sabato 20 gennaio 2018

UN MANIGOLDO PER GENERO - 2° STAGIONE - 2° PUNTATA - di Ambra Tonnarelli


Hilary, la madre di Elizabeth, era al lavoro già dal mattino presto e non si dispiacque affatto dello spostamento di un appuntamento importante. Sarebbe dovuta rientrare a casa alle sette, il che avrebbe significato un altro paio d’ore abbondanti di stress mentale. Era davvero stanca e aveva bisogno di un po’ di riposo. Perciò salì in macchina con aria compiaciuta e rilassata e si avviò verso casa. Mentre guidava, non poté fare a meno di domandarsi se sua figlia fosse in casa. Ultimamente, se ne andava un po’ troppo in giro quella ragazza. Non era decisamente da lei. Forse era da Sandy. Suo marito Albert le aveva raccontato di sfuggita che la migliore amica di Elizabeth non stava passando un periodo troppo sereno. L’idea di avere una figlia tanto in gamba la rendeva molto più che orgogliosa. Responsabile e affabile. Non avrebbe potuto chiedere di più. La vita le aveva concesso un marito attento e premuroso, una figlia d’oro e la carriera da ballerina che aveva sempre sognato, con tutto quello che poi ne era conseguito. La scuola di danza, la compagnia, il corpo di ballo, il prestigio che aveva riscosso in tutto il Paese... Si riteneva una donna fortunata. Molto più che fortunata.
Parcheggiò la macchina in giardino ed entrò in casa, tranquilla e serena. Non vedeva l’ora di concedersi un bel bagno caldo e rilassante con sali marini per rigenerarsi un po’. Ma non appena chiuse la porta d’ingresso alle sue spalle, il suo stato di quiete e flemma venne scombussolato e distrutto da rumori alquanto inquietanti, che le fecero gelare il sangue nelle vene. Strani gemiti e bizzarre grida provenivano dal piano di sopra.
“Mio Dio!” esclamò Hilary, sbiancando. “E’ la voce di Elizabeth! Mio Dio! Ma è con un ragazzo!” realizzò la donna correndo disperata su per le scale, sperando con tutto il cuore di sbagliarsi.
Ma le sue speranze morirono con lei. Tanto più si avvicinava alla stanza della figlia, più le grida e i gemiti si facevano forti e pesanti. La donna si fermò di fronte alla porta e si appoggiò alla parete, sentendosi quasi mancare. Le ginocchia si piegarono dal terrore. Perché se Elizabeth aveva conosciuto un ragazzo per lei speciale non gliene aveva mai parlato, né a lei, né a suo padre? Perché, se si era innamorata, non l’aveva mai detto? C’era una sola spiegazione: era una relazione che né lei, né tanto meno il marito avrebbero approvato. Forse perché era un ragazzo povero? No. Elizabeth sapeva che almeno con lei non avrebbe dovuto porseli, certi problemi. Hilary avrebbe accettato tutto, persino un barbone, se fosse stato un bravo ragazzo dall’animo nobile. E questo, Elizabeth, lo sapeva bene. Evidentemente, il ragazzo in questione in camera sua non corrispondeva a nessun canone sopra citato. C’era una sola spiegazione. Non era un bravo ragazzo. Forse era un poco di buono o peggio! Un delinquente di strada! Hilary iniziò a vedere nero solo a pensare che sua figlia potesse essere capitata tra le mani di un vile farabutto, di un filibustiere da galera. I sensi stavano per abbandonarla. Ma doveva sapere. Il desiderio di sapere da chi Albert avrebbe dovuto proteggere e salvare la figlia fu più forte di tutto, di qualunque altra cosa. Si fece coraggio e con un bel respiro aprì decisa la porta. La sua più grande paura aveva appena preso forma. Trovò biancheria e vestiti maschili e femminili sparsi a terra ed Elizabeth che stava animatamente facendo l’amore con un ragazzo. E con che ragazzo! Braccia tatuate e piercing al capezzolo.
“ELIZABETH!” esclamò la donna, sconvolta come se avesse una pistola puntata addosso.
