piantala Ed! Ti sembra il momento di sfottermi, questo? E va bene,
sì! Ne sono innamorato! La amo! Ma lei...”
“Anche lei ti ama. L’ho vista come ti guarda. E’ solo troppo
spaventata dal padre”, lo interruppe Edward bruscamente, mostrando una flemma
che Alex non aveva mai visto. Sembrava tranquillo. Perché era sicuro di ciò che
diceva.
“Allora non mi ama. Perché se mi amasse davvero, non guarderebbe in
faccia niente e nessuno”, s’infuriò Alex.
Edward gli mise una mano intorno alla spalla, per donargli conforto,
per fargli sentire il calore di un amico che mai l’avrebbe abbandonato. “Non
tutti sono forti e indipendenti come noi, Alex. Lei è imbevuta da quando era
piccola in una mentalità antica che forse nemmeno le appartiene. E’ spaccata in
due, quella ragazza! Da una parte vorrebbe vivere il suo amore per te,
dall’altra si reprime per colpa del lavaggio del cervello del padre. E al
momento, è la parte spaventata la più forte. Non so se riuscirà mai ad uscirne.
E’ una ragazza finita, se non ce la fa a liberarsi. Alex, abbi pazienza. Tu corri
troppo. Dalle tempo, aiutala a capire. E vedrai che con te al suo fianco
capirà. Avanti chiamala! Anzi va’ da lei e chiedile scusa di persona.”
“No!” scattò Alex, alzandosi in piedi. “Lei non mi ama, è solo
un’ipocrita! Non voglio vederla mai più!”
Edward non riuscì a fermarlo, né a trovare le parole giuste da dirgli,
se non quelle che gli aveva già detto.
Alex uscì dallo studio, sbattendo la porta. Schizzò a casa con una
folle corsa in moto senza casco. Si gettò di peso sul letto e iniziò a piangere
e singhiozzare. Avrebbe tanto voluto non incontrarla mai. Un’altra persona
importante da aggiungere alla lista di chi l’aveva abbandonato.
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