Alex ed Elizabeth si fermarono di colpo, sussultando colti alla sprovvista e di soprassalto.
“Mamma! Che ci fai tu qui? Dovresti essere a scuola!” si stupì Elizabeth, cambiando colore, mentre alla svelta s’infilava con Alex sotto il lenzuolo.
“Infatti sarebbe stato molto meglio! Ma che state facendo?” pianse Hilary, sconvolta e sotto shock.
“Secondo lei?” rispose Alex, facendo spallucce col suo solito sorrisetto strafottente tipico di chi ti prende in giro.
“Mio Dio, Elizabeth! Ma questo è quel delinquente che arresta sempre tuo padre, quello del balletto! Sì, mi ricordo di lui!”
“Beh, signora! Delinquente... Ci vada piano con le parole! Lei non mi conosce!”
Hilary scosse la testa, delusa, sconvolta, tra le lacrime. “Io chiamo tuo padre!” esclamò piangendo, schizzando giù per il corridoio.
Elizabeth saltò giù dal letto, si infilò la vestaglia al volo e le corse dietro. “No, mamma!” le gridò con cattiveria e gran risolutezza. “Prima dovrai ascoltarci!”
“No! Non voglio nemmeno sentirle, le tue menzogne! Io chiamo tuo padre!”
Aveva già premuto il tasto di chiamata. Nel giro di pochi secondi, Albert avrebbe risposto e sarebbe scoppiato il finimondo.
Forse, pensò Elizabeth, avrebbe dovuto raccontare tutto almeno a sua madre. Omettendo il modo per lei troppo pesante in cui aveva incontrato Alex. Ma non lo aveva fatto. E ora doveva rimediare. Prima che Albert rispondesse al telefono.
“Bene, se lo chiami, io me vado con lui. ORA! Lascio la compagnia, lavorerò come ballerina indipendente e non mi vedrai mai più!”
La donna chiuse il telefono, più sconvolta che mai, stupita dalla determinazione e dalla sicurezza di sua figlia, che a stento riconosceva. Di una cosa, però, era certa: stava dicendo sul serio. Gliel’aveva letto negli occhi.
“Elizabeth!” la chiamò Alex preoccupato per lei, che si era rivestito in fretta e furia, mentre correva al suo fianco.
Elizabeth gli prese la mano e si strinse a lui, fissando la madre con sguardo deciso e disperato. Anche Alex si stupì del coraggio di Elizabeth, che fino a poco tempo prima aveva paura persino di incrociarlo per strada a causa di suo padre. Lo amava sul serio. E in quel momento, comprese fino in fondo a che punto fosse disposta a spingere Elizabeth per lui. Hilary li squadrò con sguardo interrogativo e sconvolto, alla ricerca di una spiegazione, che da sola proprio non riusciva a trovare.
“Mamma”, –esordì Elizabeth, sempre più sicura di sé- “Ti presento Alex. Il mio fidanzato.”
“Il t-tuo f-fidanzato?” balbettò la povera donna ancora sotto shock. E sempre più confusa.
“Sì, mamma. E se chiami papà prima ancora di averci ascoltato, io vado via con lui. E non sto scherzando.”
“Le assicuro, signora, che abbiamo di che mantenerci”, intervenne Alex, risoluto tanto quanto Elizabeth.
“E va bene. Non ho altra scelta. Vi ascolterò. Tu, però, vestiti, sciagurata!” esclamò sprezzante, indicando con un cenno del capo la vestaglia semi-aperta della figlia.
Elizabeth schizzò in camera, lasciando Alex per le scale da solo con sua madre. Hilary gli lanciò un’occhiataccia schifata, con odio e con disprezzo, come se quel ragazzo fosse l’insetto più viscido, disgustoso e pericoloso che esistesse sulla faccia della Terra. Alex, che possedeva un universo di determinazione e sicurezza, come al suo solito, non abbassò lo sguardo, ma continuò a fissare Hilary negli occhi, in segno di sfida. La ragazza tornò in un lampo, ma a sua madre quegli eterni secondi erano sembrati non passare mai.
“Andiamo di sotto”, sospirò Hilary. “Ho bisogno di bere qualcosa.”
Il trio si radunò i cucina. Hilary si era preparata un tè caldo, come se potesse aiutarla a buttar giù l’intruglio di parole che stavano per essere pronunciate dalla voce di sua figlia. Elizabeth e Alex se ne stavano seduti in silenzio guardando Hilary negli occhi e tenendosi forte la mano. La donna rimase quasi colpita dalla forza della loro unione.
Elizabeth tirò su un bel respiro e parlò. “Io e Alex ci siamo conosciuti al locale dove lavora Lucy, la ragazza a cui dò lezioni private. Mi ha offerto una cena, perché, per tre volte di fila, io le avevo fatto mezz’ora di lezione in più senza voler essere pagata. Voleva sdebitarsi. E lì, in quel locale, quella sera, ho conosciuto Alex. Alex è il cantante di una talentuosa rock-band, che suona lì tre giorni a settimana. Io sono rimasta subito colpita da lui.”
“E io da lei”, intervenne Alex, sorridendole.
Elizabeth ricambiò radiosa il sorriso e continuò il suo racconto. “Abbiamo iniziato a frequentarci e ci siamo innamorati. Lui non è così male come dice papà. E’ solo un ragazzo ribelle e trasgressivo che ha imparato a farsi valere a modo suo nel mondo, ma allo stesso tempo, è un bravo ragazzo di sani principi. Non fuma, non si droga... E’ buono e gentile, molto più nobile di tanta gente che si vanta di esserlo, ha un cuore puro e sensibile. E’ geniale e dolce. Certo, alle volte è una gran canaglia, ma nell’insieme è un ragazzo straordinario, che ha sofferto molto nella sua vita. E io lo amo, mamma. Lo amo più della mia stessa vita. Spero che tu capisca. Se non ti ho parlato di lui prima d’ora, è stato per via di papà. Temevo che tu potessi essere troppo condizionata dalle sue parole e dal suo giudizio, perciò ho avuto paura. Paura che non avresti capito. Mi dispiace, mamma. Avrei dovuto dirtelo, lo so. Perdona la mia leggerezza e il mio poco coraggio. Alex", disse poi, rivolgendosi al suo amato. “Raccontale la tua storia.”
Alex annuì in silenzio e iniziò a raccontare la sua vita, l’Inferno che aveva vissuto da bambino. “... Quindi sono venuto a Los Angeles, dove ho incontrato la mia famiglia, la mia band. Siamo dei gran sognatori e vorremmo vivere con la nostra musica, entrando anche a far parte della storia. Io, nella mia vita, ho conosciuto solo il buio, la notte priva di stelle, finché non è arrivata Elizabeth, la mia luce, il mio Sole. E’ come se la vita mi stia ripagando per tutte le sofferenze che ho subito, per tutto il dolore che ho provato. Elizabeth ha riempito la mia tetra notte di abbaglianti e luminosissime stelle. Elizabeth è il mio Sole. E’ dolce, sensibile, nobile d’animo. Ha saputo vedere una bellezza in me che nemmeno sapevo di possedere. E io le devo tutto. Io la amo. La amo e la sposerò. Se lei lo vorrà.”
“Lo voglio”, intervenne Elizabeth, guardandolo intensamente negli occhi. Piuttosto bizzarra ed eccentrica come proposta di matrimonio. Proprio degna di Alex.
Insieme, si voltarono a guardare Hilary, che, empatica e sensibile come la figlia, aveva già qualche lacrima agli occhi. “Ok. Mi avete convinta. Non so se mi ha fatto piangere più la tua storia, Alex, o le belle cose che hai detto di mia figlia. Mi hai commossa. E sia. A mio marito non dirò nulla. Vi coprirò, finché non troverete un momento buono per dirglielo.”
Alex ed Elizabeth si scambiarono un sorriso vittorioso ed entusiasta.
“Grazie mamma! Anche se forse il momento buono per dirlo a papà non esiste.”
“Staremo a vedere. Bene, Alex, visto che sei il fidanzato di mia figlia e che ormai sei qui, insisto perché tu rimanga a cena con noi. Ci terrei a conoscerti meglio.”
“Bene! Mi fa piacere!” si gasò Alex, spiazzando Hilary con suo innato entusiasmo vitale.
“Cucina abbondante, mamma. Non hai la minima idea di quanto mangi questo ragazzo!”
Alex fece spallucce con aria da canaglia.
“Sii te stesso, Alex. E andrà bene”, gli sorrise Elizabeth, poco prima della cena, temendo che Alex potesse essere in qualche modo nervoso.
“Forse, me stesso è troppo pesante per lei”, ci scherzò su Alex.
“Capirà, vedrai. Vedrai che capirà”, lo rincuorò Elizabeth fiduciosa e ottimista, sotto lo sguardo finalmente un po’ divertito di Hilary.
La donna non si risparmiò in fatto di quantità per la cena. Preparò piatti semplici, ma molto abbondanti. E Alex non si risparmiò a finirli sotto lo sguardo scettico di Hilary, che tanto somigliava a sua figlia. Alex diede il meglio di sé a cena, galvanizzato e colpito dal coraggio della sua Elizabeth. Rise e scherzò, raccontando le avventure più buffe e divertenti che gli erano accadute da quando era arrivato a Los Angeles, barzellette, alle volte anche spinte, facendo battute spiritose e simpatiche... Conquistò piuttosto in fretta il cuore di Hilary. In altre parole, se l’era già “comprata” grazie al suo savoir-faire e al suo immenso e illimitato carisma. Hilary rimase conquistata dalla freschezza e dalla spontaneità di quel giovane scavezzacollo, che non mancava mai di rubare di tanto in tanto qualche passionale bacio alla figlia, sotto i suoi occhi. Ma vedere Elizabeth così felice, così innamorata per la prima e unica volta in vita sua, rese felice anche lei. Quel ragazzo era davvero speciale. Una volta tanto, doveva ammetterlo, suo marito Albert aveva preso un abbaglio. Un bel granchio.
“Cos’è stato?” domandò Elizabeth a un certo punto, poco dopo cena. Aguzzò l’orecchio: il rumore del cancello che si apriva e di una macchina che entrava la paralizzò. Si precipitò alla finestra. “Oh mio Dio! Ma è papà!” gridò agitata.
“Cosa? Ma doveva rientrare tra due ore!” si agitò Hilary.
“Che festa è stasera? La sagra del tornare in anticipo a casa? O la sagra di guai per Alex ed Elizabeth?” sdrammatizzò Alex, strappando un sorriso a entrambe.
“Mamma, inventati qualcosa! Digli che abbiamo mangiato presto e che io dormo già. Alex, con me! In camera mia, presto!”
Lo afferrò per mano e insieme si affrettarono per le scale. Elizabeth, onde evitare altre brutte sorprese, chiuse la porta a chiave. Alex ed Elizabeth si gettarono abbracciati sul letto, in silenzio, a origliare per quanto fosse loro possibile.
“Albert! Caro, come mai così presto questa sera? Se mi avessi avvertito, ti avrei fatto trovare la cena in tavola!” lo accolse calorosamente sua moglie, cercando di sembrare naturale e disinvolta.
“Non mi sento molto bene. Mi si è alzata la pressione un’altra volta! Mi sono preso un permesso!”
“Ancora la pressione? Che è successo oggi, Albert?”
“Guarda Hilary, non toccare questo tasto! QUELL’ALEX DEI MIEI STIVALI!” tuonò Albert, facendo sghignazzare Alex ed Elizabeth ammutoliti e mummificati al piano di sopra.
“Ma che cosa ha fatto?”
“Che cosa ha fatto? Mi ha trascinato con l’inganno in una corsa sfrenata in periferia! Era con la moto, senza casco, con una ragazza! E ha superato i duecento all’ora! L’ha quasi ammazzata, quella povera figliola!”
Hilary si sentì mancare. Sapeva che quella ragazza era sua figlia. Elizabeth in moto con Alex a oltre duecento all’ora. Il suo cambiamento era ormai inarrestabile. “Una ragazza?” gli chiese per farlo raccontare il più possibile senza dare nell’occhio.
“Sì. La sua fidanzata, suppongo. La sua dolce fatina, come la chiama lui. Eppure... Quella ragazza aveva un’aria vagamente familiare...”
Hilary cercò di non far svaporare il calore dalle sue guance, in modo che non sbiancassero a fantasma. “In che senso familiare?”
“Assomigliava tanto a... Ma no, ovviamente non era! Solo che vista da dietro così, all’inseguimento... Aveva un po’ il tipo di Elizabeth. Era bionda, non mi è sembrata bassa e aveva una corporatura simile alla sua.”
Hilary forzò un’esplosione di risata. “Oh mio Dio, Albert! Che fantasia che hai! Stai diventando paranoico! Elizabeth è rimasta a scuola con me oggi pomeriggio, poi siamo venute a casa insieme. Oddio, Albert! Questo ragazzo ti fa proprio impazzire!”
Albert sembrò rasserenato dalla notizia che Elizabeth fosse rimasta a scuola con sua madre tutto il pomeriggio e non su una moto con un manigoldo, anche se già di per sé era per lui un’utopia. Ma la rabbia nei confronti di Alex, quella non gli sbolliva tanto facilmente.
“Già, mi sta facendo immaginare cose che non esistono, quel manigoldo! Oltre a farmi alzare la pressione. Vorrei tanto sapere chi è quella povera disgraziata in modo da poter avvertire il padre!”
“Albert, lascia perdere la vita privata di quel ragazzo. Magari è una poco di buono come lui. Non ti impicciare. Dammi retta, è meglio”, buttò lì Hilary, cercando di distoglierlo da una possibile indagine sull’identità della fidanzata di Alex. Non doveva venire a saperlo così. Ma neanche confessargli tutto era proprio la migliore delle idee.
“No, no. Non è una poco di buono. E’ una ragazza per bene. Uno: me l’ha detto lui. Due: si vedeva da come era vestita e da come si stringeva a lui, terrorizzata, su quella moto. Non era a proprio agio.”
“Forse hai ragione tu, Albert, ma dammi retta, meglio non impicciarsi in queste questioni private. Anzi, visto che ti fa alzare così tanto la pressione, perché non lo lasci perdere a meno che non abbia commesso qualcosa di altamente grave?” cercò di difenderlo Hilary.
“No, questo mai! Io sono un pluridecorato e super-stimato commissario della polizia e devo far rispettare la legge! Legge, di cui ragazzo si fa continuamente beffe! Si prende gioco di me e mi mette in ridicolo di fronte al corpo di polizia! E io, questo, non lo tollero! Non riesco a farne a meno, mi dà sui nervi! Già solo il pensare a quel suo sorrisetto di scherno mi fa andare il sangue alla testa! Figuriamoci quando lo vedo combinare danni in centro! Quanto vorrei sbatterlo dentro e dargli l’ergastolo!” gridò Albert, gesticolando animatamente.
Hilary fece accomodare suo marito a tavola, accarezzandogli le spalle per tentare di placarlo un po’. “Ti capisco, caro. Adesso, però, cerca di calmarti”, gli disse con dolcezza.
“Hilary, ma... Cos’è tutta questa roba? Chi c’è stato a cena?” chiese finalmente Albert, che aveva notato solo allora la condizione disastrata del tavolo.
“Una mia vecchia amica, quella Mafalda, ricordi?”
“Ah già. Sì, ho capito chi è.”
“Bene, è passata a trovarmi col figlio piccolo e io l’ho invitata a restare.”
“Non ricordavo mangiasse così tanto.”
“Sai, quando ci sono gli ospiti meglio abbondare con le quantità. Elizabeth poi aveva particolarmente fame questa sera. Ha lavorato molto più del solito oggi a scuola e per la fretta, a pranzo, ha mangiato solo un panino”, mentì Hilary.
“A proposito, dov’è adesso? In camera? O dorme da Sandy anche questa sera?”
“E’ in camera, Albert. Dorme già. Abbiamo cenato molto presto ed era stanca. Non disturbarla per favore, ormai è salita su da più di mezz’ora.”
Albert annuì e cenò già più tranquillo. Persino Hilary si stupì di come fosse riuscita a mantenere la calma e mentire così bene, lei, che, come Elizabeth, non ne era mai stata capace. Alex aveva la gran capacità di far mentire tutti pur di proteggerlo. Il suo carisma era a dir poco inquietante. Incredibile come riuscisse a conquistare tutti. Tutti, eccetto Albert, ovviamente. Dopo cena, Albert aiutò sua moglie a ripulire e salì in camera. Passò davanti alla stanza di sua figlia con la tenerezza da papà nel cuore. Da sotto la porta non si intravedeva neanche un lume. E non s’udiva rumore. Le labbra di Albert si curvarono in un tenero sorriso. La sua dolce bambina che dormiva tranquilla e serena, ancora in casa, ancora pura e immacolata come l’acqua di montagna. Se ne andò anche lui a dormire in santa pace.
Dall’altra parte della porta, Alex ed Elizabeth non avevano fatto altro che sghignazzare in silenzio. Le urla di Albert, che inveiva contro Alex, erano giunte fino al piano di sopra e, perché no, anche in soffitta. Sprezzanti del pericolo che correvano, Alex si era steso sopra Elizabeth e la stava ricoprendo di teneri e passionali baci, accarezzandole con delicatezza tutto il corpo, in silenzio. Elizabeth si lasciò coccolare da lui, ricambiando i suoi baci, le sue carezze e i suoi dolci sorrisi. Finché non si addormentarono sereni. Ma, come quella prima notte in cui erano stati assieme nell’auto di lui, la serenità non durò a lungo, soprattutto per Elizabeth. Aprì gli occhi nel cuore dell’oscurità, rendendosi finalmente conto che Alex non sarebbe potuto rimanere lì con lei per tutta la notte. Suo padre si sarebbe insospettito, vedendola scendere tardi l’indomani. Alex doveva svignarsela, finché poteva.
“Alex! Alex!” lo scosse lei tra i sussurri.
Alex si svegliò all’istante, dal momento che era molto più abituato di lei a far le ore piccole e star sveglio di notte.
“Elizabeth! E’ ancora buio! Ah, ho capito tutto! Vieni qui, ché facciamo l’amore!” le sussurrò nell’entusiasmo del momento, tirandola sotto di sé, completamente immemore che si trovassero in camera di lei come dei rifugiati in fuga.
“Alex, sh! Devi andartene subito, prima che sia troppo tardi e mio padre si svegli per andare al lavoro!”
Alex si fermò impietrito, bloccato dai ricordi della serata precedente. Elizabeth aveva ragione. Avrebbe dovuto andarsene subito. I due sgattaiolarono al piano di sotto e in giardino di soppiatto, con passi felini e l’attenzione di un’aquila. Elizabeth aprì il cancello, fin dove lo accompagnò.
“Guarda a che cosa siamo costretti!” si disperò lei, quasi tra le lacrime.
“Lo so, amore. Dovremmo dirglielo prima o poi.”
“Sì, sono d’accordo. Aspettiamo che si calmino le acque e piano piano cercherò di abituarlo all’idea che io possa avere un fidanzato che non sia quel pacioccone di Emile, come lo chiama Sandy!”
“Beh, ce lo chiama, perché lo è. Ha senso pratico la tua amica. E brava Sandy!”
“Ora è meglio che tu te ne vada, prima che qualcuno nella sfortuna si accorga che siamo qui al cancello.”
“D’accordo, Elizabeth. Vengo a prenderti alle prove domani. Ti amo”, le disse, baciandola con passione, con quella passione che solo lui aveva dentro e che riusciva a far venir fuori anche da lei.
“Ti amo, Alex. Ora vai!”
Elizabeth lo spinse via e richiuse il cancello con gran dispiacere, ma doveva farlo. Osservò Alex scomparire nel cuore della notte con la sua moto. Il cui rombare svegliò Albert di soprassalto.
“E’ LA MOTO DI QUEL MANIGOLDO!” gridò, sollevandosi di scatto a sedere sul letto e accendendo la luce.
Elizabeth si girò di scatto, trasalendo. Non riusciva nemmeno a immaginare quante domande sospettose le avrebbe fatto il padre se l’avesse trovata lì, alle soglie del cancello col pigiama e la vestaglia. Si precipitò con fretta fulminea in casa e risalì le scale due a due, più felinamente che poté, senza accendere neanche un lume, affidandosi solo al suo istinto e alla conoscenza dell’abitazione. Udiva il padre gridare, la madre che tentava di calmarlo. Elizabeth rientrò in camera e chiuse la porta, proprio un istante prima che Albert si catapultasse come una furia per il corridoio, gridando infuriato, con la moglie alle costole.
“E’ la moto di quel manigoldo! E’ qui sotto! Questa volta lo arresto e lo sbatto dentro una volta per tutte, a costo di ingoiare la chiave!” urlò fuori di sé dalla rabbia.
“Albert, vuoi smetterla di gridare! Così sveglierai Elizabeth!” lo rimproverò severamente Hilary.
Elizabeth non ne poteva più dalle risate. Ascoltava da dietro la porta e si spaccava in due dalle risate. Se solo Alex fosse stato lì con lei a godersi quella rocambolesca scenetta da manicomio! Non riuscì a trattenersi. Si finse assonnata, come qualcuno che è stato appena svegliato di soprassalto e, con una aria disorientata fasulla, aprì la porta e uscì dalla sua stanza.
“Infatti mi avete svegliata. Che cos’è tutto questo trambusto?” chiese tra finti sbadigli.
“E’ la moto di quel manigoldo, l’ho sentita!”
“L’avrai sognata, papà. O sarà stata un’altra moto! Perché sempre e per forza la sua?”
“E’ quello che gli ho detto anch’io!” intervenne Hilary, mentre Elizabeth si stropicciava gli occhi, per sembrare ancora più convincente.
“No, non l’ho sognata. Ed era la proprio la sua moto! E’ inconfondibile! Ride di scherno, proprio come lui! E sono sicuro che lui sia qui! In questa casa!”
Elizabeth e Hilary lo guardarono come se stesse delirando.
“Bene, bravo, papà. Allora perché non lo cerchi per tutta la casa? Magari, però, comincia dalle nostre camere, così almeno, mentre tu finisci la perlustrazione, noi possiamo tornarcene a dormire”, disse Elizabeth seria e pacata, prendendolo in giro in maniera crudele e sottile.
Albert si calmò di colpo, come se stesse prendendo coscienza di quale ridicola e rocambolesca scena si fosse appena reso protagonista. Guardò prima Elizabeth, poi sua moglie, poi di nuovo Elizabeth e ancora sua moglie, con gli occhi pieni di sconvolto stupore e confuso spaesamento.
“Forse avete ragione voi. Devo averla sognata. Basta. Sono esaurito. Quell’Alex dei miei stivali! Anche di notte me lo sogno! Mi fanno venire gli incubi, lui e la sua dannata moto. Quel manigoldo mi sta facendo impazzire. Basta, prenderò una camomilla e me ne andrò a dormire”, concluse Albert, iniziando a scendere le scale, distrutto e rassegnato.
Hilary si avvicinò a sua figlia. “Dov’è Alex?” le chiese in un sussurro così fievole che solo lei nell’orecchio poté udire.
“E’ andato via. Era davvero sua la moto che l’ha svegliato!” le spiegò Elizabeth, ridacchiando.
Elizabeth e Hilary non poterono far a meno che sghignazzare sotto i baffi in silenzio. Era una situazione a dir poco assurda.
“Io torno a dormire”, disse Elizabeth a voce alta e in tono normale, in modo da non far insospettire ulteriormente suo padre.
Hilary, invece, scese in cucina per far assistenza al suo povero maritino “esaurito.”
Se solo Albert avesse saputo che i suoi sospetti erano fondati! Se solo avesse saputo che Alex era realmente in casa sua, in camera e nel letto di Elizabeth, fino a qualche minuto prima!
Meglio non pensarci.

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